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venerdì 15 maggio 2020

#6 LA SCUOLA AL TEMPO DEL COVID-19

La pandemia che sta colpendo ormai il mondo intero è destinata a lasciare un segno profondo in tutti i settori della società, dalla sanità all’economia, ai rapporti sociali e non ultima l’istruzione. 
Le scuole sono state le prime a chiudere e con ogni probabilità saranno le ultime a riaprire. 

Il problema va visto da tre punti di vista, quello degli studenti, dei genitori e non ultimo da quello del corpo docente e da tutti i soggetti che nella scuola ci lavorano. L’improvvisa chiusura ha trovato tutti piuttosto impreparati ad affrontare il problema, ma la cosa che salta agli occhi è la totale assenza del Miur. 
Dapprima senza dare riferimenti di sorta circa l’eventuale riapertura delle scuole posticipandone di volta in volta la decisione ma facendo capire – fra le righe – che l’anno scolastico non sarebbe ripreso nella modalità classica. E questo si è visto anche nella scelta di riaprire o meno le attività produttive.

Con il decreto dell’ 8 aprile il governo dà indicazione che il personale docente, durante la sospensione delle attività didattiche per l’emergenza coronavirus, assicuri la continuità dei percorsi formativi degli studenti utilizzando mezzi informatici e collegamenti telefonici. La cosa più grave è la totale mancanza di ogni qualsivoglia indicazione. 
Ci si “dimentica” di dire come la didattica a distanza deve essere svolta, con quali mezzi con quali piattaforme, chi sosterrà i costi e se ne sottovaluta i rischi.

Se questa nuova modalità di didattica a distanza deve per forza di cose essere fatta, il Miur – che sembra una sorta di dilettanti allo sbaraglio – si è distinto per la sua assenza dimenticando problematiche fondamentali per poter affrontare la DaD - Didattica a Distanza.
Innanzi tutto si dà per scontato che il corpo docente metta a disposizione i propri mezzi informatici per poter svolgere la DaD, computer e collegamenti telefonici personali messi al servizio del sistema scolastico senza conseguente rimborso - è come se un operaio metalmeccanico fosse costretto a comprarsi la macchina con cui lavora!!. 
Senza contare che non tutti possono avere spazi domestici atti a tale attività. 
Ammesso e non concesso che tutti i docenti abbiano tali strumenti a disposizione.

Si potrà obiettare che i docenti hanno avuto nel corso degli ultimi anni il cosiddetto “Bonus Docenti”. Fino all’emergenza covid il bonus aveva forti limitazioni di spesa: si potevano comprare solo pc e programmi (l’emergenza covid ha dimostrato invece che serve ben altro: webcam, cuffie e microfono, stampante e scanner oltre a giga da utilizzare per i collegamenti e credito telefonico per gestire le innumerevoli telefonate, senza citare gli smartphone di ultima generazione che consentano l’installazione di un numero esponenziale di applicazioni… il perché di queste limitazioni? 
Molti hanno in passato esplicitamente dichiarato che i docenti se ne sarebbero approfittati per scopi personali, mentre era possibile spendere senza particolari difficoltà tutto il credito in spettacoli teatrali, editoria e corsi di formazione spesso di dubbio valore e - guarda caso - altrettanto spesso dal costo esattamente corrispondente all’intero budget assegnato dal MIUR.

Ma questo, lo vedremo successivamente, vale anche per gli studenti.

Come dicevamo il Miur e dirigenti scolastici non hanno dato nessuna indicazione di come la Dad dovesse essere svolta, con che orari, quale dovesse essere la durata delle lezioni in perfetta violazione del contratto di lavoro. Per non parlare della sicurezza sul lavoro: se gli strumenti utilizzati sono personali, non si applicano le tutele dei lavoratori. 

Le normative in tema di telelavoro prevedono pause che anche in questo caso non vengono minimamente citate – pause che devono essere sia per i docenti che per gli studenti. Non ultimo non si è considerata la formazione necessaria per svolgere la DaD. 

Non per scadere in luoghi comuni ma spesso il personale scolastico non ha adeguata preparazione per affrontare le nuove tecnologie digitali. 
Da anni si parla – in ogni settore della società – dell’importanza della formazione per affrontare la sfida della complessità di cui la società moderna necessita. 

A questo si aggiunga anche che il forte discredito che ormai da molti anni colpisce la categoria dei docenti, considerati dall’opinione pubblica poco preparati, arretrati nei metodi e nelle conoscenze, banalizzando approcci metodologici e scelta dei contenuti. 
Bistrattati a tal punto che quegli stessi genitori, che invocano la presenza virtuale degli insegnanti come panacea per gestire i figli pretendendo le videolezioni, si sentono poi in diritto di intervenire, interrompendo e correggendo gli insegnanti, invocando l’utilizzo di altre piattaforme, criticando il carico di compiti assegnati, esigendo egoisticamente attività individualizzate e personalizzate per ciascuno dei propri pargoli (anche e soprattutto in assenza di reali e documentate necessità) con tanto di personalizzazione di fascia oraria.

Di sicuro nell’immaginario collettivo la categoria degli insegnanti negli anni si è avvicinata più all’idea di quella di un precettore privato a servizio dell’utenza pagante, a maggior ragione ora che la scuola è entrata nelle case delle famiglie degli alunni...e questo tristemente è successo anche nei confronti della scuola pubblica, a fronte della pressoché totale assenza di presa di posizione da parte dei dirigenti scolastici che non hanno saputo o voluto tutelare la professionalità del corpo docente loro affidato.

La velocità con cui siamo stati travolti dagli eventi e che ha lasciato all’improvvisazione l’organizzazione della DaD ha fatto perdere di vista un altro problema: la questione “Privacy”. Non dimentichiamoci che quando parliamo di studenti parliamo per la maggior parte di minori che vanno tutelati. 

La mancanza di direttive precise ha fatto sì che singole scuole e singoli insegnanti utilizzassero piattaforme diverse (anche all’interno di una stessa scuola). Facciamo presente che le piattaforme più utilizzate sono fornite da enti privati che non garantiscono sicurezza digitale in termini di privacy. Sappiamo tutti come funziona il mondo digitale, i dati personali vengono “raccolti” ed utilizzati a scopo di profitto.

Stiamo assistendo anche adesso al dibatto sulla App che servirà a tracciare i contatti fra le persone contagiate e non è che con la scusa del contenimento della diffusione ci proiettano su una dimensione di controllo sociale stile “Grande fratello”.

Una buona parte dei genitori ha caldeggiato la DaD fin dall’inizio, preoccupata che i figli potessero perdere un anno scolastico, ma anche dal fatto che questi ragazzi fossero impegnati durante la giornata – una sorta di baby sitteraggio a distanza. 

Ovviamente ignari di tutta la problematica che consegue con questa attività. Problematiche che sono diverse a seconda del ciclo di studi dello studente: basti pensare il divario di età e di conseguenza di conoscenze fra uno studente della primaria ed uno delle superiori. 

Un bambino ha comunque sempre bisogno del supporto di un adulto durante la DaD, mentre già uno studente di seconda/terza media ha un grado forse maggiore di conoscenza tecnologica che potrebbe consentirgli forse una certa autonomia nel seguire le lezioni.

Siccome tutto ruota attorno alle tecnologie digitali ed alla loro padronanza si innesta un’altra problematica di carattere “tecnico” e cioè: non tutte le famiglie hanno un collegamento in fibra che garantisca una qualità della comunicazione. 

Senza contare che chi ha più di un figlio può trovarsi a non avere abbastanza computer in casa per garantire il collegamento simultaneo di più studenti/figli o webcam o cuffie e microfoni. Questo aspetto può determinare una divisione di “classe” (in senso sociale) fra studenti delle classi sociali più o meno abbienti. 

Chi può permettersi collegamenti con la fibra ed avere più device riesce a continuare gli studi. Appartenenti alle classi meno abbienti rischiano di essere esclusi da tale processo.
Questo aspetto è quello più grave della DaD e cioè di innescare un’esclusione sociale senza paragoni che incrementerà la distanza sociale, culturale ed economica fra le persone.

Ci stiamo preparando ad una graduale riapertura delle attività produttive e questo comporterà delle ricadute su milioni di famiglie. Basti pensare a tutti quei genitori di bambini in età scolastica che si dovranno organizzare per un rientro al lavoro e non avere la possibilità di lasciare i propri figli a casa da soli perché le scuole sono chiuse.

La riapertura delle fabbriche non può prescindere da quella delle scuole.
La chiusura delle scuole per la nostra regione ha avuto inizio con il prolungamento della breve vacanza di carnevale. 

Almeno, inizialmente sembrava solo un prolungamento di tale vacanza, ignari di quello che ci attendeva. Mentre studenti universitari hanno iniziato sin da subito con le lezioni a distanza gli altri gradi della scuola hanno avuto una partenza più titubante. 
Passato il primo stupore gli studenti hanno dovuto adeguarsi a questa nuova modalità di fare scuola. 

Passare 4/5 ore al giorno davanti ad uno schermo per seguire le lezioni non produce lo stesso effetto di quelle passate in presenza. Sono decisamente più pesanti. Si è da soli davanti ad un terminale senza un contatto fisico, si vedono gli amici/compagni di classe ma si perde tutta quella socialità che distingue l’animale umano e che contribuirà a formare il futuro adulto. Il rischio di crescere una generazione di disadattati sociali è enorme.

E che dire di tutti quei studenti che necessitano di un affiancamento o di un aiuto? 
Si va dai BES - Bisogni Educativi Speciali - ai DSA - Disturbi Specifici dell’Apprendimento -, che hanno bisogno di un percorso scolastico personalizzato, a chi purtroppo si trova in situazione di disabilità e che ha bisogno di personale docente ed educativo dedicato che li aiuti e supporti nel loro percorso di apprendimento. 
Tutti questi soggetti si sono trovati in grande difficoltà e spesso sono state le rispettive famiglie a doversi far carico di sopperire al disagio.

Cosa fare quindi? Se guardiamo al passato proprio qui in Friuli abbiamo avuto un caso simile nel 1976 in occasione del terremoto. Con il 6 maggio l’anno scolastico terminò e (come ovvio allora la tecnologia non permetteva la DaD) riprese in anticipo, a settembre (allora le scuole riaprivano il primo di ottobre) per recuperare le lezioni perse. 

Ed in che modo visto che molte scuole erano inagibili? Turnazioni e lezioni pomeridiane. Ora a quasi 50 anni di distanza ci sono sicuramente modi nuovi per riorganizzare la riapertura delle scuole ma il prossimo anno scolastico non dovrà essere svolto da casa ma in sicurezza nelle aule - sempre che ci siano le condizioni sanitarie che lo permettano.

Purtroppo anche l’istruzione come la sanità ha subito continui tagli di bilancio e mentre si favoriscono le scuole private l’istruzione pubblica va a rotoli, per non parlare dell’edilizia scolastica: quanti morti ci sono stati nelle italiche aule causate da crolli?
In nome del neoliberismo e del pareggio di bilancio nel corso degli anni governi di centrodestra e centrosinistra si sono prodigati a tagliare i bilanci in primo luogo a sanità e scuola. Ma quello che si toglieva con la mano destra si regalava con la mano sinistra ai privati che hanno visto incrementare i loro profitti.

E non dimentichiamo: il pericolo che con la scusa dell’emergenza scelte e provvedimenti provvisori diventino definitivi sulla pelle di studenti docenti e famiglie.
LA SCUOLA DEVE ABBATTERE NON COSTRUIRE BARRIERE SOCIALI!



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