“Addio Lugano bella” è forse la più celebre canzone legata ai movimenti
anarchici attivi in Europa al
tra Ottocento e Novecento. Ma quando e in che circostanza
venne composto questo famoso brando? E soprattutto,
che ne fu il suo autore? Massimo Bucciantini ha
affrontato la questione con il libro dal titolo “Addio Lugano bella.
Storie di ribelli, anarchgioci e lombrosiani” (Einaudi),
in libreria a partire dal 26 maggio i cui contenuti
sono anticipati in un brillante articolo a firma dello
stesso Bucciantini che apre le pagine della Domenica del Sole 24 ore.
Cantata fin dai primi del Novecento, “Addio Lugano bella” è stata riscoperta nel secondo Dopoguerra, tanto da diventare uno dei pezzi più noti del repertorio di tanti cantautori nostrani: l'hanno interpretata Giovanna Marini, Francesco De Gregori, Daniele Sepe, Caterina Bueno, Maria Carta, Milva, Vinicio Capossela, Ivan Graziani.
Cantata fin dai primi del Novecento, “Addio Lugano bella” è stata riscoperta nel secondo Dopoguerra, tanto da diventare uno dei pezzi più noti del repertorio di tanti cantautori nostrani: l'hanno interpretata Giovanna Marini, Francesco De Gregori, Daniele Sepe, Caterina Bueno, Maria Carta, Milva, Vinicio Capossela, Ivan Graziani.
(L’artista Agostino Iacurci ha realizzato nel 2012 il murale Pietro non torna indietro in omaggio a Pietro Gori,
autore della canzone Addio Lugano bella )
Il
libro che ne racconta la storia prende avvio da una fredda e nevosa
sera d'inverno a Lugano, dove un drappello
di uomini ammanettati e avvolti nei loro mantelli neri
procedono in fila, stretti l'uno all'altro, accompagnati
da un gruppo di agenti di polizia. Il loro compito è di
scortarli fino alla stazione ferroviaria, e da lì
controllare che salgano sul treno diretto a Nord, a
Basilea, al confine con la frontiera tedesca. E che nessuno
di loro abbia la malaugurata intenzione di tornare
indietro. Arrestati e sbattuti in carcere come malfattori, su di
loro pende come unica accusa quella di essere
potenzialmente sovversivi, quindi indesiderabili: una minaccia per la
vita ordinata e tranquilla della città.
Sono italiani, in gran parte giovani, dei quali non resteranno che un nome e un cognome, senza anima né corpo. Tranne di uno, nato a Messina ma da padre e madre toscani, che da alcuni anni è personalità di rilievo, non ancora trentenne ma già segnalato per la sua pericolosità di agitatore nei dispacci delle prefetture d'Italia e Francia. È Pietro Gori, anarchico, conferenziere di grido, dirigente politico ma anche poeta e drammaturgo, penalista e sociologo. Ed è proprio mentre è rinchiuso nelle carceri ticinesi, alla fine di gennaio del 1895, che compone una delle sue canzoni più celebri: Il canto degli anarchici espulsi, meglio nota come “Addio Lugano bella”.
Sono italiani, in gran parte giovani, dei quali non resteranno che un nome e un cognome, senza anima né corpo. Tranne di uno, nato a Messina ma da padre e madre toscani, che da alcuni anni è personalità di rilievo, non ancora trentenne ma già segnalato per la sua pericolosità di agitatore nei dispacci delle prefetture d'Italia e Francia. È Pietro Gori, anarchico, conferenziere di grido, dirigente politico ma anche poeta e drammaturgo, penalista e sociologo. Ed è proprio mentre è rinchiuso nelle carceri ticinesi, alla fine di gennaio del 1895, che compone una delle sue canzoni più celebri: Il canto degli anarchici espulsi, meglio nota come “Addio Lugano bella”.
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