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mercoledì 24 ottobre 2012

Profumo marcio di destra nella scuola italiana

Quanta è forte la tentazione di tornare a brandire bastone e carota in questo paese! Quanti sforzi si stanno facendo per ridurre ad un sottomesso silenzio i milioni di lavoratori del pubblico impiego e del privato, stracciando decenni di diritto del lavoro, di diritti sindacali, di contratti nazionali ed emettendo normative che hanno l'unico scopo di inibire ogni forma di risposta sindacalmente organizzata, di soffocare ogni rivendicazione radicata nelle categorie e nei luoghi di lavoro. Vanno in questa direzione i provvedimenti che riguardano la scuola, contenuti nella legge di stabilità che il governo in carica intende far approvare entro la fine dell'anno solare. In continuità con la normativa emessa dal precedente governo, si interviene contestualmente sulle retribuzioni e sulla progressione economica. Il blocco dei rinnovi contrattuali fino al 2014 prolunga il blocco già deciso col decreto legge 78/2010 dal governo Berlusconi fino al 2012. Ma blocca anche fino al 2013 la progressione per gradoni prevista dal contratto nazionale di categoria. Così, col contratto fermo al 2007, gli stipendi della scuola sono rimasti apparentemente immobili, ma in realtà hanno perso oltre il 20% del loro potere d'acquisto. Nella legge di stabilità scompare l'indennità di vacanza contrattuale (il cui contenzioso sindacale di base sulla sua mancata erogazione in passato aveva ottenuto numerose sentenze favorevoli) fino al 2015, quando tornerà ad essere pagata con aggancio all'inflazione programmata e non più all'ipca (il tasso europeo, più pesante di mezzo punto percentuale rispetto al vecchio calcolo dell'inflazione). Ma la legge di stabilità si colloca anche in continuità con il famigerato decreto legislativo 150/2009, meglio noto come decreto Brunetta, dove si intende far perdere efficacia alla contrattazione collettiva, pur non potendone negare il primato nella regolazione di diritti e doveri nel pubblico impiego tanto da parte dei lavoratori quanto da parte dell'amministrazione in qualità di datore di lavoro. Se la retribuzione sufficiente prevista dall'art.36 della Costituzione si rinviene negli importi determinati dalla contrattazione collettiva, ponendo nel contratto collettivo la fonte primaria del rapporto di lavoro (sentenza della Corte di Cassazione del 14/10/2009), allora l'operazione del governo Monti nel disegno di legge sulla stabilità appare essere del tutto unilaterale e lesiva dei diritti costituzionali dei lavoratori. Allo stesso modo, l'operazione extra-contrattuale sull'aumento di 6 ore per l'orario di insegnamento nelle scuole medie e superiori a retribuzione invariata, si profila come una palese violazione del primato del contratto collettivo. Sarebbero 723 i milioni di euro che il governo vorrebbe risparmiare con l'operazione 24ore: 22mila posti di lavoro da tagliare. L'ombra della Gelmini si proietta ancora nella sua distruzione di lavoro, di diritti e di cultura. Buon gioco ha il governo grazie ai media che volentieri "dimenticano" che in Italia gli insegnanti hanno le retribuzioni più basse d'Europa a fronte di orari più lunghi (22 ore per i maestri contro la media di 19,6 della UE, 18 ore per i prof contro la media di 16,3 della UE). Intanto si prevedono altri 223 milioni di euro per le scuole paritarie.... Ma oltre al decreto legislativo sulla stabilità, si sta profilando all'orizzonte la trasformazione in legge del ddl Aprea (PdL) sulla "Autonomia Statutaria delle Istituzioni Scolastiche", che in aprile ha avuto una corsia preferenziale con testo unificato in sede legislativa alla VII Commissione Cultura della Camera. Si tratta di una raffica di articoli che porterebbero la scuola italiana alla mercè dei privati che entrano negli organi collegiali e nella definizione dello statuto autonomo di ogni singola scuola che sottrae di fatto ai docenti la libertà di insegnamento. Di fronte a tanto bastone e rinsecchita carota, la risposta dei lavoratori della scuola è oggi fortemente condizionata dalla divisione in campo sindacale, da scelte di subordinazione fatte in passato da CISL-UIL-SNALS-GILDA, dalla tardiva e solitaria radicalizzazione della CGIL, dalla cronica incapacità di unirsi dei diversi sindacati di base presenti in categoria. Occorre una risposta dal basso, occorre una mobilitazione di base che ripercorra strade già vittoriose in passato, contro e nonostante i governi in carica, contro e nonostante certe linee sindacali totalmente subordinate. Il mondo della scuola ha già saputo dimostrare di sapersi organizzare dal basso ed in maniera unitaria: insegnanti, studenti, genitori, uniti nel difendere e salvare la scuola pubblica dalle miserie della privatizzazione, uniti nel difendere la scuola pubblica quale presidio di cultura in territori sempre più impoveriti e mercificati. FdCA - Commissione Sindacale ottobre 2012

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