Il bazooka per
salvare l'Europa dei profitti
Da tempo la BCE si sforza nel tentativo di stimolare la
declinante economia dell'area-euro e di impedire l'affermarsi della deflazione.
Già un anno fa
dava inizio al suo cospicuo programma di alleggerimento finanziario dei
rischi delle banche, tramite quantitative easing, (QE), acquistando 60
miliardi di euro di titoli al mese, programma
che aveva avuto una proroga di 6 mesi, fino al marzo 2017, ed ha aumentato
la quota di QE a€80 miliardi al mese da aprile.
E' questa la misura più
vistosa, certo non risolutiva, presa dalla BCE il 10 marzo. Inoltre i tassi dei
depositi bancari presso la BCE, già
divenuti negativi (da -0,2% a -0,3% in dicembre 2015) sono stati ulteriormente
abbassati al -0.4%, mentre i tassi sui finanziamenti sono scesi dal già ridicolo 0,05% a zero. Fino ad ora, gli acquisti di assets riguardavano i titoli
di Stato, insieme a titoli assicurativi emessi dalle banche. Ora entrano nel
carrello di spesa della BCE anche le obbligazioni societarie. La BCE condurrà anche quattro nuove operazioni
di finanziamento, tra giugno e marzo 2017, ciascuno con una durata di quattro
anni, volte a rafforzare il credito al settore privato, fornendo finanziamenti
a condizioni estremamente favorevoli.
Sono
misure che cercano di rispondere alle mancate attese. Tutte le previsioni
vengono riviste al ribasso. Le
previsioni per il 2016 sono dell'1,4% (invece dell'1,7% atteso), mentre i
prezzi al consumo nel 2016 aumenteranno solo dello 0,1% (invece dell'1,0%).
Sebbene
i tassi negativi sui depositi non entusiasmino le banche, le 4 operazioni di
finanziamento di prestiti della BCE ridaranno ossigeno alle stesse banche,
mentre l'acquisto di obbligazioni emesse dalle imprese, by-passando le banche,
inietta liquidità direttamente nei bilanci del capitale industriale europeo.
E
come accaduto per tutte le precedenti
misure “di stimolo” prese dalla BCE (LTRO, QE), finiranno per salvare profitti
finanziari delle banche (ed ora anche delle imprese) senza “stimolare” in
nessun modo il lavoro, l'occupazione, il reddito, i salari, la domanda.
Ma se le
condizioni di milioni di persone della classe lavoratrice europea sono agli
ultimi posti delle priorità dei governi della UE, c'è almeno un altro milione di persone
che si trova proprio in fondo alle preoccupazioni dei governi europei e della
UE. Sono i profughi.
Le cui sorti vengono ben dopo gli effetti
speciali di Draghi, ben dopo le preoccupazioni per gli 86 miliardi di euro che
la Grecia deve garantire, ben dopo il conflitto in Ucraina orientale, ben
dopo le ansie per il referendum
britannico sulla permanenza nella UE. E comunque in attesa delle elezioni del
2017 in Germania.
Per profughi di guerra e migranti
nessuna salvezza
La
primavera è vicina e propizia per ulteriori arrivi di migliaia di profughi, ma
l'Europa si chiude a fortezza con un effetto domino di confini sigillati per
impedirne il passaggio. Se le rotte balcaniche dovessero risultare interdette,
i flussi migratori potrebbero spostarsi in paesi come la Bosnia e la Romania,
tornare ad attraversare l'Adriatico verso l'Italia, concentrarsi in Grecia.
Lo
sgombero delle “giungle” di Ventimiglia e di Calais, le carovane di prifughi
trasbordati da autobus in autobus lungo frontiere mai attraversabili dimostrano
una volontà politica repressiva e respingente, ma senza alcun futuro se non la
violenza ed il terrore come soluzione. Si aprono concrete possibilità per una recrudescenza dei
nazionalismi e del razzismo, per la costruzione di lager di contenimento e di
detenzione in tutto il continente.
Ma non
servirà.
Dieci
anni fa l'agenzia ONU contava 38 milioni di profughi. Oggi siamo a 60 milioni.
Tra questi, fiumi di umanità che si spostano verso l'Europa dal Medio Oriente,
dall'Africa e da ancora più lontano.
Cosa li
spinge? La guerra. La disoccupazione. La miseria. La fame.
Arriveranno
i Siriani. Sono già 5 milioni i Siriani rifugiati nei paesi circostanti, dove non hanno il
permesso di lavorare, dove aiuti alimentari e fondi dell'ONU non arrivano più.
Arriveranno
i Curdi, perseguitati dalla guerra scatenatagli contro dalla Turchia di
Erdogan, pronto a incassare 6 miliardi di euro per mettere i profughi -che
l'Europa non vuole- in enormi campi di
concentramento.
Arriveranno
gli Afghani da un paese dove la guerra non è mai finita dal lontano 2001. Come
dall'Iraq dove la guerra non è mai finita dal 2003.
Arriveranno
dallo Yemen, il più povero paese arabo, da cui sono fuggiti già 1 milione di Yemeniti.
E poi
arriveranno dall'Africa, in fuga dai conflitti nel Sahel, in Somalia, nell'area
de Grandi Laghi, dalla Libia.
A
tentare la fortuna attraverso il Mediterraneo.
A
passare per i Balcani prima che la Turchia chiuda i cancelli.
No border!
L'Europa
deve aprire le sue frontiere accogliendo profughi direttamente dalla Turchia,
dalla Giordania, dal Libano,
ridistribuendo lavoratori e famiglie profughe su tutto il suo
territorio, provvedendo ad alloggi, assistenza sanitaria, accesso al mercato
del lavoro, diritto all'istruzione per tutti, chiudendo tutti i centri di
detenzione e respingimento.
Questo
il programma per un grande movimento europeo solidale, internazionalista, di
classe, attraverso i confini perchè non ci sia più nessun confine.
Alternativa Libertaria/fdca
93° Consiglio dei Delegati
Fano, 19
marzo 2016
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