A fronte del divieto di mobilità esteso
oramai su tutto il territorio nazionale, ed alla chiusura delle attività
commerciali ad esclusione delle filiere alimentari, non sono state
fermate tutte le fabbriche e gli altri posti di lavoro non essenziali e
non sono state organizzate ancora oggi al loro interno forme sufficienti
di garanzia e protezione rispetto alla possibile epidemia del virus.
Lo stesso decreto del Presidente del
Consiglio del 22/03/2020 che dispone la chiusura delle fabbriche e delle
lavorazioni non essenziali è largamente insufficiente a garantire la
salute e la incolumità dei lavoratori.
L’elenco delle attività economiche
allegato al decreto (codici ATECO), dove si prevede e garantisce la
continuità delle lavorazioni, ha subito sotto la pressione di
Confindustria un ampliamento fino ad arrivare a settori niente affatto
indispensabili e necessari.
Siamo arrivati all’ emanazione di questo
ennesimo decreto anche per effetto della spinta dei lavoratori e delle
lavoratrici che che in diverse realtà produttive, hanno incrociato le
braccia scavalando gli stessi sindacati e lo stesso „protocollo di
sicurezza per i lavoratori“, siglato fra Confindustria e Organizzazioni
Sindacali, solo 9 giorni fa, il 14 marzo scorso, il quale non
rappresentava e non rappresenta una soluzione effettiva.
Di fronte alla tracotanza padronale, che
non tollera che le proprie esigenze di profitto possano essere messe
momentaneamente in secondo piano, (neppure nei confronti di una
emergenza sanitaria così aggressiva come in Covid-19 che al momento che
scriviamo ha causato già ben oltre i 5mila morti) e rispetto alla scelta
complice del governo Conte, CGIL CISL e UIL hanno risposto con toni
formalmente “vibranti” non escludendo la possibilità di scioperi, ma
nella sostanza si è ripetuto lo stesso clichè ed atteggiamento pilatesco
avuto a seguito del protocollo di intesa.
Nel nostro comunicato nazionale del 15
marzo denunciavamo: ” Si demanda alle strutture aziendali, la
possibilità di indire scioperi non tenendo minimamente di conto, in
maniera pilatesca, della situazione delle migliaia di picccole o
piccolissime fabbriche e posti di lavoro non sindacalizzati o dove il
ricatto padronale è forte o laddove queste realtà spesso lavorano dentro
la filiera dell’aziende industriali più grandi e se non si ferma la
capofila non possono fermarsi nemmeno loro.”
Ciò che oggi occorre è rivedere
prontamente la lista ATECO ma soprattutto formalizzare uno sciopero
generale nazionale, che ci aspettiamo fortemente unitario tra tutte le
realtà sindacali, in tutti quei settori realmente non necessari ed
indispensabili rispetto alla emergenza sanitaria e sociale che stiamo
vivendo. Rivendicando e esigendo non solo la pronta attivazione di tutte
le forme di ammortizzazione sociale già previste ma anche forme di
sostegno al reddito per tutti le lavoratrici e i lavoratori precari,
atipici e tutti coloro attualmente esclusi dalle coperture contrattuali.
Per rilanciare, in prospettiva, le lotte per rivedere la relazione tra
lavoro e salute, dei lavoratori e di tutti.
23 marzo 2020
Commisssione Mondo del Lavoro Alternativa Libertaria/FdCA
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