Salute e patriarcato
by Melissa Sepúlveda - Solidaridad, Federación Comunista Libertaria
Ultimamente
mi ha piacevolmente sorpreso, dopo diversi anni di sciocchezze
femministe, l'esistenza di un'intenzione all'interno del movimento
popolare di incorporare nell'analisi e nella prassi una prospettiva
femminista.
L'uso
di un linguaggio inclusivo durante le assemblee e le riunioni è già
una pratica consolidata, tanto che quasi sembra creare imbarazzo la
parola di chi non lo utilizza. Tuttavia, nel momento di plasmare
questa intenzione nei programmi di lotta dei diversi movimenti
sociali che si stanno sviluppando nel territorio cileno e a Wallmapu,
la mancanza di strumenti per un'analisi femminista della realtà è
evidente.
L'obiettivo
di questo articolo è portare allo sviluppo di una costruzione
femminista nell'ambito della salute e in particolare al rafforzamento
del processo di costruzione programmatica che si sta svolgendo
all'interno del movimento "MSpT-Salud para Todas y Todos"
(Salute per tutti e per tutte). Per questo è di fondamentale
importanza identificare le forme attraverso le quali agisce e si
riproduce il patriarcato all'interno delle pratiche di salute, che
siano amministrate dai servizi sanitari statali o provenienti da
altri attori sociali che accudiscono principalmente donne e
bambini/e.
A
mio giudizio, un primo punto centrale è riconoscere il patriarcato
come un sistema di dominio, differente e anteriore al capitalismo,
del quale quest'ultimo si nutre per esercitare lo sfruttamento delle
donne e delle bambine in tutto il mondo.
Il
modello di salute è direttamente collegato ai sistemi di dominazione
imperanti, che articolano la visione del mondo e le relazioni sociali
determinando l'economia, la politica e la cultura delle società. Il
sistema sanitario, da parte sua, è la materializzazione di questo
modello e si esprime attraverso una serie di conoscenze, saperi e
pratiche esercitate dentro e fuori dell'istituzione dello Stato per
il controllo sanitario della popolazione.
Questo
scenario, specialmente nelle società capitaliste, è stato concepito
con l'obiettivo di garantire una massa "sana" di lavoratori
e di lavoratrici che potesse soddisfare le necessità di produzione
e, nel caso delle donne, assicurare la riproduzione della classe
lavoratrice. Di conseguenza, il sistema biomedico, centrato sulle
patologie dell'individuo, e che ignora quindi le determinati sociali
della salute, edifica il sistema sanitario che esiste in Cile, che
continua a rimanere lo stesso nonostante i tentativi accademici
abbiamo dimostrato la sua insufficienza per ottenere una popolazione
più sana, che possa appunto portare a realizzazione i suoi obiettivi
produttivi e riproduttivi.
D'altra
parte è necessario riconoscere che l'egemonia di questo modello di
salute è direttamente collegata alla colonizzazione e al genocidio
occidentale, reggendosi sulla lotta contro forme diverse e anteriori
di esercitare la pratica medica: ostetriche e guaritrici sono state
escluse dal sapere tecnico medico, mentre ogni forma di conoscenza
non riconosciuta dagli standard istituzionali di evidenza scientifica
è stata rimossa. Pertanto il primo compito è quello di riconoscere,
dentro all'analisi del modello di salute in cui viviamo, che questo
corrisponde ad un modello patriarcale, capitalista e colonialista.
Propongo
di identificare almeno quattro livelli su cui agisce il patriarcato
nel modello e nel sistema sanitario egemonico. Questi si relazionano
tra loro e si esprimono quotidianamente nella pratica sanitaria.
1)
Androcentrismo.
Storicamente, il modello biomedico ha un carattere androcentrico,
ovvero esso identifica l'uomo come centro della realtà e a partire
da lui costruisce l'ambiente, il sistema e la visione del mondo. Il
soggetto che usufruisce del servizio sanitario è maschile e in base
ad esso si stabilisce l'universalità, essendo incapace di osservare
e riconoscere il genere come determinante per le condizioni di salute
e di malattia delle persone. Per esempio si ritiene che le donne
corrano un rischio maggiore di incorrere in patologie mentali, senza
però considerare le condizioni sociali che implicano la prevalenza
di patologie psicoaffettive nelle donne. D'altra parte l'approccio
del sistema sanitario nei confronti della specificità delle donne è
legato soprattutto alla loro funzione riproduttiva, relegandole
socialmente al ruolo di madri e di mogli, tanto che la salute, nella
medicina occidentale, è orientata principalmente alla riproduzione,
ovvero alla gestazione, alla contraccezione, alla pianificazione
familiare, e recentemente, alla menopausa.
2)
Vincolo
patriarcale del sistema sanitario.
Affermiamo inconfutabilmente che nella nostra società esiste un
rapporto clientelare con il sistema sanitario, proprio del modello
del mercato. Ciò che occorre considerare è che questo vincolo è
possibile grazie alla relazioni patriarcali, che nascondono molto più
che la compravendita della salute, e che esso è si è radicato molto
presto nel nostro primo spazio di socializzazione: la famiglia.
Nella
struttura familiare chi condensa tutti i poteri è il "padre",
incluso il potere di vita e di morte sui figli, sulla/e moglie/i e
gli schiavi. La stabilità di questo modello che conosciamo molto
bene si basa sulla dipendenza. La condizione di vulnerabilità in cui
si trova un corpo malato, fa sì che esso cerchi protezione, e se
questo rapporto si riflette chiaramente sugli uomini e sulle donne,
queste ultime sono particolarmente dipendenti dal sistema sanitario,
poiché sono coloro che lo consultano maggiormente, sia come pazienti
che come "accuditrici".
3)
Violenza
medica contro le donne o altre identità non maschili.
Ogni giorno assistiamo alla violazione dei diritti basici nelle
pratiche sanitarie, i pregiudizi e la mancanza di una prospettiva di
genere dei/delle professionisti/e della salute si traduce in
violenza, dove la mancanza di conoscenza dei nostri corpi si
trasforma in un terreno fertile per l'autoritarismo medico. Il
maltrattamento di donne e transessuali con patologie mentali,
necessità speciali o obesità, così come la violenza ostetrica e
ginecologica, sono alcuni esempi che svelano l'incapacità di
riconoscere le donne e altre identità dentro al sistema sanitario
costruito su un modello androcentrico di salute.
4)
Soggettività
femminile nei processi di salute-malattia.
Direttamente collegato al vincolo patriarcale del sistema sanitario è
il fatto che noi donne non ci percepiamo e non veniamo identificate
socialmente come soggetti con capacità di autodeterminazione, per
questo la realizzazione di cambiamenti favorevoli per la nostra
salute viene costantemente boicottata. Così per esempio, possiamo
affermare che esiste un processo di femminilizzazione dell'obesità
nelle società occidentali, particolarmente tra le donne povere,
legata ad una bassa autostima e ad una bassa percezione di efficacia
nei confronti di cambiamenti nelle abitudini alimentari.
Dobbiamo
costruire un nuovo modello e un nuovo sistema di salute, che sia
dignitoso per il nostro popolo, che abbandoni la centralità del
capitale nei processi di produzione e di riproduzione, rafforzando
una prospettiva mirata alla conservazione della salute più che
all'amministrazione delle patologie, e che contribuisca attivamente a
smantellare le relazioni patriarcali. Questo sarà un lungo cammino
di riflessione, autocritica, produzione di saperi nuovi e recupero di
saperi ancestrali. Fortunatamente abbiamo fatto i primi passi.
L'invito a fare parte di questo processo è stato lanciato.
(traduzione a cura di AL/fdca-Ufficio Relazioni Internazionali)
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