UNA MINACCIA CONSERVATRICE CREA NUOVE OPPORTUNITÀ PER UN FEMMINISMO DI CLASSE
Nota delle autrici: questo articolo è stato redatto da Romina Akemi e Bree Busk per Solidaridad,
il giornale della organizzazione cilena Solidaridad-Federación
Comunista Libertaria. Per questo motivo, alcuni concetti e fatti storici
che risultano familiari ai lettori statunitensi vengono spiegati più
dettagliatamente.
Nella prima settimana di
presidenza di Donald Trump hanno avuto luogo due importanti
mobilitazioni, espressione di due visioni radicalmente distinte sui
diritti riproduttivi.
La marcia delle donne a
Washington nel giorno seguente all'insediamento di Trump è stata una
delle manifestazioni più partecipate nella storia degli Stati Uniti.
Quello che è cominciato come una chiamata spontanea è cresciuta
rapidamente fino a diventare un movimento rappresentativo della
crescente preoccupazione nei confronti del programma del nuovo governo.
La marcia ha riunito circa 500.000 persone a Washington D.C, con
manifestazioni parallele in tutto il paese e nel resto del mondo. Una
settimana dopo, ha avuto luogo una mobilitazione molto diversa: la
marcia annuale per la vita.
Nonostante questa sia stata
considerabilmente minore, ha riunito comunque un buon numero di persone,
inclusi personaggi noti del governo Trump. Rompendo il protocollo
politico tradizionale, il vicepresidente Mike Pence, un ex-cattolico
convertito al cristianesimo evangelico, ha parlato durante la
manifestazione dichiarando: "La vita sta vincendo di nuovo negli Stati
Uniti".
Negli Stati Uniti, la legalità
dell'aborto è affidata alla Roe. v. Wade, una sentenza del 1973 che può
essere riconosciuta solo da una nuova decisione della Corte Suprema.
Attualmente vi è un vuoto legislativo che il presidente Obama non è
stato in grado di riempire nel suo mandato. Durante la sua campagna
elettorale il candidato successore Donald Trump aveva espresso
l'intenzione di nominare un giudice antiabortista, promessa che è stata
ripetuta da Pence e finalmente realizzata il 30 di gennaio con la nomina
di Neil Gorsuch. Se verrà confermato il rapporto pubblicato
recentemente sulle vicende che hanno portato all'elezione del giudice
Gorsuch, la direzione sarà quella di una svolta conservatrice, "votando
per limitare i diritti degli omosessuali, mantenere restrizioni
sull'aborto e invalidare i programmi di azione positiva (affirmative
action)".
Nonostante
sia legale, l'accesso all'aborto continua ad esser precario e
discontinuo negli Stati Uniti, specialmente per gli abitanti delle
comunità rurali. Questo è dovuto in parte al successo del movimento
antiabortista, che si è servito di metodi legali o dal basso per ridurre
l'accesso all'aborto. Questa tendenza è divenuta particolarmente
evidente negli anni '90, quando organizzazioni evangeliche di destra
come Operation
Rescue, Moral Majority, and the Family Research Council hanno acquisito
maggiore importanza. Queste organizzazioni hanno cavalcato la reazione
conservatrice di fronte alla rivoluzione culturale degli anni '60,
esigendo che si pregasse nelle scuole pubbliche, opponendosi
all'educazione sessuale e chiudendo le cliniche per donne. Questo
periodo di opposizione tra il conservatorismo religioso e i valori
progressisti secolari è chiamato la "Guerra culturale" ("The cultural
wars"). In quell'epoca il movimento femminista nordamericano della terza
onda era già completamente istituzionalizzato dentro al Partito
democratico, e non è stato possibile difendere le conquiste già fatte di
fronte ad una tale opposizione.
La marcia delle donne è stata
la dimostrazione pubblica in difesa dei diritti riproduttivi più
importante nella storia recente. Essa rappresenta la prima chiamata ad
un'azione capace di unire trasversalmente donne di ogni razza, classe e
tendenza politica dalla sconfitta dell'emendamento sulla legge paritaria
(Equal Rights Amendment) della fine degli anni '70. Durante l'ultima
decade, le politiche di sinistra negli Stati Uniti sono state dominate
dalla politica dell'identità: una teoria politica che enfatizza
l'identità razziale, sessuale e di genere a discapito della classe
sociale. Le politiche dell'identità inizialmente contribuirono
all'analisi e alla decontrazione delle manifestazioni di supremazia
bianca e di patriarcato all'interno di organizzazioni e movimenti di
sinistra, ma furono adottate presto dai giovani progressisti in ambito
accademico. All'interno di questa analisi, il concetto di classe
s'intende come un'identità in più, soggetta ad essere discriminata però
non sulla base della sua relazione con i mezzi di produzione.
Ciò che era inizialmente uno
strumento utile per l'analisi dei disequilibri del potere finì per
trasformarsi in una posizione ideologica caratterizzata dalla disunione,
dal separatismo e da un localismo estremo. Questi comportamenti
politici hanno influenzato fortemente le sinistre istituzionali e
rivoluzionarie negli Stati Uniti, bloccando la crescita di movimenti
sociali ad ampia base.
Il problema della natura
frammentaria della politica dell'identità è stato affrontato mediante
l'applicazione del concetto di intersezionalità, una pratica teorica che
contiene l'analisi delle identità sociali sovrapposte e dei loro
corrispondenti sistemi di oppressione, dominio o di discriminazione.
L'intersezionalità è stata pensata per preparare un modello che
promuovesse una cooperazione orizzontale e inclusiva all'interno dei
movimenti e delle organizzazioni tra le diverse identità. Senza dubbio
nella pratica gli attivisti finirono per seguire l'interpretazione
secondo la quale tutte le identità e tutte le oppressioni sono
collocabili sullo stesso piano, e non si richiede nessun giudizio
particolare al capitalismo o allo Stato per completare l'analisi. Come
dimostrato nella recenti elezioni negli Stati Uniti, la maggior parte
delle persone reagisce alle minacce contro la sua realtà materiale e non
in base a considerazioni puramente ideologiche sulla propria
collocazione nella complessa gerarchia delle identità oppresse…risulta
ironico che la politica "dall'alto" condotta da Trump abbia finito per
costringere la sinistra statunitense ad incontrare un'unità che, appena
un mese fa, brillava per la sua assenza.
In questo momento non esiste
alcuna certezza che la marcia delle donne si possa trasformare in un
movimento sociale legittimo. In tutto il paese, i microfoni sono stati
monopolizzati dai politici democratici e da celebrità liberali, mettendo
l'accento sulla resistenza istituzionale. Questo contrasta con la
diversità politica dei partecipanti alla marcia: alcuni esigono riforme,
mentre altri chiamano alla rivoluzione. Il fattore unificante è il
desiderio collettivo di iniziare una resistenza nelle strade di fronte
alla regressione sociale che si sta annunciando. Le femministe
rivoluzionarie hanno appena iniziato ad inserirsi in questi spazi
politici e il ruolo che ricopriranno non è ancora chiaro. Ciò che
risulta chiaro è che la marcia delle donne rappresenta un'opportunità
politica per ricostruire un movimento femminista libertario (insieme ad
altre lotte che si stanno sviluppando) che ponga domande finalizzate a
migliorare la vita dei lavoratori e che si opponga al carattere liberale
e capitalista del movimento femminista attuale. Esiste una chiara
opportunità per riportare l'attenzione sulle domande classiche di
giustizia riproduttiva, uguaglianza economica e fine della violenza
patriarcale, e per porre nuove domande con una forza maggiore rispetto
ai decenni passati. I nostri sforzi necessiteranno degli elementi
migliori dell'analisi intersezionale per impedire che si sviluppino di
nuovo le gerarchie che cerchiamo di abolire, però questo è solo il
principio. Dobbiamo riconoscere la realtà materiale di coloro che
vengono direttamente impattati dal capitalismo patriarcale, e lasciare
che questa prospettiva ci guidi nel movimento rivoluzionario che
vogliamo costruire.
Link esterno: http://www. blackrosefed.org/
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