La
pandemia che sta colpendo ormai il mondo intero è destinata a lasciare
un segno profondo in tutti i settori della società, dalla sanità
all’economia, ai rapporti sociali e non ultima l’istruzione.
Le scuole
sono state le prime a chiudere e con ogni probabilità saranno le ultime a
riaprire.
Il problema va visto da tre punti di vista, quello degli
studenti, dei genitori e non ultimo da quello del corpo docente e da
tutti i soggetti che nella scuola ci lavorano. L’improvvisa chiusura ha
trovato tutti piuttosto impreparati ad affrontare il problema, ma la
cosa che salta agli occhi è la totale assenza del Miur.
Dapprima senza
dare riferimenti di sorta circa l’eventuale riapertura delle scuole
posticipandone di volta in volta la decisione ma facendo capire – fra le
righe – che l’anno scolastico non sarebbe ripreso nella modalità
classica. E questo si è visto anche nella scelta di riaprire o meno le
attività produttive.
Con il decreto dell’ 8 aprile il governo dà
indicazione che il personale docente, durante la sospensione delle
attività didattiche per l’emergenza coronavirus, assicuri la continuità
dei percorsi formativi degli studenti utilizzando mezzi informatici e
collegamenti telefonici. La cosa più grave è la totale mancanza di ogni
qualsivoglia indicazione.
Ci si “dimentica” di dire come la didattica a
distanza deve essere svolta, con quali mezzi con quali piattaforme, chi
sosterrà i costi e se ne sottovaluta i rischi.
Se
questa nuova modalità di didattica a distanza deve per forza di cose
essere fatta, il Miur – che sembra una sorta di dilettanti allo
sbaraglio – si è distinto per la sua assenza dimenticando problematiche
fondamentali per poter affrontare la DaD - Didattica a Distanza.
Innanzi
tutto si dà per scontato che il corpo docente metta a disposizione i
propri mezzi informatici per poter svolgere la DaD, computer e
collegamenti telefonici personali messi al servizio del sistema
scolastico senza conseguente rimborso - è come se un operaio
metalmeccanico fosse costretto a comprarsi la macchina con cui lavora!!.
Senza contare che non tutti possono avere spazi domestici atti a tale
attività.
Ammesso e non concesso che tutti i docenti abbiano tali
strumenti a disposizione.
Si
potrà obiettare che i docenti hanno avuto nel corso degli ultimi anni
il cosiddetto “Bonus Docenti”. Fino all’emergenza covid il bonus aveva
forti limitazioni di spesa: si potevano comprare solo pc e programmi
(l’emergenza covid ha dimostrato invece che serve ben altro: webcam,
cuffie e microfono, stampante e scanner oltre a giga da utilizzare per i
collegamenti e credito telefonico per gestire le innumerevoli
telefonate, senza citare gli smartphone di ultima generazione che
consentano l’installazione di un numero esponenziale di applicazioni… il
perché di queste limitazioni?
Molti hanno in passato esplicitamente
dichiarato che i docenti se ne sarebbero approfittati per scopi
personali, mentre era possibile spendere senza particolari difficoltà
tutto il credito in spettacoli teatrali, editoria e corsi di formazione
spesso di dubbio valore e - guarda caso - altrettanto spesso dal costo
esattamente corrispondente all’intero budget assegnato dal MIUR.
Ma questo, lo vedremo successivamente, vale anche per gli studenti.
Come
dicevamo il Miur e dirigenti scolastici non hanno dato nessuna
indicazione di come la Dad dovesse essere svolta, con che orari, quale
dovesse essere la durata delle lezioni in perfetta violazione del
contratto di lavoro. Per non parlare della sicurezza sul lavoro: se gli
strumenti utilizzati sono personali, non si applicano le tutele dei
lavoratori.
Le normative in tema di telelavoro prevedono pause che anche
in questo caso non vengono minimamente citate – pause che devono essere
sia per i docenti che per gli studenti. Non ultimo non si è considerata
la formazione necessaria per svolgere la DaD.
Non per scadere in luoghi
comuni ma spesso il personale scolastico non ha adeguata preparazione
per affrontare le nuove tecnologie digitali.
Da anni si parla – in ogni
settore della società – dell’importanza della formazione per affrontare
la sfida della complessità di cui la società moderna necessita.
A questo
si aggiunga anche che il forte discredito che ormai da molti anni
colpisce la categoria dei docenti, considerati dall’opinione pubblica
poco preparati, arretrati nei metodi e nelle conoscenze, banalizzando
approcci metodologici e scelta dei contenuti.
Bistrattati a tal punto
che quegli stessi genitori, che invocano la presenza virtuale degli
insegnanti come panacea per gestire i figli pretendendo le videolezioni,
si sentono poi in diritto di intervenire, interrompendo e correggendo
gli insegnanti, invocando l’utilizzo di altre piattaforme, criticando il
carico di compiti assegnati, esigendo egoisticamente attività
individualizzate e personalizzate per ciascuno dei propri pargoli (anche
e soprattutto in assenza di reali e documentate necessità) con tanto di
personalizzazione di fascia oraria.
Di
sicuro nell’immaginario collettivo la categoria degli insegnanti negli
anni si è avvicinata più all’idea di quella di un precettore privato a
servizio dell’utenza pagante, a maggior ragione ora che la scuola è
entrata nelle case delle famiglie degli alunni...e questo tristemente è
successo anche nei confronti della scuola pubblica, a fronte della
pressoché totale assenza di presa di posizione da parte dei dirigenti
scolastici che non hanno saputo o voluto tutelare la professionalità del
corpo docente loro affidato.
La
velocità con cui siamo stati travolti dagli eventi e che ha lasciato
all’improvvisazione l’organizzazione della DaD ha fatto perdere di vista
un altro problema: la questione “Privacy”. Non dimentichiamoci che
quando parliamo di studenti parliamo per la maggior parte di minori che
vanno tutelati.
La mancanza di direttive precise ha fatto sì che singole
scuole e singoli insegnanti utilizzassero piattaforme diverse (anche
all’interno di una stessa scuola). Facciamo presente che le piattaforme
più utilizzate sono fornite da enti privati che non garantiscono
sicurezza digitale in termini di privacy. Sappiamo tutti come funziona
il mondo digitale, i dati personali vengono “raccolti” ed utilizzati a
scopo di profitto.
Stiamo
assistendo anche adesso al dibatto sulla App che servirà a tracciare i
contatti fra le persone contagiate e non è che con la scusa del
contenimento della diffusione ci proiettano su una dimensione di
controllo sociale stile “Grande fratello”.
Una
buona parte dei genitori ha caldeggiato la DaD fin dall’inizio,
preoccupata che i figli potessero perdere un anno scolastico, ma anche
dal fatto che questi ragazzi fossero impegnati durante la giornata – una
sorta di baby sitteraggio a distanza.
Ovviamente ignari di tutta la
problematica che consegue con questa attività. Problematiche che sono
diverse a seconda del ciclo di studi dello studente: basti pensare il
divario di età e di conseguenza di conoscenze fra uno studente della
primaria ed uno delle superiori.
Un bambino ha comunque sempre bisogno
del supporto di un adulto durante la DaD, mentre già uno studente di
seconda/terza media ha un grado forse maggiore di conoscenza tecnologica
che potrebbe consentirgli forse una certa autonomia nel seguire le
lezioni.
Siccome tutto
ruota attorno alle tecnologie digitali ed alla loro padronanza si
innesta un’altra problematica di carattere “tecnico” e cioè: non tutte
le famiglie hanno un collegamento in fibra che garantisca una qualità
della comunicazione.
Senza contare che chi ha più di un figlio può
trovarsi a non avere abbastanza computer in casa per garantire il
collegamento simultaneo di più studenti/figli o webcam o cuffie e
microfoni. Questo aspetto può determinare una divisione di “classe” (in
senso sociale) fra studenti delle classi sociali più o meno abbienti.
Chi può permettersi collegamenti con la fibra ed avere più device riesce
a continuare gli studi. Appartenenti alle classi meno abbienti
rischiano di essere esclusi da tale processo.
Questo
aspetto è quello più grave della DaD e cioè di innescare un’esclusione
sociale senza paragoni che incrementerà la distanza sociale, culturale
ed economica fra le persone.
Ci
stiamo preparando ad una graduale riapertura delle attività produttive e
questo comporterà delle ricadute su milioni di famiglie. Basti pensare a
tutti quei genitori di bambini in età scolastica che si dovranno
organizzare per un rientro al lavoro e non avere la possibilità di
lasciare i propri figli a casa da soli perché le scuole sono chiuse.
La riapertura delle fabbriche non può prescindere da quella delle scuole.
La
chiusura delle scuole per la nostra regione ha avuto inizio con il
prolungamento della breve vacanza di carnevale.
Almeno, inizialmente
sembrava solo un prolungamento di tale vacanza, ignari di quello che ci
attendeva. Mentre studenti universitari hanno iniziato sin da subito con
le lezioni a distanza gli altri gradi della scuola hanno avuto una
partenza più titubante.
Passato il primo stupore gli studenti hanno
dovuto adeguarsi a questa nuova modalità di fare scuola.
Passare 4/5 ore
al giorno davanti ad uno schermo per seguire le lezioni non produce lo
stesso effetto di quelle passate in presenza. Sono decisamente più
pesanti. Si è da soli davanti ad un terminale senza un contatto fisico,
si vedono gli amici/compagni di classe ma si perde tutta quella
socialità che distingue l’animale umano e che contribuirà a formare il
futuro adulto. Il rischio di crescere una generazione di disadattati
sociali è enorme.
E che
dire di tutti quei studenti che necessitano di un affiancamento o di un
aiuto?
Si va dai BES - Bisogni Educativi Speciali - ai DSA - Disturbi
Specifici dell’Apprendimento -, che hanno bisogno di un percorso
scolastico personalizzato, a chi purtroppo si trova in situazione di
disabilità e che ha bisogno di personale docente ed educativo dedicato
che li aiuti e supporti nel loro percorso di apprendimento.
Tutti questi
soggetti si sono trovati in grande difficoltà e spesso sono state le
rispettive famiglie a doversi far carico di sopperire al disagio.
Cosa
fare quindi? Se guardiamo al passato proprio qui in Friuli abbiamo
avuto un caso simile nel 1976 in occasione del terremoto. Con il 6
maggio l’anno scolastico terminò e (come ovvio allora la tecnologia non
permetteva la DaD) riprese in anticipo, a settembre (allora le scuole
riaprivano il primo di ottobre) per recuperare le lezioni perse.
Ed in
che modo visto che molte scuole erano inagibili? Turnazioni e lezioni
pomeridiane. Ora a quasi 50 anni di distanza ci sono sicuramente modi
nuovi per riorganizzare la riapertura delle scuole ma il prossimo anno
scolastico non dovrà essere svolto da casa ma in sicurezza nelle aule -
sempre che ci siano le condizioni sanitarie che lo permettano.
Purtroppo
anche l’istruzione come la sanità ha subito continui tagli di bilancio e
mentre si favoriscono le scuole private l’istruzione pubblica va a
rotoli, per non parlare dell’edilizia scolastica: quanti morti ci sono
stati nelle italiche aule causate da crolli?
In
nome del neoliberismo e del pareggio di bilancio nel corso degli anni
governi di centrodestra e centrosinistra si sono prodigati a tagliare i
bilanci in primo luogo a sanità e scuola. Ma quello che si toglieva con
la mano destra si regalava con la mano sinistra ai privati che hanno
visto incrementare i loro profitti.
E
non dimentichiamo: il pericolo che con la scusa dell’emergenza scelte e
provvedimenti provvisori diventino definitivi sulla pelle di studenti
docenti e famiglie.
LA SCUOLA DEVE ABBATTERE NON COSTRUIRE BARRIERE SOCIALI!
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