ADERISCI AD ALTERNATIVA LIBERTARIA/FdCA

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campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

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giovedì 26 giugno 2014

e' uscito il numero di giugno del foglio "Alternativa libertaria" della federazione dei comunisti anarchici

E' uscito ilnumero di giugno del foglio telematico della Federazione dei Comunisti Anarchici (FdCA) scaricabile dal sito www.fdca.it oppure chiedilo in distribuizone alla sezione o nucleo FdCA più vicino (mettiti in contatto con l'ufficio di coordinazione sul sito www.fdca.it) per il nucleo FdCA nord est chiedi l'invio gratuito formato volantino (gratis) a safigher@gmail.com ************************************************************** Consulta le nostre novità editoriali ed il nostro servizio libreria su www.fdca.it *************************************************************** Distibuzione stampa libertaria per il veneto zona treviso , vittorio veneto e conegliano oltre il numero di giugno di Alternativa Libertaria (gratis) abbiamo ultimi numeri di "A" rivista anarchica , 40 anni sulla breccia! (prezzo politico 4 euro)

A come austerity? A come autogestione !

A come austerity? A come autogestione ! LUNEDI' 30 GIUGNO ORE 20.30 Video & dibattito “Mai più vivere come schiavi” è un documentario sulle esperienze di autogestione nate in Grecia per resistere alla crisi del sistema socio-economico, per far fronte alla perdita del reddito, della casa, della possibilità di curarsi. Dalle fabbriche occupate e autogestite, agli ambulatori popolari Sarà un’occasione per prendere spunto dalle esperienze elleniche e per ragionare sulle prospettive che oggi si aprono ai movimenti sociali. Il video sarà presentato da un compagno della Federazione Anarchica Italiana, recatosi di recente ad Atene. PRESSO IL PREFABBRIKATO IN VIA PIRANDELLO 22 Iniziativa Libertaria - Pordenone

Sulla crisi in Iraq

La crisi in Iraq risale al regime di Saddam Hussein ed è proseguita con “l'attuale regime democratico" dopo l'invasione del 2003. Non c'era libertà, nè giustizia sociale; nessuna uguaglianza e pochissime opportunità per coloro che erano indipendenti dai partiti al potere. Oltre alle violenze ed alle discriminazioni contro le donne e la gente comune si è creata una forbice enorme tra i ricchi ed i poveri, con i ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri. La crisi in corso non è molto dissimile da quella pecedente. Infatti non è che il protrarsi della stessa situazione degli ultimi decenni. La sola differenza sta nei nomi e nella forza dei partiti al potere. I politici ed i mass-media amano dire che gli scontri in corso sono la continuazione di antiche lotte e conflitti tra le principali correnti islamiche: gli Sciiti ed i Sunniti e che queste si portano dietro una scia di sangue dagli inizi della religione islamica. Se guardiamo alla storia delle nazioni, dei paesi e dei popoli, troviamo sempre conflitti tra i dominatori ed i dominati, tra gli sfruttatori e gli sfruttati, tra gli occupanti ed i popoli che subiscono l'occupazione, tra gli invasori e chi lotta contro il dominio, contro le autorità e contro gli Stati. Per farla breve una guerra per maggiore accumulazione e maggiori profitti. Ciò che sta avvenendo in Iraq con "lo Stato Islamico di Iraq e Levante (Siria), Isis” non è ciò che viene dipinto dai media. Questi sono i fatti: 1. l'avanzata di Isis è opera di una piccola minoranza aiutata dalle fazioni sunnite deluse dal governo sciita a Baghdad: si tratta dei capi tribali sunniti, di esponenti del partito Ba’ath, di ufficiali del vecchio esercito e di fazioni dell'insurrezione precedente, tutti insieme per vedere come dare scacco al primo ministro iracheno Nouri al-Maliki . Quando Isis si è messo in marcia verso Mosul, conquistando la terza città del paese, non erano che meno di 2000, mentre in città c'erano almeno 60.000 uomini tra poliziotti, soldati delle forze di intelligence e di sicurezza. Una forza molto ben equipaggiata con aerei da combattimento, carri armati e diversi tipi di armi speciali, ma questo esercito è collassato e si è volatilizzato di fronte all'Isis offrendo una scarsa se non nessuna resistenza. 2. quello che sta accadendo è molto probabilmente un piano messo a punto da Turchia, paesi del Golfo e Governo della Regione Curda “K.R.G”, un piano noto anche a Stati Uniti e Regno Unito. 3. E' molto difficile sapere cosa accadrà poi alla fine, dato che nella maggior parte dei casi questo dipende dagli interessi statunitensi e dei paesi occidentali, i quali valutanto ogni insurrezione ed ogni movimento in base ai vantaggi o danni per i loro interessi. Fino ad ora USA&Regno Unito hanno insistito perchè il popolo iracheno fosse unito e vivesse all'interno dello stesso sistema. Ma se dovessero vedere che i loro interessi vengono minacciati non avrebbero nessuno scrupolo a dividere l'Iraq in 3 mezzi-Stati tra Curdi, Sunniti e Sciiti. 4. Questa situazione ha spinto l'Iraq sull'orlo di una guerra settaria, specialmente dopo la fatwa emessa dall'Ayatollah Ali Al-Sistani, uno dei più riveriti esponenti del clero sciita, per l'armamento dei cittadini e l'arruolamento nell'esercito. 5. Per noi uno degli scopi di questa guerra è quella di contenere e strangolare il movimento democratico di massa del popolo curdo che vive nel Kurdistan occidentale (cioè in territorio siriano) e la sua amministrazione locale. Un movimento di massa che ha dimostrato come ci sia un'alternativa allo stato-nazione, al vecchio e nuovo liberismo ed al suo governo. Un movimento che ha dimostrato che non è necessario seguire le "Primavere Arabe" che hanno portato all'insediarsi di governi islamici. Inoltre questo movimento ha dimostrato che un popolo può insorgere senza il sostegno degli USA, della UE e dei loro agenti. Ha dimostrato che la rivoluzione sociale deve iniziare dal basso e non dall'alto e questo può essere raggiunto costruendo realtà locali che prendono le loro decisioni in autonomia. Questo movimento non è evidentemente utile agli interessi dei politici e del neo-liberismo, per cui la prossima mossa sarà l'attacco al Kurdistan occidentale ed al movimento di massa dei Curdi. In base a quanto detto finora il KAF denuncia come questa guerra è stata scatenata ed imposta al popolo iracheno, crediamo che sia necessario organizzarsi al di fuori dei partiti politici, al di fuori dei sostenitori della guerra, delle istituzioni statali e dei governi; è necessario organizzarsi nei posti di lavoro, nei quartieri, nelle scuole, nelle università e nelle strade per essere uniti e contrastare la guerra, l'ingiustizia, la povertà, la fame, le disuguaglianze e la repressone che viene imposta tramite questo brutale sistema fatto di Stati, imprese capitalistiche, istituzioni finanziarie, mass media neoliberisti e servizi di spionaggio. Kurdistan Anarchist’s Forum 18.06.2014 Link esterno: http://www.anarchistan.tk (traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

LA BOJE !!!!!!!!!!!!!!!!

Venerdì 27 giugno 2014 alle ore 21 presso il teatro Don Bosco di Rovigo ci sarà la prima rappresentazione del dramma in due atti "La Boje in Polesine" di Gianni Sparapan.

Palestina-Israele: Lotta senza fine per bloccare l'avanzata del progetto coloniale sionista*

Arkib, Bil'in, Ma'asara, Nabi Saleh, Ni'ilin, Qaddum, Colline sud di Hebron, Sheikh Jarrah, Giaffa-Tel-Aviv Negli ultimi 12 giorni la macchina propagandistica israeliana ha pompato alla grande sul caso del sequestro dei 3 giovani coloni al fine di giustificare ulteriori sforzi per spingere i palestinesi ad un trasferimento "volontario". Hanno finto di usare il sequestro per spezzare Hamas.In realtà hanno usato entrambi nel tentativo disperato di provocare una terza intifada. Far confluire 700 soldati nel villaggio di Na'ama (vicino Bil'in) che conta 2000 abitanti per arrestare due attivisti di Hamas è una cosa davvero ridicola a cui è difficile dare credito. Falliti i tentativi di far scoppiare una terza intifada e di bloccare il compromesso tra Hamas e Fatah (uno dei più importanti pilastri della politica israeliana del divide et impera), si fa sempre più invasiva la pressione delle potenze imperialiste mondiali su Israele per mettere fine all'occupazione del 1967. La lotta unitaria degli attivisti radicali israeliani insieme agli attivisti palestinesi mantiene alta la presenza sui media mondiali. Bil'in Manifestazione settimanale di venerdì 13/6/2014 Oggi a Bil'in, i residenti (accompagnati da attivisti israeliani ed internazionali) hanno manifestato in solidarietà con i prigionieri politici palestinesi in sciopero della fame. I manifestanti portavano posters con immagini dei prigionieri, alcuni indossavano in solidarietà l'uniforme da carcerato, si chiedeva il rilascio dei prigionieri e la fine dell'occupazione israeliana. Tre giornalisti palestinesi sono stati feriti. Uno è finito in ospedale. Altri 3 giornalisti sono scampati ai proietili di gomma grazie ai loro giubbotti antiproiettile. I soldati hanno sparato lacrimogeni e proiettili di gomma direttamente su un gruppo di giornalisti accreditati, senza risparmiare gli altri 80 manifestanti. https://www.facebook.com/photo.php?fbid=682344538486270 https://www.facebook.com/media/set/?set=a.5523844515479...50543 https://www.facebook.com/media/set/?set=pcb.528316487272692 Venerdì 20.6.14 Haitham Al Khatib https://www.facebook.com/haytham.alkhateeb/posts/102032...22136 israelpnm https://www.youtube.com/watch?v=jNnRy3IV9jk David Reeb http://youtu.be/X7FddxA6Jyo Nabi Saleh venerdì 13.6.2014 http://youtu.be/vU0nTJSGZ3o Ni'ilin 13. 6. 2014 Yisrael Puterman https://www.youtube.com/watch?v=ydlwIdS2bm4 Qaddum manifestazione settimanale di venerdì 13/6/2014 https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10152478323442500 https://www.youtube.com/watch?v=6_IL_jt7bJU 20-6-14 https://www.youtube.com/watch?v=80AxCY75Z0o ------------------------------------------------------ Non dite che non lo sapevamo n° 412 L'esercito israeliano sta cercando da anni di impedire che i palestinesi vadano a scuola nel quartiere di Kitun a Hebron. Nel 2011, all'inizio dell'anno scolastico, l'esercito aveva installato un metal-detector al Checkpoint 29, sulla strada che porta alle 3 scuole. Conseguentemente, gli insegnanti e gli alunni hanno fatto scuola in strada, prima di arrivare al checkpoint. Tre giorni fa i soldati hanno sparato lacrimogeni sugli studenti. Da allora insegnanti ed alunni passano per il metal-detector. I soldati hanno sparato lacrimogeni addosso a studenti che camminavano per strada per ritorsione a volte contro un lancio di pietre da parte dei bambini ma altre volte senza nessuna ragione. Il 5 maggio 2014 i soldati hanno sparato due granate assordanti contro bambini che andavano a scuola. Per reazione i bambini gli hanno tirato delle pietre. Al che i soldati hanno sparato dei lacrimogeni. il 25 maggio 2014, tre soldati si sono lanciati contro i bambini che sostavano all'ingresso della scuola. Alcuni bambini hanno lanciato delle pietre contro i soldati che hanno reagito sparando una granata assordante e due lacrimogeni. il 27 maggio 2014, mentre i bambini andavano a scuola, i soldati hanno fermato per 20 minuti 5 insegnanti ed un ragazzo. -------------------------- Non dite che non lo sapevamo n° 413 Lunedì 26 maggio 2014, Imad Shukri Salem, un pescatore palestinese che lavora nella striscia di Gaza a 300 metri dal confine israeliano, è stato gravemente ferito da spari di soldati israeliani. Domenica 5 giugno 2014 è morto per le ferite riportate. Criminali I Beduini cittadini di Israele hanno commesso un terribile crimine: quello di essere nati Beduini in uno stato ebraico! Come è possibile? Semplice, lo Stato di Israele ha costituito una unità di polizia il cui unico mandato è quello di perseguitare i cittadini beduini. Questa unità si chiama "Yoav Unit" ed è parte integrante della polizia israeliana. Finora sono 150 i poliziotti che ne fanno parte, ma si pensa di portarne il numero a 400. Devono effettuare demolizioni di case, distruggere i raccolti e demolire i villaggi dei Beduini. Questa guerra da parte dello Stato di Israele contro i suoi cittadini Beduini non è cosa recente. Risale all'insediamento dello Stato. Al pari del resto dei palestinesi che vivevano nel paese prima del 1948, la maggior parte dei Beduini venne espulsa e costretta alla fuga durante la guerra. Quello che non si sa è che dopo la fine della guerra, lo Stato di Israele non ha smesso di fare la guerra ai cittadini Beduini, che hanno subito provvedimenti di espulsione per altri 10 anni fino alla cessazione delle ostilità. I Beduini rimasti sono stati concentrati nella riserva di Sayag nel nord-est del Negev, mettendo in atto un gigantesco furto delle loro terre. Fu in questo modo che si è creato il problema dei rifugiati interni, non durante il conflitto, ma quale conseguenza di una guerra unilaterale condotta dal governo israeliano contro i cittadini Beduini. Ma non bastava ancora. Alla fine degli anni '60, il governo diede inizio alla politica di concentramento della popolazione beduina in baraccopoli, riproducendo ancora una volta il problema dei rifugiati interni in questa sorta di guerra uniltarale contro i cittadini Beduini. Ed è così che fino ad oggi lo Stato è riuscito a concentrare circa la metà della popolazione beduina nel Negev in agglomerati separati fatti apposta per loro. C'è solo un problema: la maggior parte dei Beduini non "capisce" che lo Stato "vuole solo il loro bene" – così per aiutarli a capire, lo Stato demolisce le loro case, distrugge i loro raccolti, limita i loro pascoli, gli nega l'acqua corrente, l'elettricità ed i servizi comunali. E se non basta, gli distrugge interi villaggi. L'obiettivo è quello di spingerli ad abbandonare le loro terre, i loro villaggi e le loro case per "accettare" di trasferirsi in questi agglomerati abitativi fatti apposta per loro. Che sono posti destinati ad essere discriminati nei finanziamenti urbani per diventare centri di povertà, disoccupazione e criminalità. Quando ci si trova a parlare con gli Ebrei cittadini di Israele sulla situazione dei Beduini cittadini di Israele, il tema ricorrente è che i Beduini sono dei delinquenti, che fanno case abusive e si prendono le terre demaniali, per cui si rimane sconvolti da come la propaganda di stato sia riuscita a distorcere la realtà al punto che i derubati sono diventati i ladri e le vittime divengono dei criminali. E poi non si trova nessuna traccia sui media israeliani del fatto che solo nel 2011, il governo israeliano ha demolito più di 1000 abitazioni dei Beduini. Non ci sono notizie sulle centinaia di demolizioni di case che vengono fatte ogni anno. I media restano silenti quando lo Stato di Israele costringe i cittadini Beduini a demolire le loro stesse case. E vige il silenzio anche di fronte alla distruzione di migliaia di acri di coltivazioni ogni anno. Nessuno parla della legislazione che permette allo Stato di rubare la maggior parte delle terre dei Beduini. Non viene mai spiegato come mai sono state fatte leggi razziste che negano ai Beduini la possibilità di costruirsi le case legalmente. Quando ci si imbatte in notizie sui media ebraici riguardo alla guerra dello stato contro i Beduini, sembra che i Beduini siano dei criminali che stanno danneggiando lo Stato. Ora che il governo israeliano, con l'istituzione della "Yoav Unit", ha tracciato una linea rossa nella guerra contro questi irriducibili Beduini della famiglia Abu-Amdiam, i quali insistono nel voler vivere sulla loro terra nel villaggio di El-Araqib, ora che ha invaso il loro cimitero e distrutto tutti gli edifici (tranne la moschea), ci si viene a dire che è per solo per rafforzare la legge. Ma a dire il vero, coloro che stanno combattendo i Beduini sono gli stessi che hanno fatto la legge che gli permette di rubare la terra ai Beduini. Così è stato creato un corpus legale per ignorare la proprietà tradizionale dei Beduini sulle loro terre, anche quando questi hanno documenti che provano la loro legittima proprietà. Anche se è tutto legale, non è una legge nè giusta nè eticamente accettabile. Anche le leggi di Norimberga nella Germania nazista, le leggi razziali in Sud Africa e quelle razziali negli Stati Uniti erano legali. Avevano tutte un solo problema: erano immorali. per altre informazioni: amosg@shefayim.org.il ------------------------------------------- Tel Aviv - Giaffa Solidarietà con i prigionieri politici palestinesi, piazza dell'orologio: attivisti di Giaffa (con altri di Tel Aviv - per lo più Palestinesi ma anche molti ebrei) hanno fatto un presidio serale in solidarietà con i prigioneri politici palestinesi in sciopero della fame. I manifestanti erano nella piazza dell'orologio nel centro storico, a chiedere la liberazione dei prigionieri e l'abolizione della detenzione amministrativa. https://www.facebook.com/media/set/?set=a.5534232614440...50543 Me too: https://www.facebook.com/schwarczenberg/photos/a.553423...10674 Tel Aviv manifestazione per: "dire no alle punizioni collettive, liberi tutti i prigionieri politici. Sabato 21 giugno alle 20.30 davanti alla base militare Kyria a Tel Aviv. L'esercito, su mandato del governo, sta effettuando centinaia di arresti e di fermi, mette in atto incursioni notturne nelle case, procede alla chiusura di intere regioni, arresta giornalisti e parlamentari palestinesi, dà luogo a punizioni collettive ai danni dei residenti di Hebron, Nablus, Betlemme, Jenin e di molte altre località, arresta bambini e minori, minaccia di tagliare le linee dell'elettricità e quelle telefoniche. Il vero scopo di tutto ciò NON è quello di trovare i ragazzi israeliani rapiti. Speriamo con tutto il cuore che i 3 ragazzi vengano trovati e riportati sani e salvi a casa. Ma nei fatti, Netanyahu ed il suo governo sta cinicamente usando questo caso come pretesto per un offensiva a tutto campo. Il governo israeliano conferma apertamente e vigliaccamente che continuerà con la stessa tattica, senza curarsi della ricerche in corso. Per il governo israeliano questa non è altro che una scusa per colpire Hamas e interrompere l'accordo unitario palestinese. Se le spese militari stavano per essere tagliate, ora è evidente che torneranno a crescere. Raduniamoci e chiediamo che si metta fine alle violenze ed alle uccisioni quotidiane. Basta con gli abusi e le punizioni collettive contro la popolazione civile che vive sotto occupazione militare! Sabato, 21.6, ore 20:30, davanti il Kiria (Ministero della Difesa), a Tel Aviv (Kaplan Street). La manifestazione è promossa da attivisti di base, coinvolti in diverse organizzazioni. Invitiamo tutti i gruppi ed i movimenti ad unirsi ed a sostenere questa manifestazione. Ogni giorno che passa, è un giorno di silenzio in più! https://www.facebook.com/events/828035260540418/? ================================= *Ilan Shalif http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/ Anarchici Contro Il Muro http://www.awalls.org Traduzione a cura di FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali

Anarchismo e lotta all'alcolismo nella Guerra Civile Spagnola (1936-1939)

Anarquismo y lucha antialcohólica en la Guerra Civil Española (1936-1939), scritto dallo storico Mariano Lázaro e dal dottor Manuel Cortés, è il terzo libro che viene pubblicato nella Serie Transhistorias, una collana di storia sociale e politica delle edizioni Piedra Papel Libros. Gli autori hanno curato un'interessante ricerca su un tema che, in genere, è stato poco affrontato dagli studi sull'anarchismo iberico. Nel saggio che viene pubblicato come libro per la prima volta, si parte dalle origini della lotta all'alcolismo portata avanti dal movimento libertario. Una lotta che almeno durante la Guerra Civile, andò in qualche modo radicalizzandosi, a causa soprattutto della necessità di una moralità inattaccabile che doveva servire da punto di forza per conseguire la vittoria militare e per consolidare il processo rivoluzionario che aveva posto la gestione dell'economia nelle mani dei lavoratori e delle lavoratrici. Tuttavia, un aspetto che riteniamo molto interessante che viene affrontato in questo breve lavoro, è quello che rivela la contraddizione ―vissuta con passione sulla stampa libertaria― tra lotta radicale all'alcolismo a cui si faceva riferimento prima e sostegno da parte dei sindacati anarchici ad un buon numero di aziende produttrici di vino e liquori che erano state collettivizzate in precedenza. Sarà proprio questa contraddizione, unitamente ad altri fattori citati nel saggio, la ragione per cui , nella prassi, la politica antialcolismo del movimento libertario non avrà un'ampia accoglienza, rimanendo circoscritta nei circoli dei militanti ideologicamente più intransigenti. Per concludere, ci piace segnalare lo stile, rigoroso eppur divulgativo, con cui è stato scritto il saggio. Un'opera breve che, almeno dal nostro punto di vista, invita i lettori ad interessarsi ad un aspetto del movimento libertario, ormai sempre più invisibile per la predominanza in ambito universitario di storici di scuola liberale o neomarxista. Speriamo che vi piaccia. Link esterno: http://piedrapapellibros.com/2014/02/11/anarquismo-y-lu...lica/ (traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

Guerra di Spagna, donne e antifascismo : tutte insieme … appassionatamente?

Augusto Cantaluppi e Marco Puppini [a cura di], “Non avendo mai preso un fucile tra le mani” Antifasciste italiane alla guerra civile spagnola 1936-1939, Prefazione di Laura Branciforte, Www.Aicvas.org, Milano, 2014. Pp. 160, Sip. I curatori hanno raccolto 67 profili biografici di donne italiane che parteciparono alla guerra civile spagnola. L’iniziativa è encomiabile, non altrettanto encomiabile è il criterio di scelta adottato, ovvero la loro adesione al cosiddetto «fronte antifascista». Una definizione assolutamente fuorviante che nasconde la natura sociale dello scontro allora in atto in Spagna. In quel conflitto, contro il proletariato spagnolo si scagliò dapprima la borghesia fascista e poi la borghesia democratica. Quest’ultima, dopo aver fatto buon viso a cattiva sorte di fronte ai proletari in armi, appena le fu possibile preferì favorire il fascismo piuttosto che cedere terreno al proletariato. Un fondamentale aiuto glielo fornì lo stalinismo che, sul fronte spagnolo, giocava le proprie carte diplomatiche. Il «fronte antifascista» fu in realtà un campo di battaglia tra borghesia e proletariato[1]. Di conseguenza, nella guerra civile spagnola NON ci furono donne antifasciste. Da un lato della barricata, ci furono donne anarchiche (molte) e marxiste (pochissime, e non dico comuniste, poiché il termine era stato deturpato dallo stalinismo), erano donne in lotta contro il fascismo per la rivoluzione proletaria; dall’altro lato, ci furono donne demo-staliniste, in lotta anch’esse contro il fascismo, ma per la difesa della repubblica borghese. Privilegiando questo obiettivo, il fronte democratico ricorse alle più tremende violenze contro ogni dissenso proletario. Motivo per cui, mettere tutte le donne nel medesimo calderone antifascista, significa mettere insieme persecutrici e vittime. Ricordiamoci infine che ci furono donne che, trovandosi in quei frangenti «non volontariamente», combatterono il fascismo, con un orientamento politico che dipendeva essenzialmente dalle loro radici sociali. L’invenzione dell’antifascismo Il libro riflette pienamente quella concezione metafisica dell’antifascismo che sorse proprio con la guerra di Spagna, in cui l’originario antifascismo sovversivo e proletario fu affogato nella palude democratico-borghese, e questo grazie al Kominterm[2]. A distanza di ottant’anni, stupisce che tale concezione venga ancora proposta, acriticamente, quando le nefandezze staliniste sono di dominio pubblico, e non solo grazie a Omaggio alla Catalogna di Orwell e a Terra e Liberà di Ken Loach... I curatori non si rendono conto di cadere nel ridicolo quando riducono misfatti, come la provocazione stalinista del maggio 1937 a Barcellona (l’assalto alla Telefonica), all’espressione anodina: «i fatti di Barcellona»... e così via, mistificando la realtà. Con una disarmante ingenuità (in cui non si capisce dove finisce l’imbecillità e inizia la malafede), l’Introduzione di Laura Branciforte reitera tutti i possibili luoghi comuni della vulgata demo-stalinista. Nessun dubbio sfiora l’autrice, a partire dalle stesse fonti storiografiche citate dai curatori che, con poche eccezioni, sono opere di chiara marca staliniana (ci troviamo anche quel impunito di Vittorio Vidali!). Mentre, brillano per la loro assenza opere fondamentali, tra cui: G. Munis, Lezioni di una sconfitta. Premesse di una vittoria. Critica e teoria della rivoluzione spagnola 1930-1939 [Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2007]. Dove mi è stato possibile verificare, come a proposito di Virginia Gervasini (Sonia), la mancanza di riferimenti ad affidabili fonti documentarie ha causato marchiani errori[3]. Ma questo è quanto ci passa l’accademia! Oggi come oggi, cassando la logora ideologia antifascista e seguendo più consoni criteri di analisi sociale, sarebbe stata più onesta una ricerca dedicata alle donne italiane coinvolte nella guerra di Spagna, comprese le donne «fasciste». Forse, si potrebbero fare interessanti scoperte. Così come, esaminando più da vicino i centomila «volontari» di Mussolini, si vede che, accanto all’élite fascista piccolo borghese, c’era una massa di proletari e soprattutto di braccianti che, partiti con la promessa di andare a coltivare la terra in Abissinia, finirono invece a marcire nel fango di Guadalajara. Come ci furono molti proletari comunisti che andarono a combattere in Spagna per la rivoluzione sociale e divennero invece carne da cannone per l’Urss di Stalin. Lacune quanto mai eloquenti Le lacune di Cantalupppi e Puppini sono quanto mai eloquenti, poiché sono il frutto marcio di una storiografia scritta dai vincitori, in cui gli stalinisti hanno fatto di necessità virtù, per giustificare, se non per esaltare (ci mancherebbe!), una sconfitta che, nel dopoguerra, si sarebbe trasformata in vittoria, quando venne impunemente spacciato il modello politico demo-stalinista (la democrazia popolare). Ci sono molte zone d’ombra assai compiacenti. Sulla discussa figura di Tina Modotti la bibliografia indica molti libri apologetici, tranne uno, forse, il più onesto: Pino Cacucci, Tina, la vita avventurosa di una donna straordinaria: Tina Modotti [TEA, Longanesi, Milano, 1994]. Non solo. Sulla compagna di Guido Picelli, Paolina Rocchetti, manca il libro di Gianni Furlotti, in cui lei denuncia la morte di Picelli per fuoco «amico» stalinista[4]. Ovviamente, con questi presupposti ideologici, le fonti demo-staliniste fanno la parte del leone. Mentre le fonti riguardanti le donne anarchiche e marxiste (vinte, umiliate e offese) sono «latitanti» nel vero senso della parola, perché latitanti furono le dirette interessate che, per buona parte della loro vita, dovettero sfuggire non solo la reazione fascista ma anche la reazione democratica. Esemplari fra molte furono le vicende di Giuditta Zanella ed Emilia Napione che, nel corso della loro esistenza, assunsero almeno una decina di identità. Nel 1937, a Valencia, Emilia Napione sfuggì per il rotto della cuffia alle checas staliniste. Per sparire nel nulla, nel settembre 1943, quando aveva poco più di quarant’anni. Di alcune, come Angelica Astolfi ed Eugenia Simonetti, gli sbirri non rintracciarono neppure una fotografia! Qualche riga in più avrebbero meritato Fosca Corsinovi e Tosca Tantini, compagne assai vicine a Camillo Berneri e a Francesco Barbieri, massacrati dagli stalinisti[5]. Infine, con un po’ di pruderie, è restato nella penna che Tante Marie (Maria Zazzi) fu tutrice di Horst Fantazzini, il «rapinatore gentile». Ma pur sempre rapinatore... E sulle donne, giudizi avventati e offensivi Laura Branciforte, attenendosi rigorosamente alla vulgata demo-stalinista, cade in avventati giudizi, a volte anche offensivi, in genere e di genere, per le donne, come quando, a proposito dello spirito femminista delle italiane presenti in Spagna, afferma: «Le rivendicazioni femministe sono contrarie o assenti nei loro discorsi, in sintonia con il tradizionalismo ed incluso il conservatorismo dei partiti socialisti e comunisti che frenarono la messa in questione delle più tradizionali divisioni sessuali dei ruoli e la presa di coscienza di una specifica questione di genere» [p. 25]. Non la sfiora il dubbio che i partiti comunisti stalinizzati, in Russia e nel mondo, avessero subito una forte regressione familista, dai tempi del libero amore di Aleksandra Kollontaj e della Sexpol di Wilhem Reich[6]. Nonostante insegni all’Università di Madrid (ma forse proprio per questo!), la profesora ignora bellamente l’esperienza delle Mujeres Libres[7], rievocata anche nel film Libertarias. Ammesso e non concesso che una parte delle donne demo-staliniste fosse in «buona fede», resta comunque il fatto che ebbero spesso incarichi, di alto o basso rango, nel partito, nel Soccorso Rosso (longa manus di Mosca) e nelle istituzioni repubblicane, alcune furono speaker alla radio governativa. Quasi sempre, pur nelle tragiche temperie della guerra, trovarono «percorsi agevolati». Le donne anarchiche e marxiste, generalmente, furono proletarie tra le proletarie, al fronte e nelle retrovie. E soprattutto furono donne assolutamente indipendenti; le loro scelte politiche difficilmente furono influenzate da implicazioni sentimentali. Emilia Buonacosa fu una roccia anarchica, per nulla scalfita dalla sua relazione con un’altra roccia, il comunista «bordighista» Piero Corradi; mentre Armida Prati, nipote di Malatesta, si avvicinò ai «bordighisti» ... per poi svanire nell’anoni-mato della storia, come molti veri eroi proletari. In poche parole, furono donne «emancipate e disinibite», come recitano con un tocco maschilista i rapporti di polizia. Dino Erba, Milano, 25 giugno 2014. -------------------------------------------------------------------------------- [1] Vedi: Agustín Guillamón, I Comitati di Difesa della Cnt a Barcellona (1933-1938). Dai Quadri di difesa ai Comitati rivoluzionari di quartiere le Pattuglie di Controllo e le Milizie Popolari, Introduzione: Dino Erba, Spagna 36. Una rivoluzione impossibile? O l’impossibilità della rivoluzione? Appendice: Gilles Dauvé, Quando muoiono le insurrezioni, All’Insegna del Gatto Rosso, Milano, 2013. [2] Vedi Dino Erba, L’invenzione dell’antifascismo, recensione a: Martino Cervo, Willi Münzenberg il megafono di Stalin. Vita del capo della propaganda comunista in Occidente. Prefazione di Ugo Finetti, Cantagalli, Siena, 2013. [3] Vedi: Virginia Gervasini, Gli insegnamenti della sconfitta della rivoluzione spagnola (1937-1939), Introduzione a cura di Paolo Casciola, Quaderni del Centro Studi Pietro Tresso, Studi e ricerche, n. 30, dicembre 1993. [4] Gianni Furlotti, Parma libertaria, Introduzione di Maurizio Antonioli, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001, pp. 202-205. [5] Vedi: Antonio Orlando – Angelo Pagliaro, Chico il professore. Vita e morte di Francesco Barbieri, l’anarchico dei due mondi, Prefazione di Francisco Madrid Santos, Zero In Condotta – La Fiaccola, Milano - Ragusa, 2013. [6] Ved: Arturo Peregalli, Stalinismo, Graphos, Genova, 1993, pp. 196-199. Vedi anche: Giancarlo Bocchi, Il ribelle. Guido Picelli una vita da rivoluzionario, Internationale Media Production, Roma, 2013. [7] Martha Acklesberg A., Mujeres Libres. L’attualità delle donne anarchiche nella rivoluzione spagnola, Zero in Condotta, Milano, 2005. Ricordo anche: Ana Delso, Trecento uomini e io. Spagna 1936 autobiografia di una rivoluzionaria, Zero in Condotta, Milano, 2006; Mika Etchebéhère, La mia guerra di Spagna. Una donna al comando di una colonna trotzkista in prima linea dal 1936 al 1938, Bompiani, Milano, 1977, esperienza ripresa nel romanzo: Elsa Osorio, La miliziana, Guanda, Parma, 2012. Alcune testimonianze sulle donne marxiste del Poum in: Isabella Lorusso, Spagna ’36. Voci dal POUM, Prefazione di Claudio Venza, Ibiskos Editrice Risolo, Empoli (Firenze), 2010.

Contro la Coppa e contro la repressione: seminare lotta e organizzazione!

L'insieme di lotte e conflitti sindacali e sociali in corso nel paese prima e durante la Copa do Mundo, tiene sotto pressione il governo federale, alcuni governi statali, municipi e padroni, generando una guerra dei nervi nei principali centri urbani del paese. Se l'anno scorso i protagonisti delle grandi manifestazioni furono i settori precarizzati dei giovani e non i movimenti popolari organizzati, nelle manifestazioni del 2014 si sono aggiunti i lavoratori di diverse categorie insieme a settori vicini ed espressione delle classi oppresse. Ne è un esempio la lotta dei lavoratori della metropolitana di São Paulo – i quali nei giorni scorsi hanno dovuto fare i conti con l'intransigenza di una delle più forti espressioni della destra brasiliana [cioè l'organizzazione di estrema destra cattolica Opus Dei Geraldo Alckmin/PSDB (Partido da Social Democracia Brasileira, ndt)]- vittime di una pesante repressione, delle strumentalizzazioni dei grandi mezzi di comunicazione e del licenziamento di più di 40 lavoratori. I sindacati della metropolitana proseguono nella campagna per il reintegro dei 42 licenziati. La partita più dura si sta giocando sulla pelle di questi valorosi compagni e di altre categorie attualmente in sciopero ed è per questo che ci teniamo a precisare di stare molto attenti a tutti i tentativi di criminalizzazione delle lotte. Stato di emergenza? No, Stato di lotta e di solidarietaà pemanente! A fronte della Legge Generale sulla Coppa e della Portaria de Garantia della Legge e dell'Ordine che configurano un vero e proprio stato d'emergenza in tutto il paese, si rende estremamente necessaria una solidarietà incondizionata all'interno della sinistra e dei movimenti sociali in tutte le lotte in corso e, soprattutto, per i lavoratori della metropolitana di São Paulo. Da mesi si assiste ad un aumento della presenza militare e di polizia nei centri urbani, così come nelle periferie e nelle favelas. Dopo le giornate del giugno 2013, abbiamo visto una crescente preoccupazione da parte dello Stato nel garantire la “tranquillità” durante lo svolgimento della Coppa, che in pratica si è tradotta in provvedimenti giuridici limitativi dei diritti civili e delle libertà democratiche, nell'intensificazione della repressione e della criminalizzazione della protesta e della povertà, nell'aumento della presenza militare e di polizia nei centri urbani, così come nelle periferie e nelle favelas, insieme ai costi delle tecnologie della repressione. La continuità delle lotte sindacali e popolari in questo periodo ci indica che non saranno evitati gli sforzi nella direzione di contenere, spaventare ed impedire che i lavoratori facciano uso degli strumenti legittimi e storici per difendere i propri diritti e le proprie conquiste, come il diritto di scioperare, di fare picchetti, occupazioni e manifestazioni. A Rio de Janeiro, São Paulo e Ceará, per esempio, sono stati emessi mandati di cattura e di arresto alla vigilia della COPA, con la detenzione di alcuni compagni al fine di diffondere la paura tra gli attivisti sociali. Nel Distrito Federal, i militanti del Comitato Popolare della Coppa hanno ricevuto intimidazioni da presunti rappresentanti della Justiça Eleitoral non-identificatisi, un giorno prima della protesta contro i costi della coppa. A Porto Alegre, diversi attivisti sociali del Bloco de Lutas sono stati denunciati ed intimiditi. Proprio i lavoratori della metropolitana in sciopero hanno subito forti repressioni da parte della Truppe antisommossa della Polizia Militare, che hanno usato lacrimogeni, bombe assordanti e pallottole di gomma. A Goiânia, studenti del Frente de Luta per il Trasporto Pubblico sono stati arbitrariamente arrestati e si vanno ad aggiungere agli innumerevoli fermati ed arrestati nelle lotte per i trasporti in tutto il paese. La lista è lunghissima e potremmo stilare più di una pagina con i casi di intimidazione e di repressione da nord a sud di tutto il Brasile. Il problema della carenza degli alloggi che qui è gravissimo, porta al moltiplicarsi del numero delle occupazioni urbane nelle grandi città. La risposta dello Stato è stata quella di difendere gli speculatori immobiliari, procedendo a sgomberi forzati. Tranne quando i movimenti per la casa sono scesi in strada denunciando ed esigendo soluzioni come recentemente successo a São Paulo. Nella nostra analisi siamo consapevoli che stiamo vivendo un momento emblematico nel nostro paese, con l'aumento della repressione politica nei confronti degli attivisti sociali e delle organizzazioni politiche, denunciate con accuse assurde e pesanti che possono preseguire ben oltre la fine della Coppa del Mondo. Tutto questo si interseca con una costante guerra psicologica contro le lotte sociali portata avanti dai grandi mezzi di comunicazione, che distillano odio di classe e menzogne nell'intenzione di costruire un consenso conservatore che rafforzi l'idea che la questione sociale è una questione di ordine pubblico e di polizia. Il periodo di svolgimento della Coppa conferma questo scenario. Con il messaggio al paese del 10 giugno, la presidente Dilma Rousseff ha detto che questa sarà una “coppa di tolleranza, di diversità, di dialogo e di comprensione”. Una chiara riaffermazione dell'attuale patto sociale stipulato dall'attuale governo con la borghesia e con la sua base sociale, sia in termini di partiti che di movimenti sociali che essa controlla, come nel caso della centrale sindacale CUT (Central Única dos Trabalhadores, ndt) per esempio. Affrontare la repressione: organizzandosi e lottando! Il periodo che stiamo attraversando sta mostrando il vero volto del sistema di dominazione capitalistico, che non verrà trasformato con un cambio del governo di turno. Quando noi ci muoviamo dal basso, ecco che dall'alto si mettono in atto misure coercitive, repressive e di intimidazione per frenare le lotte. La repressione è sempre stata e sempre sarà l'asso nella manica delle classi dominanti e dello Stato, una carta che distrugge tutto ed impone la “pace sociale”. La violenza che viene dall'alto è costitutiva delle strutture di dominio del capitalismo e, pertanto, non ci sarà mai un'eccezione nel sistema attuale. Questa è la regola che contribuisce a mantenere in funzione le relazioni di potere e di dominazione funzionali ai privilegi delle classe dominanti. É certo che il carattere delle mobilitazioni, in molte delle quali pesano le direzioni sindacali e le strutture ufficiali del sindacalismo "tradizionale", ci chiede di fare dei passi avanti per costituire forme di organizzazione dal basso che facciano dell'esperienza di lotta di migliaia di lavoratori, degli inquilini delle periferie urbale, dei poveri della campagna e degli studenti un criterio per imparare ciò che serve e ciò che non serve al protagonismo ed all'azione diretta di chi lotta. Questo implica raffrozare e costruire movimenti popolari ed organismi sindacali di base conflittuali ed indipendenti per dare forza sociali agli oppressi, una linea politica che la CAB si è modestamente dedicata a costruire in diversi settori di lotta. Le esperienze di lotta del 2013 e le lotte recenti hanno prodotto un'ideologia conflittuale, di lotta e di scontro. Non è ora di arretrare, è ora di qualità organizzativa! Ancora una volta è ora di solidarietà permanente, perchè la lotta si è fatta permanente e dove c'è dominazione c'è resistenza! Dove c'è resistenza, lotta ed organizazione di base, si piantano i semi per costruire il Poder Popular. E' il momento di affrontare la repressione lottando perchè questo nuovo periodo di lotte contro le forze di stato approfondisca i livelli di organizzazione e di coscienza dal basso per superare la paura che la classe dominante ed il suo governo di turno cercano di imporci. Piena Solidarietà allo sciopero dei lavoratori della metropolitana di São Paulo! Per il diritto di sciopero! Per il reintegro dei 42 lavoratori della metropolitana in sciopero e licenziati! Per la fine delle detenzioni e delle intimidazioni verso chi lotta! Contro la repressione che viene dall'alto, lotta, sciopero ed organizzazione dal basso! Rafforzare il movimento sindacale e popolare con la democrazia diretta, con l'indipendenza di classe dai governi! Protestare non è un crimine! Coordenação Anarquista Brasileira (CAB) (traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali) Link esterno: http://anarquismo.noblogs.org/?p=82

LIBERO PENSIERO N° 68

SEGNALIAMO L'USCITA DEL NUMERO 68, GIUGNO 2014 DEL TRIMESTRALE Libero Pensiero con articoli di Carlo Anibaldi, Alvaro Belardinelli, Maria Barbalato, Marina Boscaino, Paolo Cimarelli, Stefania Friggeri, Andrea Frova, Maria Longo, Maria Mantello, Mariapiera Maranzana, Bruno Segre, Sergio Scarpino La rivista è regolarmente spedita in abbonamento postale a iscritti e sostenitori della Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" su www.periodicoliberopensiero.it vi offriamo una lettura gratuita di alcuni articoli su www.periodicoliberopensiero.it nel rispetto della normativa Agcom offriamo in lettura gratuita alcuni articoli EDITORIALE UNO SPETTRO SI AGGIRA PER L’EUROPA Maria Mantello ALCUNI ARTICOLI : IL MONDO SALVATO DALLA CULTURA Maria Mantello LICEO CLASSICO, UN’ECCELLENZA CHE DISTURBA Alvaro Belardinelli CONCORDATO, DIAMOCI UN TAGLIO Paolo Cimarelli CROCIATA OMOFOBA: ALL’INDICE I LIBRETTI DELL’UNAR Marina Boscaino SE QUESTO È UN SANTO Carlo Anibaldi ATTUALITÀ DELLA RESISTENZA Alvaro Belardinelli 194, PROVE DI SHARIA CATTOLICA Stefania Friggeri 8‰, FAVOREGGIAMENTO DI STATO PRO CEI Maria Barbalato GABRIEL GARCIA MARQUEZ Maria Longo GIORDANO BRUNO E LA RELATIVITÀ. QUANTO GLI DEVE GALILEO GALILEI Mariapiera Marenzana PROIEZIONI CELESTI Nicola Palermo La rivista è regolarmente spedita in abbonamento postale a iscritti e sostenitori della Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno" sostieni il libero pensiero sostieni la tua libertà C/C n°77686004 IBAN: IT29 Y076 0103 2000 0007 7686 004 BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Per iscriversi alla Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno” è necessario compilare e spedire via e.mail la scheda di iscrizione (scarica .pdf oppure .doc))ed effettuare il versamento annuale di euro 50 (o più) su conto corrente postale n°77686004 intestato a ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO “GIORDANO BRUNO”

giovedì 12 giugno 2014

UDINE: zardins magnetics su Onde Furlane

Programma condotto dai compagn* del CSA-Dumbles-Movimento studentesco di Udine ogni giovedì dalle 20 alle 21.30 sui 90mhz di Radio Onde Furlane http://zardinsmagnetics.noblogs.org/

UDINE: No ai "Nazionalisti Friulani"

Qui il testo del volantino in pdf del movimento studentesco di Udine distribuito al Marinelli: i fascisti organizzano corsi di antiaggressione contro gli immigrati al liceo marinelli di udine A un anno da quando tre neonazisti francesi hanno assassinato Clement Meric, giovane antifascista anarchico; in un clima in cui negli ultimi giorni a Trento e a Torino sono stati accoltellati due antifascisti, domenica 8 giugno 2014, nella palestra del Liceo Scientifico Marinelli, in via Urbanis a Udine, laterale di Via Leonardo da Vinci, dalle ore 9 alle ore 13, il gruppo politico razzista e xenofobo di estrema destra “Nazionalisti Friulani”, insieme a ADRA Close Combat (che già organizza, sempre presso la palestra del Marinelli, corsi di Krav Maga israeliano) e all’Ente di Promozione Sportiva Riconosciuto dal CONI, organizzano un corso di autodifesa che loro stessi così presentano su Facebook: «Il Friuli è sempre stato un territorio dove la sicurezza e l’onestà erano parti integrati della società e contraddistinguevano il cittadino friulano. Eppure i furti, le rapine, il bullismo, le truffe, i raggiri sono diventati, negli ultimi anni, fatti di cronaca quotidiani, che vedono sempre più spesso gli immigrati come protagonisti in negativo. [...]. Noi vogliamo estirpare la delinquenza affinché il Friuli ritorni ad essere quel territorio sicuro che tutti conoscevamo. In questo contesto si inseriscono varie azioni che realizzeremo. La prima è uno stage gratutito, organizzato da maestri di ADRA Close Combat, sulla sicurezza e sulla difesa personale». 785_1060328911722_6231_n Tra gli organizzatori Luciano Tubetto, nella foto a lato, sulla destra, presso la tomba di Mussolini. Quest’iniziativa va anche a infangare il nome del liceo Marinelli, il cui dirigente si è giustamente schierato contro gli elementi nazisti e fascisti dei Nazionalisti Friulani, chiedendo alla provincia (a cui spetta l’amministrazione delle palestre scolastiche) di revocare l’autorizzazione a questo corso. È inaccettabile per noi che organizzazioni politiche tentino di avvicinarsi alle scuole con la loro propaganda (come si legge sulle loro pagine Facebook) di odio razzista, intollerante e islamofobo, mascherata dietro attività sportive. NON ACCETTIAMO QUESTE PROVOCAZIONI!! STUDENTI SEMPRE ANTIFASCISTI E ANTIRAZZISTI! Movimento Studentesco di Udineantifa-rifatta-red studentiudine.org fip via scalo nuovo giugno 2014

Comunismo anarchico? Le parole e la sostanza

tratto da Umanità Nova n. 12 anno 92 (1 aprile 2012) Una delle varianti della contrapposizione tra anarchia e comunismo è quella che contrappone ai comunisti anarchici (considerati comunisti travestiti) gli anarchici senza aggettivi, che sarebbero i sostenitori del libero mercato. Circa la questione dei “comunisti travestiti”, io credo che i comunisti-anarchici non abbiano bisogno di alcun travestimento e siano comunisti a pieno titolo; riporto inoltre una sintesi di quello che affermava Luigi Fabbri in risposta a Bucharin nel 1922, che ritengo ancora valida e di cui potrei fornire solo una parafrasi. Riguardo invece alla questione del rapporto del cosiddetto libero mercato con l’anarchia, il discorso è più complesso e merita un approfondimento. Innanzi tutto perché il mercato divenga una realtà economica in grado di condizionare l’intera società è necessario che la maggior parte dei beni e dei servizi prodotti e consumati assumano la forma di merci. Non si può parlare di mercato nel caso di baratti occasionali, non si può parlare di mercato là dove il prodotto del lavoro non viene prodotto per il mercato ma per l’autoconsumo (individuale o collettivo qui non importa). Perché i prodotti del lavoro assumano generalmente la forma di merci, occorre che i produttori reali debbano andare al mercato per comprarsi i mezzi di sussistenza, occorre quindi che i produttori reali siano stati espropriati dei mezzi di produzione da una parte, dei prodotti del lavoro dall’altra. I mezzi di produzione e i prodotti del lavoro, allora, si ergono di fronte al produttore espropriato, ridotto al rango di proletario, nelle mani del capitalista, come strumenti di oppressione e di sfruttamento. Se la proprietà dei mezzi di produzione e dei prodotti del lavoro passa dal capitalista privato allo Stato, la situazione del lavoratore salariato non cambia, ora oppresso dal capitalismo di Stato anziché da quello privato. Solo l’anarchia può risolvere la condizione di sfruttamento e di oppressione della classe operaia, abolendo da una parte lo Stato e dall’altra la proprietà privata dei mezzi di produzione. Una volta ricomposta, attraverso la rivoluzione, l’unità tra produttore, mezzi di produzione e prodotti del lavoro è ovvio che viene meno anche la necessità del mercato, sostituito dalla sperimentazione sociale che gli individui e le libere collettività vorranno mettere in pratica per risolvere le questioni legate alla produzione e alla distribuzione. Da “Anarchia e comunismo “scientifico”” di Luigi Fabbri Una mala abitudine, contro cui occorre reagire, è quella presa da qualche tempo dai comunisti autoritari di opporre il comunismo all’anarchia, come se le due idee fossero necessariamente contraddittorie; l’abitudine di usare questi due termini comunismo ed anarchia come se fossero tra loro antagonistici, e l’uno avesse un significato opposto all’altro. Non è male ricordare che fu proprio un congresso delle Sezioni Italiane della prima Internazionale dei lavoratori, tenuto clandestinamente nei dintorni di Firenze nel 1876, che, su proposta motivata di Errico Malatesta, per il primo affermò essere il comunismo la sistemazione economica che meglio poteva render possibile una società senza governo; e l’anarchia (cioè l’assenza d’ogni governo), come organizzazione libera e volontaria dei rapporti sociali, essere il mezzo di migliore attuazione del comunismo. L’una è la garanzia d’un effettivo realizzarsi dell’altro, e viceversa. Di qui la formulazione concreta, come ideale e come movimento di lotta, del comunismo-anarchico. Gli anarchici allora si chiamavano in Italia più comunemente socialisti; ma quando volevano precisare si chiamavano, come si son chiamati sempre da quel tempo in poi fino ad oggi, comunisti-anarchici. Più tardi Pietro Gori soleva appunto dire che di una società, trasformata dalla rivoluzione secondo le nostre idee, il socialismo (comunismo) costituirebbe la base economica, mentre l’anarchia ne sarebbe il coronamento politico. Tale definizione o formula dell’anarchismo, il Comunismo Anarchico, era accettata nel loro linguaggio anche dagli altri scrittori socialisti, i quali quando volevano specializzare il proprio programma di riorganizzazione sociale dal punto di vista economico, parlavano non di comunismo ma di collettivismo, e si dicevano infatti collettivisti. Ciò fino al 1918; vale a dire finché i bolscevichi russi, per differenziarsi dai social-democratici , decisero di mutare nome, riprendendo quello di “comunisti” che si richiama alla tradizione storica del celebre Manifesto di Marx ed Engels del 1847, e che prima del 1880 era adoperato in senso autoritario e socialdemocratico esclusivamente dai socialisti tedeschi. Poco per volta quasi tutti i socialisti aderenti alla III Internazionale di Mosca hanno finito col dirsi comunisti, senza tenere alcun conto del cambiato significato della parola, del mutato uso che se ne fa da quarant’anni nel linguaggio popolare e proletario e delle mutate situazioni nei partiti dal 1870 in poi – commettendo così un vero e proprio anacronismo. I socialisti trasformatisi in comunisti hanno certo assai modificato il loro programma da quello che era stato fissato al Congresso del Partito dei Lavoratori a Genova, per l’Italia, nel 1892, ed a Londra, per l’Internazionale socialista, al Congresso del 1896. Ma la modificazione del programma verte tutta ed esclusivamente sui metodi di lotta (adozione della violenza, svalutazione del parlamentarismo, dittatura invece che democrazia, ecc.); e non riguarda l’ideale di ricostruzione sociale, cui unicamente le parole comunismo e collettivismo possono riferirsi. Per quel che riguarda il programma di riorganizzazione sociale, di assetto economico della società futura, i socialisti-comunisti non l’hanno modificato in nulla; non se ne sono affatto occupati. In realtà, sotto il nome di comunismo è sempre il vecchio programma collettivista autoritario che sussiste – con, in un sfondo lontano, molto lontano, la previsione della scomparsa dello Stato che si addita alle folle nelle occasioni solenni, per stornare la loro attenzione dalla realtà di una nuova dominazione, che i dittatori comunisti vorrebbero loro mettere sul collo in un avvenire più prossimo. Tutto ciò è fonte di equivoci e di confusione tra i lavoratori, ai quali viene detta una cosa con parole che ad essi ne fan credere un’altra. La parola comunismo fin dai più antichi tempi significa non un metodo di lotta, e ancor meno tino speciale modo di ragionare, ma un sistema di completa e radicale riorganizzazione sociale sulla base della comunione dei beni, del godimento in comune dei frutti del comune lavoro da parte dei componenti di una società umana, senza che alcuno possa appropriarsi del capitale sociale per suo esclusivo interesse con esclusione o danno di altri. I neo- comunisti invece per “comunismo” intendono soltanto o prevalentemente l’insieme di alcuni metodi di lotta e dei criteri teorici da essi adottati nella discussione e nella propaganda. Alcuni si riferiscono al metodo della violenza o terrorismo statale, che dovrebbe imporre per forza il regime socialista; altri vogliono significare con la parola “comunismo” il complesso di teorie che vanno sotto il nome di marxismo (lotta di classe, materialismo storico, conquista del potere, dittatura proletaria, ecc.); La formula, dei collettivisti era invece ( a ciascuno il frutto del suo lavoro oppure a ciascuno a seconda del suo lavoro ). Inutile il dire che queste formule vanno intese in un senso approssimativo, come indirizzo generale, e non in modo assoluto e con carattere dogmatico, come pure per un ceno tempo vennero adoperate.altri ancora un puro e semplice metodo di ragionamento filosofico, come il metodo dialettico. Alcuni lo chiamano, perciò, – accoppiando insieme parole che non hanno fra loro alcun nesso logico – comunismo critico, ed altri comunismo scientifico. Secondo noi, tutti costoro sono in errore; poiché le idee ed i metodi di cui sopra potranno essere condivise ed adoperati anche dai comunisti, ed essere più o meno conciliabili col comunismo, ma da soli non sono il comunismo né bastano a caratterizzarlo, mentre potrebbero benissimo conciliarsi con altri sistemi del tutto diversi e magari contrari al comunismo. Se volessimo divertirci con dei bisticci, potremmo affermare che nelle dottrine dei comunisti dittatoriali v’è di tutto un po’, ma quel che più vi manca è precisamente il comunismo. Il collettivismo legalitario e statale da un lato ed il comunismo anarchico e rivoluzionano dall’altro, erano le due scuole in cui si divideva principalmente il socialismo fino allo scoppio della Rivoluzione Russa nel 1917. Il dissenso, il contrasto, non è dunque tra anarchia e comunismo più o meno “ scientifico “, bensì tra il comunismo autoritario statale, spinto fino al dispotismo dittatoriale, ed il comunismo anarchico o antistatale con la sua concezione libertaria della rivoluzione. Ché se d’una contraddizione in termini si dovesse parlare, questa la si dovrebbe cercare non tra il Comunismo e l’Anarchia, che si integrano al punto che l’uno non è possibile senza l’altro, ma piuttosto tra Comunismo e Stato. Finché v’è Stato o governo, non v’è comunismo possibile. Per lo meno la loro conciliazione è così difficile e con subordinata al sacrificio d’ogni libertà e dignità umana, da farla ritenere impossibile oggi che lo spirito di rivolta, d’autonomia e di libera iniziativa e con diffuso tra le masse, affamate non soltanto di pane, ma anche di libertà. ita.anarchopedia.org/Luigi_Fabbri Tiziano Antonelli n. 12 anno 92 Aprile

mercoledì 11 giugno 2014

FEDERICO TAVAN RASSEGNA STAMPA A CURA DI INFO-ACTION.NET

RASSEGNA STAMPA A CURA DI INFO-ACTION.NET DAL MESSAGGERO VENETO DEL 8 GIUGNO 2014 «Noi con Tavan contro i salotti culturali» Il collettivo Chialtres e il libro sul poeta: «Era un intellettuale nemico del potere». Colonnello (Menocchio): «Collaboriamo» di Cristina Savi PORDENONE. «Con gli eventi di Udine e Pordenone si è reiterato il tentativo di glorificarlo e santificarlo e ne è uscita soltanto molta necrofilia. Noi non siamo “amici” di Federico Tavan, noi siamo suoi compagni, complici, sodali. E questo libro è un atto di rivolta contro tutte le sue celebrazioni!». Va subito dritta al punto, senza giri di parole, Carla, del Collettivo Chialtres, introducendo la presentazione di Nome ché lenga a chì a ne permet da favelà, edito dal collettivo stesso e presentato ieri a Pordenone nella sede del Circolo libertario Zapata, centro anarchico al quale il poeta di Andreis, scomparso nel novembre del 2013, fu sempre piuttosto vicino. Il clima si surriscalda nel prefabbricato del quartiere di Villanova che ospita il circolo, un contesto popolare che sarebbe piaciuto molto al poeta, “reduce” dagli omaggi che gli hanno reso il festival vicino/lontano a Udine e dalla due giorni pordenonese del fine settimana scorso. E da ieri, con l’uscita del libro, al centro di una polemica iniziata proprio durante vicino/lontano con un volantinaggio del Collettivo Chialtres. «Un libro necessario – incalza Carla – per rispondere al divoramento di Tavan da parte dell’industria culturale e che ci ribadisce come soltanto in un contesto fuori da qualsiasi istituzione sia possibile far emergere la vera dimensione poetica e esistenziale di Federico». Prende la parola Massimo Masolini, al quale si deve in particolare la realizzazione del libro e che apparteneva al coordinamento del gruppo editoriale che dal 1989 al 1995 «stette con Tavan, e lui con noi», nella non tanto breve estate dell’anarchia di Usmis, la rivista che veniva messa insieme al centro sociale autogestito di via Volturno, a Udine. «Io devo capire, cercare un’altra verità, diversa dalla vostra imbalsamata» dice, dopo aver letto un passo da “L’assoluzione” di Tavan. E si scaglia contro chi ha fino a oggi pubblicato Tavan, tutti colpevoli di aver rimosso periodi ed esperienze che per Federico furono fondamentali (come il rapporto con Marc Tibaldi, sempre di Usmis). «Noi eravamo e siamo nazionalitari, anarchici, friulanisti e Federico cercava questo ambiente, aveva questo mondo come riferimento». Masolini ne ha per tutti, «perché noi abbiamo riletto Federico e preso sul serio ciò che scriveva», parola per parola di un «intellettuale combattente che si difende». Si difende - dice Masolini – anche dai “salotti” della cultura pordenonese («assurdo che Villalta e Garlini lo accusassero di essere utile alla borghesia, proprio loro contro i quali Tavan si scagliò pesantemente già nel 1999»); e di quella udinese («se Paolo Medeossi ha cento lettere di Federico allora le pubblichi tutte!»). Non sopporta, Masolini, «che su Tavan si dicano sempre le stesse cose, si mostrino e si pubblichino sempre le solite foto, come una verità già indovinata e ripetuta all’infinito. Con questo libro abbiamo voluto togliere Tavan dall’immagine imbalsamata e ridare una forma reale alla sua figura di poeta che usava la lingua andreana in modo rivoluzionario e che criticava radicalmente ogni forma di potere. Ora chiediamo agli altri di fare lo stesso». Nel dibattito che seguirà interverranno anche il poeta Antonio De Biasio e Aldo Colonnello, la colonna del Circolo Menocchio di Montereale. «Vi ringrazio perché questo libro copre un buco», dirà, rendendosi disponibile, ora che il Menocchio si appresta a pubblicare l’autobiografia di Tavan, a collaborare con Chialtres. DAL MESSAGGERO VENETO DEL 7 GIUGNO 2014 di Luciano Santin Esiste un’eredità di Federico Tavan. Ed è lecito a qualcuno appropriarsene? Il punto, di forte dialettica polemica, è emerso con il volantinaggio effettuato collaterlamente alla serata di vicino/ lontano dedicata al poeta di Andreis scomparso lo scorso anno. La contestazione, promossa da quanti hanno condiviso il percorso compiuto da Tavan, anni 90, nella rivista Usmis, ha un seguito nel libro Nome chê lenga chì a ne permet da favelâ. Federico Tavan dai timps di USMIS e dal C.S.A. al infinît, pubblicato dal Collettivo Chialtres. Il volume, che verrà presentato oggi alle 18 al Circolo Zapata di Pordenone, raccoglie una serie di materiali poco noti o di difficile reperibilità, risalenti appunto alla prima metà dei 90, e ha, sottesa, l’idea del “suicidio” di Tavan operato dalla società dello spettacolo. Di una normalizzazione perseguita in vita (con la conseguente ricerca della follia quale unica via di fuga), e oggi celebrata in morte. In premessa si sottolinea, nelle diversità, il forte legameemotivo, etico e prospettico di Tavan con Pasolini, ponendo l’accento sugli elementi chiave della sua poetica e del suo pensiero: l’uso rivoluzionario della lingua andreana e la radicale critica a ogni forma di potere. Di qui si passa a un j’accuse nei confronti dei salotti e degli «ipermercati culturali» messi in piedi in Friuli, «per liquidare fin da subito un possibile movimento di veri poeti e/o intellettuali inmarilenghe ». L’intellighenzia è indicata come cupola e meccanismo egemonizzante: «la combriccola sempre uguale, il giornalista, l'attore, il lettore, il musicista, il fotografo, il professore, l'organizzatore, l'assessore (quando non il prete), tutti intercambiabili », e poi finisce inevitabilmente con l’assumere nomi e cognomi: Gian Mario Villalta, Alberto Garlini, Danilo de Marco, Paolo Medeossi, Federico Rossi. Attraverso il loro lavoro – sostiene il libro – su Tavan, poeta da lasciare allo stato brado e senza bisogno di commenti, si opera «l’imbonimento, l'imborghesimento, la normalizzazione, la riduzione a immagine o icona», e la devitalizzazione della carica destabilizzante. Al di là dell’interesse per i testi contenuti, il libro si pone comemanifesto e punto di partenza per una riflessione sulla deriva di spettacolo e consumo subita dalla cultura. Rifacendosi, senza citarla, alla massima di Kraus: «Quando il sole è basso sull’orizzonte della cultura, anche i nani proiettano ombre lunghe ». Da parte dei chiamati in causa non c’è vivacità di reazione: «Ho visto il volantino e comperato il libro. Si parla di un complotto, di una cupola che avrebbe manipolato Federico Tavan trasformandolo in uno zombie. Francamente non mi sento imputabile, e comunque l’onere della prova spetta a chi accusa», nota Paolo Medeossi. «Gli sono stato per più di vent’anni amico sincero e disinteressato. E anche ricambiato, perché ho un amplissimo epistolario che lo attesta. Il discorso sulmodoin cui si fa cultura in Friuli, poi, è altro, rispetto alla vicenda umana e poetica di Federico». Ancora più abbottonato e anodino Alberto Garlini: «Preferirei non entrare in questa polemica, per rispettare la memoria di Federico Tavan, cosa che tutti, ciascuno a suo modo, credo intendano fare. Non millanto un’amicizia, l’ho incontrato un paio di volte, e conseguentemente non posso mettergli in bocca delle parole. In quanto alla cultura in Friuli, credo che mai come in questo momento sia stata ricca e riconoscibile anche fuori dalla regione». Da Onde Furlane, Paolo Cantarutti, che è stato tra i fondatori di Usmis, e ha fornito parte del materiale pubblicato nel libro, esorta a ragionare sui contenuti. «Guarderei alla sostanza, anche se espressa in modo un po’ aggressivo e respingente. La tesi del poeta stritolato dalla macchina culturale è credibile, perché Tavan non aveva difese. Ma la vera questione è quella della politica: si è scelta la via dei grandi eventi di serie A, sui cui investire. Dobbiamo domandarci a che serve la cultura, che cosa deve fare?».

PAOLA NICOLAZZI

Ciao Paola, la tua voce ci accompagnerà sempre nelle nostre lotte! Si è spenta sabato mattina al termine di una lunga malattia Paola Nicolazzi. Storica attivista anarchica, cantautrice e cofondatrice dell’Archivio Germinal e della cooperativa Tipolitografica, dove, ancora oggi, viene stampato il settimanale anarchico “Umanità Nova”, Paola Nicolazzi aveva appena compiuto 81 anni. Nata a Stresa in provincia di Novara, sul Lago Maggiore, era arrivata a Carrara nel 1976, per rag...giungere il fratello Alfonso Nicolazzi, insieme al quale, con altri compagni, contribuì a dar vita alla tipografia di via San Piero. La vita di Paola si divide tra la passione politica e quella per la musica e il canto: collaborò con i Dischi del Sole, storica etichetta discografica con sede a Milano, esprimendo la sua militanza nei gruppi anarchici con la voce, come interprete e autrice; girando le piazze d’Italia con spettacoli e recital legati alle varie campagne del movimento. Tra i suoi lavori, la trasposizione in musica della poesia “Schiavi” di Belgrado Pedrini, da cui nacque “Il Galeone”, uno dei brani storici del canzoniere libertario; l’impegno per la liberazione di Giovanni Marini e contro le centrali nucleari; la lotta per la chiusura della Farmoplant di Avenza. Paola Nicolazzi amava cantare accompagnandosi con la chitarra: tra le interpretazioni a lei più care, quella di “Addio a Lugano” con Giorgio Gaber e Francesco De Gregori, nel 1975 al Teatro Uomo di Milano. Nel corso degli anni ebbe molte collaborazioni lavorando tra gli altri con Giovanna Marini, Gualtiero Bertelli, Ivan Della Mea, les Anarchistes e da ultimo con Alessio Lega. https://www.youtube.com/watch?v=3IHiiRiIGy4 -- Biblioteca Archivio Germinal Carrara www.bagcarrara.wordpress.com Piazza Matteotti n. 31 Piano II Carrara (MS) 54033 casella di posta 14

mercoledì 4 giugno 2014

La grande abbuffata del Mo.SE - InfoAut l'informazione di parte

da www.infoaut.org Trentacinque arresti bipartisan da Pd a Forza Italia e un centinaio di indagati a vario titolo per concussione, corruzione e riciclaggio di denaro: questo è quanto emerge dall’inchiesta sul Mo.SE di Venezia. Correva il 2011 quando è stata annunciata la costruzione del Mo.S.E. (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) per la difesa della laguna veneziana con un fondo di 630 milioni di euro. L’indagine è iniziata nel febbraio 2013 e ha portato all’arresto di Nicolò Buson e Giorgio Baita, ex-manager della Mantovani (gruppo che fa parte della Cav e coinvolto anche nell’Expo2015), oggi, il consiglieri regionale Pd Giampiero Marchese, il sindaco Pd Giorgio Orsoni (ai domiciliari) e l’assessore regionale alle Infrastrutture Forza Italia Renato Chisso sono stati tratti in arresto insieme ad altre 32 persone. Nell’occhio del ciclone è finito anche l’ex governatore, ex ministro e attualmente senatore e presidente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, Giancarlo Galan, per il quale la Procura ha chiesto alla Camera il via libera per procedere con l’arresto. Le tangenti, cumulate con l’ormai classico meccanismo dei fondi neri che venivano depositati nelle banche estere sui conti dei politici, mettono in evidenza il sistema integrato tra regione e città che, seppur di colore diverso, sono in sinergia e perfettamente unite dalla spartizione dei bottini. Il progetto del Mo.SE aveva come concessionario unico il Consorzio Venezia Nuova (Cav), il quale tramite anche il project financing, pilotava gli appalti per la realizzazione dell’opera tra 70% a Venezia e 30% a Roma. Un ruolo non secondario hanno avuto i servizi segreti e le questure locali che hanno fornito informazioni riservate riguardo alle indagini. Coinvolto anche l’ex generale della Guardia di Finanza, Emilio Spaziante, il quale, in quanto, commissario governativo inviato, è stato strettamente legato alla cricca romana. L’impasto tra politica e imprese è palese in quanto la magistratura alle acque di Venezia è un ramo del Ministero dei trasporti e il Pd è uno dei partiti maggiormente coinvolto: il progetto del Mo.SE ha visto il maggior contributo nel 2006, proprio quando De Pietro rivestiva la carica di questo ministero. Lo scandalo di oggi esemplifica in maniera chiara come le grandi opere siano un bancomat per i partiti, dalla Valsusa al Mo.SE, passando per l’Expo2015. Se inizialmente, in maniera populista qualcuno riteneva che fosse un atteggiamento tipico della destra, gli indagati del Mo.SE dimostrano che non c’è alcuna differenza tra destra e sinistra, ma si tratta di un unicum territoriale e nazionale che non vede l’ora di spartirsi il bottino delle tangenti. Abbiamo commentato la vicenda con Massimo, un compagno veneziano che da anni segue e combatte le peripezie del Mo.S.E.

verso l' 11 luglio

Da radio onda d’urto L’undici luglio i capi dell’Europa vogliono incontrarsi per decidere del nostro futuro. Saremo presenti anche noi, perché quel giorno sotto i riflettori dell’Europa si imponga la voce di quanti non trovano rappresentanza dentro queste istuzioni; di quanti, anzi, abitualmente ne pagano i costi, col proprio impoverimento, con la propria precarizzazione, con la perdita di autonomia e di controllo sulle proprie vite. Di fronte a processi di impoverimento drastici di fasce crescenti della popolazione, la governance europea risponde con vertici come questo, col ricatto che lega il reddito e l’inclusione sociale alla disciplina del lavoro e di una produttività sempre maggiore. Noi riteniamo, invece, che la ricchezza non sia sottoprodotta, ma mal distribuita; che il problema non sia lavorare di più, ma sganciare le nostre vite e il nostro diritto a vivere degnamente dalle strategie con cui governanti ed imprenditori ristrutturano il mercato del lavoro. A chi ci vuole imporre dall’alto un discorso sulla nostra “occupazione”, contrapponiamo un discorso allargato, che ponga la questione del reddito, della precarietà, dei beni comuni, di una battaglia radicale contro lo status cui sono costretti i migranti e i profughi. Questo vertice coinciderà anche con l’apertura di un semestre europeo governato da quel Renzi che ha messo d’accordo in Italia tutte le frazioni del padronato, il media maistream nella sua totalità, presentandosi come il miglior allievo e collaboratore della dottrina di austerity imposta dalla Trojka. Diventa ancora più urgente, dunque, allargare ad un orizzonte europeo il fronte dell’opposizione alle politiche del nostro impoverimento. Costruendo una mobilitazione vasta e che vorremmo transnazionale. Immaginando un’opposizione alla Trojka che si sottragga all’alternativa impotente Europa sì/Europa no. Che guardi ad un continente della conflittualità in divenire da produrre con le pratiche dei movimenti sociali perchè l’unica progettualità davvero comunitaria è quella che passa per l’abbattimento delle gerarchie che ci opprimono e la redistribuzione delle ricchezze che ci sono sottratte. Costruire un percorso comune vuol dire gettare le basi che lo rendono possibile. Per questo l’assemblea ha chiesto, fin dai primi interventi, trovando conferma, la convocazione di uno sciopero generale per la giornata dell’11 luglio, per permettere la partecipazione di tutti i lavoratori. Vuole anche dire sedimentare una forza che venga dai percorsi che possiamo costruire sui territori e che apra alla possibilità di una stagione da rilanciare. Non ci interessa costruire eventi quanto attivare processi, con un passato ed un futuro di possibilità. Per questo ci impegneremo a costruire assemblee nei nostri territori, che allarghino la partecipazione e il fronte di un’inimicizia sempre più necessaria. Per questo abbiamo individuato nell’ultima settimana di Giugno lo spazio di una mobilitazione che confluisca in una giornata comune (26 giugno) su obiettivi di lotta condivisibili e concreti: banche, agenzie di riscossione dei crediti, centri impiego e media, intesi come un apparato ormai direttamente politico. Molte altre iniziative che si svilupperanno sul territorio nazionale costituirnanno altrettanti momenti di rilancio di questo percorso comune. Nella prospettiva di una processualità politica e sociale in continuità con un anno di movimenti, #civediamolundici Luglio perchè sia punto di partenza di processi larghi di conflittualità a venire. Movimenti sociali e sindacati conflittuali contro la precarietà e l’austerity Breve sintesi degli interventi in http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/11928-report-dellassemblea-nazionale-di-torino-#civediamolundici

lettera aperta per l'eutanasia diritto civile

"Presidente Renzi, basta strage degli innocenti Anche in Italia l'eutanasia sia un diritto civile" Francesco Lizzani (figlio di Carlo Lizzani), Chiara Rapaccini (compagna di Mario Monicelli), Carlo Troilo (autore di “Liberi di morire”) e Mina Welby (co-presidente della Associazione Coscioni) mandano questa lettera aperta al presidente del consiglio – pubblicata oggi su www.micromega.net – in occasione del convegno sulla libertà di scelta sul fine vita che MicroMega organizza giovedì 5 giugno a Firenze con Eduard Verhagen, "padre" del protocollo olandese per l'eutanasia neonatale. di Francesco Lizzani, Chiara Rapaccini, Carlo Troilo e Mina Welby Stimato Presidente, ora che le elezioni europee sono passate ed hanno premiato la Sua linea di rinnovamento, Le scriviamo per richiamare la Sua attenzione su un tema – la legalizzazione della eutanasia – su cui una larga maggioranza degli italiani esprime da tempo il suo consenso. Giovedì 5 giugno parteciperemo a Firenze – la sua città – a un convegno su questo tema, organizzato dalla rivista MicroMega e che avrà come relatore Eduard Verhagen, direttore del dipartimento di pediatria dell’università di Groningen e uno dei “padri” della legislazione olandese e belga in tema di eutanasia. La mancata soluzione del problema della “morte dignitosa” ha queste conseguenze, da noi pubblicamente denunciate e da nessuno smentite: ogni anno, in Italia, mille e più malati si suicidano e più di mille tentano invano di farlo; ed ogni anno 30.000 malati terminali muoiono nei reparti di rianimazione con l’aiuto attivo di medici pietosi e coraggiosi, costretti a praticare l’eutanasia clandestina dalle norme di un codice penale che risale al 1930 e non a caso segue solo di un anno il Concordato fra il regime fascista e il Vaticano. Chi, come noi, ha vissuto il dramma incancellabile della fine dolorosa o del suicidio di una persona cara cui era stata negata la possibilità di una “morte degna” avverte con angoscia l’indifferenza della classe politica dinanzi ad una realtà così drammatica. Abbiamo tentato, con una serie di iniziative pubbliche, di richiamare il Parlamento a quello che è un suo dovere, imposto dalla Costituzione: discutere delle proposte di legge di iniziativa popolare come quella presentata dalla Associazione Luca Coscioni con 70 mila firme di cittadini/elettori. Abbiamo avuto, per questa nostra richiesta, il sostegno pubblico ed appassionato del Presidente della Repubblica, cui sono seguiti gli impegni del Presidente della Camera e di molti altri autorevoli esponenti dei due rami del Parlamento. Eppure, a quasi 300 giorni dal deposito della legge e a 70 giorni dal messaggio del Capo dello Stato nulla si muove. Per questo ci rivolgiamo ora a Lei ed al Suo governo. Non permetta che l’Italia, che assumerà a breve la presidenza di turno della Comunità Europea, sia additata come il paese più arretrato sul piano dei diritti civili. In particolare, per quanto riguarda l’eutanasia, solleciti il Parlamento a compiere il proprio dovere ed a frenare con leggi coraggiose quella che non esitiamo a definire una “strage degli innocenti”. Siamo certi che la sua fede religiosa non sarà d’ostacolo, poiché le tradizioni del cattolicesimo laico cui Ella ha più volte fatto riferimento Le consentiranno di agire su questo terreno guardando innanzitutto alla volontà dei cittadini e non lasciandosi condizionare dai veti dei cattolici oltranzisti. Con viva cordialità e certi della sua attenzione Francesco Lizzani, figlio di Carlo Lizzani Chiara Rapaccini, compagna di Mario Monicelli Carlo Troilo, autore di “Liberi di morire” Mina Welby, co-presidente della Associazione Coscioni www.micromega.net --------------------------------------------------------------------------------

martedì 3 giugno 2014

Ho prenotato un seggio a Bruxelles

La globale crisi economico-finanziaria, giunta ormai al suo sesto anno consecutivo plasma e modella le elezioni europee e di rimando gli scenari nazionali. Sul 25 maggio si sono concentrate e scaricate le tensioni, le aspirazioni e le barbarie che in ogni paese della UE sono state alimentate dai processi economici in corso. Così, le misure anti-proletarie di austerity (dal nodo scorsoio dei piani di salvataggio fino ai recenti fiscal compact e pareggio di bilancio) -appena mitigate dalla tardiva azione della BCE (taglio dei tassi, iniezioni di liquidità)- hanno dettato le campagne elettorali di partiti e movimenti euro-popolari ed euro-populisti, euro-post/socialdemocratici ed euro-neoriformisti, euro-scettici ed euro-nazisti, tutti alla ricerca di un posto al sole nel parlamento europeo, ancorchè vittime, consapevoli o meno, di un clamoroso equivoco. Non è il parlamento europeo infatti a decidere le politiche economiche della UE, ma organismi quali la Commissione ed il Consiglio. La UE non funziona infatti come entità sovranazionale, ma come entità intergovernativa. Per cui, curiosamente, più che i seggi a Bruxelles, contano le coalizioni che -in ogni stato della UE- governano quel poco che il capitalismo globale ha lasciato nelle mani delle singole nazioni. La bagarre si è dunque scatenata all'interno dei singoli stati con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti e che indicano direzioni obbligate all'interno delle compatibilità capitalistiche. L'affermazione del PD in Italia, giunta alla fine di un quinquennio di faticosi aggiustamenti nel progetto originario, ne è la conferma eclatante. Se possiamo accogliere con qualche sospiro la mancata affermazione di una destra europea razzista, omofoba e neo-nazista, restiamo convinti che attualmente non saranno gli eletti nelle liste di Tsipras ad essere una spina nel fianco di Renzi, del PPE o del PSE, ma esattamente il contrario. Va da sè che la democrazia rappresentativa, quale forma politica del capitalismo, non cessa di esercitare quell'attrazione fatale a cui non si sottraggono nemmeno i più acerrimi nemici dell'euro o i più duri contestatori delle politiche economiche subordinate alla dittatura del debito. In questa situazione di grave attacco alle condizioni di vita dei lavoratori europei, si è dovuta registrare l'assenza e impraticabilità di un movimento europeo di opposizione dal basso, proletario e unito da interessi comuni anticapitalisti, con radici nei luoghi di lavoro e nei territori, in grado di esprimere propria rappresentanza al di fuori delle gabbie istituzionali. Nostro compito era e rimane proprio questo: ricomporre le forze di opposizione: sia quelle sociali, conflittuali, ed anticapitalistiche quanto quelle politiche, a tendenza e vocazione comunista e libertaria. Ooccore costruire in Europa e nei singoli Stati la possibilità di lottare per un'alternativa concreta e praticabile al dominio delle politiche di sfruttamento ed impoverimento delle classi lavoratrici, un'alternativa concreta alla politiche di arruolamento nella dimensione delle compatibilità europee. Sia le reti anarchiche esistenti che le reti del sindacalismo conflittuale, rivoluzionario ed anarcosindacalista sono chiamate ad un impegno organizzativo e politico che sapppia trasformare astensionismo e radicalismo in un progetto rivoluzionario sociale globale per cambiare questa dimensione europea a somiglianza del capitalismo globale in uno spazio sociale europeo di solidarietà e di alternativa sociale che abbatta le disuguaglianze e le discriminazioni e promuova l'autogestione delle risorse e delle comunità federate. Maggio 2014 Federazione dei Comunisti Anarchici

Assemblea nazionale "IL SINDACATO E' UN'ALTRA COSA"

Assemblea nazionale "IL SINDACATO E' UN'ALTRA COSA" retenews@liste.rete28aprile.it, Cara compagna e caro compagno, ti ricordiamo e confermiamo l'importante appuntamento nazionale di sabato 7 giugno. L`assemblea nazionale del documento "il sindacato è un'altra cosa" si terrà il sabato 7 giugno dalle ore 10 alle 15:30 in via Marconi 67 - BOLOGNA. Partecipa e fai partecipare... Un saluto !!! IL SINDACATO È UN'ALTRA COSA 5 giugno - Roma. Assemblea regionale Assemblea regionale Roma e Lazio “Il sindacato è un’altra cosa-opposizione Cgil”. Giovedì 5 giugno ore 16. Cgil regionale, sala in via Buonarroti 51, secondo piano, Roma. 6 Giugno - Milano, Coord allargato Lombardia Coordinamento allargato de "Il sindacato è un'altra cosa-opposizione Cgil - LOMBARDIA". Venerdì 6 giugno ore 9:30. Sala De Carlini. Camera del Lavoro di Milano, Corso di Porta Vittoria 43. 6 giugno - Bologna - Riunione esecutivo E' convocata la riunione dell'esecutivo provvisorio dell'area "il sindacato è un'altra cosa- opposizione cgil" per venerdi 6 giugno ore 17.00 presso la sala "A Celeste" camera del lavoro di Bologna, via Marconi 67 7 giugno - Bologna - Assemblea Nazionale Area "il sindacato è un'altra cosa" L`assemblea nazionale del documento "il sindacato è un'altra cosa" si terrà il sabato 7 giugno dalle ore 10 alle 15:30 in via Marconi 67 - BOLOGNA 10 giugno Roma - Riunione area Fiom E' convocata una riunione dei compagni e delle compagne del Comitato Centrale Fiom dell'area "il sindacato è un'altra cosa- opposizione Cgil" per martedì 10 giugno alle ore 17 sala F sede Fiom nazionale, Corso Trieste 36 Roma 13 giugno - Viareggio - 1 euro contro il 10! Iniziativa de "Il sindacato è un'altra cosa" per la campagna 1 euro contro il 10! Partecipa Antonio Di Stasi. Vedi locandina. Ciao !!! -- Newsletter di del sito Rete28aprile.it web: http://www.rete28aprile.it

PADOVA SERATA A SOSTEGNO DELLA LOTTA NO MUOS

Il Centro di Documentazione Anarchico di Padova in collaborazione con AltrAgricoltura Nord Est presenta MERCOLEDI' 11 GIUGNO (presso AltrAgricoltura Nord Est) SERATA A SOSTEGNO DELLA LOTTA NO MUOS ORE 18,30 proiezione documentario "come il fuoco sotto la brace" di Giuseppe Firrincieli ORE 19,30 aperitivo sociale ORE 20,30 incontro con Pippo Gurrieri, della redazione di Sicilia Libertaria e attivista NO MUOS. presentazione del libro "NO MUOS ORA E SEMPRE. I PERCORSI DEL MOVIMENTO" ORE 22,00 musica dal vivo con SALVO RUOLO e i GRIMOON. Entrata libera. info: www.altragricolturanordest.it tel 049 73 80 587 email elcida@inventati.org Il compagno Gurrieri sarà ospite le serate del 12 a trieste presso il gruppo germinal Fai di via bosco , ed il 14 presso il Circolo Zapata a Pordenone in via pirandello 22 quartiere villanova

Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento

proiezione film-inchiesta “Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento”. Cosa succede agli immigrati che sbarcano in Italia? La gestione truffaldina dell'emergenza immigrazione. La disperazione e la rabbia dei migranti. La distanza dell'Unione Europea. Imprenditori e caporali alla sbarra con un processo, unico in Europa, per riduzione in schiavitu'. Un Paese tra apartheid e solidarieta'. Il regista Stefano Menecherini ha realizzato un film-inchiesta che ben illustra le forme di sfruttamento e schiavitu' a cui vengono sottoposti gli immigrati. Proiezione del film-inchiesta “Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento” del giornalista Stefano Mencherini. Alla proiezione sarà presente lo stesso Mencherini, già autore del documentario “Mare nostrum” e di molte inchieste e reportage su queste tematiche. L’iniziativa si terrà venerdì 6 giugno 2014 alle ore 20.30 presso la Biblioteca Civica di Vittorio Veneto (Piazza Giovanni Paolo I, n° 73) INGRESSO LIBERO --------------------------------------------------------------------------------

IL NEGAZIONISMO . Un problema storico e filosofico

Il Negazionismo Un problema storico e filosofico incontro con Antonio Celotta docente di Storia e Filosofia Liceo “E. Curiel” di Padova «In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere creduti e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. SABATO 07 Giugno 2014 alle ore 17:30 All’Ateneo degli Imperfetti Ateneo degli Imperfetti Via Bottenigo, 209 30175 Marghera (VE) tel. 327.5341096 www.ateneoimperfetti.it

ISMA e MIGUEL LIBERI !!!!! campagna di sostegno per la liberazione degli arrestati nel corso delle manifestazioni del 22 marzo.

La CGT partecipa alla campagna di sostegno per la liberazione degli arrestati nel corso delle manifestazioni del 22 marzo. Potete inviare la vostra solidarietà a: mail plataformalibertadisma@gmail.com e miguel.libertad.22m@gmail.com facebook Plataforma por la libertad de Isma / Miguel libertad 22m twitter: @Libertad_isma / @TodxsconMiguel Caja resistencia: (banco santander) IBAN: ES93 0049 2680 4522 9417 9928 Merci. Libertà per i detenuti per lottare! Àngel Bosqued Secretaría Relaciones Internacionales - CGT +34 669114920 @CGTrelinternac www.cgt.org.es ----------------------------------------------------------------- ciao, vi stiamo contattando a nome della Plataforma por la libertad de Isma" ed a nome di Todos con Miguel" per dirvi della detenzione a cui sono costretti i nostri compagni Miguel ed Isma dal giorno della manifestazione del 22 marzo, nota come Marches for the Dignity" o 22M" svoltasi in Spagna. Per vostra informazione abbiamo allegato un documento ufficiale scritto in diverse lingue. Vi invitiamo anche ad organizzare nelle vostre città manifestazioni e presidi per il rilascio e l'assoluzione di Miguel ed Isma, nella Giornata Internazionale di Solidarietà prevista per il 5 giugno. Miguel ed Isma hanno bisogno del nostro aiuto e non possiamo lasciarli soli. Per questa ragione il 5 giugno riempiamo le strade di ogni città chiedendo: LIBERTA' ED ASSOLUZIONE PER MIGUEL ED ISMA! Trovate in allegato anche un poster completo di tutti i dati necessari. Fate girare in rete e grazie in anticipo per l'aiuto che potrete dare ----------------------------------------------------- COMUNICATO DELLA PIATTAFORMA PER LA LIBERTA' DI ISMA E MIGUEL Il 22 marzo scorso le diverse anime della Marcia della Dignità sono confluite a Madrid per dare vita ad un'immensa giornata di mobilitazione che ha riempito le vie di Madrid. Poco prima della fine della giornata, un gruppo della UIP (polizia anti-sommossa) ha caricato il grosso dei manifestanti verso le 20 :40 in una Piazza Colombo piena di gente che attendeva la conclusione della manifestazione. Denunciamo questo comportamento come sproporzionato ed aggravato dal fatto che durante questa carica è stato fatto uso di gas lacimogeni e di proiettili di gomma. Di questa condotta riteniamo responsabili diretti la Delegazione del Governo ed i dirigenti della Polizia. E' stato provato che tutti gli arrestati sono stati sottoposti a maltrattamenti. Tra loro, solo Miguel, di 21 anni, è stato messo in detenzione preventiva, malgrado con avesse alcun precedente. Cosa che dovrebbe bastare per evitare una misura così pesante anche in vista di un processo. La balla del « l'allarme sociale » generata ad hoc, alimentata artificialmente, appare essere il solo pretesto che lo tiene in prigione, dato che non vi è nessuna differenza oggettiva tra le imputazioni a suo carico e quelle a carico degli altri manifestanti accusati che compariranno nello stesso processo. Questa situazione si è riprodotta con una seconda ondata di arresti nel quadro dell'operazione Puma-70 in cui più di 10 persone sono state arrestate, ma una sola messa in carcere provvisorio: Isma, di 18 anni, della zona sud di Madrid. Anche lui non ha precedenti e viene tenuto in detenzione preventiva in totale assenza di elementi necessari per giustificare un misura di questo tipo. In primo luogo esigiamo la liberazione di Isma e Miguel, poi l'assoluzione per tutti gli arrestati il 22 marzo. Riteniamo che Isma e Miguel siano stati criminalizzati per contrastare la portata mediatica della Marcia della Dignità. Crediamo che questa situazione sia stata provocata dall'aggressione della polizia; nessun poliziotto è stato incolpato per aver procurato ad un manifestante la perdita di un testicolo e ad un altro la perdita di un occhio a causa dell'uso improprio dei proiettili di gomma. Gli ha fatto gioco la campagna di criminalizzazione che abbiamo dovuto subire, con la creazione di numerose prove false, tra cui l'ormai celebre stampella spada. Noi esigiamo la liberazione di Isma e Miguel et l'assoluzione per tutti gli arrestati nelle mobilitazioni del 22 marzo. Libertà per i detenuti per la lotta! (traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

meeting I SENZA STATO

Il 12- 13- 14 -15 giugno l'Associazione "Gli Scamiciati " presenta I SENZA STATO meeting multimediale di creatività. La manifestazione si svolgerà nei locali del laboratorio anarchico PerlaNera in via Tiziano n. 2 ad Alessandria. GIOVEDI' 12 ore 21 presentazione di un interessantissimo libro per la prima volta tradotto in Italiano edito da autoproduzioni fenix "storia del DADAISMO" di Ribemont Dessaignes il libro è arricchito anche da "UN CADAVRE " numero unico di un giornale che uscì il 15 gennaio 1930, di autori vari, prevalentemente poeti, entrambi tradotti dal francese da Nicoletta Frola e da Mario Frisetti che sarà anche oratore alla presentazione. A seguire proiezione del film "ENTR'ACTE" di Renè Clair del 1924. VENERDI' 13 ore 17 apertura delle mostre espositive composte da quadri, fotografie, sculture e ambientazioni. Esporranno: Max Ferrino, Paolo Mandirola, Matteo Michele Bisaccia; Vincenzo Aulitto, Bertini Rosetta ,Roberto Pestarino, Franco Schirone, Santo Catanuto, Angelo Pelizza, Gino, Franco Montessoro, Valter Ravera, Saer. Ore 18 - Spettacolo teatrale "Il Mare Buio" di e con Andrea Trere (Opercolo teatro), tre monologhi tratti da racconti di A.J. CRONIN, R. BRADBURY e S. BENNI, preceduti, intervallati e seguiti da filmati. ore 21, la compagnia teatrale Coltelleria Einstein si esibirà con lo spettacolo "Polvere Umana" liberamente ispirato ai romanzi di Primo Levi. SABATO 14 Il programma è concepito in modo che il sabato sia dedicato ad iniziative di contaminazione tra le varie espressioni artistiche: la scelta espressiva vuole essere un percorso che in qualche maniera è anche l'archetipo dell'iniziativa stessa. ore 10 apertura della mostra, a seguire Corvaio Salvatore propone un esperimento di poesia collettiva con i presenti. Tutto il pomeriggio sarà accompagnato da musiche eseguite da un quartetto di jazz libero alternate e/o contemporanee ad opere create sul momento dagli espositori. ore 16 "Si gratta!!!"performance di contaminazione multimediale: una performance nella quale, Salvatore Corvaio, reciterà le sue poesie in un contorno espositivo di quadri dipinti dal pittore Claudio Zunino, ispirati ai versi di Corvaio, il tutto è accompagnato dalla chitarra elettrica di Dino Porcu, una chitarra che accompagna e commenta ma che è anche a tratti protagonista. Alle ore 17 - presentazione della rivista ApARTe "materiali irregolari di cultura libertaria", la rivista ha ormai 14 anni ed è un punto di riferimento innegabile di arte, nel senso a noi più affine, oltre che essere stata in questi anni promotrice di numerosi eventi in tutto il territorio nazionale. Alle ore 18 - Andrea Roccioletti presenta un'esposizione performativa sulle nuove comunità in rete, che non solo travalicano i confini degli stati, ma creano una nuova concezione di identità e di appartenenza. Con Michele Di Erre e Andrea Gagliotta - IL BESTIARIO AD OCCHI CHIUSI I due artisti disegnano ad occhi bendati, oppure usando la visione periferica. Propongono a chi vuole provare a fare altrettanto, durante la loro esposizione. Per la sola giornata di sabato verranno esposti i bozzetti originali delle sagome a grandezza naturale del celebre quadro "I FUNERALI DELL'ANARCHICO PINELLI" di Enrico Baj . Ore 21 concerto: BANDA BRISCA musica e danza della tradizione DOMENICA 15 ore 10 apertura della mostra a seguire Harald Miserè ci propone uno spettacolo con la collaborazione artistica di Sara Salvatico e Danilo Danglari dove le sue poesie diventano animazione teatrale dando vita ad un ensemble, un grido contro le convenzioni, l'ipocrisia e il potere. ore 15 "LUIS ovvero abbiamo conosciuto Lulù quella sera che...." di Antonio Lombardo dedicato alla figura leggendaria di Louis Chabas detto Lulù il partigiano che operò durante la Resistenza nelle Langhe. Il racconto verrà recitato da Sara Salvatico e da Danilo Danglari. ore 17 " R! R-ESISTERE" Canzoni e parole di libertà eseguite dal gruppo SENZA COLLARE. Durante tutti i tre giorni oltre alle mostre di quadri, sculture e fotografie, sarà allestita una sala permanente dove verrà proiettato no stop il cortometraggio frutto del lavoro partito l'11 marzo, al PerlaNera, un laboratorio di drammaturgia incentrato proprio sul tema dei senza stato diretto da Gianluca Ferrari e il documentario "Louis Chabas detto Lulù una resistenza leggendaria " di Remo Schellino. Saranno poi proiettati i filmati ormai storici delle iniziative artistiche proposte a suo tempo da non pochi degli attuali animatori del laboratorio anarchico PerlaNera e svoltesi al Forte Guercio Occupato "Le Piume del Pavone", più il video di Luigi Bianco "II FUOCO BRUCIA SEMPRE QUALCOSA Se qualcosa c'è". Per tutti i 3 giorni ci sarà da mangiare a modici prezzi: COLAZIONE, PRANZO E CENA.

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CHI SONO I NON VOTANTI ?

da www.asloperaicontro oc telematico Caro Operai Contro, ho trovato in rete dei dati molto interessanti sull’astensionismo nelle recenti elezioni europei. La rilevazione, fatta dall’agenzia SD-MB, parte dalla constatazione che l’astensionismo è cresciuto dell’8%, portando i non votanti a 23.595.650. Una percentuale del 48% dei non votanti rispetto agli aventi diritto. Dopodiché – e qui sta la novità di questa indagine a campione – la rilevazione individua gli strati sociali dell’astensionismo. A fare la parte del leone sono gli operai, come precisa la stessa agenzia SD-MB, presentando le percentuali di astensionisti per fascia sociale. 51,25% operai e nuclei famigliari operai 12,04% operai disoccupati 16,11% operai in pensione 79,40% totale astensionismo operaio 20,60% fasce di piccola borghesia e suoi nuclei famigliari impoveriti o rovinati dalla crisi: artigiani, padroncini, piccoli contadini e figure intermedie decadute. Queste percentuali a campione, applicate a tutto l’astensionismo dicono quante sono le persone che non hanno votato e gli strati sociali a cui appartengono. 11.992.272 operai e nuclei famigliari operai. 2.843.207 operai disoccupati. 3.978.867 operai in pensione 18.814.346 totale astensione operaia 4.881.304 totale astensione fasce di piccola borghesia e suoi nuclei famigliari. 23.595.650 totale astensionismo complessivo. Politici, tivù e giornali tacciono su questo fondamentale aspetto dell’astensionismo, semplicemente ignorandolo, o liquidandolo come un fenomeno qualunquistico. Ma non è così. Cercano di occultare il fatto che dietro l’astensionismo c’è per il 79,40% la rabbia operaia e per il 20,6% quella di fasce della piccola borghesia impoverita. Per andare oltre il malcontento e la protesta dell’astensionismo, lavoriamo per il Partito Operaio. Saluti da un affezionato lettore _______________________________________________

APPELLO CONTRO LICENZIAMENTI, CHIUSURE, DELOCALIZZAZIONI, E PRECARIETÀ LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI!

compagni stiamo raccogliendo adesioni e partecipazione a questo appello che al momento e ristretto alla lombardia... per info 3494906191 mandateci tante adesioni di rsu e comitati di lotta APPELLO CONTRO LICENZIAMENTI, CHIUSURE, DELOCALIZZAZIONI, E PRECARIETÀ LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI! La condizione generale delle lavoratrici e dei lavoratori nel nostro paese peggiora di giorno in giorno. Il Renziano job act è un ulteriore colpo alle nostre condizioni di vita e di lavoro. La precarietà assoluta è sempre più diffusa e le aziende dove ancora esiste il contratto a tempo indeterminato chiudono, licenziano e delocalizzano. I PADRONI si scannano tra di loro per accaparrarsi mercati e guadagni, ma sono, assieme ai loro governi, UNITI contro i lavoratori. Ormai lo dicono spudoratamente: per massimizzare i profitti bisogna tagliare il costo del lavoro. Sempre più precari, sempre più sfruttati e con sempre meno diritti. Questa è l’essenza dell’europea austerity. È chiaro che continuano a proseguire su questa strada indisturbati perché siamo divisi. Ognuno fa la sua lotta nella propria azienda, nel proprio comparto, nel proprio piccolo o grande sindacato. DOBBIAMO ROMPERE CON LE DIVISIONI E COSTRUIRE L’UNITÀ SEMPRE PIÙ ESTESA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI. A Milano e in tutta la sua provincia ci sono centinaia di vertenze e lotte in corso. I metalmeccanici della Marcegaglia, della Jabil, e dell’Alcatel, i precari del comune di Milano, i facchini delle cooperative della grande distribuzione, i postali e tante altre. Crediamo sia giunto il momento di costruire un GRANDE MOVIMENTO PER IL LAVORO, IL SALARIO, IL REDDITO, I DIRITTI. Crediamo che questo movimento debba essere promosso e diretto dalle lavoratrici e dai lavoratori che queste lotte le stanno portando avanti con sacrificio e determinazione. Dobbiamo prima di tutto organizzare una giornata di mobilitazione comune di tutte le lotte in corso, sia nei luoghi di lavoro e sia nel territorio (contro EXPO - contro la TAV ecc). Per organizzare questo percorso ci AUTOCONVOCHIAMO in una assemblea di tutte le lotte. Il 7 giugno a Sesto san Giovanni, nello storico viale della Breda all’altezza dei cancelli della Marcegaglia Buildtech e dell’ex presidio Mangiarotti Alle ore 17. IL PRESENTE È LOTTA MA IL FUTURO È NOSTRO! PROMUOVONO: Comitato Autoconvocato di Lotta Marcegaglia – coordinamento lavoratori CUB Pirelli – Comitato di lotta precari comune di Milano RSU CUB gruppo gesafin spa, RSA fast dussman spa, RSA iscot appalti ferroviari -

MILLE BARILI DI PETROLIO NON VALGONO - manifesto della Rete Appulo-Lucana SALVA L'ACQUA

Il petrolio “non ce lo beviamo” MILLE BARILI DI PETROLIO NON VALGONO UN SOLO BICCHIERE D'ACQUA Cittadini e movimenti pugliesi e lucani per salvare l'acqua dalle trivelle La Rete Appulo-Lucana SALVA L'ACQUA, promossa dal Comitato Pugliese Acqua Bene Comune alla quale hanno aderito associazioni e cittadini pugliesi e lucani, sensibili al tema dell’acqua pubblica e di qualità, esprime solidarietà alle popolazioni lucane e si mobilita per la difesa dei territori dagli interessi dei petrolieri. La Lucania e in particolare la Val d’Agri con l’invaso del Pertusillo, ospita alcuni dei bacini imbriferi più importanti per gli approvvigionamenti d'acqua di Puglia. È da questi luoghi che parte un allarme legato alle attività di trivellazione ed estrazione ed al conseguente rischio di inquinamento. Le immagini mostrano in modo chiaro cosa sta accadendo oggi in Basilicata. Se in tutte le aree gialle si autorizzassero le “ricerche” (leggi trivellazioni) si ridurrebbe la Lucania ad una immensa gruviera. La mobilitazione su questo fronte nasce sulla scia delle indagini effettuate dalla Prof. Albina Colella, (Ordinaria di Geologia e Sedimentologia, dell’Università di Basilicata) che evidenziano la presenza di metalli ed idrocarburi, nelle acque stesse e nei sedimenti del Pertusillo. A questa è seguita una denuncia all’UE da parte di comitati, associazioni e cittadini della Basilicata e della Calabria. Acqua, Aria e Suolo sono minacciati da ulteriori trivellazioni, e ciò con grave pericolo per ogni forma di vita, se è vero che con l’estrazione o la separazione del gas dal petrolio si immettono nell’aria idrogeno solforato ed altri pericolosi inquinanti; se è vero che nel sottosuolo si disperdono fanghi contaminati; se è vero che le sostanze chimiche utilizzate per perforare restano nel terreno e si infiltrano nelle falde acquifere, inquinandole in maniera irreversibile (l’opera di estrazione necessita di molta acqua pompata ad alta pressione e miscelata a idrocarburi, composti organici, metalli, sali e altre sostanze chimiche di lavorazione); se è vero che le acque utilizzate per l’estrazione (considerate “rifiuti speciali”) sono talvolta immesse nei pozzi di re-iniezione, ossia nei pozzi già esauriti; se è vero che la rete degli oleodotti che si collegano al centro di raffinazione è esposta all’effetto corrosivo di agenti chimici e atmosferici con il rischio di riversamento del petrolio nel terreno e nella falda; se è vero che la discontinuità tettonica del sottosuolo lucano determina la circolazione idrica sotterranea fra le varie falde, nonché gli scambi fra le falde e i fiumi. Se tutto ciò è vero, come denunciano da anni i movimenti NO TRIV, allora sono comprensibili le forti preoccupazioni per scenari disastrosi. Nel 2013 la Basilicata ha fornito 4 milioni di tonnellate di petrolio, appena il 2,5% del consumo nazionale di energia ed il 6,6% del consumo nazionale di petrolio (diminuito del 35% negli ultimi 20 anni). La produzione Lucana è destinata ad esaurirsi a breve: «Il rapporto fra le sole riserve certe e la produzione annuale media degli ultimi cinque anni, indica uno scenario di sviluppo articolato in 7,2 anni per il gas e 14 per l’olio» (fonti ministeriali 2012). La logica del profitto selvaggio, protetta dallo Stato, minaccia in modo drammatico e irreversibile la vita di milioni di uomini, di miliardi di animali e piante. I predatori del petrolio sono incuranti dell’inquinamento del bene comune più prezioso, che coincide con la vita, il bene comune per eccellenza, l’ACQUA. La Rete Appulo-Lucana SALVA L'ACQUA vuole divulgare queste ed altre informazioni per una più ampia mobilitazione anche in Puglia, unica strada per costringere gli Enti locali ad applicare il principio della precauzione, inopinabile visto che parliamo di un elemento vitale come l’acqua. Perché si scrive salva l’acqua e si legge salva la vita _______________________________________________ La Rete Appulo-Lucana SALVA L'ACQUA, promossa dal Comitato Pugliese Acqua Bene Comune alla quale hanno aderito associazioni e cittadini pugliesi e lucani, sensibili al tema dell’acqua pubblica e di qualità, esprime solidarietà alle popolazioni lucane e si mobilita per la difesa dei territori dagli interessi dei petrolieri.

IX Congresso Nazionale della FdCA

IX Congresso Nazionale della FdCA
1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)