Negli
ultimi giorni non si sente più parlare di Afrin, assediata e distrutta
dal governo turco. Confusa nel massacro siriano senza fine, ora è alla
ribalta il massacro di Duma, apparentemente compiuto con armi chimiche,
ad allarmare le coscienze e portarle ad invocare un attacco
occidentale. Dopo sei anni di massacri infiniti, che hanno martoriato un
popolo che inizialmente chiedeva solo di uscire dalla dittatura di
Assad e si è trovato teatro di una guerra civile in cui sono intervenuti
praticamente tutti gli attori internazionali. Tutti apparentemente
dalla stessa parte, contro il Daesh, o ISIS che dir si voglia, e in
realtà tutti intenzionati a guadagnarsi un posizionamento migliore nel
grande gioco, la strategia della guerra dell’Energia. Quello che
risulterà dallo smantellamento della Siria e che porterà nuovi
equilibri. Ora che il pericolo ISIS è scomparso dall’emergenza, gli
Stati si stanno spartendo le conquiste e cercano nuove strategie di
intervento. E ne approfittano per consumare un po’ di bombe, se no come
si fa a produrne, venderne e comprarne di nuove?
Così
USA, Gran Bretagna, Francia e Israele intervengono ufficialmente per
punire Assad per un attacco con armi chimiche. Armi chimiche che, già
altre volte tentate di evocare nella stessa guerra in Siria, non hanno
suscitato indignazione degna di nota. Già altre volte gli stati
occidentali hanno utilizzato scientemente fake news a giustificare
interventi che coprivano ben altri interessi, basta ricordare le armi di
distruzioni di massa cercate in Iraq. Raramente si interviene contro i
dittatori per difendere la popolazione civile. Contro il dittatore Assad
non si è intervenuti per difendere le popolazioni e le piazze quando
chiedevano democrazia, come non si interviene in Yemen, altra terra di
massacri. Il popolo siriano è stato dilaniato e massacrato, ogni
tentativo di ricomposizione degli oppositori democratici al regime di
Assad è stato boicottato e strumentalizzato per mantenere l’instabilità
dell’area, in un gioco perverso tra Russia, Turchia e Stati
occidentali, stati arabi e Israele, che ora vede una nuova escalation
che ci coinvolge direttamente.
Eppure
in quelle terre il popolo curdo ha saputo costruire in questi anni
difficilissimi una società democratica, laica, pluralista. Le sue donne e
i suoi uomini hanno combattuto, e vinto, contro il fascismo islamico, e
lo hanno fatto a partire dall’autogoverno, costruendo una società al di
là dello Stato, basata su assemblee popolari, sulla partecipazione
femminile ad ogni livello della società, sull’assenza di discriminazioni
etniche e religiose, su un modello sostenibile di agricoltura e di
risorse energetiche. Una popolazione che con le sue donne e i suoi
uomini ha combattuto l’ISIS e lo ha vinto, riconquistando Kobane e
partecipando con le sue brigate militari all’azione degli alleati
occidentali in nome della difesa della propria laicità e della propria
libertà. E della laicità e della libertà di tutti contro il fascismo
clericale dell’ISIS, E contro Erdogan, che ha occupato e massacrato gli
abitanti del cantone kurdo autonomo di Afrin, non si è levata una sola
voce di condanna ufficiale da parte degli stessi alleati di qualche mese
prima. Il governo fascista di Erdogan continua la repressione interna
in Turchia contro ogni forma di opposizione sociale, sindacale,
politica, culturale, e riempie le carceri di oppositori, effettuando
vere pulizie etniche contro i curdi turchi e ha cercato di spegnere nel
sangue ad Afrin ogni focolaio di speranza e di laicità. A suon di bombe.
Nell’assordante silenzio dell’ONU che sempre più dimostra la propria subalternità alla strategia militare NATO.
Eppure proprio l’esempio di cantoni autonomi curdi è la dimostrazione che la democrazia la costruiscono le donne e gli uomini liberi, non le bombe lanciate dagli Stati.
La
fine del conflitto in Siria passa per la ricostruzione, per l’apertura
di canali umanitari, per la presenza delle ONG, per la costruzione della
democrazia. Per la difesa dell’autonomia delle zone curde e del loro
modello di inclusione sociale e politico di democrazia di base, laica e
pluralista. E’ a difendere questa esperienza, a costruire una
mobilitazione nazionale e internazionale antimilitarista, contro le
politiche di guerra, contro le spese militari, per l’uscita dalla NATO
che è chiamato un sempre più necessario movimento per la pace.
„La parola comunismo fin dai più antichi tempi significanon un metodo di lotta, e ancor meno uno speciale mododi ragionare, ma un sistema di completa e radicaleriorganizzazione sociale sulla base della comunione deibeni, del godimento in comune dei frutti del comunelavoro da parte dei componenti di una società umana,senza che alcuno possa appropriarsi del capitale socialeper suo esclusivo interesse con esclusione o danno dialtri.“ Luigi Fabbri
per giulio
mercoledì 18 aprile 2018
Per finirla con la guerra in Siria
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