Fare Del Bene Per Nascondere Il Male
Tra
i fenomeni a cui stiamo assistendo in questi mesi di emergenza
pandemica c’è anche un ricco parterre di “donazioni” di paesi “amici”,
una sorta di gara a chi arriva prima nel dimostrare solidarietà con
forniture mediche e paramediche, o di stanziamento di fondi di maggiore o
minore entità. A volte sono governi altre volte imprese, più
propriamente multinazionali, e, cercando di vederci meglio, più spesso è
un misto mare con passaggi di mano dove privati, con il supporto di
fondazioni o banche fanno passare le donazioni tramite canali
istituzionali.
Un
esempio lo abbiamo a inizio emergenza quando, in ritardo di un mese, il
governo italiano decide di istituire la prima crisi epidemica con tanto
di primo DPCM, e subito arrivano le prime donazioni da parte del governo
cinese. Agenzie come ANSA, Adnkronos e varie testate giornalistiche,
praticamente quasi tutti i quotidiani, ne danno notizia in modo
semplicistico: un carico consistente di mascherine e di attrezzatura
medica è stato donato dalla Cina con tanto di equipe medica in supporto
ai nostri sanitari.
A
raccontare con maggiore chiarezza di cosa si tratta ci pensa però Milano
Finanza, spiegando come è stato in realtà Class Editori (che edita tra
gli altri proprio Mf e Italia Oggi) a far scattare l’operazione facendo
da collante tra “Farnesina, Protezione Civile, Intesa Sanpaolo, il
professor Ricciardi e l’ambasciata a Pechino che ha cercato subito
fornitori per acquistare 1.000 macchine per la respirazione artificiale
perché era noto che c’erano stock disponibili nel Paese asiatico. Un
numero comunque inferiore a quanto previsto dal gruppo bancario che ha
stanziato fondi per almeno 2.500 ventilatori polmonari”.
L’unica
altra testata che si occupa di rilanciare la notizia è Il Foglio di
Giuliano Ferrara, e lo fa rimarcando altri aspetti tra cui un’altra
donazione e cioè quella che scatta dopo “pochi giorni dalla
sottoscrizione del “Patto di amicizia” tra Como e la città di Liyang”,
dove “il sindaco Xu Huaqin ha inviato all’omologo italiano Mario
Landriscina e ai cittadini di Como un primo stock di duemila mascherine
protettive uguali a quelle usate a Wuhan”.
Dopo
questo primo “regalo”, vanno però aggiunte 30mila tute, 100mila
mascherine e 50mila tamponi che rientrano nell’accordo siglato da Di
Maio e da Wang Yi, ovvero l’anticipo di un grande acquisto da parte
dell’Italia di materiale inutilizzato da Pechino per gestire l’emergenza
coronavirus. Il ministro degli Esteri cinese assicura che il suo
governo ha chiesto alle aziende di esportare in totale nel nostro Paese 2
milioni di mascherine mediche ordinarie. Pagando s’intende.
Appare
evidente che si tratta di marketing, per quanto umanitario, per le
successive commesse e su cui la Cina ad oggi investirà per prima creando
tra i più grossi business in tempo di coronavirus.
Queste
donazioni poi si sono diversificate, alcune effettivamente come aiuti
diretti del governo cinese, altre come donazioni da parte di ricchi
imprenditori cinesi di famosi brand asiatici. Tra questi il miliardario
cinese e la Fondazione Alibaba hanno donato 1 milione di mascherine e
100mila tamponi per contrastare l’emergenza sanitaria Covid-19 già a
fine marzo, ma lo stesso han fatto per Giappone, Corea del Sud, Stati
Uniti, Spagna e Belgio.
Per
portare il materiale in Europa Jack Ma ha sfruttato l'hub Alibaba
nell'aeroporto di Liegi. Il Belgio è stato infatti il primo Paese del
Continente ad aderire alla Electronic World Trade Platform (eWTP), la
piattaforma e-commerce globale lanciata nel 2016 in occasione del G20
ospitato dalla Cina, così nell'ambito dell'accordo con Bruxelles Alibaba
ha preso in concessione un'area di 220 mila metri quadri nell'aeroporto
di Liegi, con un investimento iniziale di 75 milioni di euro.
Oggi
la Cina è la seconda economia per Pil e ricchezza (ben 12 trilioni di
dollari) dopo gli Stati Uniti; nel 1979 Pechino promulgò la prima legge
sulle joint venture sino-straniere, emanando per la prima volta articoli
di diritto societario. Si daranno incentivi ai contadini per produrre
di più svincolandosi dai prodotti statali e dalla separazione tra
gestione e proprietà delle aziende di Stato.
Per
la prima volta e già da alcuni anni il numero di miliardari cinesi
diventa più importante di quello americano (568 vs 535) e Pechino supera
New York per numero di miliardari residenti.
Se
prima si poteva azzardare, comunque in modo scorretto, a chiamarla
secondo la definizione che fu di Lenin un paese a "capitalismo di
stato", oggi si tratta di capitalismo di mercato in un regime di fatto.
Su cosa significhi “regime” oggi invitiamo a leggere l’articolo di
Byung-Chul Han, filosofo sud-coreano, “L’emergenza virale e il mondo di
domani*”, in cui viene descritto il livello ormai distopico raggiunto
attraverso una forma di totalitarismo tecnologico sugli individui.
Il
fatto che grandi imprese e governo cinese siano spesso una sorta di
doppia faccia della stessa medaglia non può stupire, il turbocapitalismo
cinese è ormai un consolidato esempio di come il capitalismo non solo
non disdegni regimi autoritari ma semmai possa goderne maggiormente,
alla faccia dei teorici del connubio democrazia/capitalismo come vincolo
indissolubile. D’altra parte a raccontarcelo c’hanno pensato da almeno
70 anni gli USA, i cosiddetti paladini del liberalismo, “esportatori di
libertà e democrazia nel mondo”.
Migliaia
di atti desecretati dallo stesso governo Stelle & Strisce hanno
confermato il coinvolgimento americano come finanziatore, spesso occulto
a volte palese, di golpe militari, guerre sotto traccia per
destabilizzare aree e stati, guerre unilaterali con motivazioni false e
strumentali per scopi geopolitici ed economici, sostegno a regimi e
dittatori o democrature che garantissero agli States agevolazioni o
immunità in politica estera.
Il
Cile di Pinochet, col suo portato di omicidi e sparizioni di massa per
tenere in pugno il paese e allo stesso tempo l’avvio di politiche
liberiste sul piano economico, con tanto di sostegno diretto degli USA, è
uno dei tanti esempi di come capitalismo e regime autoritario possano
convivere amabilmente.
Marketing governativo tra ricatti e riposizionamenti globali
--------
Un
altro esempio di questa filantropia governativa da Covid-19 l’abbiamo
avuta dal Venezuela, dagli Emirati Arabi, dagli stessi USA, da Cuba,
persino dall’Albania, dalla Germania ecc.
Certamente
non è possibile equiparare gli aiuti di alcuni governi con altri, sia
per ragioni politiche sia per entità degli stessi.
Fa
però specie constatare come molti di questi Stati siano pienamente in
linea con la politica della doppia faccia, mentre internamente
inaspriscono le misure neoliberiste e autoritarie, peggiorando in molti
casi le già gravi carenze sanitarie e sociali dei propri paesi, si
mettano poi in gara con queste forme di pelosa solidarietà.
Si
pensi al disastro economico e sociale che la “finanza creativa” prima
di Chavez e poi di Maduro hanno arrecato alle proprie popolazioni in
Venezuela, favorendo multinazionali cinesi e russe, giocando con le
royalties del petrolio e facendo venire la bava alla bocca al governo
statunitense per la possibilità di rimettere al comando i propri
“amici”.
O agli Emirati
Arabi Uniti, considerati uno dei maggiori paradisi fiscali, monarchia
assoluta dove Dubai “la disneyland” del deserto rappresenta un vero e
proprio ecocidio!
Situata
nel deserto e senz'acqua, ne consuma in maniera spropositata. L’acqua a
Dubai costa più del petrolio, viene presa dal mare, desalinizzata con
un enorme uso di energia e di emissioni di C02 e utilizzata non solo per
bere ma per innaffiare il deserto, per alimentare uno dei campi da golf
più grandi al mondo, il Tiger Woods Gold Course, che ha bisogno di
circa 16 milioni di litri di acqua al giorno. E mentre il livello di
oppressione civile è piuttosto alto ambasciatori degli Emirati non si
sottraggono a partecipare ai primati in questa gara umanitaria
pandemica, si leggono infatti dichiarazioni quali: “Gli Emirati si
basano sui concetti di fratellanza, solidarietà e coesione umana senza
condizioni e limiti” [...] “Ad esempio, gli Emirati Arabi Uniti sono il
primo paese al mondo nelle donazioni umanitarie rispetto al prodotto
interno lordo (Pil)”.
Le
politiche di governi, come l’Italia, generosa anch’essa verso altri
Stati colpiti dall’epidemia, che siano inseriti nell’Occidente liberale o
nel novero dei neo socialismi nazionali, che caldeggino ambizioni
sovraniste o iper liberiste, mostrano chiaramente la discrepanza tra le
contraddizioni interne (privatizzazioni della sanità, smantellamento del
welfare, controllo poliziesco e accanimento verso minoranze e
dissidenti) e l'ipocrita generosità internazionale. Una diplomazia
caritatevole a cui non dovremmo abboccare.
La carità dei padroni: come cancellare l’orizzonte oltre il capitalismo!
-------
Se
per i governi il gioco riguarda crediti e interessi tra diplomazia e
possibili nuove alleanze sul piano delle relazioni globali e consenso
sul piano interno per le contese elettoralistiche o di condiscendenza da
parte dei propri cittadini, diversa è la storia e il ruolo che le
grandi imprese giocano in questo ruolo di filantropia stucchevole.
Va
precisato però, e qui si rimanda alla prima parte, che tra le società,
comprese quelle italiane, che sfruttano il sistema fiscale per eludere
le tasse, come quello olandese, ci sono anche aziende controllate dallo
Stato.
Si è calcolato
che le norme europee che aiutano le politiche pro-elusione di Cipro,
Malta, Olanda, Lussemburgo e Irlanda arrechino un danno da 35 miliardi
l’anno alle quattro maggiori economie Ue, la sola Italia ne perde 6,5
miliardi all’anno. Una cifra che se reinvestita nel bilancio sanitario,
avrebbe potuto portare a una riduzione fino al 18% della spesa medica
pagata di tasca propria delle famiglie italiane al netto delle
detrazioni.
Perché
l’industria nazionale di elusione fiscale se ne intende; sì, proprio
quella grande industria quotata in Borsa che fa la felicità degli
azionisti (meno tasse, più utili, più dividendi).
Perché
tra le 15mila società più o meno di comodo create in terra olandese ci
sono ad esempio la Exor, la finanziaria di casa Agnelli, la Fiat
Chrysler Automobiles N.V. o più semplicemente FCA per restare in
“famiglia”, la Ferrari già scorporata da FCA e dal 2015 quotata a Wall
Street, l’Eni International B.V., una delle più importanti consociate
della multinazionale italiana controllata dallo Stato tramite ministero
dell’Economia e della Cassa Depositi e Prestiti, la SAIPEM la società di
servizi petroliferi controllata al 30% dal cane a sei zampe, l’Enel
Finance International N.V. (EFI), la sussidiaria di Enel S.p.A. che
gestisce i servizi finanziari del gruppo, la CEMENTIR il colosso del
costruttore ed editore romano Francesco Gaetano Caltagirone con una
presenza diffusa in 18 Paesi, oltre 13 milioni di tonnellate di cemento
prodotte ogni anno che si aggiungono a 10 milioni di tonnellate di
aggregati e 5 milioni di metri cubi di calcestruzzo e poi Campari,
Mediaset e la STMicroelectronics, il gigante italo-francese dei
semiconduttori partecipata in parti uguali da Bpifrance Participations
(organo di gestione delle partecipazioni statali francesi) e dal
Ministero dell’Economia italiano.
I
soldi sottratti al fisco italiano ammontano a tanti miliardi di euro
impossibili persino da calcolare. Per le casse pubbliche italiane si
traducono però in meno servizi sociali, meno pensioni, meno welfare
state e ovviamente una maggiore imposizione fiscale.
Per
restare in tema pandemia vuol dire meno posti letto in ospedale, meno
strutture di terapia intensiva, meno tamponi, meno medici, meno
mascherine, meno reagenti chimici, meno soldi per la ricerca.
Ed
ecco che queste stesse aziende poi annunciano milioni in donazioni,
cioè sostanzialmente spiccioli paragonati a quelli che di fatto ci
rubano ogni anno e alle conseguenze di tagli e peggioramento delle
condizioni in cui viviamo.
L’Olanda
e i vari paesi con vocazione da “paradiso” non consentono solo di
risparmiare tasse alle società ma consentono anche un diritto societario
snello e norme favorevoli agli azionisti di lungo periodo.
“Libero
mercato, libero mercato!” senti strillare gli strateghi della finanza
liberista; peccato che poi grazie proprio a quelle opzioni societarie si
consenta di esercitare un controllo totale sull’azienda anche con una
quota di minoranza, mettendosi così al riparo dalle scalate, ovvero dal
quel mercato che è libero sì, ma solo quando fa loro comodo.
Nel
mondo di oggi sono poche le grandi aziende che non utilizzino qualche
tipo di sussidiaria, holding o altra società controllata in modo da
frazionare profitti e quindi ridurre la pressione fiscale.
Ma la filantropia in regime capitalista non ha nulla a che fare con la giustizia sociale.
Non
per niente, infatti, il paese dove è più diffusa la filantropia, gli
USA, è anche il paese dove la sperequazione sociale raggiunge livelli
tra i più alti del mondo.
Sputare nel piatto in cui mangiamo? No, neppure grazie ed è ancora troppo poco!
-------------
“I
migliori tra i poveri non sono mai riconoscenti [ai benefattori]. Sono
scontenti, ingrati, disobbedienti e ribelli, e hanno ragione di esserlo.
[…] Perché dovrebbero essere grati delle briciole che cadono dalla
mensa del ricco? Dovrebbero esser seduti intorno al tavolo con gli altri
commensali condividendo la festa!”
Oscar Wilde
La
filantropia non viene esercitata secondo i bisogni e le necessità
dell’uguaglianza, ciò che dovrebbe essere un diritto di tutti al di là
di cultura, fede, geografia, ma solo secondo la “bontà” o più
propriamente gli “interessi” dei padroni.
Il denaro è il loro, loro decidono quanto, come e a chi!
Lo
spirito è proprio quello della carità: quando sei in stato di bisogno,
soprattutto nell’assoluta povertà o in piena emergenza sanitaria, una
calamità naturale, un disastro ambientale, di certo non hai alcuna
possibilità che accettare tutto ciò che ti viene dato, indipendentemente
da chi e perché, non hai neanche la possibilità di pensare se
quell’aiuto avrà delle conseguenze.
Quando
sei in uno stato di disparità di potere sei di fatto in uno stato di
ricatto, esattamente come quando per sopravvivere o dare da mangiare
alla tua famiglia decidi di lavorare in nero, accettare condizioni di
sfruttamento al limite o peggio lavorare a rischio della tua stessa
vita. Pensiamo all’eterno ricatto tra lavoro e salute (ILVA docet!).
Tutto
l’armamentario del filantrocapitalismo si basa su questo ricatto,
travestito da benevolenza umanitaria, con l’unico scopo di ribadire,
riaffermare e sentenziare che oltre al capitalismo non c’è nessun
orizzonte possibile.
Il
capitalismo può arrecare danni, diseguaglianze e tuttavia secondo i
sostenitori del profitto ci penserà lo stesso capitalismo a risolvere le
sue imperfezioni, grazie alla magnanimità dei padroni del vapore, alla
lungimiranza dei ricchi miliardari, all'umanità delle loro innumerevoli
fondazioni!
Baudelaire,
in uno dei suoi racconti brevi, “La moneta falsa” si chiedeva
giustamente: chi trae più vantaggio dagli aiuti di carità, il donatore o
il destinatario?
Noi
non abbiamo alcun dubbio, d'altra parte il numero delle fondazioni
filantropiche negli USA si è duplicato nell’arco degli ultimi 15 anni,
peccato che, secondo un rapporto dell’Università di Michigan, nello
stesso periodo la povertà estrema si è ulteriormente aggravata.
Incredibile
come proprio nel periodo storico in cui si registra un aumento della
carità con donazioni multimilionarie senza precedenti si assiste anche
all’aggravarsi di fatto delle disuguaglianze, in una crisi generalizzata
del lavoro dove peggiorano le condizioni salariali e viene sempre meno
il diritto a sindacalizzarsi, con una criminalizzazione generalizzata
verso il sindacalismo conflittuale.
Noi
sappiamo che il piatto dove mangiamo è frutto delle nostre fatiche e
che corrisponde a nulla se paragonato al profitto che grazie agli
sfruttati i padroni intascano, che buona parte di quello che c’è sul
piatto ci viene sottratto; sappiamo che le briciole che spacciano per
filantropia e che oggi viene declinata in “altruismo efficiente” cioè
capace di coniugare benevolenza e profitto altro non è che un modo per
continuare a giustificare un sistema iniquo, devastatore ed energivoro;
sappiamo che ciò di cui abbiamo bisogno è riprenderci la ricchezza che
produciamo, ridistribuendola secondo bisogni e possibilità, espropriando
definitivamente i padroni che da troppo tempo hanno ridotto l'umanità
in merce e la terra in una discarica.
Iniziativa Libertaria - Pordenone
Nessun commento:
Posta un commento