il Cantiere Materiali di intervento dei comunisti anarchici per la lotta di classe
„La parola comunismo fin dai più antichi tempi significanon un metodo di lotta, e ancor meno uno speciale mododi ragionare, ma un sistema di completa e radicaleriorganizzazione sociale sulla base della comunione deibeni, del godimento in comune dei frutti del comunelavoro da parte dei componenti di una società umana,senza che alcuno possa appropriarsi del capitale socialeper suo esclusivo interesse con esclusione o danno dialtri.“ Luigi Fabbri
articolo 13 del "Non Mollare" di Critica liberale
Articolo ripreso dal sito nazionale di Alternativa Libertaria
E’ difficile esporre una riflessione che armonizzi
razionalità e sentimento circa la scelta di lasciare in maniera
repentina la nostra vita.
Eppure, rispetto al suicidio, possiamo confrontarci con il bagaglio
culturale libertario che discute e difende la sovranità di noi stessi
sul nostro corpo, in modo da aprire un orizzonte comune anche alla
nostra emotività ferita.
I commenti sulla stampa a questo proposito possono dirci poco. Fatta
eccezione per il dar conto delle personalità di rilievo, a volte con
stupore per chi, seppure famoso o affermato, dotato di mezzi, sceglie il
suicidio; sempre più spesso si viene a far parte dei tant* che lasciano
la vita alle soglie dell’anzianità, e che la stampa annota come persone
decise a non farsi travolgere, se stesse ed i propri cari, da patologie
gravemente invalidanti.
Riguardo a questo la tradizione medica si evolve; in Italia, dal 2017,
esiste la legge che dispone il rispetto delle volontà dei cittadini sul
trattamento sanitario, con possibilità di rifiutare terapie di
mantenimento quali tracheostomia e gastrostomia. Malattie gravemente
lesive ora possono essere affrontate senza accanimento, e non sono rari i
casi di persone che dispongono il rifiuto della ventilazione meccanica,
affrontando consapevolmente la sedazione profonda e la morte.
Ma il percorso verso decisioni condivise con la propria rete sociale non è uguale per tutt*, possibile per tutte le patologie1, e soprattutto elaborato culturalmente e praticamente.
Il sostegno nel caso di decisione sulle sospensione delle cure, e sul
modo di finire la vita è ancora una pratica rara. Più raro ancora è il
prepararsi alla morte, seppure da alcuni decenni esistano nuovi filoni
di ricerca sia medica che filosofica. 2Ciò
anche se segnali di cambiamento, in ultimo in Italia la pronuncia della
Corte costituzionale (42/2019) sul caso Marco Cappato – Fabiano
Antoniani, stanno sancendo la liceità dell’ “accompagnamento”, anche se
fuori dai confini statali.3
Proprio nella differenza tra eutanasia (buona morte) e suicidio sta il punto.
Riguardo all’eutanasia (ancora illegale in Italia) e alla sospensione
delle cure mediche (invece legittima con Dichiarazione anticipata4), il diritto si evolve, a partire dall’Art.32 della Costituzione5.
Il suicidio invece, come gesto per definizione individuale, che spesso
cela le motivazioni nella sfera privatissima del proprio “sentire la
vita” fa cadere solo su se stessi, a volte rivendica6, la responsabilità di un’ uscita dalla dimensione collettiva.
Il suicidio non si svolge come “buona morte”, dovendo spesso far ricorso
per attuarsi a metodi violenti e dolorosi, contro se stessi ed il
proprio corpo, nella grande maggioranza dei casi.
La differenza, per inciso, si basa fondamentalmente sul persistere o no
di una rete di relazioni, di affido, a confronto coi limiti imposti
dalle leggi statali.
E’ proprio per questo che il libro sul suicidio, scritto dai libertari
Claude Guillon e Yves le Bonniec, scatenò le ire della maggioranza
benpensante francese, nel 19827:
la narrazione puntigliosa di tecniche di suicidio incruente infrangeva
quel divieto che pare essere sorpassabile solo con atti di masochismo
estremo in una società che ha concepito la vita umana come di proprietà
di Dio prima, poi del Sovrano o dello Stato, quindi del medico o dei
familiari.
Ancora oggi, se leggiamo le copie digitali del libro di Guillon “Le droit à la mort” (2004)8 troviamo censurati tutti i riferimenti a sostanze e dosaggi usati nei suicidi “incruenti”.
La censura della legge non vuole solamente vietare l’ “emulazione” sulla
base di fattori emotivi e psicotici (anche adolescenziali, il
cosiddetto goethiano “effetto Werther”) ma impedire la facilitazione ed
affermare lo stigma sociale.
Ciò nonostante siano attivi nella nostra società tanti modi di
“suicidarsi”: il ricorso a sostanze lentamente mortali con monopolio di
Stato, la guida spericolata dell’omicida-suicida, le armi da fuoco che
sparano colpi “accidentali”… viviamo totalmente immersi in una cultura
che vacilla tra enfasi sulla vita e autodistruzione.
Il tabù resta la scelta privata, consapevole e razionale della morte,
fondata sul riconoscimento di quel limite all’assurdo di cui Albert
Camus parla: “…l’assurdo nasce dal confronto tra la chiamata umana ed il
silenzio irragionevole del mondo”9.
Il suicidio resta quell’affronto alla sovranità (divina o statale) che
un tempo faceva negare le esequie cattoliche ai “peccatori non pentiti” e
la cui colpa pesava nell’immaginario collettivo… l’ eutanasia, invece,
non è più quell’onta che veniva condannata dalla morale cattolica: la
ribellione “luciferina” all’ imposizione della sofferenza per motivi
imperscrutabili di redenzione o per semplice ambiguità divina inizia ad
essere capita. Una lettera apostolica quale la “Salvifici doloris”
(1984) nella quale si teorizzava il dolore imposto al corpo come prova e
strumento di purificazione, ora parrebbe anche alla maggior parte dei
cattolici immotivata, involuta, solo un contro-altare dell’edonismo
reaganiano di un tempo. Un pronunciamento contro l’eutanasia come quello
dell’enciclica Evangelium vitae, sempre siglato da Karol Wojtyla nel
199510,
è ormai incompresa dal cattolico comune, non solo perché tarato sulla
real vita papale (il papa che ebbe un intero piano del policlinico
Gemelli a disposizione per la sua malattia) mass mediata e ideologica,
assolutamente non realistica per i comuni mortali.
Ciò anche se nel programma di “riforma” bergogliana della morale
cattolica resta inclusa la lettera “Samaritanus bonus” (luglio 2020),
che ancora ribadisce “atto gravemente immorale” la scelta di eutanasia
di un malato terminale e addirittura prefigura la possibilità, se tale
eutanasia viene rimandata, di poter intervenire per la conversione11.
Se una società laica, e peraltro fortemente individualista, ripensa il
tema della dignità del fine vita, lo fa riprendendo quindi uno scenario
antico.
Si pensi al gesto socratico di suicidarsi per senso di responsabilità verso se stessi e ciò in cui si crede12,
circondati dalle persone amate, da coloro cui si può ricordare di
pagare un debito in sospeso col dio Asclepio, “dopo aver cenato e dopo
aver bevuto molto bene”13.
Si pensi al Leopardi, primo moderno esistenzialista – del Frammento sul
suicidio -che riflette sul dissidio tra essere umano e natura. O al
suicidio con una placida e collettivamente autogestita overdose del
protagonista di Le invasioni barbariche (2003), o a quello della nonna
diabetica de “Mine vaganti”(2010), penso alla ricerca del buon vivere e
del buon morire.
Il suicidio ha dunque una dimensione ed una ragione private, impossibili
da raggiungere, e una dimensione politica, molto legata alla percezione
collettiva del corpo ed all’astrattezza del pensiero.
Torna attuale la riflessione di Leopardi14,
che ripropone il tema dell’immaginazione al potere contro una società
depressiva, anche prima del pensiero libertario francese. Quel pensiero
libertario che proprio la preziosa memoria storica di Claude Guillon
ricorda essersi dedicato alla “diritto di morire” già con Paul Robin15, e che suggerisce, retoricamente, una marea di cose da fare prima del suicidio (Avant de vous suicider… Caressez un projet / Faites le tour du monde en 8.880 jours/ Mêlez-vous de tout!…).
E’ certo che il confronto con la pandemia da Covid-19 ha
duramente messo in dubbio i principi a tutela della libertà individuale
rispetto alla gestione della nostra salute, ponendo in crisi da
emergenza tutto il sistema sanitario statale, obbligando ad un duro
confronto con la nostra responsabilità sociale senza dare ai cittadini
gli strumenti necessari per gestirla. Ciò ha causato un aumento
esponenziale della paura e della insicurezza delle persone più
vulnerabili16, ed il terrore della segregazione sanitaria.
In questo periodo ha scelto di andarsene Paolo Finzi, ponendo fine alla
sua vita di anarchico utopista che ha reso realtà una rivista anarchica,
A rivista, col suo essere profondamente non violento, “energico e
mobile”, al suo lavoro di cura delle idee e degli ideali, le “illusioni”
di cui scrive Leopardi… “La filosofia ci ha fatto conoscer tanto che
quella dimenticanza di noi stessi ch’era facile una volta, ora è
impossibile. O la immaginazione tornerà in vigore, e le illusioni
riprenderanno corpo e sostanza in una vita energica e mobile, e la vita
tornerà ad esser cosa viva …o questo mondo diverrà un serraglio di
disperati, e forse anche un deserto”.
di Francesca Palazzi Arduini
collaboratrice da fine anni ’80 di A rivista anarchica, per la quale si è
occupata di politiche vaticane e morale cattolica, diritti civili,
femminismi.
Articolo pubblicato su Non Mollare – Critica LIberale del 07/12/2020
1 Vedi il suicidio del grande regista Mario Monicelli, nel 2010, ricoverato in ospedale a 95 anni per un tumore.
2 Da ricordare innanzitutto le ricerche sul campo della dott. Elisabeth Kübler-Ross, autrice de La morte e il morire (1976), Cittadella editrice, Assisi, 2017
"Il carcere non impedisce che si verifichino atti antisociali.
Aumenta il loro numero. Non migliora coloro che entrano nelle sue mura.
Anche se riformato, rimarrà sempre un luogo di contenzione, un ambiente
artificiale, come un monastero, che renderà il prigioniero sempre meno
adatto alla vita della comunità. Non raggiunge il suo fine. Degrada la
società. Deve scomparire" (Prisons and Their Moral Influence on
Prisoners, Peter Kropotkin, Kropotkin's Revolutionary Pamphlets. Roger
N. Baldwin, editor. Vanguard Press, Inc. 1927)
"I nostri compagni non si sentiranno soli. Le persone con cui hanno
condiviso gioie e dolori, fallimenti e vittorie, rimangono con loro più
che mai, resistendo con una forte passione. Sentendo ogni giorno più
amore e odio. L'amore e l'odio attraverso i quali, insieme, cambieremo
il mondo dalle sue radici". (Juan C. Mechoso, Acción Directa Anarquista: Una Historia de FAU, 2002)
1. È passato più di un anno da quando le proteste sono esplose nelle
strade di numerose città del territorio dominato dallo Stato del Cile.
Dall'ottobre dell'anno scorso, la gente ha combattuto senza sosta.
Nonostante la repressione dello Stato, la pandemia COVID-19 e la fame,
la volontà del popolo cileno di organizzarsi e di combattere è
continuamente fiorita. Siamo ora in tempi di lotta e di resistenza in
diversi territori del mondo, dall'Ecuador che testimonia la lotta e la
resistenza degli indigeni, alla Francia, osservando quella dei proletari
indigeni. La gente si è rivolta contro il sistema globale di
dominazione.
Ecco perché l'internazionalismo, quella vecchia pratica tradizionale
delle classi oppresse, diventa imperativo. La parola solidarietà e la
sua prassi di vita reale è sempre stata un principio costitutivo di
queste lotte. E questo ci porta a proiettarla nell'orizzonte
dell'emancipazione.
2. Nonostante le difficoltà intrinseche della vita, le comunità in
lotta, usando barricate, sbattendo pentole e padelle, e ricorrendo
all'autodifesa, hanno resistito nel territorio dominato dallo Stato del
Cile. Esso, in cambio, ha risposto con una repressione sanguinosa, con
migliaia di feriti, centinaia di mutilati, decine di morti e diversi
imprigionati. Repressione condotta dai suoi scagnozzi per difendere i
loro interessi di classe, attaccando le nostre già precarie vite, i
nostri corpi e i nostri territori.
I proiettili e i gas lacrimogeni non sono stati l'unica arma usata
contro la nostra classe, ma anche severe leggi repressive. Con il
sostegno della socialdemocrazia, queste leggi sono state approvate, e
sono incarnate nella "Legge Anti-Barricate", nella "modernizzazione" di
apparati statali repressivi come l'Agenzia Nazionale per l'Intelligence
(ANI), e nel dare alle Forze Speciali nuove infrastrutture per
migliorare il loro terrorismo di Stato.
Come è noto, la repressione dello Stato cileno si esercita
esclusivamente sulla nostra classe, perché quando si scopre che le armi
da guerra e gli equipaggiamenti da combattimento dello Stato sono
utilizzati da gruppi armati della classe dirigente, sono considerati
solo equipaggiamenti. Tuttavia, rompere la vetrina di una banca è
considerato terrorismo per lo Stato e potrebbe tenervi prigionieri per
anni per tale azione. Oggi, per la nostra classe, camminare per le
strade con un cucchiaio e una padella, o con un cartello di cartone
mentre si grida per i diritti sociali è estremamente rischioso. Potremmo
finire in prigione solo per questo. In definitiva, la prigione è un
problema di classe.
3. Attualmente, ci sono quasi 2.500 compagni sottoposti a brutali
processi giudiziari che si sono trascinati per più di un anno, tenendone
migliaia dietro le sbarre. Senza condannare i nostri compagni, ma
usando la "detenzione preventiva", lo Stato ridicolizza coloro che hanno
combattuto a fianco della loro classe in questo anno di epidemia
sociale, anche se sono minorenni. D'altra parte, i pochi condannati
devono affrontare ingiuste pene detentive, alcune tra gli 11 e i 20
anni, a causa delle speculazioni dell'accusa. La condanna vendicativa
dell'accusa ha punito coloro che hanno sfidato il sistema del dominio, e
coloro che hanno osato mettere in discussione la crescente
mercificazione e precarietà della nostra vita.
Come se non bastasse, i prigionieri politici della rivolta sociale
dell'anno scorso sono stati tenuti in isolamento, sono stati torturati
ogni giorno e non hanno potuto ricevere visite o qualsiasi altro
beneficio carcerario.
4. Facciamo un appello alla solidarietà attiva, un
appello a mettere le nostre menti e i nostri corpi nella lotta per il
rilascio di tutti i prigionieri politici e a coordinare le
manifestazioni in tutti i territori del cosiddetto Stato cileno
chiedendo un'amnistia generale e non condizionata. Chi
dimentica i prigionieri dimentica la lotta. Pertanto, il raggiungimento
della loro libertà è un imperativo per le comunità in lotta. Facciamo un
appello a rafforzare le organizzazioni popolari, a sostenere la lotta
per la libertà dei nostri compagni, e a partecipare pienamente alle
varie attività e ai raduni che vengono convocati.
5. Infine, chiariamo che la realtà dei prigionieri politici non è nata
il 18 ottobre 2019, ma è un problema che esiste da decenni.
Storicamente, lo Stato ha cercato di punire coloro che hanno lottato per
il crollo della società di classe. Così, solidarizziamo con i
prigionieri politici Mapuche e con i rivoluzionari, che resistono ogni
giorno nelle carceri-impresa dello Stato del Cile.
LIBERTÀ AI E ALLE PRIGIONIERE POLITICHE DELLA RIVOLTA SOCIALE DEL 2019!
NIENTE PIÙ CARCERE PER CHI LOTTA!
AMNISTIA GENERALE INCONDIZIONATA!
FINE DELLA LEGGE ANTITERRORISMO!
ABROGAZIONE DI TUTTE LE LEGGI REPRESSIVE!
☆ Coordenação Anarquista Brasileira – CAB
☆ Federación Anarquista Uruguaya – FAU
☆ Federación Anarquista de Rosario – FAR (Argentina)
☆ Organización Anarquista de Córdoba – OAC (Argentina)
☆ Federación Anarquista Santiago – FAS (Cile)
☆ Grupo Libertario Vía Libre (Colombia)
☆ Union Communiste Libertaire (Francia)
☆ Embat - Organització Libertària de Catalunya
☆ Alternativa Libertaria – AL/fdca (Italia)
☆ Die Plattform - Anarchakommunistische Organisation (Germania)
☆ Devrimci Anarşist Faaliyet – DAF (Turchia)
☆ Organisation Socialiste Libertaire – OSL (Svizzera)
☆ Libertaere Aktion (Svizzera)
☆ Melbourne Anarchist Communist Group - MACG (Australia)
☆ Aotearoa Workers Solidarity Movement - AWSM (Aotearoa / Nuova Zelanda)
☆ Zabalaza Anarchist Communist Front - ZACF (Sudafrica)
☆ Federation of Anarchism Era (Afghanistan and Iran)
☆ Workers Solidarity Movement - WSM (Irlanda)
☆ Anarchist Communist Group - ACG (Gran Bretagna)
☆ Αναρχική Ομοσπονδία - Anarchist Federation (Grecia)
☆ Tekoşina Anarşist - TA, (Rojava - north east Syria)
☆ Organizacion Anarquista de Tucuman (Argentina)
Appello al mutualismo!
Fai la tua parte, unisciti alla Brigata di Solidarietà
per l’Emergenza Mario “Spartaco” Betto!
Ci rivolgiamo a tutte e tutti i pordenonesi.
Siamo nuovamente in emergenza e a rischio lockdown anche in FVG.
Migliaia di persone non possono più lavorare e avranno difficoltà economiche, altre
migliaia un lavoro già l’avevano perso, o non l'hanno mai avuto, e non potranno
trovarne un altro.
Gran parte di noi fatica a reggere l'urto di questa seconda ondata ma chi ha già pagato e
pagherà il costo più alto sono le fasce più vulnerabili, tantissimi anziani che avranno
difficoltà a fare la spesa, ad avere relazioni e contatti, a procurarsi medicinali, spesso
salvavita, e a curarsi; e ancora famiglie e persone fragili, con disabilità e altre difficoltà
materiali, umane e psicologiche.
L'emergenza sanitaria e socio-economica ci impone l'urgenza della solidarietà
attiva.
Per questo motivo abbiamo deciso di trovarci e di costituire una brigata di mutuo soccorso,
l'abbiamo voluta intitolare a un partigiano di Visinale di Pasiano di Pordenone che ai tempi
della terribile lotta la nazifascismo si sacrificò per una causa di libertà e giustizia.
Nasce la Brigata di Solidarietà per l'Emergenza “Mario “Spartaco” Betto.
Si tratta di un'unità operativa che in modo dinamico opererà su tutto il territorio
pordenonese cercando di coprire richieste dirette e indirette che altri enti e istituzio-
ni già attive negli aiuti non riescono a coprire.
Ci occuperemo di consegnare spese alimentari di prima necessità e medicinali alle
persone in quarantena e che si trovano in uno stato di forte difficoltà.
Porteremo la spesa a domicilio a persone anziane, immunodepresse, con disabilità
motorie, in quarantena - o chiunque ne abbia bisogno.
Prossimamente cercheremo di organizzare collette alimentari e “spese sospese” in tutta la
città per incrementare la capacità di rispondere ai bisogni primari della popolazione.
Ogni nuovo volontario e volontaria riceverà una formazione sanitaria in linea con l'espe-
rienza rodata e grandemente partecipata a Milano, dove nascono le Brigate per l'emer-
genza sanitaria, per operare in completa sicurezza per sé e per gli altri.
Saranno inoltre forniti Dispositivi di Protezione Individuali, un gilet con badge di riconosci-
mento e quanto necessario per la circolazione sul suolo comunale.
Contattaci al 339.6812954 (Lino) o 333.4866588 (Stefano)
oppure invia una mail a brigataspartacopn@gmail.com
Pordenone ha bisogno anche del tuo aiuto: “Ognuno di noi deve dare qualcosa in modo
che alcuni di noi non siano costretti a dare tutto."
Brigata Solidarietà per l'Emergenza Mario "Spartaco" Betto - Pordenone
Uscire dalla gabbia dei sacrifici
Questo numero de “il Cantiere” esce in concomitanza dell'inasprimento della epidemia del Covid-19. Abbiamo già scritto sulle responsabilità e delle condizioni in cui le lavoratrici e i lavoratori si sono trovati nell'affrontare il virus.
Non abbiamo competenze specifiche per dare risposte epidemiologiche, né pensiamo, in questa fase di aggiungere opinioni che vadano a sommarsi alla già confusa letteratura sull'argomento.
Ci limitiamo a registrare i fatti. Il sistema sanitario è nuovamente in affanno, le terapie intensive rischiano di non essere sufficienti per tutti quanti ne necessitano, il rischio è quello di trovarsi nella condizione di scegliere chi curare e chi no.
In questa situazione, dove la salute diventa la preoccupazione principale e le incognite della tenuta economica incombono su interi settori produttivi, ogni altro argomento sembra perdere di importanza.
I richiami per una collaborazione partecipe che dalle istituzioni alla chiesa vengono per battere la pandemia sono pressanti ed evocano ancora una volta l'immagine della barca su cui tutti saremmo imbarcati.
Una storia che periodicamente si ripete.
Coloro, lavoratori e ceti popolari, che subiscono le contraddizioni dei sistemi economici- sociali, sono gli stessi che si fanno carico delle conseguenze in termini di fatica, sofferenze e miseria.
Al riguardo ricordare l'apologo di Menenio Agrippa non è un vezzo storico, quel 494 a.c. segna una data emblematica nella subalternità dei ceti meno abbienti nei confronti dei ceti possidenti. Argutamente Marx commentò che Agrippa non aveva spiegato come, riempiendo la pancia dei patrizi, si potessero nutrire le braccia dei plebei.
La crisi pandemica non ha intaccato la pervasiva attualità dell'apologo di Agrippa. Non solo braccia che nutrono pance altrui, ma anche una barca che ammesso che vada a fondo vede “schiavi” salariati a svuotare le sentine, mentre sulla tolda i “signori” continuano a gozzovigliare.
Oggi con linguaggio diverso che cerca di irretire i lavoratori con la prospettiva di un lavoro auto-diretto la Confindustria ripropone lo schema dell'apologo.
“ Questo moderno “Homo faber” deve sentirsi ed essere partecipe, artefice orgoglioso del processo di creazione del valore.” Confindustria "Il coraggio del futuro. Italia 2030-2050" 29 settembre 2020
Non appare casuale l'utilizzo del latino homo faber che è parte della locuzione latina ”homo faber fortunae suae”, che significa letteralmente «l'uomo è l'artefice della propria sorte». Nella sua espressione originaria la locuzione si riferiva all'essere umano nella sua generalità e sottolineava la capacità dell'uomo di essere artefice del proprio destino, capace di creare, costruire, trasformare l'ambiente e la realtà in cui vive, adattandoli ai suoi bisogni .
Nello schema di confindustria l'homo faber è quello che fa riferimento al nuovo lavoratore iper flessibilizzato, agile, somministrato, legato all'impresa solo per essere sfruttato e abbandonato alle politiche di sostegno al reddito e quindi alla fiscalità generale quando i profitti calano. L'artefice orgoglioso del processo di creazione del valore è il lavoratore agile prodotto dalla pandemia. “ lo smart working, infatti, può essere un terreno ideale per portare avanti questa maturazione culturale che chiede di “essere” partecipativi: non è certamente foriero di risultati stabili pensare la partecipazione in termini di “avere” – cioè ottenere attraverso la contrattazione –se poi la mentalità di fondo è e rimane quella “antagonista”. “
Ancora una volta come nel 494 a.c. si pretende di socializzare la creazione del valore e non si pone la necessità di socializzare la distribuzione della ricchezza.
La presunta sinistra istituzionale e le stesse confederazioni sindacali hanno accreditato il paradigma “fate sacrifici, accettate riduzioni di salario, precarietà del lavoro, il jobs act e l’economia ripartirà; e se riparte l’economia ci saranno più benefici per tutti.”
Non farsi ingabbiare in questo schema è il presupposto per lasciare aperta una prospettiva di cambiamento.
I rapporti di forza non consentono oggi di pensare a grandi battaglie, ma come proviamo ad argomentare negli articoli di questo numero vi sono le potenzialità per avviare una stagione di lotte capace di unificare la classe partendo dalla difesa del contratto collettivo nazionale, dalla richiesta di significativi aumenti salariali e dall'avvio di una vertenza generale sulla riduzione dell'orario di lavoro.
Obiettivo questo ultimo che coniugato a livello europeo può gettare le basi per un nuovo e forte processo di solidarietà internazionale dei lavoratori.
Sabato 24 ottobre alle ore 18.00 presso la sede del Circolo Libertario Emiliano Zapata (via Ungaresca, 3/B) sarà con noi Marcello Baraghini che ci racconterà dei "50 anni di stampa alternativa" (e i mitici millelire) e la nuova avventura editoriale con "Strade Bianche” (durante l’iniziativa invitiamo a rispettare il distanziamento e di munirsi di protezioni individuali).
Il settimanale anarchico italiano mette a disposizione liberamente alcuni "Quaderni di Umanità Nova"
Sono usciti fin’ora sei quaderni di Umanità Nova in formato pdf:
un’intervista ai compagni di Hong Kong,
due dossier su Fantascienza ed Anarchia,
Camus e lo Spirito Cooperativo,
50 Anni dalla Strage di Stato,
David Graeber – Sulle Macchine Volanti e la Caduta Tendenziale del Saggio di Profitto.
Potete liberamente scaricarli a questo link:
Ricordando David Graeber (selezione di articoli pubblicati in occasione della sua morte) | ||
Sian Chain | David Graeber, anthropologist and author of Bullshit Jobs, dies aged 59 | «The Guardian», 03/09/2020 (in inglese) |
Viola Stefanello | Morto a 59 David Graeber, l’antropologo anarchico statunitense che ispirò Occupy Wall Street | «La Repubblica», 04/09/2020 |
Alberto Prunetti | David Graeber, la verità ai margini dei movimenti | «Il Manifesto», 05/09/2020 |
Astra Taylor [et al.] | David Graeber, 1961-2020 | «The New York Review of Books», 05/09/2020 (in inglese) |
Giacomo Borella | In ricordo di David Graeber | «Gli Asini», 07/09/2020 |
Benjamin Balthaser | David Graeber, in memoria di un ebreo-non-ebreo | «Jacobin Italia», 07/09/2020 |
Veronica Barassi | David Graeber e le Possibilità Umane | «Le Parole e le Cose.it», 08/09/2020 |
Viola Vertigo | Per David Graeber: chi ha compagn* non muore mai | «Dinamopress», 08/09/2020 |
Lorenzo Velotti | David non ci vorrebbe Graeberiani | «Gli Asini», 10/09/2020 |
Flavio Figliuolo ed Enrico Voccia | Siamo sempre il 99% ma uno ci manca | «Umanità Nova», 13/09/2020 |
Simone Cerulli | Lo sguardo sul mondo di David Graeber | «Dinamopress», 13/09/2020 |
Enzo Rossi | Occupy the Future. In memoria di David Graeber | «Le Parole e le Cose.it», 14/09/2020 |
Enzo Rossi | David Graeber, antropologo del futuro | «Jacobin Italia», 15/09/2020 |
Octavio Alberola | David Graeber y el anarquismo | «Dominio Público», 19/09/2020 (in castigliano) |
Altri documenti:
► Enrico Voccia, Testi per capire il presente: 1 – David Graeber, Debito, «Umanità Nova», a. 100, n. 23, 28/06/2020.
► Enrico Voccia, Testi per capire il presente: 4 – David Graeber, Bullshit Jobs, «Umanità Nova», a. 100, n. 27, 20/09/2020.
A partire da sabato 10 ottobre con una "ufficiale" INAUGURAZIONE della nostra nuova sede, ci si ritrova in P.zza "Migranti" (P.zza Risorgimento) con
- una Mostra degli striscioni storici degli anarchici ed antimilitaristi pordenonesi, imperdibile! Si racconterà del circolo alla vigilia dei suoi 40 anni di attività
presente un banchetto con le novità librarie a carattere anarchico e libertario e con un anteprima live del cantautore Alessio lega, reduce dalla recente vittoria al Club Tenco come miglior interprete per l'album "Nella corte dell'Arbat"
dalle 19.00 circa si proseguirà in Via Ungaresca 3/B presso i nuovi locali del Circolo Zapata prima con un ricco buffet e infine godendosi il concerto di Alessio Lega con il suo nuovo lavoro su Bulat Okudžava.
Sabato 24 ottobre alle ore 18.00 sarà con noi Marcello Baraghini che ci racconterà dei "50 anni di stampa alternativa" (e i mitici millelire) e la nuova avventura editoriale con "Strade Bianche"!
Venerdì 30 ottobre sarà ospite nella nostre sede l'Osservatorio Antigone con il professore Giuseppe Mosconi dell'Università di Padova, parleremo delle torture ordinarie (che occasionalmente fanno scalpore per poi tornare nell'oblio) che subiscono i carcerati, come emerso con i casi di Piacenza e Torino, fino a cercare di avere una visione complessiva della situazione carceraria grazie al "XVI Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione", affrontando Il carcere al tempo del Coronavirus.
Infine con inizio novembre, esattamente sabato 7, dalle 18.00 presso la nostra sede avremo con noi Olmo Losca, poeta sociale, che ci presenterà il libro "Sentieri in Cammino". Un libro tascabile (100 pagine) di racconti sociali. Spazieremo con lui, grazie anche alla lettura dei suoi testi, su tematiche di che vanno dall'arte come attivismo all'antispecismo.
Dopo una pausa a base di ottima cucina vegana grazie alla collaborazione con "il Rifugio Bosco di Morgana" e "Vegrind", avremo sul palco gli "Anèdone", un originale rock d'autore con Francesco “Franz” Martinello (voce e chitarra), Francesca “Meggie” Covre (chitarra e voci) e Giacomo “Jacu” Iacuzzo (percussioni, drum-pads e campionamenti).
------------------------------
Saranno rispettati i distanziamenti e le protezioni individuali di prevenzione Covid.
Solidarietà ai 51 antifascisti arrestati a Salonicco
La sera del 16/9/2020 a Salonicco, in Grecia,
durante un intervento sociale i compagni antifascisti stavano
cancellando collettivamente slogan e graffiti fascisti, scritti qualche
giorno prima dai membri del nuovo partito neonazista “Greci per la
patria”, fondato da Ilias Kassidiaris, ex rappresentante del partito
nazista “Alba Dorata”. I graffiti nazisti sono stati sostituiti con
graffiti e slogan antifascisti. Verso le 22:30 i nostri compagni erano
circondati da un grande spiegamento di forze di polizia che li
attaccavano senza motivo. 51 compagni sono stati portati in custodia
presso il Quartier Generale della Polizia di Salonicco e tenuti lì da 2 a
4 giorni nelle condizioni più deplorevoli. In totale, 15 di loro sono
rimasti feriti, mentre altri 2 sono stati ricoverati in ospedale a causa
delle pesanti ferite provocate dalla polizia. Durante l’arresto e la
custodia i poliziotti non hanno mai smesso di provocare e di abusare del
potere concesso loro dallo Stato, per fiaccare lo spirito dei nostri
compagni.
I 51 arrestati sono stati portati davanti al pubblico ministero e agli
inquirenti, dove sono state mosse loro le seguenti accuse oltraggiose e
false: i) disobbedienza perché si sono rifiutati di farsi prendere le
impronte digitali e le foto; ii) violazione della quiete pubblica (è
un’accusa molto comune che viene formulata ogni volta che qualcuno
protesti); iii) distruzione di un sito pubblico, per gli slogan
antifascisti che hanno scritto per coprire quelli fascisti. A quanto
pare, per il tribunale greco della “giustizia” borghese è consentito
solo il discorso di odio fascista sui muri; iv) violazione della legge
sulla protezione delle antichità; v) possesso illegale di armi, perché
gli antifascisti brandivano bandiere ed elmetti anarchici; vi)
procedimento penale per “danneggiamento di monumento”. Questa accusa è
stata fatta attraverso il soprintendente, che non ha avuto alcun
problema a sostenere questa oscena menzogna, anche se il “monumento” che
è stato danneggiato sono in realtà le panchine vicino all’attuale
monumento storico di Salonicco, la “Torre Bianca”. Quello che è
interessante è che la costruzione di quelle panchine nel 2008, che
facevano parte del piano di riqualificazione commerciale della zona di
Vasilis Papageorgopoulos (ex sindaco della città e membro del partito di
destra “Nuova Democrazia”, ora al governo, che è stato liberato dal
carcere dopo aver sottratto 30.000.000 di euro dai fondi comunali), è
stata quella che ha effettivamente distrutto l’area intorno al monumento
storico della città. Inutile dire che gli slogan antifascisti sono
stati agevolmente ripuliti nei giorni successivi dagli operatori
ecologici della città, lasciando naturalmente intatti quelli fascisti.
Questo attacco provocatorio contro i membri del movimento antifascista
dimostra i veri colori dell’oppressione capitalista e la tolleranza
dello Stato nei confronti dei fascisti, che essi alimentano
costantemente come la loro riserva più reazionaria. Questo attacco
oppressivo ai nostri compagni è per noi chiaramente una provocazione
aperta da parte dello Stato e della polizia a pochi giorni dalla
manifestazione antifascista annuale in occasione dell’anniversario
dell’assassinio di Pavlos Fyssas (musicista hip hop antifascista
assassinato dai fascisti di Alba dorata) e dal completamento del
processo contro quest’ultima criminale organizzazione neonazista (per la
quale la richiesta del pubblico ministero prevede un trattamento più
favorevole). Eppure il 18/9/2020 massicce manifestazioni in tutto il
Paese hanno dato un forte messaggio di resistenza e di lotta contro lo
Stato, i capitalisti e lo “Stato profondo” fascista. Nella città di
Salonicco 3000 manifestanti hanno riempito le strade della città per la
manifestazione antifascista.
Non lasceremo i nostri compagni e le nostre compagne o qualsiasi membro
del movimento anticapitalista e antifascista nelle mani dell’oppressione
dello Stato. La nostra solidarietà verso gli antifascisti arrestati
quel giorno è garantita e infinita. E’ nostro obbligo collettivo creare
una rete di sicurezza per difenderli di fronte all’accusa vendicativa
dello Stato e dei suoi meccanismi. Il sostegno politico e la solidarietà
ai nostri compagni fa parte del nostro dovere di membri del movimento
antifascista internazionale. Come anarchici e anarchiche e
antifascisti/e li sosterremo in ogni modo, continuando incrollabilmente
la nostra lotta collettiva per l’emancipazione di classe e per la
giustizia proletaria.
NESSUN PROCEDIMENTO PENALE AI 51 ANTIFASCISTI ARRESTATI A SALONICCO, IN GRECIA, IL 16/9/2020
LOTTA DI CLASSE INTERNAZIONALISTA E INTRANSIGENTE CONTRO CHI OPPRIME LA CLASSE OPERAIA
MORTE AL FASCISMO
LA SOLIDARIETÀ È LA NOSTRA ARMA
☆ Αναρχική Ομοσπονδία (Grecia)
☆ Federación Anarquista de Rosario (Argentina)
☆ Aotearoa Workers Solidarity Movement (Nuova Zelanda/Aotearoa)
☆ Federación Anarquista Santiago (Cile)
☆ Federación Anarquista Uruguaya (Uruguay)
☆ Coordenaçao Anarquista Brasileira (Brasile)
☆ Organización Anarquista de Córdoba (Argentina)
☆ Die Plattform-Anarchakommunistische Organisation (Germania)
☆ Libertaere Aktion (Svizzera)
☆ Workers Solidarity Movement (Irlanda)
☆ Anarchist Communist Group (Gran Bretagna)
☆ Grupo Libertario Vía Libre (Colombia)
☆ Alternativa Libertaria / FdCA (Italia)
☆ Organisation Socialiste Libertaire (Svizzera)
☆ Zabalaza Anarchist Communist Front (Sudafrica)
☆ Union Communiste Libertaire (Francia)
☆ Embat Libertarian Organisation (Catalogna)
Primo numero de “il Cantiere” raccolta di materiali di intervento dei comunisti anarchici nella lotta di classe
In questo numero si parla
-Riduzione orario lavorativo e aumento salariale
-Lotta di classe e crisi sanitaria
-Opposizione di classe in Bielorussia
-Ruolo antiecologista dello stato
Mentre il referendum istituzionale si avvia al suo epilogo,
caratterizzato da una tardiva resipiscenza dell’elettorato (troppo tardi
per cambiare l’orientamento della maggioranza, vista la costante
crescita del no mano a mano che si discuteva della cosa) i guastatori
dell’edificio costituzionale affinano le armi, chi proponendo e
preannunciando una riforma presidenzialista, chi proponendo il
superamento del bicameralismo perfetto.
Intanto il dibattito su una nuova legge elettorale è di là da venire e
ancor meno chiare sembrano le scelte da fare. L’Ipotesi è che la
maggioranza finisca per adottare una legge proporzionale per bloccare la
destra che sostanzialmente mantiene le sue posizioni; la battaglia
sembra essere tutta sull’entità della soglia di sbarramento da adottare.
Particolarmente interessati al problema Calenda, il suo omologo sciocco di
“Italia morta”, con il suo seguito di cadaveri politici, e Liberi e uguali che,
malgrado una buona gestione da parte di Speranza del Ministero della Salute si
trascina stancamente e non convince per assenza di unità di intenti e di programma.
A contendersi la torta anche un M5S ridotto all’ombra di se stesso,
spappolato in tre: un reggente al cadavere – capo politico facente
funzioni -un doppiopettista che fa finta di fare il Ministro degli
Esteri e un giocatore fuori campo, Disfattista.
Lo accompagna degnamente un modesto amministratore alla guida del
sedicente gran partito della sinistra, il PD. Dall’altra parte una
destra che si accredita e si stabilizza e istituzionalizza sempre più in
perenne crescita e il partito leghista sempre più diviso al suo
interno, con la sua costola personale veneta che prende le distanze in
rappresentanza di quell’area di amministratori e faccendieri che operano
con piglio manageriale e tanta poca consistenza sui territori.
Tutto questo mentre il paese si prepara a navigare in un mare incerto e
insidioso. rappresentato plasticamente dalla riaperture delle terapie
intensive, ma tutto sommato convinto che sia pure per inerzia meglio non
si sarebbe potuto fare. Così si spiega il consenso a Conte. Perciò non
stupisce nessuno l’affermazione del premier che comunque vadano le
elezioni regionali non cambierà nulla.
L’aggregato tecnocratico che ruota intorno alla Presidenza del
Consiglio, facendosi forte del sostegno dell’Europa, si appresta a
definire termini e condizioni alle quali, spendere i 209 miliardi di
prestito europeo, nel rigoroso rispetto della divisione internazionale
del lavoro, si appresta a gestire il bottino e a distribuire i
dividendi.
Il paese dopo dopo il corona virus
Sia chiaro la pandemia non è finita ne finirà presto, ma già si
intravedono alcuni mutamenti strutturali sulle cui conseguenze occorre
riflettere È del tutto evidente che il lavoro non sarà più lo stesso.
Crescerà telelavoro e lavoro a distanza con uno sconvolgimento dei tipi e
degli stili di vita che andranno studiati. Venendo meno l’aggregazione
fisica sul posto di lavoro diminuiranno le tutele e il rapporto di
lavoro tenderà a individualizzarsi. Gli spazi per la propria vita
diminuiranno, a cominciare da quelli fisici (la casa diviene l’ufficio)
come diminuirà la proprietà di un proprio
tempo vita, conferendo al datore di lavoro larga parte della disponibilità del proprio privato.
Forse dalla delocalizzazione lavorativa ricaveremo una vita meno
stressata con minori spostamenti, con un indubbio vantaggio per
l’ambiente, ma al tempo stesso la disseminazione delle attività sul
territorio tenderà a far scomparire i luoghi di aggregazione,
modificando anche comportamenti interpersonali che tenderanno a un
crescente individualismo e al trasferimento della comunicazione sul web.
Ma questo processo non si estenderà a tutti creando delle aree (di
classe) separate dove il discrimine non è necessariamente solo economico
e di reddito, ma anche di collocazione sociale e umana. In questi tanti
mondi separati da recinti invisibili e pur esistenti e reali crescerà
una componente di soggetti dedita ai lavori manuali sempre più
marginalizzata, che riguarderà intere aree produttive e soprattutto
quella agricola, dove è crescente l’utilizzazione di lavoratori manuali,
spesso immigrati, sottopagati e sfruttati. Crescerà la logistica e la
vendita per corrispondenza distruggendo la distribuzione attraverso
negozi che non dava solo lavoro ma socialità. In questo nuovo contesto
il “salto” tra le diverse collocazioni sociali sarà sempre più difficile
e raro, ponendo fine a una mobilità sociale che già prima mostrava
tutti i suoi limiti.
Tanto ancora dobbiamo capire e lo scopriremo solo vivendo: navighiamo a vista.
Transizione e gestione del territorio.
Alla luce di queste considerazioni si capisce che l’importanza delle
elezioni regionali e del loro esito trascende la valutazione che
possiamo dare su questo o quel partito che le governerà. I poteri
locali, la gestione del territorio, le scelte sul campo relative a che
fare e dove farlo, la gestione dei servizi, la vivibilità delle città e
dei borghi, la stessa
localizzazione delle attività produttive, l’allocazione delle risorse,
la distribuzione della popolazione sul territorio, l’organizzazione del
servizio sanitario e sempre più la stessa gestione dell’istruzione sono
compiti dei poteri locali.
Agli enti decentrati sul territorio guarda come referenti privilegiati
la stessa Unione Europea facendone i terminali della propria azione,
consapevole di dover in una prima fase disarticolare i poteri statali
per costruire poi coesione sul territorio verso una nuova identità
collettiva. Ma se così è – anche in parte – allora non è di secondaria
importanza chi e come gestisce l’attività degli enti territoriali. Si
affaccia quindi una nuova importanza – diremmo quasi la centralità delle
autonomie – nella gestione e trasformazione della società e dei
rapporti produttivi, perché è di questi enti la responsabilità delle
scelte sulla gestione delle politiche abitative, del verde pubblico,
della respirabilità dell’aria, della qualità della vita e di tanto
altro.
È per questi motivi che riteniamo – riflettendo – di aver sottovalutato
l’importanza e il significato di questa scadenza, ragionando in termini
di tifoseria nell’attribuire la vittoria a questo o a quello. A nostra
scusa a farci persistere nell’errore è l’assoluta inconsapevolezza delle
forze politiche parlamentari che si sono dotati di programmi vuoti e
privi di contenuto.
Tornare ai territori
Ma noi non facciamo parte di un partito politico parlamentare, il
nostro comunismo anarchico rifiuta la delega, privilegia l’azione
diretta, l’organizzazione sul territorio in strutture partecipate che si
danno degli obiettivi e li perseguono con determinazione, cercando di
aggregare i soggetti interessai in ragione della loro collocazione di
classe,
fornendo loro consapevolezza. Noi promuoviamo l’organizzazione dal basso
delle classi subalterne, convinti come siamo che differenti interessi
dividono le persone e che le loro scelte dipendono appunto dalla loro
collocazione di classe.
Ecco perchè bisogna operare per creare sul territorio e dar vita ovunque
a organizzazioni antagoniste, sulla base di un fronte ampio che
raccolga le forze per indirizzarle verso la difesa dei diritti ed
interessi delle classi subalterne, vigilando sulla gestione del
territorio, sulla disponibilità di accesso ai servizi sanitari e
scolastici, su tutti quei settori e quelle attività dalle quali dipende
la qualità della vita e che fanno della nostra esistenza un percorso
vissuto di
solidarietà. Solo
accettando questa sfida potremo guardare con più serenità e
consapevolezza al domani in una vita vissuta per noi stessi e per le
generazioni che verranno.
La Redazione Newsletter dell'U.C.A.d'I.