ADERISCI AD ALTERNATIVA LIBERTARIA/FdCA

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O SCEGLI NOI O SCEGLI LORO

campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

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martedì 30 maggio 2017

Democrazia diretta subito! Fermare le riforme nelle strade e costruire il potere popolare!


dal Brasile

Barricadas en Paraná (Brasil)
Barricate a Paraná (Brasil)
Il Brasile sta vivendo un terremoto politico, che sta facendo emergere il marciume delle elites del paese e che sta ulteriormente indebolendo i legami che le tengono al potere. L'operazione orchestrata che ha permesso la registrazione della telefonata tra il presidente Michel Temer e il proprietario di JBS, la più grande azienda di carni bovine nel mondo, altera l'equilibrio delle forze nel paese e getta benzina sulla crisi politica e sociale. Con l'instabilità politica, il governo ha più difficoltà a mobilitare la sua base per andare avanti con le riforme delle pensioni e dei diritti dei lavoratori, uno dei più grandi attacchi contro la classe operaia. Questo non è certo un motivo per festeggiare, non abbiamo nulla da guadagnare da questi scontri di potere. Ora è il momento di muoversi, di accumulare le mobilitazioni con il blocco delle strade, ricorrere allo sciopero generale per bloccare i tagli al welfare e le riforme. Dobbiamo radicare la democrazia, ma la democrazia diretta, con cui i/le lavoratori/trici nei luoghi di lavoro,  nei luoghi di studio e di vita possano decidere la direzione del paese. Non possiamo accettare le briciole dall'alto, abbiamo bisogno di imporre un  programma popolare dei diritti sociali costruito e deciso dal popolo. Abbiamo bisogno di costruire la democrazia diretta, nei quartieri, nelle favelas, nelle baraccopoli, nelle occupazioni di terreni e abitazioni, nelle fabbriche, nelle scuole, al di fuori degli accordi di potere.
Il colpo di stato che ha messo fine al quarto mandato della presidenza PT / PMDB (Partito del Movimento Democratico Brasiliano, ndt)  ha reso possibile l'adozione di misure dure contro il popolo ad un ritmo travolgente, con un ampio sostegno nel Congresso e nei media, soprattutto della rete televisiva Globe . Michel Temer ha approvato la riforma dell'istruzione, la legge sui tetti di spesa, la legge di outsourcing, le privatizzazioni e altri attacchi - già previsti  durante il governo dello stesso Partito dei Lavoratori (PT). Decenni di burocratizzazione delle lotte da parte delle grandi centrali sindacali e di pratica della cooptazione dei dirigenti dei principali movimenti sociali da parte del PT, hanno contribuito e contribuiscono alla smobilitazione della popolazione ed ostacolano l'estensione di massa della resistenza contro questi attacchi. Tuttavia, altri settori come quelli degli studenti e degli indigeni stanno dando un rinnovato incoraggiamento alla lotta sociale. La crescente insoddisfazione popolare verso le riforme delle pensioni e del lavoro si è manifestata con grande impatto per le strade, nelle manifestazioni per lo sciopero generale del 15 e 28 aprile, costringendo i golpisti a fare marcia indietro rispetto alle proposte iniziali.
Con oltre il 90% di opposizione, il governo Temer non ha alcuna legittimità per sostenere questo falso sistema democratico. Che serve solo a mantenere gli uomini d'affari e la classe politica per rubare e uccidere la gente. I governi di conciliazione di classe di Lula e Dilma sono stati governi per gli imprenditori e per i ricchi, con qualche briciola per i poveri. E le innumerevoli accuse di corruzione non fanno che rendere evidente il disgustoso rapporto di favori tra le  grandi imprese e lo Stato. I casi di corruzione non sono eventi isolati, ma fanno muovere la ruota dello Stato e del settore privato. Cioè, il sistema rappresentativo non serve gli interessi del popolo, ma quelli del capitalismo e della classe politica e delle imprese affinchè possano portare avanti i loro progetti.
È per questo che le "soluzioni magiche" come le privatizzazioni, l'outsourcing, gli attacchi ai diritti del lavoro servono solo a dare maggiori benefici agli imprenditori. Della stessa stregua sono gli attacchi ai diritti sociali, gli attacchi contro le popolazioni indigene e dei loro territori, ai contadini senza terra, alle donne, a LGBT, il genocidio del popolo nero e degli abitanti delle favelas e delle baraccopoli, la criminalizzazione della povertà. Sono tutte misure e politiche per la destra e per i  conservatori, per gli uomini d'affari, per i proprietari terrieri, per i banchieri affinchè possano imporre la loro ideologia, possano lucrare di più, possano concentrare più ricchezza e sfruttare più persone. Gli imprenditori, come João Dória, non sono diversi da altri politici, sono nemici del popolo. Se i politici di professione sono screditati, il ​​sistema giudiziario tenta di legittimarsi con le operazioni anti-corruzione per aumentare il suo potere nella struttura dello Stato. La cupola formata da magistratura, polizia federale e Ministero Pubblico, con i settori allineati direttamente con gli Stati Uniti, hanno il massiccio sostegno della rete mediatica Globo per accumulare potere con esiti pericolosamente autoritari. Bisogna respingere questa strategia ed evitare qualsiasi illusione in una salvezza che provenga dalla giustizia borghese.
I vecchi media svolgono un ruolo cruciale nel groviglio di interessi della classe dominante. La rete Globo, la stessa che ha sostenuto il colpo di Stato mediatico-giuridico-parlamentare e che ha costruito e legittimato il golpe recente, ora si schiera dalla parte del più forte, con la Procura Generale della Repubblica (PGR) per le dimissioni di Temer. Lo scopo è quello di ripristinare le condizioni per l'approvazione delle riforme con l'elezione di un nuovo presidente tramite elezioni indirette. Non possiamo sottovalutare il ruolo che i giganti dei media svolgono a livello   ideologico. La posizione del Globo contro Temer non significa nessun progresso per le masse. Nel discredito dei politici di professione e delle vecchie figure, come Aécio Neves, il Globo orienta la sua agenda verso la tendenza globale a sfruttare le candidature di personalità apparentemente "fuori" del campo politico-partitico. (Doria, Meirelles), della magistratura (Nelson Jobim, Carmem Lúcia, Joaquim Barbosa), o anche dei media di intrattenimento (Luciano Huck). Si tratta di una mossa strategica in discredito dei vecchi media per rafforzare il ritmo di democratizzazione della comunicazione limitato al potere di queste società e per rafforzare i media popolari.
E' necessario mettere in discussione il motivo per cui le denunce arrivano solo in questo momento. Anche se alcuni politici sono stati fatti fuori e si è innescata una certa instabilità, l'azione dimostra accordi di fedeltà tra lo Stato e il capitale. Il criterio è economico e sta nell'interesse a difendere una società che di recente è stata travolta dallo scandalo "carne fradicia", un'azione che, se da un lato ha mostrato le condizioni terribili in cui viene prodotto il nostro cibo, serve prioritariamente gli interessi americani per indebolire un concorrente nel mercato internazionale della carne. Va notato che è stato il governo del PT / PMDB che ha ingrassato la produttrice di carni JBS tramite la BNDES (Banca per lo sviluppo, ndt) con aiuti milionari, trasformando  l'azienda in una delle più grandi al mondo.

Dal basso e da sinistra, democrazia diretta subito!
Il fatto è che la spinta che ha portato molte persone in piazza in questo primo anno di governo Temer può diventare realtà: le dimissioni di Michel Temer della Presidenza della Repubblica. E ci chiediamo: e adesso? Qual è il prossimo passo? Sappiamo che con i golpisti indeboliti e con la loro base parlamentare oscillante, mancano le condizioni per dare continuità  nella gestione delle riforme del lavoro e della pensione. Dunque è urgente intensificare la lotta contro le riforme e riguadagnare i diritti che sono stati rimossi dai golpisti del passato e contro la attuale congiuntura che vive il PT / PMDB. Oltre a fermare le riforme, abbiamo bisogno di costruire un progetto che farà pagare ai ricchi il conto della crisi e che riconosca le elite politiche, gli imprenditori ed i media come nemici del popolo. Le grandi aziende come JBS devono al governo più di 400 miliardi di euro, circa tre volte il valore del falso debito per la sicurezza sociale.
Solo l'organizzazione delle persone e la pressione per le strade possono impedire le riforme e gli attacchi ai diritti sociali. Nulla potrà venire dal parlamento. Dobbiamo evitare che gli imprenditori e l'elite politiche realizzino i loro accordi da cupola e golpe per dare continuità al loro progetto. La mobilitazione e la pressione popolare sono urgenti e  necessari ora per evitare lo stato di avanzamento delle riforme in mezzo a questa instabilità. E' necessario fare pressione per imporre al governo le volontà popolari, anche nel caso di un'elezione diretta. E la mobilitazione del popolo oggi è urgente per prevenire lo scenario peggiore, che è una sospensione delle elezioni nel 2018 attraverso un intervento politico-militare e la persecuzione dei settori militanti della sinistra.
La sinistra elettoralista richiede ora la Presidenza della Repubblica e il lulismo può riemergere, come anni fa, presentandosi come soluzione popolare nel bel mezzo del terremoto da crisi politica. Non possiamo farci ingannare! Abbiamo detto e continuiamo a dire: occorre superare il PTismo e tutta la sua eredità a sinistra. La convinzione che Lula saprà come affrontare la crisi e portare miglioramenti nelle vite degli oppressi non ha alcun fondamento. L'elezione di Lula rappresenterebbe solo un altro patto di classe con la borghesia ed i padroni, in termini ancor più prudenti rispetto agli anni precedenti.
La cosa importante ora è che la lotta deve essere dal basso e nelle strade per far avanzare un programma popolare dei diritti! Promuovere l'organizzazione, la mobilitazione contro la riforma delle pensioni e dei diritti del lavoro e la costruzione di un progetto popolare con autonomia di classe. Catalizzare l'insoddisfazione popolare in rivolta e avanzare nella lotta nei luoghi di militanza. Non si deve fare nessun affidamento nelle soluzioni derivanti dalla riorganizzazione della sinistra e dagli  accordi della cupola per salvare la democrazia borghese. Nessuno ha il coniglio nel cilindro, la soluzione è quella di costruire un'organizzazione popolare nei quartieri, nelle scuole, nei luoghi di lavoro con i poveri e gli oppressi. Dobbiamo esigere la sospensione di tutte le misure anti-politiche avviate nel governo del PT e proseguite  dal colpo di stato Temer.
Il momento non è favorevole per noi oppressi ed oppresse, ma la crisi e la disputa tra le élite aprono margini per altri progetti. Abbiamo bisogno di usare l'insoddisfazione per delegittimare il sistema e canalizzare lotta sociale.
Democrazia diretta subito! Per la sospensione di tutte le misure antipolitiche! Contro l'austerità e contro i tagli ai diritti! Fuori i golpisti del Globo! Costruire il Potere Popolare contro l'austerità e contro la repressione!
(traduzione a cura di AL/fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)
Protesta en San Pablo (Brasil)
Protesta a San Pablo (Brasil)

mercoledì 24 maggio 2017

S.O.S. GEOTERMIA di Maurizio Fratta

S.O.S. GEOTERMIA
di Maurizio Fratta




La centrale Enel di Bagnore 4 nel comune di Santa Fiora
Ci fu un tempo nel quale scavare nelle viscere della terra per cercare minerali era avvertito come una profanazione.
Mentre i minatori cercavano di propiziarsi gli dei del sottosuolo, furono i fabbri a fondere e liquefare i metalli e a credere nella possibilità di poter cambiare la materia e a confidare, così come avevano fatto gli alchimisti, in una sua possibile trasmutazione.
Un sogno, quello dell'homo faber, meno millenarista di quel che si potrebbe credere considerando quanto l'idea del progresso illimitato abbia permeato non soltanto tutto il diciannovesimo secolo, ma perduri anche nelle attuali società industriali che hanno per obiettivo la trasmutazione della stessa Natura e la sua trasformazione in energia.
Ed è stata senza dubbio l'energia geotermica, tra le risorse energetiche, quella sulla quale l'uomo, sin dalla preistoria, ha cercato di fare affidamento e di trarre il massimo vantaggio.
Un sogno che si sta trasformando in incubo proprio in quella Toscana che ha visto nascere lo sfruttamento industriale delle risorse geotermiche e dove, proprio per il fatto che il suo impatto sull'ambiente è noto da tempo, si sarebbero dovute adottare strategie e soluzioni adeguate ed efficaci.
Ci riferiamo a quel che accade in Amiata dove sono all'opera le centrali geotermiche di Enel Green Power, il cui impatto sull'ambiente circostante non può essere ulteriormente taciuto o sottovalutato.
Sabato 4 febbraio, organizzato dalla Rete nazionale NOGESI e da SOS Geotermia, si è tenuto ad Abbadia San Salvatore un convegno dove ricercatori e studiosi hanno fatto luce sulla gravità dell'inquinamento prodotto dalle centrali e che fa oggi dell'Amiata la più grande questione ambientale dell'Italia centrale.
Non ha usato mezze misure nella sua relazione il geologo Andrea Borgia dell'Università di Milano, mettendo in relazione, dati ufficiali alla mano, la proliferazione dei veleni nell'ambiente e i loro effetti sulla salute delle persone.
È noto che l'attività di estrazione geotermica comporta, insieme al vapore acqueo, la fuoriuscita di fluidi dal sottosuolo che a loro volta rilasciano sostanze tossiche nell'aria, nel suolo, nelle acque superficiali: biossido di carbonio, ammoniaca, idrogeno solforato, metano, idrogeno a concentrazioni elevate e con essi altre sostanze dannose per la salute e l'ambiente, tra le quali cloruro di sodio, boro, arsenico, mercurio.
Un cocktail di inquinanti che potrebbero e dovrebbero essere completamente abbattuti se i sistemi previsti - sicuramente non all'avanguardia - funzionassero a dovere, soprattutto quando gli impianti vanno in avaria come succede quando nell'aria si avverte il puzzo di uova marce perché c'è una perdita di acido solfidrico.
E invece pare che i controlli avvengano - beninteso soltanto per alcuni degli inquinanti - ogni due o tre anni e sempre concordando data e ora di ispezione.
Fatto sta che oggi nei Comuni dell'Amiata, a detta della stessa Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, si registrano tassi di mortalità significativamente superiori alle medie regionali, con il 30 per cento in più per alcuni tipi di tumore.
Ma i dati più impressionanti riguardano l'incremento di malattie (respiratorie, dell'apparato digerente, di quello genito-urinario, del sistema nervoso ecc.) e la presenza degli inquinanti contenuti nei fluidi geotermici immessi nell'ambiente con gli eccessi di rischio, fino a tre/quattro volte rispetto alle medie.
E si ha un bel dire, come ha provato a fare la Regione Toscana, o l'ARPA Toscana, che tutto dipende dagli stili di vita, cosa che ricorda il mantra ripetuto a iosa dai ministri dell'Ambiente degli ultimi governi quando dovevano giustificare il disastro ambientale e sanitario causato dagli impianti siderurgici di Taranto.
Particolarmente allarmanti i dati che riguardano l'inquinamento da mercurio. Soltanto per citare qualche dato, in circa cinquant'anni le centrali di Piancastagnaio hanno emesso nell'ambiente più di 52 tonnellate di mercurio e oggi quelle dell'Amiata rappresentano quasi la metà delle emissioni totali di mercurio rilasciate in Italia.
Oltre a quello finito in aria e nel suolo (e nella catena alimentare) lo si è trovato ora anche nelle acque del fiume Paglia, che confluisce nel Tevere nei pressi di Orvieto, e poi di conseguenza, concentrato nella sua forma più nociva, nei pesci.
Inquinamento che non può essere attribuito alle attività minerarie dismesse ormai da decenni, come ha cercato di sostenere l'ARPA, questa volta quella dell'Umbria, minimizzando il ruolo assunto dalle centrali dell'Enel Green Power.
Un'emergenza che ormai investe ben tre regioni e che non può essere più sottaciuta come si è fatto nel corso degli anni, quando si è preferito dare un quadro rassicurante della condizione sanitaria ignorando l'effetto accumulo degli inquinanti o supponendone la ricaduta soltanto in zone non abitate, stabilendo deroghe ai limiti di legge, come successo per l'arsenico nell'acqua potabile.
E per di più a favore di un'energia che ci si ostina a voler considerare pulita, quando una centrale geotermica, come una di quelle impiantate in Amiata, immette in atmosfera il doppio della CO2 di una centrale a gas ed elementi radioattivi in quantità superiori a quelle nucleari, sostenuta per giunta da improvvidi finanziamenti pubblici - denominati "Certificati verdi" - pagati da noi tutti e in nome della quale si progettano sempre nuovi impianti.


Pubblicato originariamente in l'altrapagina, marzo 2017, pp. 18-20.

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

venerdì 19 maggio 2017

Il sole dell’avvenire

Castel Bolognese. Presentazione della trilogia di
Valerio Evangelisti “Il sole dell’avvenire”

La Biblioteca Libertaria “Armando Borghi”, in collaborazione con la
Biblioteca Comunale “Luigi Dal Pane”, organizza a Castel Bolognese la
presentazione della trilogia di Valerio Evangelisti Il sole dell’avvenire
(Milano, Mondadori, 2013-2016). Attraverso tre romanzi, in cui le vicende di
alcuni personaggi principali creati dalla immaginazione dell’autore si
intrecciano con quelle di numerosi militanti politici e sindacali realmente
esistiti, alcuni più o meno noti e altri ormai dimenticati, si ripercorre l’intera
storia del movimento operaio e socialista in Emilia Romagna dall’ultimo
trentennio dell’Ottocento al 1950 circa.
I tre volumi saranno presentati nel Teatrino del Vecchio Mercato (via
Rondanini, 19) il venerdì 19 maggio 2017, con inizio alle ore 20,45.
La presentazione sarà a cura di Massimo Ortalli. E’ previsto il collegamento
in video-conferenza con Valerio Evangelisti. L’iniziativa si colloca
nell’ambito della edizione 2017 della rassegna “Libri a catinelle”.

* * * * *
L'obiettivo della trilogia Il sole dell’avvenire, progettata e realizzata da
Valerio Evangelisti, è di raccontare la storia d'Italia dal 1875 al 1950 circa
attraverso la storia personale di tre famiglie di braccianti e mezzadri
romagnoli dai destini intrecciati, i Verardi, i Minguzzi e gli Zambelli, a partire
dal capostipite Attilio Verardi, ex garibaldino. Più di millecinquecento
pagine complessive scritte in uno stile scorrevole e avvincente. Un grande
affresco storico, che ha il respiro dei classici dell’Ottocento, capace di
appassionare il lettore e al tempo stesso di farlo pensare.

► Vivere lavorando o morire combattendo (2013). Nel primo volume della
trilogia, ambientato come gli altri due in Emilia Romagna, lo sfondo storico
verte sulla crisi agraria, la formazione del bracciantato di massa, i contrasti
tra mazziniani, anarchici e socialisti, la nascita delle cooperative, le
bonifiche, l'ingresso dei socialisti in parlamento e nei comuni, le prime
leghe di resistenza. Evangelisti si dedica a questo progetto di affresco
storico e sociale attraverso un grande lavoro di documentazione svolto su
fonti d'epoca. Ma, al tempo stesso, Evangelisti mantiene la sua cifra più
vera e dà vita a un'opera lontana da tutti i romanzi e i film di ambientazione
rurale. L'obiettivo non è magnificare la "civiltà contadina", ma raccontarla
nella sua complessità: la storia dei protagonisti, mai esenti da
contraddizioni, e la storia del Paese e del movimento operaio, in tutte le
sue luci ma anche in tutte le sue ombre.

► Chi ha del ferro ha del pane (2014). Nel secondo, autonomo volume de
"II Sole dell'Avvenire", Evangelisti continua a seguire le vicende di alcune
famiglie romagnole attraverso i grandi cambiamenti che investono l'Italia
intera, in un arco temporale che va dal 1900 al 1925, dall'affermarsi del
movimento operaio, cooperativo e socialista ai grandi scioperi generali,
dalle imprese coloniali alla prima guerra mondiale e al "biennio rosso", fino
all'affermarsi della dittatura fascista. Come nel primo volume, testimoni di
un periodo storico così drammatico sono personaggi inseriti in processi di
cui intuiscono appena la portata. Eleuteria, fragile e incapace di ribellarsi
alle avversità; Reglio, giovane ribelle involontario, che cerca di sottrarsi al
servizio militare e alle compagnie di disciplina; Narda, che col suo
spontaneo eroismo riscatterà l'onore di una famiglia che sembrava per
sempre macchiata dalla vigliaccheria. Ciò è narrato attraverso piccoli
episodi, ora tragici ora umoristici, che vedono in scena personaggi
picareschi, litigiosi o astuti. Impegnati a cercare di sopravvivere in un
mondo sempre più difficile, a contatto con le grandi figure del loro tempo.
Ma sullo sfondo, o forse in primo piano, è il passaggio epocale dal mondo
rurale all'agricoltura di tipo industriale, nonché l'opera lenta e paziente di
edificazione di una società capace di volgere il cambiamento a favore dei
più umili e sfruttati. Operazione fallita: il Sole dell'Avvenire sarà spento sul
nascere. Ma non per sempre.

► Nella notte ci guidano le stelle (2016). Nel tormentato periodo che va
dagli anni Venti alle soglie degli anni Cinquanta, il fascismo si afferma ed
esplode, dissolvendo, tra l'altro, la compattezza dei nuclei familiari.
Spartaco, "Tito", Verardi diviene squadrista e architetto della distruzione
delle conquiste del movimento operaio. Destino Minguzzi è assorbito, quasi
suo malgrado, dal mondo dei clandestini e degli esuli antifascisti, e dalle
sue lacerazioni a volte drammatiche. Soviettina, "Tina", Merighi si trova a
partecipare alla guerra di liberazione nella più anticonformista e
"romagnola" delle formazioni partigiane. Nessuno di costoro "fa la storia",
ma tutti, a loro modo, vi partecipano. Non senza chiedersi, alla nascita di
una nuova Italia, se la realtà corrisponda davvero ai loro auspici. Su questo
interrogativo si chiude una grande saga popolare, un'opera unica nel
panorama letterario italiano.

* * * * *
Valerio Evangelisti (Bologna, 1952) si è laureato in Scienze politiche e ha
intrapreso una carriera accademica interrotta verso il 1990. Dopo avere
pubblicato vari saggi di storia, tra i quali vanno citati soprattutto Storia del Partito
Socialista Rivoluzionario (1881-1893) (1981) con Emanuela Zucchini, e Gli sbirri
alla lanterna. La plebe giacobina bolognese (1792-1797) (1991), si è dedicato
interamente alla narrativa. Nel 1994 è uscito il suo primo romanzo, Nicolas
Eymerich, inquisitore, che ha vinto il premio Urania. Il ciclo di Eymerich è
proseguito per Mondadori con Le catene di Eymerich (1995), Il corpo e il sangue
di Eymerich (1996), Il mistero dell’inquisitore Eymerich (1996), Cherudek (1997),
Picatrix, la scala per l’inferno (1998), Il castello di Eymerich (2001), Mater
Terribilis (2002), La furia di Eymerich (fumetto illustrato da Francesco Mattioli,
2003), La luce di Orione (2007) e Rex Tremendae Maiestatis (2010).
Tra le sue altre opere ricordiamo Magus. Il romanzo di Nostradamus (1999), Il
collare di fuoco (2005), Il collare spezzato (2006), Controinsurrezioni (2008, con
Antonio Moresco), Tortuga (2008), Veracruz (2009), Cartagena (2012) e
l’imponente Il sole dell’avvenire, trilogia sulla storia del socialismo in Emilia
Romagna (2013-2016), tutte edite Mondadori. Per Einaudi ha scritto Metallo
urlante (1998) e Black Flag (2002). Per Giunti ha pubblicato Day Hospital (2012),
cronaca della battaglia vittoriosa dell’autore contro una malattia letale. È tradotto
in diciassette lingue, in tre continenti.

* * * * *
Massimo Ortalli (Fidenza, 1946) è farmacista, bibliofilo e saggista. Si occupa di
storia dell’anarchismo e cura l’Archivio Storico nazionale della Federazione
Anarchica Italiana che ha sede a Imola. Collabora con «A rivista anarchica» e
con altre testate libertarie. E’ inoltre uno dei soci della Cooperativa che gestisce
la Biblioteca Libertaria “Armando Borghi” di Castel Bolognese. Ha scritto varie
voci per il Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani (Pisa, BFS, 2003-2004).
Ha pubblicato Gaetano Bresci tessitore, anarchico e uccisore di re (Roma, Nova
Delphi, 2011) con la presentazione di Ascanio Celestini, e Ritratti in piedi.
Dialoghi fra storia e letteratura (Imola, La Mandragora, 2013) Ha curato inoltre
due libri riguardanti l’intellettuale e militante libertario Luigi Fabbri: La prima
estate di guerra. Diario di un anarchico (1 maggio-20 settembre 1915) (Pisa,
BFS, 2015) e La biblioteca perduta di Luigi Fabbri. Mille titoli di editoria sociale
(1871-1926) (Bologna, Bononia University Press, 2015). Sta preparando una
bibliografia dell’anarchismo di lingua italiana dal 1871 al 1940.

mercoledì 17 maggio 2017

17 maggio, giornata internazionale contro l’omofobia. Cecenia e non solo

La Novaya Gazeta, un giornale di opposizione in Russia, ha pubblicato una serie di report sulla Cecenia riguardanti la detenzione di decine di uomini in un carcere segreto “perchè di orientamento sessuale non tradizionale o sospettati di esserlo”. Il giornale russo scrive che le recenti ondate repressive hanno portato all’arresto di più di 100 uomini ed alla morte di almeno tre di loro.

Le atrocità riportate dal giornale russo non sono state confermate da fonti indipendenti, tuttavia Human Rights Watch sostiene che qualcosa sta davvero succedendo, in base alle informazioni raccolte da fonti affidabili.

Tanya Lokshina, direttrice del programma di HRW in Russia sostiene che il numero delle fonti e la coerenza delle storie non lasciano dubbi sul devastante sviluppo della campagna anti-gay in corso in Cecenia.

Ekaterina Sokirianskaia dell’International Crisis Group, esperta nelle questioni del Caucaso del Nord, ha ricevuto medesime conferme dalle sue fonti.

Una linea diretta, attivata in Russia dal LGBT-Network per i Ceceni, ha ricevuto più di dieci chiamate dalla Cecenia nelle due settimane successive alla pubblicazione dell’articolo sulla Novaya Gazeta.

La brutalità della repressione dimostra quanto la Cecenia sia diventata un feudo del suo presidente Ramzan Kadyrov. Il portavoce del presidente ceceno ha replicato alla Novaya Gazeta negando che ci siano persone gay in Cecenia dal momento che “Se ci fossero persone del genere in Cecenia, gli organi di polizia non avrebbero niente a che vedere con loro, poichè i parenti di costoro li avrebbero già mandati in un posto da cui non farebbero più ritorno”.

Chi crede che solo un intervento di Putin potrebbe indurre le autorità cecene a mettere fine a questa persecuzione, trascura il fatto che il Cremlino dipende dal presidente Kadyrov per garantire la stabilità della repubblica cecena, cosa che sta impegnando il Cremlino da anni.

Infatti Kadyrov dispone di una forza di sicurezza personale di circa 20.000 uomini e la sua repubblica è stretta osservante di codici religiosi e sociali ultra-tradizionali, che sfuggono persino alla legislazione russa; lo stesso Kadyrov si sarebbe dichiarato favorevole alla poligamia ed al delitto d’onore.

Qualsiasi dibattito sull’omosessualità è tabù e le persone gay sono del tutto invisibili. Il che rende complessa l’azione di contatto con loro e quella di documentazione della repressione.

“Le informazioni arrivano con ritardo” sostiene Igor Kochetkov del LGBT-Network russo che ha anche iniziato un programma di evacuazione dalla regione. La realtà della brutale repressione potrebbe essere anche più profonda di quella descritta dalla Novaya Gazeta. Come sostiene Ekaterina Sokirianskaia:”Abbiamo solo iniziato a vedere la punta dell’iceberg”.

Alternativa Libertaria solidarizza con la comunità LGBT della Federazione Russa, contro gli arresti e le aggressioni in Cecenia, in Russia, e in altri paesi della Federazione ove già da due anni è stato imposto il divieto di libera espressione sulla stampa e negli spazi pubblici, sosteniamo la controinformazione sui fatti che accadono e sensibilizziamo in modo che il pensiero autoritario e neo-religioso tradizionalista nei paese della Federazione sia smascherato come strumento di dominio sulla popolazione.

4 maggio 2017 Alternativa Libertaria/fdca

Link esterno: http://www.fdca.it

martedì 9 maggio 2017

E ora, Zimbabwe? Al di là del carismatico "buon" pastore.

Gli ultimi 4 mesi nello Zimbabwe possono essere sicuramente caratterizzati come un risveglio della classe lavoratrice, dato che migliaia di cittadini sono scesi in strada, rispondendo all'appello del pastore Evan Mawarire: “hatichatya” – noi non abbiamo paura. Il movimento #Thisflag è seguito subito dopo. Si tratta certamente di un momento storico per lo Zimbabwe; un periodo di crescenti sofferenze per il mondo del lavoro, mentre il paese entra (auspicabilmente) in un processo di rinascita per un nuovo e migliore Zimbabwe.

Ma prima di poter solo parlare di uno  Zimbabwe libero e di come realizzarlo, occorre dotarsi di una chiara e coerente analisi di classe del clima sociale e politico dello  Zimbabwe. Capire chi stiamo combattendo. Lo Zimbabwe ha senza dubbio bisogno di liberarsi dell'uomo di 92 anni che ritiene che il palazzo del governo sia la sua tomba. Ma nello stesso istante, dobbiamo liberarlo anche dell'oppressivo sistema statale. Sostituire un feroce capitalista e manager di stato con un altro non costituirebbe in nessun modo un progresso.


 

 

E ora, Zimbabwe? Al di là del carismatico "buon" pastore.

by Leroy Maisiri (ZACF)

I fatti recenti

Dopo 36 anni di indipendenza, il popolo dello  Zimbabwe è tornato di nuovo a scandire canti di libertà per una vera e reale emancipazione. La classe lavoratrice dello Zimbabwe sta pagando per una crisi economica di cui non ha colpa, perchè dovuta più che altro ad una crisi strutturale del sistema capitalistico globale (in gran parte di Stato) in un diabolico connubio con la dittatura di Mugabe. Negli ultimi 4 mesi, il paese ha visto come protesta dopo protesta la gente comune è scesa in strada a migliaia, noncurante della mano repressiva dello Stato (nella forma della polizia militarizzata). Al centro del movimento di protesta c'è una grave crisi economica che risale al 2008, il picco di una severa siccità con conseguente crisi dei rifornimenti di acqua, elettricità e generi di prima necessità. Quest'anno, il paese si è trovato paralizzato da una crisi di liquidità, a causa della grave penuria di dollari USA in tutto il paese.
Gli ultimi 4 mesi possono essere sicuramente caratterizzati come un risveglio della classe lavoratrice, dato che migliaia di cittadini sono scesi in strada, rispondendo all'appello del pastore Evan Mawarire:"hatichatya" - noi non abbiamo paura. Il movimento #Thisflag è seguito subito dopo. Si tratta certamente di un momento storico per il paese; un periodo di crescenti sofferenze per il mondo dellavoro, mentre il paese entra (si spera) in un processo di rinascita per un nuovo e migliore Zimbabwe
Evan Mawarire, un pastore della chiesa battista, è nei fatti l'architetto del movimento ed ha scelto in tutta questa fase di restare "apolitico".  Molti lo hanno descritto come il Martin Luther King Jr. dello Zimbabwe, che ha anche evitato di fare politica di partito mentre ha puntato sull'attivismo di base. Ha involontariamente dato inizio al movimento del Maggio 2016 con la pubblicazione di un video online in cui ha espresso la sua frustrazione per la crisi socio-economica e politica del paese. Il video conteneva un forte messaggio poetico che riflette le frustrazioni del paese e dei 16 milioni di cittadini dello Zimbabwe - e che in qualche modo assomigliava ai cahiers francesi [l'elenco di lamentele che riflettevano i pensieri della popolazione francese alla vigilia della rivoluzione francese]. Da allora, il movimento è cresciuto ed ha rotto il silenzio che circondava la status quo. Non a caso, lo Stato ha portato il Pastore Evan in tribunale, inizialmente per "incitamento alla violenza pubblica". Poco prima dell'udienza, tuttavia, l'accusa ha aggiunto un'ulteriore e più grave capo di imputazione: "tentato rovesciamento del governo costituzionalmente eletto". È stato riferito che ben più di duemila cittadini stavano al di fuori del tribunale in attesa dei risultati dell'audizione, pregando e cantando per il suo rilascio. E 'stato trovato non colpevole, ma ha apertamente espresso il timore che la sua vita era in pericolo, e che era sotto continue minacce, con persone non identificate che si presentavano perfino a casa sua e negli uffici. Non molto tempo dopo, è partito per il Sudafrica per fare un paio di conferenze in diverse università mentre si preparava per ottenere asilo politico per sé e la sua famiglia negli Stati Uniti.

E ora?

Prima di poter solo parlare di uno  Zimbabwe libero e di come realizzarlo, occorre prima dotarsi di una chiara e coerente analisi di classe del clima sociale e politico dello  Zimbabwe.  E per far ciò occorre dipingere la più vivida delle immagini, quella di un sistema di classe strettamente integrato con uno stato predatore. Non è un segreto che a partire dal primo giorno di indipendenza, lo Stato si è preoccupato di estrarre ricchezza dai suoi cittadini appartenenti alla classe operaia. Attraverso lo sfruttamento violento, attraverso la corruzione che non conosce limiti, il paese e la sua gente sono stati trasformati in prede senza protezione per un potere ed un governo affamati di ricchezza.

L'ex-marxista ed ora nazionalista governo dello Zanu-PF ha implementato nel periodo 1991- 1995 programmi di aggiustamento strutturale dello Zimbabwe subito dopo aver raggiunto l'indipendenza. Armati di neoliberismo, hanno dato luogo rapidamente alla decadenza del paese, mettendolo in ginocchio durante la crisi del 2008. Da allora, il nostro popolo si è ridotto allo stato di abitanti - residenti stranieri nelle proprie case. Con l'erosione delle norme e dei valori sociali, con la mancanza di uno scopo, tutto il paese si trova ora in uno stato di anomia, un paese senza regole paralizzato da instabilità, che deve provvedere a se stesso contro l'alleanza tra lo stato predatore e la sua coorte di proprietari capitalisti.
Questa  elite al governo - un'alleanza di dirigenti statali e capitalisti - ha mandato la classe operaia al macello in massa. Il colpo più recente alla classe operaia, poi diventato legge, è stato la sentenza della Corte Suprema del 16 luglio 2015 che ha dato ai datori di lavoro il diritto di risolvere i contratti dei lavoratori, senza dover offrire pacchetti di indennità. In meno di tre settimane da quella sentenza, un numero impressionante di 20-25000 lavoratori sono stati licenziati, e questo numero è cresciuto di migliaia da allora.
E' allora nostro compito più prudente quello di armarci di una concettualizzazione olistica dello stato e della classe. L'approccio anarchico spiega come lo Stato stesso è un fertilizzante del sistema di classe, creando e dando spazio al dominio da parte di una minoranza.
Avere coscienza di ciò è già metà della battaglia. Capire chi stiamo combattendo è essenziale. Lo Zimbabwe senza dubbio ha bisogno di liberarsi di un uomo di 92 anni, un vecchio che pensa che il palazzo del governo è  il suo cimitero. Ma nello stesso istante, dobbiamo liberarci del tutto dal sistema di oppressione del governo. Scambiare un manager di stato e feroce dirigente capitalista con un altro non costituirebbe affatto un progresso.
La classe dirigente dello Stato ha bisogno di accumulare capitali per essere in grado di mantenere in armi i suoi militari e far crescere il proprio potere coercitivo (cosa recentemente oggetto di una interessante e bollente contestazione dato che lo Stato si trovò non in grado di pagare i militari.) Il nostro sistema attuale - del capitalismo e dello stato - consente questo matrimonio diabolico di denaro e potere, consentendo che siano concentrati nelle mani di pochi. Come ci mostra l'anarchismo, lo Stato è un apparato altamente centralizzato del potere, che monopolizza le forze di coercizione e di amministrazione. Il tentativo di utilizzare questa macchina di potere per i nostri fini, consegnandola ad un'altra piccola élite in grado di operare, significa - in ultima analisi- ricreare un altro feroce Zimbabwe capitalista. In altre parole, la critica va al di là di Mugabe o Zanu-PF. La critica denuncia tutte le strutture intrinsecamente oppressive che esistono nella società, alimentate per quello che sono, dalla reale natura dello Stato stesso.
L'emergere e il fiorire del movimento #Thisflag, e della sua fonte di ispirazione - il Pastore Evan Mawarire - è l'inizio di un nuovo capitolo di speranza in questa lunga storia di lotte; un passo importante e sacrosanto se iniziamo lentamente a modellarci noi stessi una via d'uscita. Il movimento #Thisflag è diventato il fattore che unisce all'interno la classe operaia dello Zimbabwe, che unisce gli interessi dei disoccupati di lunga durata con i laureati disoccupati e col resto della popolazione. Il movimento ha fatto molto di più che offrire semplicemente l'ispirazione: ha acceso una notevole quantità di speranza come combustibile per la lotta. Questo è il passo essenziale verso la riconfigurazione futura dello Zimbabwe di oggi: la costruzione di pilastri come il movimento #ThisFlag che si distinguono come strutture di contro-potere che possono essere utilizzate per contrastare e sostituire lo stato e il capitalismo.

Un appello!

Questo movimento potrebbe certamente rappresentare i semi incontaminati di una nuova società; una società fondata sulla solidarietà, l'uguaglianza, la democrazia di base, priva di ogni forma di oppressione. Il movimento rappresenta inconsciamente la consapevolezza anarchica che l'unico modo per rovesciare un regime assetato di sangue come quello che esiste nel paese oggi è attraverso la lotta dal basso. Da qui l'invito, quindi, ad una critica più consapevole, per lo sviluppo di questa coscienza già esistente di come lottare, piuttosto che costruire il movimento intorno a una sola persona.

Esorto i miei concittadini dello Zimbabwe, a evitare la "sindrome di Mosè": si tratta di una trappola. Nessun movimento veramente di successo della classe operaia può essere costruito intorno a un individuo. Mosè stesso alla fine non è entrato nella terra promessa. Noi dello Zimbabwe, dobbiamo diventare i nostri sorveglianti, vigilando che l'attuale stato di predatori non venga semplicemente sostituito da un altro regime opportunistico, portando con sé le stesse forme di oppressione che stiamo combattendo. In secondo luogo, dobbiamo avere una chiara coscienza che, andando avanti, la direzione che il movimento ha assunto è quella  di agire collettivamente, e che solo collettivamente possiamo smantellare questo sistema. Il movimento #Thisflag deve perdere molto rapidamente la sua dipendenza dalla parola di un uomo, e iniziare insieme a ricostruire una sinistra credibile, con una politica di sinistra e di massa quale discorso,  movimento e alternativa per il popolo.
Avendo brevemente incontrato il 'buon pastore' durante la recente conferenza alla Rhodes University, è apparso chiaro che egli vede il suo ruolo come quello di semplice creatore della scintilla, ma che andando avanti sarebbe toccato al cittadino comune  andare oltre la retorica e sviluppare una coscienza politica più profonda. Questo tipo di consapevolezza dovrebbe includere una valutazione del fatto che lo stato dello Zimbabwe, come tutti gli stati, abusa - e sempre abuserà - dei mezzi di coercizione. Da nessuna parte ciò è più evidente che in Zimbabwe, dove la polizia militarizzata va in giro a bastonare qualsiasi cosa si muova o respiri (o, in particolare, lotti contro l'ingiustizia). Lo dimostra brutalmente anche le migliaia di manifestanti che sono detenuti nelle carceri senza un giusto processo. In combinazione con questo potere coercitivo, lo stato usurpa i mezzi di amministrazione (che abbiamo anche palesemente visto all'opera nella più recente sentenza della Corte Suprema). In prima linea, dobbiamo armarci non solo con la bandiera (magari, la bandiera nera dell'anarchia!), ma con una chiara comprensione di come funziona il sistema di classe in Zimbabwe, e una chiara comprensione che è solo attraverso movimenti di massa dal basso che si avrà anche la possibilità di creare un cambiamento efficace.
Questo è un appello per il movimento #Thisflag: perchè inceppi il sistema in modo continuo, senza sosta e completamente, e guidi se stesso, per se stesso, e di per sé come un movimento di tutte le persone oppresse nello Zimbabwe.

Leroy Maisiri - Zabalaza Anarchist Communist Front
(traduzione a cura di ALternativa Libertaria/fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)


1937 – 2017: A OTTANTA ANNI DAI BOMBARDAMENTI DI DURANGO E GERNIKA

Sono passato ormai ottanta anni dal bombardamento di Gernika, universalmente noto, opera dell'aviazione nazista tedesca.
Meno noti (o meglio: elegantemente rimossi) analoghi devastanti bombardamenti sulla popolazione civile operati dall'aviazione fascista italiana durante la Guerra civile spagnola. Per non dimenticare.

Gianni Sartori














Come ogni anno nel giorno di Pasqua migliaia di baschi parteciperanno all’Aberri Eguna
(Giorno della Patria Basca) inalberando striscioni e ikurrinas (bandiere basche). Risale al
1964 la prima celebrazione dell’Aberri Eguna in Hegoalde (Paese basco sotto
amministrazione spagnola) durante la dittatura franchista. Non casualmente si svolse a
Gernika, la cittadina bombardata nell'aprile 1937, 80 anni fa. Mentre è ormai
universalmente conosciuta la responsabilità dell'aviazione nazista, è meno noto che al
mitragliamento partecipò anche l'aviazione italiana con i Savoia-Marchetti. Quasi
sconosciuto poi il ruolo italiano nel bombardamento, propedeutico a quello di Gernika, di
Durango (cittadina di Bizkaia) del 31 marzo 1937.
E' di questi giorni la notizia che la Agrupacion Cultural Gerediaga ha sporto querela per crimini di guerra nei confronti dei piloti e degli equipaggi, finalmente identificati (44 su 45) con nome e cognome, responsabili dell'attacco condotto con tre bombardieri italiani contro Durango. Attacco che causò la morte di 336 persone. Inizialmente i bombardieri erano quattro, ma uno fu costretto a rientrare alla base di Soria per avaria. Ogni aereo portava un carico di 20 bombe da 50 chili l'una e altre 4 bombe incendiarie di 20 chili. Una decina di aerei caccia erano incaricati di scortarli e tra un bombardamento e l'altro si dedicarono al mitragliamento della popolazione civile.
Alla richiesta di una condanna, per quanto tardiva, si è associata anche l'Ayuntamiento di Durango. La sindachessa di Durango, Aitziber Irigoras, si augura che “con tutte queste informazioni raccolte sia possibile che la nostra denuncia venga accolta”.
Una curiosità. Aitziber Irigoras ha riferito che sono stati scoperti anche gli pseudonimi adottati dai piloti, in quanto ufficialmente l'Italia non partecipava alla Guerra civile tra i fascisti di Franco e i Repubblicani.
All'identificazione dei responsabili si è giunti dopo una approfondita ricerca d'archivio ( (sia nell'Archivo General e Historico del Aire di Madrid, sia nell'Archivio dello Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare Italiana di Roma). Dalle ricerche è emerso che l'Italia partecipò alla Guerra civile spagnola con 70 aerei dell'Aviazione legionaria, mentre la Germania nazista fornì 80 aerei della Legione Condor. Durango non era un obiettivo militare e l'unico scopo era quello di colpire e terrorizzare la popolazione civile. Molte delle vittime stavano assistendo alla prima messa del mattino e non ebbero scampo. L'attacco si svolse in tre fasi successive, il primo alle otto del mattino, i due successivi nel pomeriggio. Analogamente a quanto avvenne nei Paesi baschi, molti obiettivi civili vennero colpiti dall’aviazione al servizio dei franchisti anche in Catalunya. Oltre a Granollers (da allora conosciuta come la “piccola Gernika), aerei fascisti italiani bombardarono ripetutamente la Rosa de foc (Barcellona) provocando più di tremila morti tra i civili. Anche Barcellona come Durango aveva sporto querela contro l'Aviazione italiana per questi crimini di guerra. Crimini su cui la nostra opinione pubblica ha sempre steso il velo, poco pietoso, del solito luogo comune degli “Italiani, brava gente”.

GERNIKA, SIMBOLO DELL'INDIPENDENZA BASCA

Grazie anche alla nota opera del pittore Picasso, è invece relativamente nota la data del 26 aprile 1937.*

Quel giorno l’aviazione nazista, alleata di Franco, radeva al suolo la città di Gernika,
depositaria dei Fueros tradizionali e simbolo dell’indipendenza. Ricordo che Gernika e Durango non furono le uniche località basche a subire i bombardamenti dei golpisti del 18 luglio 1936. Anche Elgueta venne devastata dall'aviazione di Mussolini.
Gli aerei italiani (Savoia-Marchetti) si resero responsabili del mitragliamento sulla piazza del mercato di Gernika. Poi intervennero Junker e Heinkel per uno dei primi bombardamenti a tappetto su un obiettivo civile della Storia. Come ricorderà Goering al processo di Norimberga “raccomandai al Fuhrer di appoggiare Franco in ogni modo per avere la possibilità di provare la mia giovane Luftwaffe dal punto di vista tecnico”. Fu un vero e proprio esperimento, la prova generale per la Seconda Guerra Mondiale. I rapporti tra il generale Franco e lo stato maggiore nazista (come del resto i rapporti tra i monarchici spagnoli e i fascisti italiani) risalivano a prima del 18 luglio 1936, consolidandosi ulteriormente al momento della ribellione contro il legittimo governo repubblicano. Già il 22 luglio il capitano Francisco Arranz partì con una lettera personale di Franco per Hitler, in compagnia dell’esponente nazista Adolfo Langenheim, e dell’industriale tedesco Johannes Berhardi (dirigente della sezione economica dell’Ufficio Affari Esteri, Auslandorganisation). Giunsero a Berlino il 25 luglio e, grazie all’appoggio dell’ammiraglio Canaris, le loro richieste vennero accolte, nonostante l’indecisione del ministro degli Esteri Neurath.
Più ancora di quello di Canaris, risultò decisivo l’appoggio di Herman Goering, capo della Luftwaffe. Le popolazioni insorte della penisola iberica diventarono agli occhi dei gerarchi nazisti le indispensabili cavie per i loro piani di riarmo. Non fu quindi un caso che a essere bombardate in modo così indiscriminato siano state soprattutto città basche e catalane. Una conferma che Euskal Herria e Paisos Catalans venivano considerati da Franco e dalle oligarchie spagnole alla stregua di colonie interne. Al ministero della guerra tedesco venne creata una sezione speciale (COS “V”) per reclutare uomini ufficialmente volontari e per inviare materiale bellico in Spagna. Il primo invio consistette in trenta aerei da trasporto Junker. Seguirono truppe specializzate, aerei, carri armati. In cambio, oltre agli esperimenti che interessavano a Goering, gli industriali tedeschi (tra cui Willi Messerschmidt) ottenero precise garanzie economiche. Il 6 novembre 1936, per ordine di Hitler, venne costituito a Siviglia la Legione Condor, al comando del generale Von Sperre. Si trattava di 6500 uomini, appoggiati da aerei da caccia, da bombardieri e da compagnie corazzate. Successivamente entrò a far parte della Condor anche il gruppo Mare del Nord che operava a bordo di due corazzate. La Condor si distinse per i suoi interventi spietati sia al fronte che nelle retrovie, in operazioni dette di “limpieza” (pulizia), una tecnica qui sperimentata e destinata ai noti successivi sviluppi nell’Europa occupata dai nazisti.
Il ruolo maggiore lo svolse l’aviazione, ottemperando in pieno all’obiettivo fissato da Goering: addestrare i piloti e testare l’efficienza degli aeroplani. Le missioni svolte sulla penisola iberica costituirono l’anticipo di tutti quei bombardamenti indiscriminati che pochi anni dopo avrebbero distrutto tante città europee. All’epoca mitragliare e bombardare città indifese (ancora sprovviste di contraerea) e popolazioni civili inermi comportava ben pochi rischi. Guernika (Gernika in lingua basca), cittadina a dieci chilometri dal mare e a trenta da Bilbao, non aveva più di sette-ottomila abitanti (oggi poco più che raddoppiati), costituiva un piccolo centro apparentemente insignificante. Eppure questa città, da secoli, è il simbolo delle tradizioni basche, puntigliosamente difese all’epoca delle guerre carliste. Già nel medioevo, sotto il suo famoso rovere millenario, si riunivano i rappresentanti dei diversi paesi per decidere le sorti politiche della nazione basca e perfino i re spagnoli qui avevano dovuto giurare di rispettare leggi e consuetudini locali, i Fueros. Da questo punto di vista, il bombardamento acquistava tutte le caratteristiche di una rappresaglia contro quelle che i franchisti chiamarono le “province ribelli” (Bizkaia, Gipuzkoa, Araba). Lunedì 26 aprile 1937 alle quattro e mezzo del pomeriggio, giorno di mercato, le campane suonarono annunciando l’arrivo di uno stormo di aerei. Gli Heinkel 111 apparvero alle cinque meno venti, bombardando e mitragliando sulle strade. E secondo lo storico Claudio Venza (Università di Trieste) al mitragliamento presero parte anche aerei italiani. Di seguito altri aerei, Junker 52. La popolazione che cercava di mettersi in salvo nei campi e nei boschi venne ulteriormente mitragliata. Fino alle otto meno un quarto, ogni venti minuti si succedettero ondate di aerei che scaricavano anche bombe superiori ai cinque quintali. La città risultò completamente devastata e incendiata. Per lo storico HughTomas quel giorno morirono 1654 persone e 889 rimasero gravemente ferite. Cifre inferiori riportate da altri fonti si riferivano ai solo abitanti di Gernika, senza aver calcolato che molte delle vittime provenivano dalle località vicine.
Miracolosamente, il palazzo sede del parlamento basco e la Quercia restarono illesi. Tali avvenimenti vennero confermati da tutti i testimoni oculari, sindaco compreso, dal governo basco e da tutte le formazioni politiche repubblicane. Vennero raccontate nei dettagli dai corrispondenti del Times, del Daily Telegraph, della Reuter, di Star, di France Soir e del Daily Express che visitarono immediatamente il luogo (molti la sera stessa) e raccolsero frammenti di bombe di fabbricazione tedesca. La propaganda fascista ha poi sostenuto per anni che a distrugger Gernika sarebbero stati gli stessi baschi per screditare Franco. Fino a qualche anno fa (il celebre quadro di Picasso era già stato trasferito in Spagna dal Moma newyorchese) la vera storia di Gernika era ancora ignorata da molti spagnoli. In molti libri di Storia (come in quelli di Manuel Aznar, storico ufficiale del regime e amico personale di Franco) si sosteneva che se non erano stati proprio i baschi, in alternativa, i responsabili andavano individuati in un battaglione di minatori repubblicani delle Asturie. Nel 1987 alle cerimonie per il cinquantenario avevano preso parte anche due deputati tedeschi, i Verdi Petra Kelly e Gert Bastian, destinati a morire pochi mesi dopo in circostanze misteriose**. La loro presenza esprimeva sia una volontà di riconciliazione, sia l’ammissione della colpa da parte dei tedeschi. Attualmente Gernika è gemellata con la città tedesca di Pforzeim il cui centro storico venne distrutto per l’80% dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.
Gianni Sartori

*nota 1: Altra data ricordata dal popolo basco è quella della caduta di Irunea (Pamplona) il 21 luglio.
Nel febbraio 1512 con una bolla pontificia di Giulio II venivano scomunicati i “Baschi cantabrici” (peraltro cattolicissimi) e cancellati i diritti di Caterina de Foix e Juan de Albret, legittimi sovrani della Navarra. Premessa indispensabile per l’invasione da parte delle truppe spagnole. Dopo un lungo assedio, Irunea capitolerà il 21 luglio 1512. Il cardinale Cisneros che dal 1499 aveva condotto una campagna di conversioni forzate a Granada, venne incaricato di reprimere e uniformare ogni possibile dissenso, sia religioso che politico. L’Inquisizione ebbe mano libera e procedette all’eliminazione fisica, oltre che di eretici, presunte streghe e minoranze etnico-religiose, di tutti quei nobili ed esponenti delle élites intellettuali che non intendevano sottomettersi al nuovo ordine. Non era un caso che una delle formazione della sinistra indipendentista, sorte dopo l’illegalizzazione di Herri Batasuna prima e di Batasuna poi, si fosse data il nome di Amaiur, la fortificazione dove i nobili di Navarra si riunirono per l’estrema resistenza e ultimo caposaldo a cadere in mano all’esercito castigliano.
Invece il 27 settembre si celebra il Gudari Eguna (“Giorno del combattente basco”) in memoria del Txiki e di Otaegi, due etarras fucilati nel 1975 dal regime franchista già agonizzante.

** nota 2: Anche Dulcie Septembre, rappresentante dell’ANC in Francia, venne assassinata dai servizi segreti sudafricani dopo aver partecipato ad una manifestazione indetta da Herri Batasuna a Gernika.





IX Congresso Nazionale della FdCA

IX Congresso Nazionale della FdCA
1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)