ADERISCI AD ALTERNATIVA LIBERTARIA/FdCA

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O SCEGLI NOI O SCEGLI LORO

campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

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venerdì 10 novembre 2017

BOZZA DI DICHIARAZIONE DELL’ESERCITO INSORTO RIVOLUZIONARIO (MAKHNOVISTA) DELL’UCRAINA

adottato il 20 ottobre 1919 durante una seduta del Soviet rivoluzionario militare
Le classi lavoratrici dell’Ucraina oggi si trovano di fronte ad eventi di enorme importanza e di grandi conseguenze storiche. Senza dubbio, il significato di tali eventi va al di là dei limiti dell’attività dell’esercito insorto rivoluzionario. Ma, a nostro giudizio in quanto avanguardia della lotta in corso, riteniamo nostro dovere spiegare ai lavoratori dell’Ucraina, della Russia e di tutto il mondo, i fini per cui noi combattiamo, nonché la nostra analisi sugli eventi recenti e sulla situazione attuale.
Nel febbraio e nel marzo del 1917, la Russia e l’Ucraina hanno vissuto la Prima Rivoluzione che ha portato alla caduta dell’autocrazia zarista ed ha introdotto un potere politico statale composto inizialmente da personaggi della borghesia della grande industria e successivamente da rappresentanti della media e piccola borghesia. Nessuno di questi due governi ha goduto di una qualche stabilità. Sono bastati otto mesi perché le masse rivoluzionarie rovesciassero queste autorità che non avevano niente in comune con gli interessi e le aspirazioni dei lavoratori.
Già nel luglio del 1917, era evidente la necessità di una Seconda Rivoluzione. Ciò difatti è avvenuto alla fine di ottobre, aprendo la strada alla presa del potere statale da parte del partito Socialdemocratico Bolscevico, che si considerava il rappresentante del proletariato rivoluzionario e dei contadini poveri rivoluzionari o, in altre parole, della rivoluzione sociale. Ben presto, tale partito si è impegnato in una lunga campagna contro tutti i partiti concorrenti al fine di accaparrarsi tutto il potere. Poiché le sue parole d’ordine coincidevano con le aspirazioni delle masse, queste ultime lo hanno sostenuto nel momento cruciale. E così il periodo di otto mesi di governo della coalizione borghese e di rivalità tra i vari partiti politici si è conclusi con la presa del potere da parte del Partito Bolscevico.
Tuttavia, ben presto si è potuto capire che questo partito e questo potere statale – come qualsiasi partito e ogni potere statale – funzionavano solamente per se stessi rivelandosi totalmente impotenti nel raggiungere i grandi obiettivi della rivoluzione sociale: proprio grazie a questo fatto rappresentano oggi un ostacolo alla libera attività creativa delle masse lavoratrici, le uniche capaci di affrontare il compito. È evidente che, controllando l’intera vita economica e sociale, qualunque potere statale inevitabilmente crea nuovi privilegi politici ed economici e mina le fondamenta stesse della rivoluzione sociale.
L’incapacità del Partito Comunista-Bolscevico nell’offrire una via autentica di lotta per il socialismo ha portato naturalmente allo scontento, alla delusione e all’amarezza tra le masse lavoratrici. La disorganizzazione della vita economica, le conseguenze di una cattiva politica agraria, hanno portato a gravi disordini nelle campagne. Le autorità bolsceviche sono riuscite, tuttavia, ad organizzare in Russia un’imponente macchina statale ed un esercito accondiscendente, il quale viene impiegato proprio come ai tempi dello zarismo, ossia per eliminare ogni manifestazione di scontento e resistenza popolare.
Nell’Ucraina la situazione è diversa…..

martedì 7 novembre 2017

Nella battaglia dell’acciaio, Genova protagonista contro i licenziamenti!

Lo scontro sull’acciaio è una contesa mondiale che vede, oggi come in altre fasi passate, in primo piano l’Europa con al centro gli stabilimenti siderurgici dell’ex-ILVA.
La reazione dei lavoratori di Genova-Cornigliano, decisa in assemblea, ha portato all’occupazione dello stabilimento, ponendosi come protagonisti di una trattativa in atto che vede come controparte ACELOR-MITTAL (AM), uno dei gruppi mondiali dell’acciaio tra i più aggressivi sul piano delle ristrutturazioni e dei licenziamenti.
La lotta dei lavoratori di Cornigliano dimostra come con la loro grande capacità di mobilitazione e di organizzazione, sono stati in grado a più riprese nei mesi scorsi di coinvolgere l’intera città di Genova e altre categorie di lavoratori ad iniziare dai portuali.
Inoltre sottolineiamo che questi lavoratori hanno saputo, in una fase drammatica, “tenersi” e sviluppare una organizzazione sindacale partecipata e funzionante che altrove purtroppo non esiste più.
Sulla trattativa in atto con AM, il ministro dello sviluppo economico (CALENDA) ha di fatto centralizzato la trattativa su di sè; questo è il ministro più liberista dell’attuale governo, per cui l’azione dei lavoratori ha come centralità la partecipazione e il controllo della trattativa.
Giustamente non si fidano.
Di fronte al licenziamento di 4.000 lavoratori, (da questi calcoli viene escluso l’indotto), di cui 600 solo a Cornigliano, in una realtà come quella di Genova dove la perdita di posti di lavoro è in costante e drammatico aumento, l’occupazione della fabbrica segna un punto di resistenza fondamentale dei lavoratori, del sindacato, e della stessa CGIL.
Ora la battaglia dei lavoratori a Genova deve essere assunta da tutta l’organizzazione sindacale e da tutti i lavoratori e cittadini di Genova in primo luogo.
Non esiste alcuna politica industriale se non si produce acciaio. C’è da augurarsi che la FIOM riesca a portare tutta la CGIL su questa battaglia, affinchè la vertenza contro i licenziamenti diventi il centro dell’ iniziativa di tutto il sindacato.
I lavoratori e gli attivisti sindacali FIOM di Cornigliano assieme decideranno le iniziative dei prossimi giorni. Non faremo mancare la nostra partecipazione, portando la necessaria solidarietà e promuovendo iniziative di sostegno.
CONTRO I LICENZIAMENTI SOLIDARIETA’ DI CLASSE!

L’altra rivoluzione d’ottobre 2 – Tutto il potere ai Soviet!

Nonostante l’influenza dei dirigenti bolscevichi nei Soviet più importanti, la rivoluzione d’ottobre aveva scatenato in tutto il paese la lotta di classe del proletariato e questa si sviluppava unitariamente ed autonomamente nelle forme dell’organizzazione di base della democrazia diretta.
I Soviet restarono comunque i punti centrali dell’auto-organizzazione proletaria e servirono alla classe operaia per esercitare direttamente il proprio potere e la pratica della decisionalità assembleare, nei Consigli creò un vero e proprio fronte proletario che risultava il principale nemico per i piani del partito bolscevico.
Nella pratica, nella vita quotidiana, in fabbrica, nei villaggi, nei quartieri e nei campi i proletari opponevano tendenzialmente una decentrata, federata e pianificata struttura di potere di base economico-politico ai programmi dei bolscevichi miranti a un centralizzato potere politico economico e militare nelle mani esclusive di una minoranza (il partito) che tendeva soltanto ad eliminare ogni istanza unitaria, auto-organizzatrice, autogestionale ed autonoma di una classe che falsamente diceva di rappresentare.
(da Tutto il potere ai soviet! Russia 1917- 1921. Per una critica comunista libertaria al leninismo e allo spontaneismo)

Testi e documenti sulla rivoluzione russa documenti prodotti da diverse organizzazioni comuniste-anarchiche a partire dagli anni 70

L’opuscolo contiene: 
Critica dei comunisti anarchici al socialismo reale, Federazione dei Comunisti Anarchici, Lucca, 1990
Tutto il potere ai soviet! Russia 1917- 1921. Per una critica comunista libertaria al leninismo e allo spontaneismo,Organizzazione Anarchica Marchigiana, Ancona, 1975
La Macnovicina, un esempio di opposizione alla rivoluzione bolscevica, Gruppo Comunista Anarchico di Firenze,1979
Rapporti sociali in URSS, Federazione dei Comunisti Anarchici, 1985
L’opposizione operaia in Russia 1919-1922, Gruppo Libertario del Politecnico di Milano, 1971

La Cina di Marx, Lenin. Mao e Xi Jinping

I 2300 delegati che hanno partecipato al 19° Congresso del Partito Comunista Cinese alla fine di ottobre hanno rieletto segretario Xi Jinping.
Una decisione che non suscita alcuna sorpresa, dopo i primi 5 anni di mandato di Xi Jinping impiegati al rafforzamento del ruolo del partito nella politica interna ed alla lotta contro la corruzione.
Erano tre i temi all’odg del congresso: la revisione dello Statuto, la nomina dei nuovi dirigenti, le linee della politica cinese per i prossimi 5 anni.
Nuovo Statuto
L’art.2 sui principi guida del partito, viene arricchito con l’inclusione tra tali principi (marxismo, leninismo, maoismo, denghismo) del pensiero di “Un socialismo dalle caratteristiche cinesi per una nuova era”.







 Mao e Xi Jinping


E’ la prima volta che un segretario di partito in vita viene inserito nello Statuto quale ispirazione teorica e guida per il partito.
Sia a Mao Zedong che  a Deng Xiaoping, l’onore gli venne dato post-mortem.
Il che lascia pensare che Xi Jinping possa ambire a superare l’attuale limite dei due mandati consecutivi e puntare ad un terzo mandato, dato che il suo contributo ai principi del partito si proietta fino a metà del secolo attuale.
Ora opporsi a Xi Jinping sarebbe come opporsi allo Statuto del partito, il che induce a pensare che il segretario ri-eletto non canta ancora vittoria ma si prepara ad ulteriori scontri interni, considerato il consistente numero di nemici che si è fatto nei suoi primi cinque anni di mandato.
Nuovi dirigenti
La composizione del Comitato Permanente del Politburo sembra riflettere questa situazione. Su cinque nuovi dirigenti nominati, ben quattro sono collegati a organizzazioni o fazioni interne ostili a Xi Jinping.


Li Keqiang
Wang Yang
Wang Yang
Han Zheng,
Han Zheng,
Uno è il noto economista e vice-pemier Li Keqiang   che ha iniziato la sua carriera nella Lega della Gioventù Comunista, Il secondo è Wang Yang ,   anch’egli formatosi nella Lega della Gioventù Comunista e capo del partito nel Guandong dal 2007 al 2012.
Xi Jinping, però, aveva chiuso la scuola di formazione della Lega della Gioventù Comunista, definendola arrogante ed obsoleta.
Il terzo è Han Zheng, già capo del partito a Pechino,    legato all’ex segretario del PCC,  nonchè capo del partito a Shanghai, Jiang Zemin (1989-2002).
Wang Huning
Wang Huning
Zhao Leji
Zhao Leji
Li Zhanshu
Li Zhanshu
Il quarto è Wang Huning anch’egli formatosi a Shanghai, autore dei discorsi di Xi Jinping e dei segretari precedenti, destinato ad assumere il compito di capo della propaganda.
Un quinto membro del Comitato Permanente, apparentemente non collegato ad alcuna fazione ostile a Xi Jinping, è Zhao Leji   che diventerà capo dell’agenzia anti-corruzione del partito.
Il sesto membro del Comitato Permanente, fedelissimo di Xi Jinping, è Li Zhanshu  capo dello staff del presidente.
Perchè mettersi 4 membri ostili su 6 nel Comitato Permanente? Un contentino alle fazioni? In realtà nei primi 5 anni del suo mandato, Xi Jinping aveva creato un sistema informale di “piccoli gruppi dirigenti” col ruolo di collegamento tra il partito e le burocrazie del governo allo scopo di ridurre il potere del Comitato Permanente e di essere il veicolo del potere del Segretario. Ebbene, i primi 4 membri fanno parte di questi gruppi informali, quindi in qualche modo debitori verso Xi Jinping.
Il resto del Politburo è composto da alleati del Segretario.
La linea per i prossimi 5 anni
Rispetto ai precetti indicati da Deng Xiaoping negli anni ’80, numerose sono le novità introdotto da XI Jinping.
Se per Deng il partito doveva avere una leadership collettiva, ora il partito è Xi Jinping.
Se per Deng la politica estera cinese doveva ispirarsi a nascondere le sue potenzialità, a non avere fretta e a non assumere un ruolo-guida, ebbene il ruolo assunto dalla Cina sui mercati internazionali (la nuova via della seta, ecc.), a livello militare (ricordo la base militare nel porto di Gibuti, le isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale) e quale difensore della globalizzazione (assicurare la disponibilità delle risorse sui mercati, degli scambi basati sulla competizione, sostegno al capitale di stato,…)  non lascia dubbi sul suo far parte del sistema imperialista globale, seconda potenza economica al mondo dopo gli USA.
La nuova era si apre davanti alla Cina: diventare “un grande paese socialista moderno da qui al 2050“, passando una prima fase in cui diventerà un “leader globale nell’innovazione entro il 2035” grazie alle “regole della legge” all’interno ed all’uso di un “potere soft” all’estero per poi diventare nei 15 anni successivi un paese “prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonico e bello”.
Non per tutti i cinesi naturalmente.
Non è mica un paese socialista la Cina.
Ufficio Studi Alternativa Libertaria
nota: citazioni in corsivo dal discorso di Xi Jinping al Congresso

Brasile – Giù le mani dal movimento anarchico! Solidarietà con la FAG e gli anarchici brasiliani!

Contro la normalizzazione e la repressione: lotta e organizzazione!

Abbiamo appreso che lo scorso 25 ottobre è stata lanciata «Érebo» (dal nome Erebus del dio greco dell’oscurità), un’ampia operazione di polizia contro il movimento anti-autoritario.
La polizia ha perquisito almeno 4 sedi libertarie e dichiara di avere mandati di perquisizione per un’altra dozzina di sedi e di abitazioni di 30 persone. Hanno perquisito le sedi occupate da  Pandorga e Parrhesia come pure lo spazio politico e culturale Ateneu Libertário Batalha da Várzea che prima era la sede ufficiale della FAG. Con questa operazione viene particolarmente colpita la Federação Anarquista Gaúcha (FAG) perchè considerata nella consueta stupidità della polizia l’organizzazione principale del movimento anarchico di Porto Alegre. La FAG è accusata di costituire una organizzazione criminale dedita a commettere crimini contro la proprietà pubblica e privata.
Va detto che non è la prima volta che la FAG viene colpita. Infatti è la quarta volta in meno di 10 anni che la FAG viene presa di mira dalla polizia e dallo Stato del Rio Grande do Sul (RS, Brazil). Nell’ottobre 2009, mentre la FAG stava conducendo una campagna sulle responsabilità della polizia nella morte di Elton Brum, parecchi poliziotti in assetto anti-sommossa perquisirono la sede della FAG senza alcun mandato mettendo a verbale che era stato rinvenuto materiale di propaganda e letteratura anarchica! Nel 2013, ci sono state due perquisizioni da parte della polizia, in giugno ed in ottobre, nella sede dell’Ateneu Libertário Batalha da Várzea dove hanno requisito e danneggiato computers, mobilio e documentazione. In quel periodo, altre sedi della sinistra sociale e politica nonchè abitazioni private vennero perquisite perchè facenti parte del Bloco de Luta.
Oggi, questa operazione si esplica in un contesto in cui lo State di Rio Grande do Sul ed il comune di Porto Alegre devono fare i conti con lotte dure e determinate nel settore della scuola e degli impiegati comunali. Il governo di Temer è sommerso dai casi di corruzione. La FAG partecipa alle lotte in corso a Porto Alegre quale gruppo di attivisti e lavoratori con idee e prassi libertarie.
L’operazione di polizia Érebo punta a criminalizzare i movimenti sociali ed in particolare la FAG unitamente all’ideologia sociale anarchica che essa sostiene. Questa operazione punta a smontare le lotte ed i sindacati che usano l’azione diretta per difendere le condizioni di vita contro le misure di austerità, contro il sistema capitalista, contro il colonalismo, il razzismo ed il patriarcato.
Ma nessuno può cancellare le idee che sono state il cuore pulsante del movimento dei lavoratori per decenni, nessuno può cancellare la rivolta per la libertà, per l’autonomia di classe, per la democrazia diretta e per il potere popolare!

Giù le mani da chi lotta nella società!
Solidarietà alla Federação Anarquista Gaúcha (FAG), alla Coordenação Anarquista Brasileira (CAB) ed al movimento anarchico di Porto Alegre ed in Brasilel!
Solidarietà con gli scioperi dei lavoratori della scuola e del Comune a Rio Grande do Sul!
Per il socialismo e per la libertà!

La rete Anarkismo e le seguenti organizzazioni firmatarie:
Melbourne Anarchist Communist Group – Melbourne, Australia
Alternative Libertaire – Francia
Alternativa Libertaria/fdca – Italia
Organisation Socialiste Libertaire – Svizzera
Workers Solidarity Movement – Irlanda
Zabalaza Anarchist Communist Front – Sud Africa

27 ottobre e 10 novembre, lavoratrici e lavoratori in sciopero generale

In una realtà mediaticamente costruita per criminalizzare il diritto di sciopero, per raffreddare il conflitto sociale e sindacale all’interno di protocolli punitivi, per impedire l’esercizio del diritto di coalizione dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro, ogni indizione di sciopero assume il grande valore di restituire voce e protagonismo alle donne ed agli uomini, nativi ed immigrati, che vivono di lavoro salariato, di precariato, di pensioni insufficienti, di sussidi, di assistenza, di disoccupazione, spesso in condizioni di ricatto e di vessazione come nel settore della logistica.
Sono queste le voci e questi i protagonisti che il 27 ottobre ed il 10 novembre sciopereranno e manifesteranno per rivendicare la restituzione del maltolto in questi lunghi anni di crisi, la redistribuzione della ricchezza prodotta in un paese che si dice sia uscito dalla crisi, l’universalismo di diritti e tutele per poter vivere bene.
Ancora una volta sarà la generosità di lotta e la consapevolezza dei propri interessi di classe di migliaia di lavoratrici e lavoratori che daranno la cifra delle due giornate di sciopero.Sono questi i corpi, questi i sorrisi, questa la rabbia, questa la voglia di coalizzarsi e di contare che fanno di ogni sciopero un pezzetto della lunga storia della lotta di classe.
Avrebbe potuto essere una sola grande giornata di sciopero con tutte le sigle del sindacalismo alternativo unite nell’indizione, ma così non è stato nonostante tentativi di unità.
Tuttavia, sebbene la doppia indizione potrebbe far perdere in incidenza alle mobilitazioni previste, rimane attesa una significativa partecipazione a queste prime due date di sciopero, di manifestazione, di lotta e di autodeterminazione in una situazione di feroce ristrutturazione capitalistica ancora in atto dopo 9 anni di crisi.
Le piattaforme presentate per le due giornate di sciopero risuoneranno negli slogan, poi bisogna lavorare per l’unità dei lavoratori, per l’unità di classe.
Alternativa Libertaria sosterrà ove possibile le giornate del 27 ottobre e del 10 novembre.
Segreteria Nazionale
di Alternativa Libertaria/fdca
24 ottobre 2017

Comunicato congiunto di CNT, CGT e Solidaridad Obrera sulla situazione in Catalogna



Le organizzazioni sottoscritte, in qualità di sindacati a livello nazionale, condividono la stessa preoccupazione per la situazione in Catalogna, per la repressione che lo Stato ha scatenato, per la riduzione dei diritti e delle libertà che questo presuppone e paventa e per l’aumento di un nazionalismo rancido che si ripropone in gran parte dello Stato spagnolo.
Noi difendiamo l’emancipazione di tutti i lavoratori della Catalogna e nel resto del mondo. Forse, in questo contesto, è necessario ricordare che noi non intendiamo il diritto all’autodeterminazione in modo statalista, come proclamano i partiti e le associazioni nazionalisti, bensì come diritto all’autogestione della nostra classe in un determinato territorio. In questo senso, l’autodeterminazione si realizza più attraverso il controllo della produzione e del consumo da parte dei lavoratori e di una democrazia diretta dal basso verso l’alto, organizzata secondo principi federalisti, piuttosto che con l’istituzione di una nuova frontiera o con la creazione di un nuovo Stato.
Come internazionalisti, sappiamo che la solidarietà tra i lavoratori non deve limitarsi ai confini nazionali, per cui ci importa poco dove questi vengono tracciati. Ciò che ci sembra molto preoccupante è la reazione che si sta vivendo in molte parti del resto dello Stato, con l’esaltazione di uno spagnolismo rancido, che ricorda per lo più epoche passate, coccolato da parte dei media e in sintonia con la deriva autoritaria del governo, viatico per l’imprigionamento di persone accusate di aver convocato atti di disobbedienza o per l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione. Siamo consapevoli che questa epidemia nazionalista pone le basi per ulteriori tagli dei diritti e delle libertà, contro cui dobbiamo agire in modo preventivo. L’asfissiante unità delle cosiddette “forze democratiche” per giustificare la repressione, fa presagire un quadro desolante per tutte le dissidenze future. Sembra che il regime post-franchista che ci governa da 40 anni, serrerà i ranghi per garantire la sua continuità.
Questo regime, che è esistito ed esiste in Catalogna e nel resto della Spagna, ritiene che sia in gioco la sua sopravvivenza. Ampiamente messo in discussione e immerso in una profonda crisi di legittimità, questo regime è allarmato all’accumularsi di fronti aperti. La minaccia per l’integrità territoriale dello Stato si aggiunge agli scandali di corruzione, al discredito della monarchia, alla questione dei salvataggi finanziari e dei tagli che sono stati imposti alla popolazione, al malcontento per la schiavitù nei luoghi di lavoro derivata dalle recenti riforme del lavoro, allungando l’età pensionabile e tagliando gli assegni pensionistici, ecc … Gli appelli continui per difendere la Costituzione devono essere intesi come rintocchi di campane per affrontare questa vera e propria crisi esistenziale in cui versa il regime. Il pericolo è che in questo processo si legittimo e diventino normalità i comportamenti repressivi come quelli recentemente osservati in molte città catalane. O peggio.
Ovviamente non sappiamo in quale senso evolveranno gli eventi. Rimarremo attenti a ciò che succede, pronti a difendere gli interessi dei lavoratori in tutto lo Stato. Ci opporremo con tutte le nostre forze alla repressione e alla legittimazione, già in atto, delle manifestazioni della destra radicale. Naturalmente, non ci metteremo al servizio delle strategie dei partiti politici i cui obiettivi ci sono estranei. Allo stesso tempo, non smetteremo di incoraggiare le mobilitazioni della classe lavoratrice quando è essa stessa a decidere, infine, è il momento di scrollarsi di dosso la dittatura di élite politiche ed economiche che da troppo tempo gestiscono il controllo del territorio per servire esclusivamente i propri interessi. Come sindacati di classe combattivi e libertari saremo nelle strade, nelle mobilitazioni, come abbiamo dimostrato in molte occasioni, contro la repressione, per i diritti e per le libertà, contro i tagli e contro la corruzione.
La crisi catalana può essere il punto di volta di un modello di stato morente. Se questo cambiamento andrà in una certa direzione o in un’altra dipenderà dalla nostra capacità, come classe, di portare il processo in atto nella direzione opposta alla repressione e alla crescita dei nazionalismi. Speriamo che il risultato finale sia più libertà e più diritti e non viceversa. La posta in gioco è alta.
PER I DIRITTI E PER LE LIBERTA’! NO ALLA REPRESSIONE CONTRO LE CLASSI LAVORATRICI!
CGT – Solidaridad Obrera – CNT
(traduzione a cura di Alternativa Libertaria/fdca – Ufficio Relazioni Internzionali)
su Anarkismo.net
Link esterno: http://cnt.es/noticias/comunicado-conjunto-de-cnt-cgt-y…lunya

mercoledì 1 novembre 2017

L’altra rivoluzione d’ottobre – Atamansha, la vita di Marusya Nikiforova

La storia dimenticata della comandante ucraina, militante comunista anarchica, processata dai bolscevichi e fucilata dai Bianchi in Crimea nel 1919.

L’attivista anarchica ucraina Maria Nikiforova (1887–1919) è stata  a volte paragonata a Giovanna D’Arco. (…..) Ma non c’è nessun culto di Maria Nikiforova. Non ci sono scaffali di libri, in nessuna lingua, dedicati alla sua vita. Sebbene lei abbia avuto un ruolo molto importante nella Rivoluzione Russa del 1917 e nella seguente Guerra Civile, è stata virtualmente espunta dalla storiografia sovietica sul periodo. Un dizionario di biografie della Rivoluzione Russa pubblicato nell’Unione Sovietica, con centinaia di nomi, non ne fa alcuna menzione, nemmeno tra le sole due dozzine di donne inserite. Compaiono eroine bolsceviche come Alexandra Kollontai, Larissa Reissner ed Inessa Armand ma nessuna di queste donne ha mai avuto un comando militare indipendente come fu per la Nikiforova.
Non c’è nessuna ricerca biografica universitaria su Maria Nikiforova, nessuna storiografia della sua vita che possa essere aggiornata e magari reinterpretata (….. )
Persino autori vicini all’anarchismo non ne fanno menzione.
Sebbene lei fosse molto vicina al famoso contadino anarchico Nestor Makhno, è raro trovarla menzionata nei libri sulla figura di Makhno. Eppure nel 1918 la Nikiforova era già famosa come una atamansha (comandante militare) anarchica in tutta l’Ucraina, quando Makhno era ancora un personaggio poco noto, attivo solo nelle retrovie della provincia. La Nikiforova non compare in alcuna opera di Peter Arshinov, di Volin e di Paul Avrich. Alexandre Skirda le dedica solo un capitolo nel suo libro di 400 pagine su Makhno.
Fanno eccezione lo stesso Makhno ed il suo ex-assistente Victor Belash. Nelle sue memorie (che coprono 22 mesi di rivoluzione e guerra civile) Makhno riporta testimonianze di diversi scontri drammatici in cui la Nikiforova ebbe un ruolo dirigente. Anche in Belash, la cui opera è stata salvata dagli archivi della polizia segreta sovietica, compaiono fonti primarie su di lei.
(…..)
Le opinioni politiche di Marusya sono ben note grazie ai suoi numerosi comizi. Il carcere, i lavori forzati e le sue peregrinazioni in vari paesi avevano rafforzato le convinzioni politiche della sua gioventù. Era solita dire: “Gli anarchici non fanno promesse. Gli anarchici vogliono solo che il popolo prenda coscienza della sua situazione e conquisti la libertà con le sue mani.” Il suo credo, espresso più volte, era questo: “Gli operai ed i contadini devono, il più rapidamente possibile, prendersi tutto ciò che essi hanno costruito nel corso dei secoli ed usarlo per i loro propri interessi.”
Nel dicembre 1918, Marusya partecipò al primo Congresso di tutti i comunisti anarchici russi a Mosca. Quello che segue è il suo breve
intervento che è stato riportato nel verbale:
Guardando al modo in cui gli anarchici vivono la loro vita, mi sento depressa per quante carenze vedo nel loro lavoro. Qual è la causa
di tutto questo? Una mancanza di talento? Ma che non può essere perché non si può dire che non ci sia talento tra gli anarchici. Ma perché poi le organizzazioni anarchiche sono al collasso? Perché, quando gli anarchici hanno seguito la loro coscienza, non hanno ottenuto i risultati che speravamo? Tutto questo non può continuare, gli anarchici devono capire dove sbagliano.
Nell’approcciarsi al loro lavoro, gli anarchici non devono limitarsi alle imprese grandiose. Qualsiasi tipo di lavoro è utile. Sacrificare se stessi è più facile che lavorare costantemente, fermamente, per il raggiungimento degli obiettivi definiti. Tale lavoro richiede una grande capacità di resistenza e un sacco di energia. Gli anarchici non hanno abbastanza capacità di resistenza e di energia e inoltre, devono essere pronti a sottoporsi – da compagni – alla disciplina e all’ordine.
Gli anarchici devono:
1. essere modelli di comportamento (gli anarchici attualmente non sono uniti);
2. distribuire ampiamente la loro stampa;
3. organizzarsi e stare in contatto l’uno con l’altro. Per far questo è necessario avere un registro di tutti gli anarchici, ma abbiamo bisogno di essere selettivi e favorire non tanto quelli che sanno di teoria quanto quelli che possono metterla in pratica.
Il processo della rivoluzione sociale è in corso e gli anarchici devono essere pronti per quel momento in cui dovranno usare tutte le loro forze e ciascuno portare avanti il suo proprio compito, senza sperare di ricevere qualcosa in cambio. Ma il nostro lavoro si deve basare sulla esemplarità, per esempio nella stessa Mosca dovremmo creare una intera rete di orti su basi comuniste. Questo sarebbe il miglior mezzo di agitazione tra la
gente, tra persone che, in sostanza, sono anarchici naturali.”

mercoledì 25 ottobre 2017

Santiago Maldonado Presente!

Comunicato dei compagni argentini della Federazione Anarchica di Rosario sulla conferma della morte del militante anarchico Santiago Maldonado. cfr. http://www.anarkismo.net/article/30603

SANTIAGO MALDONADO PRESENTE!

Negli ultimi giorni abbiamo ricordato i tre anni dal ritrovamento del corpo di Luciano Arruga, i sette anni dall'uccisione di Mariano Ferreira ed il 20 ottobre abbiamo appreso della conferma di ciò che avevamo intuito, e cioè che il corpo ritrovato nel fiume Chubut è quello di  Santiago Maldonado.

Un ragazzo di quartiere sparisce perchè non voleva rubare per la polizia,un altro muore per mano di un gang perchè lottava contro la precarizzazione del lavoro, e un altro è scomparso perchè lottava per l'autonomia del popolo Mapuche. In tutti questi casi ci sono elementi in comune, la repressione di stato colpisce quelli che risultano essere pericolosi perché fanno parte di una gioventù che non si sottomette, non abbassa la testa e non obbedisce al sistema. Contro la repressione nei quartieri, contro il lavoro precario e per l'autodeterminazione dei popoli, per tutte queste rivendicazioni così pressanti continueremo a combattere.

Lo stato ha mostrato il suo volto più terribile e vorace, il meccanismo della scomparsa forzata è una metodologia a cui  le classi dominanti ricorrono, con le loro particolarità, nelle diverse congiunture. E sono evidenti anche le operazioni dei media, determinati nell'inoculare nella società un atteggiamento di smobilitazione cercando di attribuire le responsabilità di ciò che sta succedendo a chi lotta dal basso.
Nonostante ciò, non sono stati in grado di fermare le enormi mobilitazioni popolari di vari settori in tutto questo tempo e temono per la crescita della rabbia e dell'indignazione del nostro popolo che, davanti ad una tale offesa alla sua dignità, scenderà presto nelle strade di tutto il paese.

CHI MUORE LOTTANDO VIVE PER SEMPRE IN OGNI COMPAGNO!
SANTIAGO MALDONADO PRESENTE!

Federaciòn Anarquista de Rosario

(traduzione a cura di Alternativa Libertaria/fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

domenica 8 ottobre 2017

14 ottobre a Pordenone Reclaim the Cities / Riprendimoci le Città

MANIFESTAZIONE 
Reclaim the Cities / Riprendimoci le Città

>ore 15.00/Pordenone P.zza Cavour<

BASTA alla deriva reazionaria e xenofoba e al rigurgito della violenza squadrista e fascista in città
BASTA alla connivenza dell'amministrazione comunale con i gruppi neofascisti
BASTA usare la retorica della sicurezza per imporre politiche di austerità, di guerra tra i poveri e di esclusione sociale
PER una città libera, aperta e solidale
PER il diritto alla casa e ad un welfare che garantisca una vita dignitosa per tutti/e, per spazi sociali autogestiti e una socialità non mercificata
PER una città fondata su quartieri attivi e creativi attraverso forme di relazioni comunitarie, solidali e autogestite
PER l'autodeterminazione dei corpi, delle identità, delle sessualità

Osservatorio Antifascista Regionale FVG


venerdì 8 settembre 2017

9 settembre a Bologna, giù le mani da Labàs

Sabato 9 Settembre anche noi saremo a Bologna a sostenere Làbas e il suo laboratorio sociale, culturale e politico sgomberato con violenza lo scorso 8 Agosto insieme ad un altro luogo storico dell’autorganizzazione, il Crash.
Làbas, esperienza solidale ed inclusiva, punto di riferimento della città, non può essere cancellata per logiche di speculazione e profitto.
Se dall’alto vogliono il deserto e l’abbandono, il quartiere ha dimostrato di preferire uno spazio che sperimenta cooperazione, mutualismo ed accoglienza in un mondo che impone miseria, razzismo e guerra tra poveri.
RiapriAmo Làbas e il Laboratorio Crash!
Alternativa Libertaria Correggio/Reggio Emilia

giovedì 7 settembre 2017

Il foglio telematico di Alternativa Libertaria

In questo numero parliamo di costruire reti di solidarietà, di  mutualità e autogestione, di monete elettroniche                                                                         

 

 

PER SCARICARLO

  http://alternativalibertaria.fdca.it/wpAL/wp-content/uploads/2017/07/luglio2017.pdf

 

 

PER RICHIEDERLO

 http://alternativalibertaria.fdca.it/wpAL/stampa-fdca/il-foglio-di-alternativa-libertaria/

 

 

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Economie collettive e solidali, autogestione e mutualismo

 Assistiamo ad una risposta sociale del tutto inadeguata alla ampiezza e alla ingiustizia del disagio sociale in atto
La progressiva scomparsa a livello planetario di un orizzonte comune alternativo al sistema capitalistico rende più frazionata e complessa la lotta per la costruzione di una società di libere, liberi ed uguali. Ciò anche grazie alla trasformazione antropologica in atto (connessa alla globalizzazione e alle nuove tecnologie digitali che mettono in un contatto sempre più immediato realtà umane ed ambientali molto diversificate) che rende ancora più complicate sia la condivisione di azioni e percorsi condivisi che la semplice comunicazione, ormai sostanzialmente privata di codici di riferimento comuni, fatta eccezione del “pensiero unico” capitalistico che trasforma -inesorabilmente- tutto quello che tocca, in “merce” acquistabile con il denaro.
Sempre più assistiamo ad un sostanziale allontanamento della prassi delle istituzioni e di molte organizzazioni partitiche    “ufficiali” dalla difesa dei diritti e dal dare risposta ai bisogni umani primari (diritto al reddito e alle tutele: malattia, maternità, previdenza; equa redistribuzione del reddito; formazione…); organizzazioni ormai sostanzialmente asservite -complessivamente- al mantenimento del regime capitalistico.
In queste condizioni, singole persone, anche interessate e disponibili a partecipare a processi di trasformazione socioeconomica equi e di interesse generale, non trovano ad oggi molte sedi -affidabili- in cui essere ascoltate e prese in considerazione. Si diffonde così la perdita della speranza nella capacità di costruire orizzonti comuni di emancipazione e prevale la cultura dell’individualismo possessivo, che fomenta la divisione e la guerra tra poveri, aumentando paura, insicurezza e “manovrabilità”.
Il nostro contesto
Da tempo partecipiamo, seguiamo, parliamo di forme di economie collettive e solidali. In effetti queste realtà, nel loro procedere, ci offrono diversi spunti interessanti di riflessione, per come cercano di costruire possibile risposte al disagio sociale. esperienze produttive e di vita in cui protagonisti sociali, persone o organismi collettivi si confrontano, in modo partecipativo ed orizzontale, nei loro ambiti naturali (culturali, produttivi, vertenziali, territoriali) innescando processi propositivi di percorsi di cooperazione e di condivisione produttiva, distributiva e di servizio:
persone che vogliono costituire insieme realtà economiche sostenibili, sia dal punto di vista ecologico che sociale, con una ottica di radicale alternativa al capitalismo, dando vita, forza e riconoscimento a nuclei di resistenza attiva connessi in rete, capaci di dare alcune risposte ai bisogni primari, individuali e sociali; persone intenzionate a collaborare collettivamente alla conquista di una autodeterminazione territoriale che permetta a chiunque di vivere una esistenza sempre più autonoma dai dictact delle multinazionali e delle banche, e capace -nel tempo- di dare vita ad una “autodeterminazione sociale di esistenza” sempre più generalizzata,
che fondano
realtà produttive
che vivono le dinamiche che le sostanziano, autogestione, mutualismo, ecosostenibilità, il sottrarsi allo sfruttamento e al lavoro gerarchico
e che insieme a
soggetti collettivi,
disposti alla relazione circolare e alla co-progettazione verso obiettivi comuni, che partono dai bisogni primari, lavorano con successo alla trasformazione della società, alla difesa dei beni comuni, alla riconquista di forme di lavoro qualificanti, in un quadro autogestionario oltre che solidale
cercano di pensare e costruire
realtà sociali territoriali (ecoreti) che facciano partire sul territorio meccanismi progettuali e decisionali
di mutuo sostegno e di trasformazione, realtà che vivono le contraddizioni vecchie e nuove di un potere popolare che acquista coscienza di sé sulla base delle piccole rivendicazioni quotidiane finalizzate ad emanciparci dal giogo dello sfruttamento del profitto capitalistico nelle sue varie forme;
In particolare colpiscono alcuni aspetti che merita citare espressamente.
Il lavoro
In primo luogo l’idea del
lavoro che in queste realtà che sperimentano forme di economia solidale, riacquista la sua dignità, cercando di sfuggire almeno in parte all’ alienazione sia da un punto di vista economico, sottraendosi allo sfruttamento e all’estrazione di plusvalore da lavoro dipendente, sia con il recupero del lavoro come momento creativo e non eterodiretto. Così l’oggetto del prodotto del lavoro stesso tende ad allontanarsi dal concetto di “merce” acquistabile al minor prezzo possibile, ricollegandosi alla vita della persona -in carne ed ossa- che mette a disposizione tempo, attività e saperi, per rispondere al bisogno di un’altra persona; spostando quindi l’attenzione in direzione del rispetto dei diritti e dei doveri delle persone coinvolte nello scambio di beni e/o servizi; ma con l’intenzione di determinare insieme il valore dello scambio: delle cose, delle ore e del lavoro impiegato per produrle; a prezzi equi per la produzione ma anche accessibili a chi si rende disponibile a mettersi in gioco in una “relazione circolare”, impegnandosi ad un loro uso o acquisto prefissato. In questa dinamica cresce la spinta a un superamento della dimensione lavorativa individuale o familiare verso forme di condivisione di risorse e, in prospettiva, di proprietà e gestione collettiva.
L’intenzione di migliorare la propria qualità della vita
Questo nuovo tipo di unità produttive -interessate ad organizzarsi per rispondere al meglio ai propri bisogni vitali quotidiani- costituite da persone che si relazionano tra di loro per migliorare la propria qualità della vita, favorisce relazioni di scambio centrate sulla persona nella sua globalità e non come “strumento” -più o meno occasionale- da usare per raggiungere il proprio esclusivo interesse; cioè con modalità sempre più vicine alle esigenze di autodeterminazione esistenziale, propria ed altrui; “irriducibili” quindi al capitalismo, forma esclusiva -e cieca- di accumulazione del profitto fine a se stesso;
Lo sviluppo della coscienza politica
La relazione circolare tipica dell’eco-rete, centrata sul soddisfacimento dei bisogni sociali primari, individuali e collettivi e sull’integrazione tra lavoro e vita attraverso una pratica organizzativa continuativa in comunità tendenzialmente solidali e di mutuo soccorso, può diventare fattore di sviluppo di una presa di coscienza politica, nel momento in cui sia possibile verificare concretamente l’efficacia di alleanze ampie funzionali al raggiungimento di obiettivi specifici. Cioè quando si possono sperimentare -concretamente- situazioni in cui le proprie esigenze vitali possono essere soddisfatte meglio se si riescono a costruire alleanze di scopo o patti territoriali per la trasformazione sociale e ambientale dei territori.
Si viene allora ad acquisire una maggiore consapevolezza delle difficoltà reali connesse alla realizzazione di un progetto, facilitando la riconquista della fiducia nella relazione e in una progettualità assembleare e orizzontale, autogestita e solidale. Queste sperimentazioni possono assumere un ruolo prefigurativo dove far crescere forme di solidarietà sociale e di diversi rapporti di produzione e di orientamento e gestione del territorio su basi federaliste e libertarie, per riguadagnare nell’orizzonte del possibile una società più giusta e solidale.

Appello di solidarietà dal Sudafrica– I ‘quattro di Boiketlong’ e la criminalizzazione della povertà e della protesta: Libertà per Dinah e Sipho, giustizia per Papi!

Quattro attivisti di Boiketlong in the Vaal, a sud di Johannesburg, sono stati condannati a 16 anni di carcere per quanto avvenuto durante una protesta per il diritto alla casa e lo sviluppo della township, sulla base di una legge dell’apartheid del 1973 nota come “proposito comune”. Anche senza alcuna evidenza che collegasse i quattro agli atti accaduti (l’attacco al consigliere locale dell’ANC e l’incendio della sua abitazione) senza testimoni che potessero collocarli sulla scena al momento dei fatti, tutti e quattro sono stati giudicati colpevoli semplicemente per il loro ruolo di leaders della comunità. Un anno dopo i fatti, nel 2016, è scomparso in circostanze misteriose anche Papi Tobias, un importante testimone che poteva dimostrare che almeno una di loro, Dinah Makhetha, non era neanche presente in quella protesta.
Papi, padre di tre figli, è stato un attivista comunitario della lotta per la casa e per lo sviluppo della township,  spesso alla guida delle proteste per l’ottenimento dei servizi pubblici.
Membro del comitato per la raccolta fondi per le spese legali dei 4 di Boiketlong, sei giorni prima della sua scomparsa, aveva lanciato pesanti accuse contro il comitato stesso, per un cattivo uso dei soldi raccolti per la difesa dei 4 di Boiketlong e accusando il comitato di non essere autonomo ma controllato dall’ANC, ribadendo la sua disponibilità a testimoniare che Dinah non era presente nei pressi dell’abitazione del consigliere quando fu appiccato il fuoco, e che lei e gli altri 3 furono accusati ingiustamente.
Si suppone che uno dei membri del comitato sospettato del cattivo uso dei fondi, un leader locale dell’ANC e membro del Boiketlong Concern Group, dominato dall’ANC, sia dietro la scomparsa di Papi insieme a al brigadiere Scheepers (ultimo ad avere visto vivo Papi) e al sindaco della municipalità locale di Emfuleni, Simon Mofokeng.
Poco prima della sua scomparsa, il cane di Papi fu ucciso e un membro del Boiketlong Concern Group disse che circolavano delle voci sul fatto che la vita di Papi fosse in pericolo.
Papi è ormai scomparso da più di un anno e si crede che sia morto. La sua scomparsa e la sua sospetta morte hanno quasi certamente una motivazione politica e sono collegati al suo ruolo nelle lotte per i servizi pubblici, la casa e lo sviluppo della township, e per la dichiarazione circa la presunta corruzione o un cattivo uso del denaro raccolto per le spese legali dei 4 di Boiketlong, da parte del sindaco e dei membri del comitato per la raccolta fondi.
Gli investigatori che seguono il caso sembrano aver fatto pochi sforzi per stabilire il destino di Papi o la sua ubicazione, e nessuna indagine sembra essere in corso. A tutt’oggi nessuno è stato arrestato o accusato in relazione alla scomparsa di Papi.
Rilasciati su cauzione dopo 9 mesi di carcere, a giugno 2017 due degli accusati, Dinah e Sipho Manganye sono dovuti tornare in cella durante il processo di appello, (Pulane Mahlangu non si è presentato all’udienza ed è attualmente latitante mentre Dan Sekuti Molefe, già sofferente prima dell’arresto, non ha retto alle ingiuste accuse e si è suicidato).
Parliamo quindi di attivisti impegnati nella protesta della comunità per il diritto alla casa, lo sviluppo della township e per quello che il governo dell’ANC ha promesso loro (e alla classe lavoratrice nera del Sud Africa) per oltre 20 anni. L’essere poveri e il combattere per cambiare la loro condizione e risollevare loro stessi e la loro comunità è il loro solo crimine.
Si pensa che essi siano stati oggetto di una manovra politica dello stato, su richiesta della locale sezione dell’ANC, per sopprimere e criminalizzare le loro attività, a causa del loro ruolo di opposizione alle politiche contro i poveri, implementate dal governo neoliberale dell’ANC, e per aver evidenziato e combattuto la corruzione della classe politica locale.
Non sono criminali, sono prigionieri politici della lotta di classe.
Sono stati accusati ingiustamente a causa del loro ruolo nella proteste comunitarie, causate da un trattamento ingiusto, corruzione e malgoverno. La classe lavoratrice nera in Sud Africa ha sofferto abbastanza il peso della povertà e della disuguaglianza, ma quando scendiamo in strada per protestare, soffriamo la potente repressione dello stato e la brutalità della polizia. I politici, che si suppone siano al potere al servizio della comunità, presto se lo dimenticano a causa del fatto che iniziano a vivere nel lusso.
Così come molte townships, aree rurali e comunità povere in tutto il Sud Africa, la classe lavoratrice nera e povera della comunità di Boiketlong ha per molto tempo sofferto per le promesse non mantenute dal governo dell’ANC. Fin dalle prime elezioni multirazziali del 1994, l’ANC è stato ripetutamente rieletto sulla base di vuote promesse di creazione di lavoro, servizi e sviluppo e ristrutturazione delle townships e delle altre aree degradate, che hanno per lungo tempo sofferto dell’assenza di adeguati e accessibili servizi igienici, acqua, elettricità e abitazioni, così come di educazione, salute, ecc., parte dell’eredità del colonialismo e di capitalismo e apartheid.
Dovendo affrontare il crescente malcontento e la protesta in risposta alla mancanza di volontà politica e inadeguatezza, a causa delle politiche neoliberali adottate, senza neanche intraprendere il tentativo di rispettare le proprie promesse e implementare uno sviluppo su larga scala, la ristrutturazione delle townships, la riforma agraria, la creazione di lavoro e servizi, il governo dell’ANC sta costantemente rispondendo con la criminalizzazione della protesta e dei poveri, al fine di sopprimere e contenere le lotte sociali e la resistenza della classe lavoratrice.
Questo a causa dei due processi in cui la classe politica è coinvolta: usare lo Stato per accumulare ricchezza privata, e far rispettare le politiche neoliberali di redistribuzione verso l’alto della ricchezza, dalla classe lavoratrice nera verso la classe dominante, fatta di bianchi, e ora neri, capitalisti privati così come politici e dirigenti pubblici.
In questo modo è possibile recuperare e mantenere i profitti trasferendo i costi della crisi economica sulla classe lavoratrice, in particolare sui neri. Questo viene fatto mediante la commercializzazione e la privatizzazione, la flessibilità del lavoro, le politiche di austerità e i tagli sulla spesa pubblica, l’esternalizzazione e le aggressive misure di recupero dei costi.
A livello locale, l’esternalizzazione ha portato a contratti e gare per l’edilizia, i servizi e lo sviluppo di infrastrutture dispensati a individui e proprietari di società, politicamente connessi in particolare alla nuova BEE (Black Economic Empowerment) élite che ha prodotto nepotismo, corruzione e clientelismo su larga scala. Al fine di fare quanto più profitto possibile attraverso questi contratti, questa nuova élite economica nera abbatte i costi attraverso lo sfruttamento dei lavoratori, usando materiali più a buon mercato e risparmiando su sicurezza e standards. Questo è il motivo del perché tante case presentano lesioni e cadono a pezzi, e i servizi nelle townships sono così terribili.
La classe politica a livello locale, provinciale e nazionale, sia dell’ANC che, in alcune aree, della DA (ndt Alleanza democratica, principale forza di opposizione), usa il controllo e l’accesso alle risorse statali al fine di accumulare ricchezza privata e consolidare il proprio potere e controllo dello stato e delle sue risorse. Questo è il significato di “corruzione”, e viene fatto a spese della classe lavoratrice nera e dei poveri, che non ottengono niente al di là di abitazioni e servizi di qualità scadente e repressione statale, qualora si ribellino.
Questo può finire solo tramite una coerente e indipendente lotta di classe e resistenza ed è ciò che la classe dominante teme, e il motivo per cui lo Stato e l’élite politica che lo controlla stanno costantemente ricorrendo alla criminalizzazione della povertà e della protesta, al fine di sopprimere la resistenza della classe lavoratrice.
Il governo dell’ANC vuole, tramite l’esempio dei quattro di Boiketlong, lanciare un forte messaggio ai poveri, ai disoccupati e alla gioventù emarginata che guida e partecipa alle proteste per la terra e la casa, per il lavoro e i servizi.
Il messaggio è che se osi organizzare o partecipare alle lotte sociali per i tuoi diritti, esporti in prima persona o semplicemente prendere posizione contro la crescente corruzione dell’élite politica, sarai colpito rapidamente e duramente. Le pesanti sentenze comminate ai quattro di Boiketlong, nonchè il rifiuto della scarcerazione su cauzione e del permesso all’appello, sono tutti finalizzati a intimidire e scoraggiare altri dalla resistenza e dalla protesta indipendente della classe lavoratrice.
E’ quindi di estrema importanza che i/le militanti della lotta di classe facciano qualsiasi cosa, compatibilmente con i loro mezzi, per sostenere la compagna per la revoca della condanna e della sentenza, perché se non lo facciamo, lo Stato sudafricano userà questo caso come un precedente al fine di criminalizzare ulteriormente la povertà e la protesta, e altre persone saranno trascinate in prigione sulla base di presunte accuse e colpite con dure sentenze per il fatto di protestare contro la loro povertà e combattere per i loro diritti.
Facciamo appello ai nostri compagni e alle nostre compagne, alleati e alleate, e a tutte le persone che nel mondo amano la libertà e la giustizia affinché si dimostrino solidali con Sipho e Dinah e chiedano giustizia sia per loro che per Papi.
LIBERTÀ PER DINAH AND SIPHO! GIUSTIZIA PER PAPI!
STOP ALLA CRIMINALIZZAZIONE DELLA POVERTÀ E DELLA PROTESTA!
DIFENDIAMO IL NOSTRO DIRITTO ALLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE, ASSOCIAZIONE E PROTESTA!
Cosa si può fare:
  • Diffondere quest’appello di solidarietà sui social media e nelle vostre organizzazioni, reti e movimenti;
  • Scrivere lettere e articoli sul caso e pubblicarli sulla stampa alternativa e, dove possibile, sui principali quotidiani, riviste, ecc.;
  • Discutere del caso e dell’appello di solidarietà su podcasts e radio comunitarie, durante incontri comunitari, studenteschi e di lavoratori e lavoratrici;
  • Fare foto delle attività e delle azioni di solidarietà, o di voi stessi o della vostra organizzazione con manifesti e cartelli, recanti messaggi di supporto o di richiesta di scarcerazione di Sipho e Dinah e di revoca della loro condanna, e pubblicatele sui social media con i sottostanti hashtags e handles;
  • Scrivere lettere di supporto a Dinah, Sipho e/o alla famiglia di Papi, e scrivere mails agli indirizzi zacf@riseup.net e orangefarmadvicecentre@gmail.com, da cui poi verranno loro trasmesse;
  • Fare pressione sul Legal Aid SA affinché venga data priorità al caso, tramite telefonate, inviando loro emails e fax;
  • Far sapere al governo del Sud Africa che il caso è giunto alla ribalta internazionale, telefonando, scrivendo emails e fax alla Presidenza e al Dipartimento di Giustizia e Sviluppo Costituzionale, per chiedere che la loro condanna venga revocata, le accuse ritirate e affinché venga effettuata un’indagine sul destino di Papi Tobias.
Sui social media usa gli hashtags #Boiketlong4Solidarity #Boiketlong4 #FreedomforDinahandSipho #JusticeforPapiTobias
Su Twitter usa gli handles @PresidencyZA @GovernmentZA @EmfuleniLM @DOJCD_ZA @LegalAidSA1 @ZabalazaNews
INDIRIZZI UTILI
Presidenza della Repubblica Sudafricana
Tel: +27 12 300 5200
Fax: +27 12 323 8246
Email: president@presidency.gov.za
Ufficio del Vicepresidente Cyril Ramaphosa
Tel: +27 12 308 5316
E-mail: Deputypresident@presidency.gov.za
Ministro della Giustizia e dei Servizi di correzione
Tel: +27 12 406 4669
Fax: +27 12 406 4680
E-mail: ministry@justice.gov.za
Viceministro per la Giustizia e lo Sviluppo Costituzionale
7Tel: +27 12 406 4854
Fax: +27 12 406 4878
E-mail: deputyminister@justice.gov.za
Sede centrale del Legal Aid South Africa
Tel: +27 11 877 2000
Centro di Giustizia di Pretoria del Legal Aid SA
Tel: +27 12 401 9200
Fax: +27 12 324 1950
Centro di Giustizia di Vereeniging del Legal Aid SA
Tel: +27 16 421 3527
Fax: +27 16 421 4287

L’accordo in preparazione tra l’UE e la Libia è un crimine contro l’umanità!

Comunicato di DEFEND MEDITERRANEA*, rete mediterranea solidale ed antifascista contro la spedizione identitaria Defend Europe e contro il progetto di fortezza Europa
Un anno e mezzo dopo l’accordo disastroso tra l’Unione Europea e la Turchia, che ha portato alla moltiplicazione di campi terribili e insopportabili in Grecia e in Turchia, i leader del continente più ricco della Terra stanno per dare il peggio di sè.
Questa volta, sulle coste africane, è in corso il progetto Fortezza Europa, in collaborazione con il regime fantoccio libico e su iniziativa del presidente francese, in cambio di enormi risorse militari e di una grande somma di denaro che può essere tre volte superiore ai sei miliardi di dollari offerti al Dittatore Erdogan nel 2016.
Nell’ambito della preparazione del presente accordo, le navi militari italiane hanno aumentato il numero delle loro pattuglie verso il sud e la Libia, modificando in modo unilaterale i limiti delle acque territoriali da 12 a 70 miglia nautiche. Al tempo stesso, le autorità italiane hanno sequestrato un’imbarcazione di soccorso di una ONG e arrestato il suo equipaggio, mentre alcune miglia più a sud, al largo delle coste di Zuwarah, le guardie costiere libiche hanno sparato proiettili veri per respingere un’altra imbarcazione di soccorso.
Nel frattempo, una spedizione di miliziani fascisti navigava liberamente sul Mar Mediterraneo senza incontrare altri ostacoli che noi, attivisti antifascisti, che per diverse settimane, gli abbiamo causato problemi ed ogni possibile ostacolo: paure, cancellazioni, perdite, cambiamenti di rotta, guasti del motore, rendendoli un po’ ridicoli.
Diverse persone responsabili di questa nave anti-migranti sono state improvvisamente liberate dalla loro custodia nel nord di Cipro, territorio sotto il controllo di Erdogan, nonostante il fatto che le accuse contro di loro fossero molto gravi e l’inchiesta fosse stata prolungata. I richiedenti asilo Tamil che hanno denunciato la truffa sono stati deportati in Sri Lanka. Dopo, malgrado le dichiarazioni xenofobe, le minacce esplicite e il mancato rispetto dei regolamenti marittimi, questi fascisti non sono mai disturbati dalle autorità che hanno deciso evidentemente di far loro proseguire i loro progetti.
Molti ministri dell’Unione Europea hanno anche espresso la loro benevolenza nei confronti di questi miliziani fascisti di Defend Europe e persino il ministro degli Interni austriaco si è congratulato con loro.
 In risposta a questa violenza in corso, le navi delle ONG sono state costrette una dopo l’altra a lasciare la principale zona di ricerca e salvataggio, lasciando le imbarcazioni dei migranti nelle mani dei fascisti europei e della guardia costiera libica purtroppo ben nota per il suo racket, l’uso della tortura e la pratica dei sequestri. Mentre testimoniamo la morte di migliaia di migranti negli ultimi mesi (più di 2200 quest’anno e 4500 lo scorso anno), mentre tutte le navi di salvataggio erano ancora lì, è difficile immaginare la portata del disastro umanitario futuro per decine di migliaia di famiglie che continuano a fuggire dalla guerra, dalla  povertà e dalla repressione.
Infatti, finché la giustizia e l’uguaglianza non saranno stabiliti in questi paesi, nulla impedirà l’immigrazione umana. Fintanto che i neocolonialisti europei perseguiranno il loro progetto di far diventare l’Africa un vasto campo di rovine, nulla impedirà a queste famiglie di voler sfuggire alla guerra, alla morte e alla violenza. Niente respingerà gli oppositori politici e le minoranze etniche o religiose che fuggono dalle persecuzioni mentre il silenzio complice dei leader occidentali li circonda. Nulla è più spaventoso per intere popolazioni, e tra loro per donne e bambini, che essere picchiati, violentati, reclutati con forza in eserciti o costretti a lavorare nei campi (molti casi lo hanno riferito). Soprattutto, nessuno può negare che la storia umana sia stata modellata da viaggi, odissee e migrazioni.
Per quanto tempo ancora l’Europ continuerà a costruire muri e scudi di ferro?
In ogni modo, il prossimo accordo tra l’Unione Europea e la Libia è un crimine contro l’umanità, sia per gli individui che fuggono da una vita insopportabile che per gli individui che fuggono ad ogni costo, ma che muoiono su un percorso  pericoloso e difficile.
Nelle ultime settimane, abbiamo fatto del nostro meglio per impedire a questa nave fascista (o almeno rallentarli) di fermare le missioni di soccorso delle ONG e salvare i nostri fratelli e sorelle in mare aperto. Ma, nonostante le nostre azioni, affrontando forze colossali, testimoniando le  grottesche agitazioni di questi balordi, non pensiamo che otterremo molto.
Ecco perché, con questo comunicato, abbiamo deciso di avvertire il maggior numero possibile di persone perché è nostro dovere e nostra responsabilità, ovunque siamo, in Europa o in Africa, di opporsi contro questo nuovo muro tra di noi. Un muro fatto di lacrime e sangue. Ogni muro, è un muro di troppo.
Contro questo muro e coloro che governano per impaurirci e dividerci, agiamo insieme, attraverso il Mar Mediterraneo, da Parigi a Tunisi, da Tripoli a Roma e oltre.
La lotta continua!
*DEFEND MEDITERRANEA è una rete antifascista, antirazzista e solidale di attivisti del Mediterraneo che si sono impegnati nel bloccare la nave C-star a Suez, poi a Cipro e nell’impedirgli di fare scalo a Creta, in Sicilia ed in Tunisia.
(traduzione a cura di Alternativa Libertaria – Ufficio Relazioni Internazionali)

giovedì 17 agosto 2017

“PIANGERE I MORTI, LOTTARE COME L’INFERNO PER I VIVI – dichiarazione su Charlottesville della Black Rose Anarchist Federation

Black Rose Anarchist Federation  ha ricevuto notizie relative all’aggressione commessa dai fascisti-suprematisti bianchi-oggi a Charlottesville, NC. Oggi ci dirigiamo al pubblico dal nostro convegno nazionale, mentre sentiamo una profonda tristezza e il dolore delle vittime si fa nostro. I nostri cuori e sentimenti rimangono con loro e con i famigliari.
In questo momento abbiamo saputo che membri dell’IWW e de Socialisti Democratici dell’America (DSA) sono stati feriti; dettagli ancora devono arrivare – nell’insieme della massa di informazioni contraddittorie – su nuove lesioni e, almeno, un morto in questo attacco (bilancio purtoppo aumentato nei giorni seguenti – ndt).
Non possiamo rimanere a braccia incrociate e permettere che questo tipo di violenza si perpetui contro le nostre comunità. Per questo manifestiamo la nostra solidarietà con gli/le attivist* antirazzist*, le loro famiglie, l’IWW e i membri della DSA presenti a Charlottesville oggi, e a tutt* le persone coinvolte nella lotta contro la crescente onda di fascismo nel mondo
Insieme, non ci fermeranno, né ci fermeremo
“Piangere i morti, lottare come l’inferno per i vivi”
-Mother Jones
http://blackrosefed.org/charlottesville-statement/ 

mercoledì 2 agosto 2017

SOLIDARIETà ALLA ERICSON GENOVA – CONTRO I LICENZIAMENTI COSTRUIRE PERCORSI DI UNITA’ E DI LOTTA

“Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili.”
In questa maniera l’economista Federico Caffè fotografava la situazione del mondo del lavoro agli inizi degli anni 80. Situazione che, da allora, è solo peggiorata. Lo vediamo tutti i giorni in questa città, in cui il calvario di tanti lavoratori e lavoratrici passa attraverso un dedalo di precarietà (a salario ribassato ed improbabili turni di lavoro), spacciata sotto forma di “modernissimi” nuovi tipi di contratto. Si addensano nubi fosche anche su quelle categorie che parevano più tutelate, per le quali il machete liberista disbosca da tempo quei diritti ottenuti con decenni di lotte che negli ultimi 10 – 15 anni sono sotto duro attacco. La furia distruttrice, perpetrata attraverso decreti e leggi di tutti i governi (sia di centrodestra che di centrosinistra) che si sono sin qui succeduti , pare non si sia placata. Lo dimostra il fatto che si sta concedendo potere quasi illimitato di licenziamento, facendo assumere ai datori di lavoro quasi le sembianze di semidei con potere di vita e di morte sui lavoratori.
Solo a Genova, nelle ultime settimane, sono 40 alla Ericsson e 31 alla Gitiesse le procedure di licenziamento avviate. Si profila all’orizzonte una nuova Caporetto della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici che ha molte madri e molti padri ancora, purtroppo, presenti ed “attivi” nel panorama politico nostrano, che cercano di riaccreditarsi come leader e dirigenti di sempre nuovi ma sempre vecchi soggetti politici di sinistra, senza ovviamente alcun riferimento di classe. La difesa è a questo punto necessaria e non passa attraverso sigle sulle quali politicanti, più o meno di professione, mettono il cappello. Siamo noi, lavoratrici e lavoratori, insieme con le fasce più deboli ed emarginate della popolazione, non ultimi gli immigrati, che dobbiamo organizzarci su percorsi di classe, di unità e di lotta. Solo con l’unità tra tutti gli sfruttati si può pensare di risalire la china e costruire un argine all’arroganza padronale.
Alternativa Libertaria/FdCA  Sez. N. Malara – Genova
Genova, 1 agosto 2017

sabato 29 luglio 2017

FIAT/FCA Serbia cronaca di una lotta

comunicato del 12 luglio della Confederazione dei Sindacati Autonomi di Serbia
http://sindikat.rs/ENG/news.html#
Kragujevac, il più grande sciopero nella storia recente di FIAT

FIAT Serbia  è definitivamente entrata in una fase di turbolenza con uno dei più grandi scioperi nella recente storia dell'impresa che va avanti da più di 2 settimane. Da sedici giorni di fila 2500 operai della più grande fabbrica di auto della Serbia stanno resistendo all'indifferenza dell'azienda ed ai tentativi del governo di farli tornare al lavoro. L'azione sindacale ha già causato serie perdite per tutti: la produzione si è ridotta di almeno 5000 veicoli, il salario che gli operai percepiranno dopo lo sciopero sarà ben inferiore al minimo necessario a loro ed alle loro famiglie per sopravvivere, l'immagine della Serbia, così cara ad un governo pronto ad attrarre investimenti esteri dipingendo il paese come "un posto con la forza lavoro meno cara e più disciplinata che ci sia", ha perso parte della sua credibilità...Eppure, fatta eccezione per gli operai e per i loro sindacati, nessuno ha fatto uno sforzo visibile per trovare una soluzione al conflitto. Sembra che FIAT sia attaccata al suo principio di non negoziare durante lo sciopero, mentre il governo non ha alcuna forza per convincere FIAT a fare diversamente.
L'origine del conflitto sta nell'abolizione del terzo turno introdotta l'anno scorso. Più di 800 operai vennero licenziati ed il loro lavoro distribuito tra gli altri rimasti. Il carico di lavoro è cresciuto notevolmente, costringendo spesso i lavoratori a correre da una postazione all'altra per realizzare le necessarie operazioni. I carrelli elevatori che secondo le regole FIAT non possono mai superare la velocità di 5 km/h ora stanno già funzionando a 14 km/h! Altri problemi sono il trasporto di coloro che lavorano nel turno serale (che non sono in grado di prendere gli ultimi autobus notturni) e il pagamento di bonus di efficienza. E, naturalmente, salari molto bassi (poco più di 300 euro) che sono inferiori alla media nazionale del settore metalmeccanico (i lavoratori hanno chiesto solo un aumento di 50-60 euro). Qui bisogna tener conto dell'assurdità del fatto che i salari dei lavoratori durante tutto l'anno vengono pagati dal bilancio serbo, che consente a FIAT di ottenere un profitto extra! La colpa di tutto ciò è di uno dei precedenti governi, che - soprattutto per ragioni politiche - era troppo ansioso di firmare un contratto che privava la Serbia di una parte della sua ricchezza e limitava la sua sovranità.
E questo è esattamente il caso, dato che per il suo rigido rigetto della contrattazione collettiva, la gestione aziendale è in netta violazione non solo della Convenzione ILO 144 sulle consultazioni trilaterali, ma anche della legislazione serba (la nostra legge del lavoro vede il dialogo durante il periodo di sciopero non come questione di libera scelta, ma come obbligo di entrambe le parti sociali). Inoltre, FIAT ha rifiutato per due volte di rispettare le decisioni dell'Ispettorato del Lavoro che la obbligava a iniziare i negoziati - un terzo rifiuto potrebbe condurre, almeno in teoria, alla chiusura dell'azienda). Sembra che il governo si stia impegnando a spingere verso una convergenza fra le due parti: c'è un'idea di pubblicare un decreto che permetterebbe il "congelamento" dello sciopero per un giorno (venerdì). I lavoratori andrebbero a lavorare proprio quel giorno, permettendo alla direzione di rispettare il principio di non negoziare durante gli scioperi, cosa che potrebbe aiutare a trovare una soluzione valida. Poi, domenica sera, l'assemblea generale dei lavoratori voterebbe per la cessazione o la continuazione dello sciopero.
Il clima tra gli scioperanti è "caldo" e sono ben pochi quelli pronti ad accettare la sospensione della lotta.  Si teme la lotta possa radicalizzarsi nel corso delle previste manifestazioni di protesta dalla fabbrica alla sede del municipio e ci sono segnali che lo sciopero potrebbe diffondersi ad altre aziende del settore metalmeccanico. Sembra che la Serbia si stia svegliando dal sogno neoliberista e dalle idee dell'armonia naturale tra le parti sociali. Questi sono i Balcani e qui la situazione è diversa da quella in Europa occidentale. Lottando per la democrazia negli anni '90 abbiamo ottenuto il capitalismo e ora siamo costretti ad affrontare una delle sue forme più barbariche e disumane. L'unico modo per cambiarlo è essere fermi e uniti. Il forte sostegno di tutte le fabbriche FIAT in Europa e nel mondo ha dato ai lavoratori serbi una motivazione aggiuntiva per continuare con la loro azione e vincere.
(traduzione a cura di AL-Ufficio Relazioni Internazionali)

18 luglio: lo sciopero alla FIAT continua http://sindikat.rs/ENG/news.html#
In conferenza stampa, Zoran Markovic, Presidente del sindacato CATUS in FCA e Presidente del Comitato di Sciopero ha annunciato che lo sciopero sarebbe continuato. Al tempo stesso ha invitato l'intera forza lavoro serba a venire a Kragujevac il 19 luglio alle ore 11.00 per partecipare alla grande manifestazione davanti al municipio. Nella consultazione del 17 luglio su entrambi i turni gli operai hanno votato per il proseguimento dello sciopero. Nel primo turno la decisione è passata col 97% e nel secondo turno col 98%.
Praticamente, ciò significa che circa 2000 operai su 2500  ha deciso di non fermare la protesta finchè i dirigenti FIAT non si esprimono sulle rivendicazioni operaie. E cioè un aumento del salario lordo dagli attuali 38.500 dinari (circa 320 euro) a 50.000 dinari (416 euro), riorganizzazione del lavoro, pagamento dei bonus di efficienza e rifinanziamento del fondo per le spese di trasporto dei pendolari al di fuori dell'orario di lavoro.


19 luglio: sciopero sospeso http://sindikat.rs/ENG/news.html#

La scorsa notte il primo ministro serbo Ana Brnabić ha raggiunto un accordo con gli operai FIAT di Kragujevac sull'interruzione dello sciopero e l'inizio del negoziato.
All'incontro tenutosi nel municipio di Kragujevac, a cui ha preso parte anche il presidente del CATUS Ljubisav Orbovic, si è convenuto che il negoziato sarebbe iniziato a mezzodì.
In conferenza stampa Ana Brnabić ha ringraziato gli operai per la riuscita della riunione ed ha annunciato che avrebbe presenziato al negoziato perchè era estremamente importante per lei mantenere la promessa data agli operai ed ai loro sindacati.
Non posso dare garanzie sugli esiti perchè il Governo è un partner minore”, ha precisato il Primo Ministro.
Ad ogni modo, quello che può garantire è di stare a fianco degli operai per tutto il tempo e negoziare insieme, con il sostegno del Governo.
Brnabić ha dichiarato che insieme al suo team ed al ministro dell'economia Goran Knezevic, avrebbe insistito perchè venissero accolte gran parte delle richieste sindacali. 
Secondo quanto ella dice, molti problemi hanno a che fare col processo di produzione e si possono risolvere con i quadri intermedi. Dopo essere stata ampiamente informata sui problemi interni allo stabilimento FIAT, lei ha dichiarato che il Governo dovrebbe essere regolarmente informato su quanto succede in FIAT.
Il presidente del comitato di sciopero della FIAT Zoran Marković ha detto che la protesta è stata revocata ed ha invitato gli operai a tornare al lavoro il 19 luglio. Ha aggiunto che dopo l'incontro col primo ministro Ana Brnabic, il sindacato ed il comitato di sciopero hanno deciso di interrompere lo sciopero per continuare le trattative con i rappreentanti della FCA e col governo serbo. 
Vorrei informare tutti i lavoratori che questa non è una sconfitta, anche perchè saranno in molti a presentarvela così. Il fine non è che FIAT se ne vada, bensì il miglioramento delle nostre condizioni di lavoro e salariali, espresse nelle nostre 4 rivendicazioni”, ha dichiarato Marković.
Che si aspetta un negoziato risolutivo, rapido e preciso.
(traduzione a cura di AL-Ufficio Relazioni Internazionali)

comunicato della Confederazione dei Sindacati Autonomi di Serbia del 24 luglio 2017 cfr.http://sindikat.rs/ENG/news.html#429

I dirigenti FIAT hanno preso visione delle richieste operaie ed hanno offerto un aumento salariale del 9.54%, come comunicato dalla Radio Televisione Serba.
L'offerta proposta ai rappresentanti degli operai stabilisce che i salari aumenteranno del 9.54%, il che significa che il salario lordo di base passerà da 38.500 dinari (circa 320 euro) a 42.000 dinari (350 euros). L'aumento sarà corrisposto in due tranche: il 3.15% in agosto ed il 6.39% a febbraio 2018. Anche il bonus di efficienza verrà rifinanziato, come pure il fondo per le spese di trasporto. Sulla richiesta operaia di migliorare le condizioni di lavoro nellaa fabbrica di Kragujevac, verrà istituita una commissione speciale con lo scopo di determinare  le postazioni in cui gli operai prestano operazioni multiple e fissare i problemi. Il Presidente del sindacato, Zoran Markovic, ha dichiarato che l'assemblea dei sindacati ha autorizzato i rappresentanti degli operai a proseguire il negoziato.

(traduzione a cura di AL-Ufficio Relazioni Internazionali)

IX Congresso Nazionale della FdCA

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1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)