ADERISCI AD ALTERNATIVA LIBERTARIA/FdCA

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O SCEGLI NOI O SCEGLI LORO

campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

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mercoledì 27 maggio 2020

#8 #andavatuttomale, riflessioni sulla socialità ai tempi del Covid

Questa epidemia ha origine naturale, non è stata la prima della storia e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima, ciò che la rende straordinaria è che si è manifestata nel pieno della globalizzazione neoliberista, nel quale l’essere umano ritiene “giusto” lo sfruttamento ambientale e tra le persone, aspettando dalla scienza soluzioni immediate e salvifiche di fronte a qualsiasi problematica, senza una partecipazione autogestita.
Da anni le organizzazioni mondiali che si occupano di sanità avevano avvertito sul pericolo di possibili contagi epidemici, gli esempi di Sars e Ebola alcuni dei più noti, ma i governi interessati ad una temporalità connessa alle elezioni e alla logica effimera e disumanizzante della produttività, non avevano programmato alcun piano emergenziale, ben consci di quanta oppressione autoritaria e speculatrice si può mettere in atto in tali momenti.
Siamo altresì consapevoli che a causa del nostro modello economico l’essere umano stia perdendo la sua connotazione di animale sociale, per divenire meramente egoistico ma in questo periodo ha dovuto riscoprire ne* altr* la sua unica possibilità di salvezza, ipocritamente questa solidarietà che spesso i media ci propinano è stata innescata dalla paura ansiogena e dall’incertezza al limite del paranoico.
Interessante è analizzare la tipologia e i contenuti che la comunicazione istituzionale ha manifestato, fin da subito (probabilmente consapevolmente), ha ritardato nel dare risposte il più possibili veritiere e coerenti, poco attenta dunque a non diffondere un’“infezione psichica” allarmistica visto che sappiamo bene quanto una massa presa dal panico sia più facilmente manovrabile.
Il destinatario dei messaggi, degli slogan, delle restrizioni liberticide e degli aiuti economici si riferisce pericolosamente ad un impersonale “cittadino medio”, specificatamente più al suo corpo che alla sua mente in una dimensione di biopotere, con lo scopo di azzerare le diversità, far accrescere o creare disuguaglianze in tutte le sue dimensioni senza considerare alcuna giustizia sociale, non permettere alcuna partecipazione attiva.
Il linguaggio dei mass media ha cercato di interpretare propagandisticamente la situazione, facendo abuso di riferimenti al mondo bellico, riuscendo come nessun altro a creare suggestioni emotive di odio, morte e a far vedere l’“altro” come nemico; in questo caso l’untore dapprima decodificato in colui che aveva tratti fisiognomici asiatici poi in quanti non solo si azzardavano ad uscire di casa, ma lo facevano senza indossare la tanto agognata mascherina, con tutta la sua caratura simbolica che ormai possiede; così facendo però ha fatto accrescere nella popolazione un profondo senso di smarrimento e paura, soprattutto per coloro che stanno passando un periodo di debolezza sia psichica che materiale.
I primi riferimenti valoriali messi in luce nella comunicazione propagandistica stanno riguardando la trilogia tipicamente fascista di dio, patria e famiglia, mutandoli ovviamente in una chiave post modernista e digitale, dimostrata dalle dirette via streaming delle messe e dei discorsi di Papa Francesco, dal patriottismo più becero del tricolore sui balconi, che fa perdere il senso globale dell’evento e per concludere dal rassicurante e ossessivo invito a “restare in casa”.
Facilmente riscontrabili poi altri orientamenti narrativi declinati in tutte le manifestazioni televisive o digitali: nella dicotomica percezione di senso di colpa e ammirazione eroica nei confronti di quant* perdono la vita operando all’interno delle strutture sanitarie; nell’ipocrisia della perdita di intere generazioni di “nonni”, prima troppo spesso dimenticati nelle case di riposo, o comunque attanagliati dalla solitudine; nell'immancabile miopia nel vedere nemica assoluta l’Europa e non il sistema neoliberista che ci domina; nella ritualità quotidiana sull’aggiornamento statistico dei contagi, e su quante denunce sono state redatte; nella diffusione di migliaia di raccolte fondi per l’acquisto di supporti sanitari, al fine di rendere le persone protagoniste senza criticare il sistema sanitario aziendalistico e privatizzato; nell’instillare collettivamente e ciecamente il mantra della riapertura delle aziende, permettendo alle persone di ritornare all’unica dimensione esistenziale del sistema a cui è interessata, cioè quella produttiva; nell’ottimistico giudizio dello strumento de l’e-learning che in realtà accresce disparità materiali e di apprendimento negli studenti.
Questa breve e approssimativa analisi non ha lo scopo di far emergere nuove considerazioni socio politiche, ma forse più di confermare quanto già sapevamo, ma che troppe volte abbiamo accettato con rassegnazione.
E’ arrivato il momento di una profonda rivoluzione culturale, che riesca a cambiare il nostro immaginario riguardo il futuro, accogliendo nuove alternative possibili; in un’ottica in cui la persona è posta nelle condizioni di sviluppare la propria individualità e di vivere una socialità vera, orizzontale e mutualistica; all’interno di una dimensione ecologica come parte della natura, dove il nostro unico possibile vaccino deve essere una dimensione anticapitalistica.

Iniziativa Libertaria - Pordenone
iniziativa libertaria Pordenone



martedì 26 maggio 2020

L’anarchia a suon di musica – di Marco Carminati sul Sole24Ore di domenica 24 maggio2020









“Addio Lugano bella” è forse la più celebre canzone legata ai movimenti anarchici attivi in Europa al tra Ottocento e Novecento. Ma quando e in che circostanza venne composto questo famoso brando? E soprattutto, che ne fu il suo autore? Massimo Bucciantini ha affrontato la questione con il libro dal titolo “Addio Lugano bella. Storie di ribelli, anarchgioci e lombrosiani” (Einaudi), in libreria a partire dal 26 maggio i cui contenuti sono anticipati in un brillante articolo a firma dello stesso Bucciantini che apre le pagine della Domenica del Sole 24 ore.
Cantata fin dai primi del Novecento, “Addio Lugano bella” è stata riscoperta nel secondo Dopoguerra, tanto da diventare uno dei pezzi più noti del repertorio di tanti cantautori nostrani: l'hanno interpretata Giovanna Marini, Francesco De Gregori, Daniele Sepe, Caterina Bueno, Maria Carta, Milva, Vinicio Capossela, Ivan Graziani.







(L’artista Agostino Iacurci ha realizzato nel 2012 il murale Pietro non torna indietro in omaggio a Pietro Gori, autore della canzone Addio Lugano bella )

Il libro che ne racconta la storia prende avvio da una fredda e nevosa sera d'inverno a Lugano, dove un drappello di uomini ammanettati e avvolti nei loro mantelli neri procedono in fila, stretti l'uno all'altro, accompagnati da un gruppo di agenti di polizia. Il loro compito è di scortarli fino alla stazione ferroviaria, e da lì controllare che salgano sul treno diretto a Nord, a Basilea, al confine con la frontiera tedesca. E che nessuno di loro abbia la malaugurata intenzione di tornare indietro. Arrestati e sbattuti in carcere come malfattori, su di loro pende come unica accusa quella di essere potenzialmente sovversivi, quindi indesiderabili: una minaccia per la vita ordinata e tranquilla della città.
Sono italiani, in gran parte giovani, dei quali non resteranno che un nome e un cognome, senza anima né corpo. Tranne di uno, nato a Messina ma da padre e madre toscani, che da alcuni anni è personalità di rilievo, non ancora trentenne ma già segnalato per la sua pericolosità di agitatore nei dispacci delle prefetture d'Italia e Francia. È Pietro Gori, anarchico, conferenziere di grido, dirigente politico ma anche poeta e drammaturgo, penalista e sociologo. Ed è proprio mentre è rinchiuso nelle carceri ticinesi, alla fine di gennaio del 1895, che compone una delle sue canzoni più celebri: Il canto degli anarchici espulsi, meglio nota come “Addio Lugano bella”.

Federalismo decentramento e noi

Federalismo decentramento e noi È vero, abbiamo criticato il modo con cui molte regioni hanno condotto la stagione del covid19. È vero, abbiamo sempre avversato l’infausto pateracchio della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 e tutta la confusione che da essa è stata generata, ricordiamo che quella revisione costituzionale fu voluta sullo scorcio della legislatura da un centrosinistra in confusione (una vera novità!) e da un improbabile candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Rutelli, nella vana speranza di sottrarre voti alla Lega Nord.
Ciò vuol dire che i comunisti anarchici sono diventati centralisti, o, come dicono
le correnti individualistiche ed antiorganizzatrici dell’anarchismo, statolatri? Chiariamo
meglio.
Potremmo dire che ci rifiutiamo di sostituire la statolatria con la “regionilatria”, ma sarebbe un semplice escamotage, anche se non lontano dal vero. È, infatti, un dato che il decentramento inserito in quel frangente nella Costituzione non avvicina, come sostiene la vulgata, le istituzioni ai cittadini. Non solo la devoluzione di parte dei poteri alle regioni non ha reso i promulgatori di leggi più prossimi ai sudditi o da essi meglio controllabili, ma ha moltiplicato per venti volte un ceto politico parassitario, con l’aggravante che spesso esso è anche meno preparato e più esposto alle pressioni dei poteri forti che hanno gioco più facile nel condizionare le forze politiche che gestiscono il territorio. Non vogliamo certo sostenere che l’attuale classe politica nazionale sia di elevata caratura; non lo è neppure, salvo rare eccezioni, quella degli altri Stati, ma solo che al peggio non c’è mai fine, come è facile constatare.
Quindi, quello a cui assistiamo non è decentramento con connesso sviluppo della democrazia e della partecipazione, ma solo una moltiplicazione di centri decisionali, sovente in contrasto tra di loro, che alimenta la babele delle norme. Per usare una formula cara agli anarchici tutti, le decisioni non salgano dal basso verso l’alto per formare una volontà comune e condivisa, ma piovono come grandine sui cittadini che spesso ne ignorano provenienza e ragione.
Non è certo un caso che questa miriade di centri decisionali tendano ad allargare le proprie competenze e diano adito alla continua richiesta di maggiore autonomia (fino all’obbrobrio dell’“autonomia differenziata”) la cui molla non è la ricerca del bene collettivo, ma la più gretta autoreferenzialità; quello che si produce non è un federalismo di comunità autogestite che si sostengono vicendevolmente con spirito solidaristico, ma il trionfo dei più ricchi e del loro egoismo. È un federalismo divergente invece che convergente, che allontana gli uni dagli altri invece che tendere alla cooperazione, che divide invece di unire.
Queste tendenze all’isolamento sono miopi, ma soprattutto fanno leva sugli istinti più deteriori delle persone, attingendo la propria linfa dagli strati più abbienti o da quelli meno critici della propria popolazione, impedendone la crescita della coscienza politica. La pratica del federalismo solidale si basa sulla più ampia diffusione della consapevolezza delle persone di fare parte necessariamente di una comunità senza la quale non ci sarebbero possibilità di sopravvivenza e di sviluppo collettivo. Il federalismo così caro alla destra (stranamente, sembra, contrastante con
l’originaria difesa del più autocratico centralismo) non è che una manovra volta a sviluppare gli egoismi, quegli egoismi che le permetterebbero una gestione forte del potere una volta che lo avessero conquistato. La diffusione degli slogan “Prima gli ….” solleticano proprio il desiderio di godersi dei privilegi presunti ed aprono in realtà le porte alle dittature palesi o camuffate; gli esempi (Brasile, Stati Uniti d’America, Ungheria, ecc.) non mancano. Tornando a noi, quello che è il nostro scopo non “decentrare” il potere a cascata, ma quello di costruire una società di individui coscienti, responsabili, capaci di autogestirsi, solidali, quindi la centralizzazione delle decisioni che convergendo si formano a partire dalle volontà delle comunità che si federano. Decentrare è un movimento discendente, “centralizzare”, cioè la faticosa costruzione di un indirizzo comune, è un movimento ascendente. Le comunità locali, sindacali, agricole, di mestiere, non sono monadi che non comunicano tra di loro, ma sono interconnesse per il semplice motivo che necessitano le une dalle altre e solo cooperando possono svilupparsi, garantendo il massimo benessere possibile ai propri aderenti. Nulla a che vedere con il guazzabuglio che l’Italia con l’autonomia regionale o gli USA con l’indipendenza dei singoli Stati, stanno oggi impietosamente mostrando. In questi casi le singole decisioni rispondono solo a giochi di potere politico ed alle esigenze elettorali dei governanti ai vari livelli e non certo alla salvaguardia degli
interessi collettivi.
Per concludere, non è il luccichio di un’autorità centrale che ci attrae, fosse anche quella dei tecnici e degli scienziati del cui sapere abbisogniamo, ma che vanno controllati per la loro incompetenza relazionale e per l’offuscamento che il loro sapere procura ad essi. Quello che ci interessa è non confondere i piccoli ma tenaci poteri dei
boiardi disseminati nella penisola con le vera chiamata dei cittadini alla consapevolezza dei propri diritti, in modo che venga loro conferita la piena potestà delle scelte e della direzione da imprimere alla propria vita collettiva.
La Redazione







SITO ORIGINALE

lunedì 18 maggio 2020

A sostegno delle richieste di Grup Yorum

                                                                           Per 
 
– la  fine delle incursioni della polizia nel Centro Culturale İdil
– la cancellazione dalla lista dei ricercati dei membri del Grup Yorum
– la rimozione del divieto dei concerti di Grup Yorum
– la cessazione delle accuse contro i membri di Grup Yorum
– il rilascio di tutti i membri di Grup Yorum attualmente in carcere

Sosteniamo le richieste degli Avvocati del popolo
 che chiedono di poter difendere i loro clienti!
 
PER LA LIBERTÀ DEI PRIGIONIERI POLITICI!
CONTRO LA PERSECUZIONE POLITICA!
PER LA DIFESA DELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE!
SOLIDARIETÀ CON GRUP YORUM!

SOLIDARIETÀ CON GLI AVVOCATI DEL POPOLO!
SOLIDARIETÀ CON I PRIGIONIERI POLITICI!




Appello 

L’8 maggio, nel pieno della crisi sanitaria mondiale, è diventato martire il nostro compagno Ibrahim Gökçek, bassista e attivista rivoluzionario turco, membro di Grup Yorum, che insieme ad altri compagni musicisti, avvocati e prigionieri politici ha portato avanti una eroica lotta con lo sciopero della fame fino alla morte, denunciando la persecuzione politica e i mezzi repressivi che lo stato turco sta applicando contro il popolo ed in particolare contro l’attività artistica di Grup Yorum.
Durante le onoranze funebri il Governo turco ha spiegato ingenti forze di polizia con mezzi blindati, usando lacrimogeni e sparando contro il popolo che si era radunato per omaggiarlo. Non sono mancati arresti, ancora tra i membri di Grup Yorum e gli avvocati del popolo, nonché tra i sostenitori del gruppo musicale. La salma è stata riconsegnata solo per la tumulazione, ma ancora oggi ci sono minacce da parte dei gruppi fascisti che continuano a sostenere che ruberanno il corpo di Ibrahim Gokçek per poi bruciarlo.
Allo stesso modo sono diventati martiri il 3 aprile scorso, la compagna Helin Bölek, solista di Grup Yorum, dopo 288 giorni di sciopero della fame, e il 24 aprile il prigioniero politico Mustafa Koçak, dopo 297 giorni di sciopero della fame.
Sebbene Helin Bolek e Ibrahim Gokçek siano stati liberati rispettivamente a novembre e a febbraio, comunque le persecuzioni a loro carico sono continuate nei messi successivi e antecedenti la loro morte a causa della loro perseveranza nella lotta.
Oggi, ancora una volta vediamo tangibili le prove di come il regime dello stato turco continua la sua guerra contro il popolo e i rivoluzionari, come parte di una politica di repressione e persecuzione politica che l’imperialismo applica nel mondo.
La responsabilità di queste morti è del governo turco, sostenuto dai complici governi occidentali e di tutte le associazioni che non si sono schierate in modo netto contro lo stato terrorista.
In particolare il nostro appello va alle organizzazioni democratiche e rivoluzionarie, ma anche ai singoli cittadini italiani, che ripudiano la guerra, come scritto nella nostra Costituzione, a pronunciarsi e ad esprimere la loro solidarietà con la lotta del popolo turco.
Scrivendo o telefonando al Ministero degli affari esteri e della Cooperazione Internazionale
Telefono: +39 – 06.36911
Scrivendo o telefonando all’Ambasciatore della Repubblica di Turchia presso la Repubblica italiana Murat Salim Esenli
Telefono: +39 – 06.445941
BASTA ALLEGARE IL SEGUENTE TESTO NELL’EMAIL:
Sosteniamo le richieste di Grup Yorum
La fine delle incursioni della polizia nel Centro Culturale İdil
La cancellazione dalla lista dei ricercati dei membri del Grup Yorum
La rimozione del divieto dei concerti di Grup Yorum
La cessazione delle accuse contro i membri di Grup Yorum
Il rilascio di tutti i membri di Grup Yorum attualmente in carcere
Sosteniamo le richieste degli Avvocati del popolo che chiedono di poter difendere i loro clienti!
PER LA LIBERTÀ DEI PRIGIONIERI POLITICI!
CONTRO LA PERSECUZIONE POLITICA!
PER LA DIFESA DELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE!
SOLIDARIETÀ CON GRUP YORUM!
SOLIDARIETÀ CON GLI AVVOCATI DEL POPOLO!
SOLIDARIETÀ CON I PRIGIONIERI POLITICI!
Continuiamo a raccogliere il vostro consenso anche con le foto o qualsiasi altra espressione di solidarietà. Scrivete e scriveteci!
Comitato Solidale Grup Yorum

venerdì 15 maggio 2020

#6 LA SCUOLA AL TEMPO DEL COVID-19

La pandemia che sta colpendo ormai il mondo intero è destinata a lasciare un segno profondo in tutti i settori della società, dalla sanità all’economia, ai rapporti sociali e non ultima l’istruzione. 
Le scuole sono state le prime a chiudere e con ogni probabilità saranno le ultime a riaprire. 

Il problema va visto da tre punti di vista, quello degli studenti, dei genitori e non ultimo da quello del corpo docente e da tutti i soggetti che nella scuola ci lavorano. L’improvvisa chiusura ha trovato tutti piuttosto impreparati ad affrontare il problema, ma la cosa che salta agli occhi è la totale assenza del Miur. 
Dapprima senza dare riferimenti di sorta circa l’eventuale riapertura delle scuole posticipandone di volta in volta la decisione ma facendo capire – fra le righe – che l’anno scolastico non sarebbe ripreso nella modalità classica. E questo si è visto anche nella scelta di riaprire o meno le attività produttive.

Con il decreto dell’ 8 aprile il governo dà indicazione che il personale docente, durante la sospensione delle attività didattiche per l’emergenza coronavirus, assicuri la continuità dei percorsi formativi degli studenti utilizzando mezzi informatici e collegamenti telefonici. La cosa più grave è la totale mancanza di ogni qualsivoglia indicazione. 
Ci si “dimentica” di dire come la didattica a distanza deve essere svolta, con quali mezzi con quali piattaforme, chi sosterrà i costi e se ne sottovaluta i rischi.

Se questa nuova modalità di didattica a distanza deve per forza di cose essere fatta, il Miur – che sembra una sorta di dilettanti allo sbaraglio – si è distinto per la sua assenza dimenticando problematiche fondamentali per poter affrontare la DaD - Didattica a Distanza.
Innanzi tutto si dà per scontato che il corpo docente metta a disposizione i propri mezzi informatici per poter svolgere la DaD, computer e collegamenti telefonici personali messi al servizio del sistema scolastico senza conseguente rimborso - è come se un operaio metalmeccanico fosse costretto a comprarsi la macchina con cui lavora!!. 
Senza contare che non tutti possono avere spazi domestici atti a tale attività. 
Ammesso e non concesso che tutti i docenti abbiano tali strumenti a disposizione.

Si potrà obiettare che i docenti hanno avuto nel corso degli ultimi anni il cosiddetto “Bonus Docenti”. Fino all’emergenza covid il bonus aveva forti limitazioni di spesa: si potevano comprare solo pc e programmi (l’emergenza covid ha dimostrato invece che serve ben altro: webcam, cuffie e microfono, stampante e scanner oltre a giga da utilizzare per i collegamenti e credito telefonico per gestire le innumerevoli telefonate, senza citare gli smartphone di ultima generazione che consentano l’installazione di un numero esponenziale di applicazioni… il perché di queste limitazioni? 
Molti hanno in passato esplicitamente dichiarato che i docenti se ne sarebbero approfittati per scopi personali, mentre era possibile spendere senza particolari difficoltà tutto il credito in spettacoli teatrali, editoria e corsi di formazione spesso di dubbio valore e - guarda caso - altrettanto spesso dal costo esattamente corrispondente all’intero budget assegnato dal MIUR.

Ma questo, lo vedremo successivamente, vale anche per gli studenti.

Come dicevamo il Miur e dirigenti scolastici non hanno dato nessuna indicazione di come la Dad dovesse essere svolta, con che orari, quale dovesse essere la durata delle lezioni in perfetta violazione del contratto di lavoro. Per non parlare della sicurezza sul lavoro: se gli strumenti utilizzati sono personali, non si applicano le tutele dei lavoratori. 

Le normative in tema di telelavoro prevedono pause che anche in questo caso non vengono minimamente citate – pause che devono essere sia per i docenti che per gli studenti. Non ultimo non si è considerata la formazione necessaria per svolgere la DaD. 

Non per scadere in luoghi comuni ma spesso il personale scolastico non ha adeguata preparazione per affrontare le nuove tecnologie digitali. 
Da anni si parla – in ogni settore della società – dell’importanza della formazione per affrontare la sfida della complessità di cui la società moderna necessita. 

A questo si aggiunga anche che il forte discredito che ormai da molti anni colpisce la categoria dei docenti, considerati dall’opinione pubblica poco preparati, arretrati nei metodi e nelle conoscenze, banalizzando approcci metodologici e scelta dei contenuti. 
Bistrattati a tal punto che quegli stessi genitori, che invocano la presenza virtuale degli insegnanti come panacea per gestire i figli pretendendo le videolezioni, si sentono poi in diritto di intervenire, interrompendo e correggendo gli insegnanti, invocando l’utilizzo di altre piattaforme, criticando il carico di compiti assegnati, esigendo egoisticamente attività individualizzate e personalizzate per ciascuno dei propri pargoli (anche e soprattutto in assenza di reali e documentate necessità) con tanto di personalizzazione di fascia oraria.

Di sicuro nell’immaginario collettivo la categoria degli insegnanti negli anni si è avvicinata più all’idea di quella di un precettore privato a servizio dell’utenza pagante, a maggior ragione ora che la scuola è entrata nelle case delle famiglie degli alunni...e questo tristemente è successo anche nei confronti della scuola pubblica, a fronte della pressoché totale assenza di presa di posizione da parte dei dirigenti scolastici che non hanno saputo o voluto tutelare la professionalità del corpo docente loro affidato.

La velocità con cui siamo stati travolti dagli eventi e che ha lasciato all’improvvisazione l’organizzazione della DaD ha fatto perdere di vista un altro problema: la questione “Privacy”. Non dimentichiamoci che quando parliamo di studenti parliamo per la maggior parte di minori che vanno tutelati. 

La mancanza di direttive precise ha fatto sì che singole scuole e singoli insegnanti utilizzassero piattaforme diverse (anche all’interno di una stessa scuola). Facciamo presente che le piattaforme più utilizzate sono fornite da enti privati che non garantiscono sicurezza digitale in termini di privacy. Sappiamo tutti come funziona il mondo digitale, i dati personali vengono “raccolti” ed utilizzati a scopo di profitto.

Stiamo assistendo anche adesso al dibatto sulla App che servirà a tracciare i contatti fra le persone contagiate e non è che con la scusa del contenimento della diffusione ci proiettano su una dimensione di controllo sociale stile “Grande fratello”.

Una buona parte dei genitori ha caldeggiato la DaD fin dall’inizio, preoccupata che i figli potessero perdere un anno scolastico, ma anche dal fatto che questi ragazzi fossero impegnati durante la giornata – una sorta di baby sitteraggio a distanza. 

Ovviamente ignari di tutta la problematica che consegue con questa attività. Problematiche che sono diverse a seconda del ciclo di studi dello studente: basti pensare il divario di età e di conseguenza di conoscenze fra uno studente della primaria ed uno delle superiori. 

Un bambino ha comunque sempre bisogno del supporto di un adulto durante la DaD, mentre già uno studente di seconda/terza media ha un grado forse maggiore di conoscenza tecnologica che potrebbe consentirgli forse una certa autonomia nel seguire le lezioni.

Siccome tutto ruota attorno alle tecnologie digitali ed alla loro padronanza si innesta un’altra problematica di carattere “tecnico” e cioè: non tutte le famiglie hanno un collegamento in fibra che garantisca una qualità della comunicazione. 

Senza contare che chi ha più di un figlio può trovarsi a non avere abbastanza computer in casa per garantire il collegamento simultaneo di più studenti/figli o webcam o cuffie e microfoni. Questo aspetto può determinare una divisione di “classe” (in senso sociale) fra studenti delle classi sociali più o meno abbienti. 

Chi può permettersi collegamenti con la fibra ed avere più device riesce a continuare gli studi. Appartenenti alle classi meno abbienti rischiano di essere esclusi da tale processo.
Questo aspetto è quello più grave della DaD e cioè di innescare un’esclusione sociale senza paragoni che incrementerà la distanza sociale, culturale ed economica fra le persone.

Ci stiamo preparando ad una graduale riapertura delle attività produttive e questo comporterà delle ricadute su milioni di famiglie. Basti pensare a tutti quei genitori di bambini in età scolastica che si dovranno organizzare per un rientro al lavoro e non avere la possibilità di lasciare i propri figli a casa da soli perché le scuole sono chiuse.

La riapertura delle fabbriche non può prescindere da quella delle scuole.
La chiusura delle scuole per la nostra regione ha avuto inizio con il prolungamento della breve vacanza di carnevale. 

Almeno, inizialmente sembrava solo un prolungamento di tale vacanza, ignari di quello che ci attendeva. Mentre studenti universitari hanno iniziato sin da subito con le lezioni a distanza gli altri gradi della scuola hanno avuto una partenza più titubante. 
Passato il primo stupore gli studenti hanno dovuto adeguarsi a questa nuova modalità di fare scuola. 

Passare 4/5 ore al giorno davanti ad uno schermo per seguire le lezioni non produce lo stesso effetto di quelle passate in presenza. Sono decisamente più pesanti. Si è da soli davanti ad un terminale senza un contatto fisico, si vedono gli amici/compagni di classe ma si perde tutta quella socialità che distingue l’animale umano e che contribuirà a formare il futuro adulto. Il rischio di crescere una generazione di disadattati sociali è enorme.

E che dire di tutti quei studenti che necessitano di un affiancamento o di un aiuto? 
Si va dai BES - Bisogni Educativi Speciali - ai DSA - Disturbi Specifici dell’Apprendimento -, che hanno bisogno di un percorso scolastico personalizzato, a chi purtroppo si trova in situazione di disabilità e che ha bisogno di personale docente ed educativo dedicato che li aiuti e supporti nel loro percorso di apprendimento. 
Tutti questi soggetti si sono trovati in grande difficoltà e spesso sono state le rispettive famiglie a doversi far carico di sopperire al disagio.

Cosa fare quindi? Se guardiamo al passato proprio qui in Friuli abbiamo avuto un caso simile nel 1976 in occasione del terremoto. Con il 6 maggio l’anno scolastico terminò e (come ovvio allora la tecnologia non permetteva la DaD) riprese in anticipo, a settembre (allora le scuole riaprivano il primo di ottobre) per recuperare le lezioni perse. 

Ed in che modo visto che molte scuole erano inagibili? Turnazioni e lezioni pomeridiane. Ora a quasi 50 anni di distanza ci sono sicuramente modi nuovi per riorganizzare la riapertura delle scuole ma il prossimo anno scolastico non dovrà essere svolto da casa ma in sicurezza nelle aule - sempre che ci siano le condizioni sanitarie che lo permettano.

Purtroppo anche l’istruzione come la sanità ha subito continui tagli di bilancio e mentre si favoriscono le scuole private l’istruzione pubblica va a rotoli, per non parlare dell’edilizia scolastica: quanti morti ci sono stati nelle italiche aule causate da crolli?
In nome del neoliberismo e del pareggio di bilancio nel corso degli anni governi di centrodestra e centrosinistra si sono prodigati a tagliare i bilanci in primo luogo a sanità e scuola. Ma quello che si toglieva con la mano destra si regalava con la mano sinistra ai privati che hanno visto incrementare i loro profitti.

E non dimentichiamo: il pericolo che con la scusa dell’emergenza scelte e provvedimenti provvisori diventino definitivi sulla pelle di studenti docenti e famiglie.
LA SCUOLA DEVE ABBATTERE NON COSTRUIRE BARRIERE SOCIALI!



martedì 12 maggio 2020

Gruppi Anarchici D'Azione Proletaria con Franco Bertolucci - video conferenza

Venerdì 15 maggio 2020 ore 18,30 - Gruppi Anarchici D'Azione Proletaria con Franco Bertolucci


evento FB





























Tra il 1949 e il 1957 si consuma all’interno dell’anarchismo italiano una profonda frattura, figlia della sua crisi politica e ideologica maturata dalla sconfitta degli anni Venti e Trenta. Una delle esperienze forse meno conosciute di quel periodo storico sono stati i Gruppi anarchici d’azione proletaria. La scelta del gruppo di militanti che si aggregarono intorno a Pier Carlo Masini, il principale ispiratore e responsabile della nascita dei gaap, è stata quella di voler costruire un’organizzazione politica di «quadri», un «partito» libertario con una prospettiva internazionalista/libertaria, classista e consiliarista. La loro parabola si chiuderà dopo il fatidico 1956 (Rivolta d’Ungheria) quando questa esperienza si fonderà con quella dei Gruppi d’azione comunista – movimento dissidente comunista ispirato da Giulio Seniga – formando il Movimento della Sinistra comunista.
L’opera si compone di tre tomi, i primi due contengono gli atti e i documenti dell’organizzazione selezionati attraverso il riordinamento dell’archivio dell’organizzazione – conservato oggi dalla Biblioteca F. Serantini –, il terzo le biografie dei militanti e simpatizzanti che formarono il nucleo di questo “ardito” esperimento politico. Si vuole offrire con questo lavoro per la prima volta in forma integrale agli studiosi e ai lettori il principale corpus documentale dell’organizzazione, uno strumento per colmare un vuoto di documentazione su questa pagina di storia dell’anarchismo del ’900 non sempre adeguatamente indagata e conosciuta.

lunedì 11 maggio 2020

Make Rojava Green Again !

campagna " Make Rojava Green Again"

 Proposta della comunità internazionale che si trova in
 loco x piantumare migliaia di alberi . questo perchè quel 
 territorio è stato desertificato dai turchi chiudendo le sorgenti 
 dei grandi fiumi che la storia ci narra essere verdi. eufrate e afluenti vari
 naturalmente serve anche altro ,medicine ,agronomi ,ingegneri .....
 questa terra era la più ricca della siria 
 la lotta continua

















makerojavagreenagain@riseup.net

dona un albero.. dona una foresta ! QUI

venerdì 8 maggio 2020

Nestor Machno e La Rivoluzione Anarchica In Ucraina

















Nestor Machno, la rivoluzione anarchica in Ucraina
(VHS, colore, 60 minuti, 14,00 Euro)
di Hélène Châtelain

edizione italiana a cura del Centro studi libertari/Archivio Pinelli
Nestor Ivanovic Machno (1889-1934) è stato il personaggio centrale di una rivoluzione libertaria in Ucraina schiacciata nel sangue. Hélène Châtelain (regista teatrale e cinematografica, di famiglia russo-ucraina) ha riesumato dopo oltre settant'anni di silenzio testi, immagini e documenti che tracciano la vita straordinaria di Machno, morto poverissimo in un infimo alberghetto di Parigi. Poverissimo come era nato, in una famiglia di contadini.
Ma dal 1917 al 1921 Machno è il leader di un movimento anarchico contadino che spazza una regione grande più di metà dell'Italia, coinvolgendo milioni di uomini e donne in un grande esperimento di autogestione libertaria. L'armata machnovista, costituita per lo più da contadini, supera nel 1919, al culmine dell'insurrezione, i 50.000 effettivi… Nelle storie ufficiali dell'URSS di tutto questo non se ne trova traccia. Neanche una parola. Se non per una breve e brutale condanna, assoluta come il silenzio. Dopo la sconfitta militare da parte dell'Armata Rossa, Machno è costretto a lasciare l'Ucraina e nel 1925 si rifugia infine a Parigi. Lo insegue una domanda di estradizione, da parte di Mosca, per "tradimento della patria, omicidio e saccheggio".
Con la fine del regime sovietico, Hélène Châtelain è potuta tornare nei luoghi della machnovitchina e ricostruire, anche attraverso testimonianze originali, la storia dell'epopea machnovista.
SITO UFFICIALE DEL PROGETTO

Omaggio al compagno Anarchik






Il 7 aprile 2020 è venuto a mancare Roberto Ambrosoli. La storia del centro studi "G.Pinelli" gli è molto legata.

Roberto Ambrosoli (Milano, 1942 - Torino, 2020), docente di Microbiologia agraria presso l'Università di Torino, ha iniziato la sua militanza anarchica alla fine degli anni Cinquanta insieme ad Amedeo Bertolo, con il quale fonda negli anni Sessanta i Gruppi Giovanili Anarchici Federati, poi diventati Gruppi Anarchici Federati. Sempre insieme a Bertolo partecipa a varie iniziative editoriali – “Materialismo e libertà”, “A rivista anarchica”, “Interrogations“, “Volontà”, edizioni Antistato – ed è tra i fondatori del Centro studi libertari / Archivio Giuseppe Pinelli. Maestro karateka, era un vignettista instancabile e soprattutto il creatore del celebre Anarchik, il nemico dello Stato, un personaggio ripreso dalla vignettistica anarchica a livello internazionale. Instancabile traduttore per le edizioni elèuthera – sue le traduzioni di testi di Chomsky, Bookchin, Ward, Scott ecc. –  ha inoltre scritto numerosi saggi apparsi sulla stampa anarchica, in particolare su “A” e “Volontà”. Negli ultimi anni aveva ripreso, dopo alcuni decenni di silenzio, a disegnare vignette di Anarchik, che nel frattempo era invecchiato come il suo autore.





















Roberto Ambrosoli ricorda l'Incontro internazionale anarchico di Venezia 1984 e riflette sul significato della militanza anarchica. "Venezia '84" per lui è stato uno degli apici di un certo mondo anarchico e di un determinato modo di intendere la militanza, cose che si sono inevitabilmente modificate e trasformate nel corso degli anni. Intervista girata il 12 ottobre 2019 a Torino.

  "Venezia 1984" Roberto Ambrosoli QUI

















Ambrosoli Roberto - L'anarchismo di tutti i giorni




Il movimento anarchico contemporaneo soffre di una difficoltà di trasmissione culturale: gli anarchici si preoccupano di trasmettere il proprio progetto di trasformazione sociale ma non sono in grado di trasmettere le "ragioni" dell'adesione ad esso. Ciò è dovuto al fatto che il progetto di trasformazione sociale viene offerto come tale all'apprezzamento dei possibili interlocutori, senza il "completamento" di una weltanschaung approfondita e coerente cioè senza un'immagine generale dell'esistenza e dei rapporti umani nella quale le persone possano trovare un'identità armonica con l'idea di una società "di liberi ed uguali". Il compito di inserire il progetto anarchico in una adeguata concezione esistenziale viene lasciato tutto all'iniziativa personale dei singoli individui, che devono trovare "da soli" il modo di liberarsi dal condizionamento antilibertario dell'immaginario dominante. Di conseguenza, all'interno del numero esiguo di coloro cui riesce una simile operazione, risulta presente una molteplicità di interpretazioni diverse, non necessariamente antitetiche fra loro, ma neppure consapevolmente derivate da un principio informatore comune.
Gli anarchici, dunque, non hanno ancora una filosofia esistenziale veramente originale. Questo significa che l'identità individuale viene ancora trovata, in gran parte, all'interno dell'immaginario dominante. Il riferimento, come molti fanno, alla militanza come fonte di identità risolve solo parzialmente il problema, in quanto la militanza (anche quella, particolarissima, degli anarchici) non riesce ad assorbire in sè tutti gli aspetti dell'esistenza e lascia "scoperti" numerosi settori della personalità, sui quali continuano ad agire le influenze dell'immaginario dominante. L'essere militante non è sufficiente ad esprimere totalmente l'essere anarchico.
Tale situazione postula la necessità di uno sforzo collettivo di approfondimento e riflessione per elaborare una filosofia esistenziale anarchica che non sia solo "una delle tante possibili", ma che sappia individuare i principi generali di un "modo di vedere la realtà" (e quindi di vivere) coerente con la scelta libertaria di organizzazione sociale.

Solidarietà Autogestita Usi-Cit

Siamo donne e uomini liberi con le nostre paure. Paure perché non vogliamo
perdere noi la nostra fragile libertà e la difendiamo, così come non vogliamo
vedere uccidere i sogni da ignobili e squallidi ladri di futuro. Questo in ogni luogo.
Noi non abbiamo confini, né tanto meno suddividiamo gli uomini in razze; non a
caso la frase che sempre grideremo è “Nostra patria è il mondo intero”.








                                                                                                                                                     Solidarietà autogestita USI CITSolidarietà Autogestita Usi-Cit
Dopo il terremoto dell’Aquila nel 2009, dell’Emilia nel 2012 e del centro Italia del
2016 dove siamo intervenuti in ordine sparso e dopo l’aiuto economico pervenuto
oltre che da USI nazionale, da vari cittadini e dalle organizzazioni sindacali
appartenenti alla Confederacion internacional del trabajo , IWW nordamericana,
della CNT spagnola e della FAU tedesca , abbiamo creduto che fosse arrivato il
momento di fare un salto di qualità organizzativo. Coordinare in maniera più
efficace non solo le varie attività che le singole sezioni stavano portando avanti nei
propri territori, ma soprattutto di strutturare e creare una rete tra le varie realtà per
essere preparate al pronto intervento. Attrezzarci collettivamente per intervenire ed
essere operativi nelle varie emergenze. Come solidarietà autogestita siamo
intervenuti in situazioni di emergenza con aiuti semplici ed immediati, con la
consapevolezza e l’obiettivo di voler stimolare e supportare l’autogestione esistente
e contribuire a quella futura. Il terremoto in centro Italia del 24 agosto 2016 ha visto
compagne e compagni impegnarsi a coordinare, raccogliere, trasportare, distribuire e
documentare aiuti alla popolazione colpita dal sisma, dove già altri compagni
avevano una presenza o si erano recati per portare i primi aiuti di emergenza. Con la
nascita di Solidarietà Autogestita sono stati promossi molti interventi di mutuo
appoggio alle popolazioni locali colpite dal terremoto che ha coinvolto il territorio
compreso tra il Lazio, l'Abruzzo, le Marche e l'Umbria nell'agosto 2016. Gli
interventi sono stati condivisi e mirati a coprire le esigenze e le richieste specifiche
che sono arrivate da quei luoghi e sono stati condivisi con report e video e la
pubblicazione di un opuscolo ed una mostra fotografica autoprodotta. Gli interventi
sono stati di supporto alla ripresa di alcune attività locali basate sull'autoproduzione.
Intervento analogo di aiuto a popolazioni in difficoltà, come solidarietà autogestita e
USI Parma è stato attivato anche in occasione dell’alluvione a Lentigione ( Reggio
Emilia ) nel 2017. Da queste esperienze nasce l’idea e la necessità di strutturarsi,
come persone e mezzi a disposizione, per poter affrontare situazioni di calamità
naturali quali terremoti ed emergenze sanitarie o occupazioni e altri eventi
autorganizzati di supporto che, come in passato, hanno visto la presenza dinamica
ed impegnata di USI, ritenendo fondamentale la solidarietà autogestita basata sul
principio del mutuo appoggio. La solidarietà è un solco tracciato nel più profondo

dell’anarchismo, lontana dalla carità cristiana e dal solidarismo scientifico e politico
di altre tradizioni, la solidarietà per gli anarchici è un esperienza liberante,
incondizionata e universale. La solidarietà come forma di egoismo puro di
concezione stirneriana, è un’occasione di rilancio dei principi umani di eguaglianza.
Perciò solidarietà autogestita è un sinonimo, ancor più che una declinazione
dell’anarchia. La solidarietà è certamente indispensabile nei momenti di emergenza,
conseguenti ad eventi eccezionali quali terremoti, alluvioni e guerre ma non meno
importante come risposta all’insieme delle esigenze quotidiane di chi opera in
condizioni più o meno favorevoli, portando avanti la propria militanza quotidiana in
cortei, presidi, concerti. Ma come tradurre queste parole in azioni, in strumenti ed in
vita è spesso il principale ostacolo, superabile solo dalla consapevolezza che
l’anarchismo è un arcipelago di esperienze e tentativi, laboratori che nella
consapevolezza dei limiti dettati dalle contingenze, di un mondo reso ostile dalla
dominazione e dallo sfruttamento, esprimono la tensione alla coerenza estrema ai
principi, a quella chiara idea di libertà e giustizia che gli schiavi chiamano utopia.
Dal dibattito è emersa l’intenzione di sviluppare solidarietà autogestita partendo da
due filoni paralleli. Il primo è l’acquisto e la gestione di mezzi ed attrezzature
collettive, dislocati in modo strategico sul territorio per garantire con celerità ed
efficacia a chi opera nell’emergenza particolare o in quella di ogni giorno, un
supporto logistico tanto indispensabile, quanto difficile da reperire per il movimento.
Il secondo ma non meno importante, è costruire una rete di contatti, formata da
gruppi e individualità coordinate e formate all’intervento, capaci di garantire la
competenza non solo politica ma soprattutto logistica ed operativa, per fare in modo
che le risorse di solidarietà autogestita siano sfruttate al meglio, in piena sicurezza ed
efficacia nei contesti più diversi che possono presentarsi. La costruzione di questo
percorso è fondamentale perché niente è possibile senza la consapevolezza che
proporre una sfida di questa portata, rappresenta una promessa e quindi una grande
responsabilità. Non basterà quindi reperire i fondi e garantire copertura legale ed
amministrativa per la componente materiale del progetto, sarà fondamentale lavorare
per promuovere incontri in cui scambiare competenze ed idee, momenti quali
seminari e campeggi in cui acquisire le conoscenze e la manualità ad operare con
attrezzature e mezzi, per avere nei territori compagne e compagni pronti ad attivarsi
in caso di necessità. Sappiamo che la sfida è ardua, ma sempre nel movimento
anarchico abbiamo saputo realizzare cose straordinarie con la semplicità del piccolo
lavoro quotidiano di ogni singolo compagno, e dopo tutto mettere a frutto il piccolo
contributo di ognuno per creare, a volte senza rendersi conto, se non col senno di
poi, della grandezza del disegno complessivo, è la definizione migliore di cosa può
essere una solidarietà autogestita, di cosa può essere l’anarchia. Sabato 20 luglio
2019 presso lo Spazio Anarchico 19 Luglio a Roma si svolse una prima importante e
fondamentale riunione nazionale di solidarietà autogestita. Un incontro determinante

al quale parteciparono le realtà di USI CIT Roma, Rieti, Arezzo, Macerata, Firenze
e Modena. Un incontro determinante in quanto venne confermata non solo la volontà
di voler proseguire il percorso intrapreso, ma con l’assunzione di impegni
individuali e collettivi. Partendo dal percorso storico di Solidarietà Autogestita e si è
arrivati al punto centrale dell’incontro, ovvero come strutturarsi per riuscire ad
affrontare i problemi legati alla proprietà collettiva, di un necessario patrimonio di
mezzi e strumenti. Solidarietà Autogestita doveva restare Autogestita e dal basso e
proprio in funzione di questo aspetto c’era la necessità di diffondere i saperi
collettivi e di dotarsi degli strumenti minimi di intervento come un tendone, letti,
cucina da campo, furgone. Una condivisione collettiva che dovrà essere svolta in
appositi campeggi o brevi residenze autogestite di autoformazione. Solidarietà
Autogestita dovrà svolgere un lavoro di supporto verso le autogestioni esistenti e
sviluppare, diffondere concretamente spazi, eventi e iniziative solidali e
autogestionarie. Durante questi anni di attività sono stati accolti gli inviti arrivati da
spazi autogestiti, con cui abbiamo condiviso momenti assembleari non gerarchici
che hanno mostrato interesse alla partecipazione a tale progetto , ma soprattutto
condividendo l'utilità di un progetto libertario di mutuo appoggio. Il degenerare delle
condizioni sociali ed ambientali non solo presenti sul nostro territorio, ci fa ritenere
importante il ribadire circa l'importanza del carattere internazionalista che l'attività
di Solidarietà Autogestita basata sul mutuo appoggio intende promuovere,sviluppare
e condividere. Solidarietà Autogestita appartiene ed è patrimonio di tutti coloro
che vogliono intraprendere collettivamente con noi un percorso politico solidale
e sociale.

Solidarietà Autogestita Usi-Cit

IL MUTUO APPOGGIO. UN FATTORE DELL'EVOLUZIONE - GIACOMO BORELLA

ON THE COUCH - GIACOMO BORELLA - IL MUTUO APPOGGIO. UN FATTORE DELL'EVOLUZIONE


mercoledì 6 maggio 2020

Amazon, USA: “Pensi di essere potente? Ma siamo noi che abbiamo il potere”, Chris Smalls sul muso di Jezz Bezos


















 
***
Caro Jeff Bezos,
quando mi sono proposto per lavorare ad Amazon, la descrizione delle mansioni di lavoro era semplice. Diceva: devi avere un diploma di scuola superiore o anche un semplice attestato scolastico di base, e devi essere capace sollevare 50 libbre [poco più di 25 kg]. Ora, a causa del covid-19, ci è stato detto che i lavoratori Amazon sono “la nuova Croce rossa”. Ma noi non vogliamo essere degli eroi. Noi siamo gente comune. Io non ho alcun attestato medico, né sono stato formato per interventi di pronto intervento. Noi non dobbiamo essere costretti a rischiare le nostre vite per andare a lavorare. Ma, in questa situazione, lo siamo. E se qualcuno deve essere ritenuto responsabile di questo, quella persona sei tu.
I lavoratori Amazon stanno andando al lavoro ammalati come cani, giusto per guadagnare 2 dollari in più all’ora rispetto alla loro paga base. Sai come chiamo questa cosa? Soldi sporchi di sangue.
Io ho lavorato per Amazon per cinque anni. Fino alla scorsa settimana, quando sono stato licenziato dal magazzino di State Island a New York, ero il supervisore di un gruppo di 60-100 pickers [raccoglitori], che prendono i pacchi dalle macchine di smistamento, li preparano e li mettono sui nastri trasportatori pronti per la spedizione.
All’inizio di marzo, prima che venisse confermato il primo caso di covid-19 dentro il magazzino, mi accorgevo che c’erano persone che si ammalavano. Avevano diversi sintomi: fatica, stordimento, vomito. Ho parlato con il responsabile delle risorse umane. Gli ho detto: ehi, c’è qualche cosa che sta andando storto qui. È necessario mettere in quarantena il magazzino. Volevo che prendessimo l’iniziativa. Ma il management non è stato d’accordo con me, e mi ha assicurato che loro stavano seguendo tutte le raccomandazioni e le linee guida del CDC [Center for Disease Control and Prevention].
La mancanza di protezioni mi preoccupava. Nei magazzini ci sono guanti, ma sono di gomma, non sono quelli giusti in lattice. Non ci sono mascherine. L’igienizzante per le mani è scarso. Le persone vanno in giro per gli stabilimenti con i propri personali igienizzanti, i fortunati che ne hanno trovato uno in qualche negozio.
A causa di queste condizioni non mi sentivo sicuro, quindi ho preso dei giorni di permesso, e sono rimasto a casa per evitare di ammalarmi. Ma alla fine, quando ho finito i giorni di permesso, sono dovuto tornare al lavoro. Altri miei colleghi di lavoro non hanno questa possibilità. Molti miei colleghi e amici di lavoro presso la struttura di Amazon hanno condizioni di salute precarie. Alcuni hanno l’asma, chi il diabete, chi il lupus. Altri sono anziani, e ci sono donne incinta. Loro non sono andati al lavoro per un mese intero, e non hanno ricevuto la paga. Le uniche cose che possono fare è salvare le loro vite. Se si prendono il virus, sono sicuramente morti. Uno dei miei amici di lavoro, che è malato di lupus, è andato a vivere con i suoi parenti, così non deve pagare l’affitto. Puoi immaginare cosa sarebbe stato per lui se non avesse avuto questa possibilità? Ora sarebbe molto probabilmente un senzatetto.
Un altro problema è che Amazon ha imposto gli straordinari obbligatori per mantenerci al passo con gli ordini on line. Il risultato è che i lavoratori Amazon stanno andando al lavoro ammalati come cani, giusto per guadagnare 2 dollari in più all’ora rispetto alla loro paga base. Sai come chiamo questa cosa? Soldi sporchi di sangue.
I lavoratori che vogliono guadagnare di più stanno lavorando fino a 60 ore la settimana, e rischiando la loro vita. Alcuni continuano a lavorare anche se sono malati. Quando qualcuno tossisce o starnutisce, dice che è a causa delle allergie. Stare nello stabilimento in questo periodo è cosa che fa spavento.
Quando sono tornato al lavoro martedì scorso, ho parlato con uno del mio gruppo che sembrava veramente ammalato. Lei mi ha detto che aveva paura, pensava di avere il coronavirus e ha cercato di fare un controllo. Io le ho detto di tornare a casa e prendersi un po’ di riposo. Due ore più tardi abbiamo avuto un meeting con i manager. E questo è accaduto quando siamo stati informati del primo caso di covid-19. La cosa pazzesca è che i dirigenti ci hanno detto di non dire nulla agli altri lavoratori. Loro ci tenevano molto a tenere la cosa segreta.
Io ho pensato che questa segretezza era sbagliata. E non appena è finita la riunione con i manager, ho raccontato quanto stava accadendo a quante più persone ho potuto. Subito dopo ho cominciato ad inviare email al dipartimento della salute dello stato di New York, al Governatore, al CDC. Ho chiamato la polizia locale. Ho fatto tutto quello che potevo affinché il magazzino venisse sanificato nel modo appropriato, ma l’amministrazione è finora troppo sovraccarica per fare qualcosa. Allora ho compreso che avrei dovuto fare qualcosa da me.
Ho cominciato a parlare e a mettere a conoscenza della cosa tutti i lavoratori all’interno dello stabilimento. Ho avuto riunioni nelle aree comuni e molti lavoratori si sono uniti a noi per esprimere le loro preoccupazioni. La gente era spaventata. Siamo andati tutti nell’ufficio del general manager per chiedere la chiusura del magazzino in modo che venisse fatta la sanificazione. Gli abbiamo anche detto che volevamo comunque essere pagati durante la chiusura. Un’altra nostra richiesta riguardava gli altri lavoratori che non possono venire al lavoro per motivi di salute: dovevano essere ugualmente pagati. Perchè avrebbero dovuto correre il rischio di prendere il virus per poter mettere del cibo in tavola?
Questa azienda sta facendo trilioni di dollari. Ma ancora le nostre richieste stanno cadendo su orecchie che non vogliono sentire. E’ pazzesco. A loro non interessa se noi ci ammaliamo. Amazon pensa che noi possiamo essere sacrificati.
Siccome Amazon non dava risposte, io ed altri lavoratori che la pensavano come me abbiamo deciso di fare il walk-out (uscire dal magazzino) e allertare i media su cosa stava accadendo. Il martedì eravamo 60 lavoratori. Molti di loro hanno parlato con i giornalisti. E’ stato bellissimo, ma sfortunatamente mi è costato il posto di lavoro.
Sabato, pochi giorni prima del walk-out, Amazon mi aveva comunicato che volevano mettere in quarantena “per motivi di salute” perché avevo avuto contatti con qualcuno che si era ammalato. La cosa non aveva senso perché lo stavano facendo solo con me, e non anche con altri lavoratori. Ho pensato che ero il loro bersaglio perché ero sotto i riflettori. Ma la cosa non ha funzionato. Ho cominciato a ricevere telefonate da lavoratori di Amazon da tutto il paese, e tutti volevano unirsi per fare anche loro il walk-out. Stiamo iniziando una rivoluzione, e tutte le persone nel paese ci sostengono.
Se tu sei un cliente di Amazon, è adesso che puoi realizzare il vero social distancing: astieniti dal cliccare sopra il bottone “compra ora”. Vai al negozio di alimentari, in questo modo puoi salvare molte vite.
E quanto a te, signor Bezos, il mio messaggio è semplice. Non me ne frega niente del tuo potere. Tu pensi di essere potente? Ma siamo noi quelli che hanno il potere. Senza il nostro lavoro, cosa puoi fare? Tu non farai soldi. Noi abbiamo il potere. Noi facciamo i soldi per te. Non lo scordare mai.”

Manifesto per il reddito di base - il venerdì libertario

Venerdì 8 maggio 2020 ore 18,30 - Manifesto per il reddito di base con Federico Chicchi


Il reddito di base è un trasferimento monetario incondizionato, finanziato per via fiscale, erogato a tutti i residenti in una determinata comunità politica, spendibile sulla base delle preferenze dei destinatari volto ad assicurare una somma di denaro sufficiente a condurre un’esistenza autonoma e degna.
Il reddito di base non va confuso con una politica pubblica di contrasto alla povertà: è piuttosto uno strumento di lotta alle nuove forme di sfruttamento dell’operosità sociale.
Il reddito di base emancipa il diritto ad una vita dignitosa dal ricatto della precarietà e migliora le nostre condizioni di vita. L’effetto complessivo è una boccata di libertà.
Incontro-dibattito con Federico Chicchi, professore di sociologia economica e del lavoro presso l’Università di Bologna,  autore insieme a Emanuele Leonardi del “Manifesto per il reddito di base” , Editore Laterza, 2018.


nella sala telematica
https://www.gotomeet.me/Movimento13gennaio
Questo è un incontro in modalità telematica. Puoi partecipare all'incontro collegandoti con un computer, un tablet o uno smartphone. Se vuoi farti vedere degli altri devi essere in possesso di una webcam collegata al computer e se vuoi parlare devi essere in possesso di un microfono. Se vuoi soltanto ascoltare basta l'attrezzatura minima ed un buon collegamento ad internet.
Per partecipare devi cliccare sul seguente link
https://www.gotomeet.me/Movimento13gennaio
e devi seguire le istruzioni che ti verranno fornite dalla tua macchina.
Puoi scaricare una breve guida all'indirizzo
http://www.globallab.it/toto/istruzioni.pdf
La sala riunioni verrà aperta a partire dalle 18,00 per coloro che vogliono fare delle prove di collegamento l'evento inizierà alle ore 18,30.

Se non puoi partecipare lascia la tua testimonianza scrivendo un post.QUI


venerdì 1 maggio 2020

"Gruppi Anarchici D'Azione Proletaria" di Franco Bertolucci.





















se non si vede CLICCARE QUI

Ogni tempo è di lotta

“Il primo maggio dovrebbe essere un simbolo di solidarietà internazionale, di solidarietà non limitata ai quadri dello Stato nazionale che corrisponde sempre agli interessi delle minoranze privilegiate del Paese. Tra i milioni di lavoratori che sopportano il giogo della schiavitù, c’è un’unità di interesse, indipendentemente dalla lingua che parlano e dalla condizione sotto la quale sono nati. Ma tra gli sfruttatori e gli sfruttati dello stesso Paese c’è una guerra ininterrotta che non può essere risolta da nessun principio di autorità e si radica negli interessi contraddittori delle varie classi. Tutto il nazionalismo è un travestimento ideologico di fatti veri: può in un dato momento trascinare le grandi masse di persone dietro suoi rappresentanti menzogneri, ma non è mai riuscito ad abolire la brutale realtà delle cose in questo mondo”( Rudolf Rocker, 1936 )
 



















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1.-Situazione globale
La pandemia COVID-19 scoppia in un momento di certo indebolimento dell’ultimo periodo della globalizzazione, con forti disfunzioni dei meccanismi di finanza, gestione e comunicazione del sistema capitalistico, una generale messa in discussione dei criteri di gestione del governo, e una crisi di egemonia imperialista con tensioni sempre più profonde tra i grandi blocchi geostrategici.
Nel periodo precedente la crisi sanitaria, i grandi movimenti popolari in alcune aree del mondo si stavano affermando contro il sistema e mettevano in discussione la gestione politica dei blocchi di classe dominanti in ogni formazione sociale insieme alle loro strategie operative. La crisi sanitaria ha colpito molto duramente il sistema di dominio. Questo, essendo un fattore esterno al funzionamento del sistema globale, rivela le prevedibili debolezze e carenze strutturali, strategiche e funzionali del capitalismo globalizzato e accelera il degrado della governance dei popoli.
Per questo motivo, diversi paesi hanno visto i governi, come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, ritrattare il loro piano iniziale: consentire la diffusione dell’infezione e delle morti di massa, al fine di raggiungere l’immunità di gruppo nella popolazione. Questa strategia, insieme al degrado dei sistemi sanitari pubblici e ai colpi più duri inferti ai settori più svantaggiati, avrebbe potuto diventare un vero e proprio genocidio sociale. Rinunciando a questo, si può considerare che le borghesie britanniche e statunitensi hanno fatto politicamente un passo indietro di fronte a ciò che avrebbe potuto provocare un certo grado di disordine sociale.
La crisi sanitaria agisce quindi come un fattore che espone e accresce le debolezze, gli squilibri e i fattori di collasso del sistema e allo stesso tempo costituisce una possibile innovazione sistemica, un nuovo fattore centrale di disfunzione e di blocco. Insomma, la pandemia approfondisce un ciclo di crisi economiche e sociali che stavano già per scoppiare, con una sequenza differenziata nella gestione e nell’uscita dalla crisi sanitaria.
La capacità dei vari blocchi geostrategici di affrontare la situazione e superare questo momento – che può portare alla paralisi dell’economia mondiale – sembra essere diversa. Infatti, l’accelerazione del confronto tra Cina e Stati Uniti e la configurazione del rapporto di forze all’interno del nuovo ciclo potrà portare un attacco senza precedenti, in tutto il pianeta, contro le condizioni di vita delle classi popolari, contro i loro diritti sociali e politici, contro tutti gli elementi di emancipazione che sono stati conquistati e rafforzati, o almeno conservati e mantenuti, durante l’ultimo periodo storico.
Gli interventi per sbloccare e rilanciare l’economia mondiale comportano un’enorme mobilitazione di risorse finanziarie che genererà debito, politiche di austerità, nuove offensive contro il servizio pubblico e un tentativo strategico di aumentare lo sfruttamento, il controllo e il dominio contro le classi popolari.
Va notato come il mercato globale sia chiaramente influenzato da questa crisi economica (sia sul piano materiale che ideologico) e non dobbiamo sorprenderci della regionalizzazione economica di vari Stati e potenze. Nonostante ciò, è necessario considerare che la globalizzazione continuerà ad essere un fattore importante nell’economia mondiale e che la radicalizzazione dello sfruttamento sarà un elemento decisivo della sua configurazione nel prossimo ciclo.
Per quanto riguarda il continente europeo, se si intravede da parte  dell’Eurogruppo un tentativo pur parziale  di allentare le rigidità di bilancio questo avviene all’interno  della cornice consueta, tramite l’aumento del debito e la socializzazione dei costi   (scoporando le spese sanitarie e quelle più direttamente legate all’emergenza COVID 19) per mitigare  gli effetti della crisi economica provocata da quella sanitaria con interventi a sostegno delle economie nazionali. Un intervento tutto all’interno del quadro capitalistico.
Bisognerà contrastare  il prevedibile attacco alle condizioni di vita, ai salari e al reddito delle classi popolari, con l’attuazione di modelli politici di controllo, inquadramento e restrizione degli spazi e modelli di azione degli apparati statali e degli apparati di comando capitalistici. Occorrerà anche contrastare derive autoritarie  e di controllo sociale che stanno pericolosamente avanzando sull’onda dell’emergenza sanitaria e che riducono gli spazi agli interventi sociali  e rivendicativi.
Come in altre parti del mondo, così in Turchia lo scoppio del coronavirus, contestualmente al funzionamento del sistema capitalista e alle errate politiche dello Stato, sta diventando una grave crisi. In questo periodo, in cui tutti i settori della vita sociale sono colpiti, lo Stato ignora coloro che sono a rischio e oppressi a causa dell’epidemia, mentre la sua “lotta” contro l’epidemia consta principalmente di misure indirizzate ai settori più privilegiati della società
A seguito della chiusura di aziende in quarantena e della cessazione delle attività economiche, centinaia di migliaia, milioni di persone vengono licenziate o collocate in ferie non pagate, come risultato della chiusura del commercio nell’ambito delle misure di lockdown e della discontinuità delle attività economiche.
La maggior parte dei lavoratori del mercato che continuano a lavorare durante  l’epidemia e gli operatori sanitari, che hanno un notevole carico di lavoro in questo periodo e devono affrontare la malattia in prima linea, non dispongono di sufficienti dispositivi medici di protezione.
Ancora una volta, ai poteri politici ed economici non importa se le sezioni impoverite sono in grado di soddisfare anche i loro bisogni più elementari. Le campagne lanciate dallo Stato per far sembrare che si preoccupi dei poveri sono finanziate dalle tasse pagate per anni da questi settori sociali. Naturalmente, il lavoro di “carità” non soddisfa i bisogni reali: serve per riprodurre e mantenere le relazioni di dipendenza piuttosto che per eliminare le ingiustizie economiche.
In tali condizioni, affrontando uno Stato ingombrante e ignorante, l’autorganizzazione popolare dal basso, dalle comunità locali, entra in gioco per soddisfare i bisogni vitali durante la crisi pandemica e combattere contro le politiche del governo.
Su scala globale, il livello di indebitamento è più del doppio della produzione mondiale. Questa crisi potrebbe anche servire a liquefare o a rinviare i debiti, o a ridisegnare il grande casinò finanziario internazionale.
L’America Latina sta attraversando una situazione particolare. Paesi con precedenti crisi economiche (come nel caso dell’Argentina), o con rivolte sociali come il Cile, e altri in cui si sono recentemente insediati nuovi governi di destra, come l’Uruguay, hanno tutti caratteristiche comuni. Esempi: l’aumento della precarietà, licenziamenti, domande di assicurazione contro la disoccupazione e la fame che affligge una parte significativa della popolazione. Il Cile e l’Argentina sono in totale quarantena e militarizzazione della vita sociale, così come il Perù e il Paraguay dove si applica il coprifuoco. In Uruguay si applica l’isolamento sociale, anche se non esiste una quarantena obbligatoria e a poco a poco si prevede di riprendere l’attività economica.
In Brasile la situazione si complica ogni giorno di più. Ci troviamo in uno scenario in cui, da un lato, le condizioni di vita diventano sempre più precarie, con la disoccupazione in aumento, il costo della vita in aumento e migliaia di lavoratori informali e autonomi che non possono garantire il loro sostentamento quotidiano e, dall’altro, un governo che si è attivato per rendere più flessibili le misure di isolamento sociale e mettere a rischio la vita di migliaia di lavoratori. Il motivo è che l’economia non può fermarsi, come in diversi paesi della regione.
La formula è semplice. Senza una politica di reddito minimo che garantisca veramente il sostentamento dei disoccupati, dei lavoratori informali e dei lavoratori autonomi in modo che tutti possano rimanere in isolamento sociale, Bolsonaro garantisce alle persone le condizioni per poter scegliere tra rischiare la propria salute o soffrire la fame. Così, è esente da ogni responsabilità, attacca i governatori che difendono la quarantena come misura per evitare il collasso del Sistema Sanitario Unico e crea lo scenario perfetto per continuare con il suo progetto conservatore ultra-liberale. Nella lotta di potere tra i vertici, Bolsonaro promuove il caos e la crisi come tecnica di governo. Per lui la salute e i diritti garantiti non contano neanche un po’, così come non conta il crollo del sistema sanitario pubblico. Non agisce per evitare una crisi sanitaria, sociale o economica, la promuove per governare in modo più efficace e imporre un progetto ultraliberale, conservatore e razzista.
In termini generali, questa crisi ha lasciato il posto a diverse misure populiste da parte di diversi governi, ma quasi tutti applicano una forte politica di destra di repressione e di controllo sociale. In generale, gli utili delle imprese non vengono toccati e inoltre vengono proposte misure che permettono alla borghesia di “riattivare” l’economia nella logica neoliberale. Il debito estero dei Paesi dell’America Latina è destinato ad aumentare, a cui si aggiunge il calo del prezzo internazionale del petrolio che sta colpendo diversi Paesi della regione, tra cui Venezuela, Ecuador, Colombia, Messico, Brasile, ecc. Alcuni di questi paesi hanno già fatto smantellare seriamente il loro settore petrolifero o stanno attraversando vari tipi di difficoltà. Ma in generale i prezzi delle materie prime scenderanno sul mercato mondiale e questo avrà un impatto negativo sulle economie latinoamericane e la crisi ricadrà sulle classi popolari.
D’altra parte, gli Stati Uniti, che con questa crisi hanno gravi problemi interni, non vogliono perdere il controllo del loro “cortile” e cercano di generare e mantenere una certa instabilità politica, economica e sociale nella regione per mantenere la coesione e il controllo sociale. Naturalmente, questo serve anche a diversi governi locali, per lo più allineati con gli Stati Uniti.
È importante osservare quanto sta accadendo in Asia, soprattutto nel caso della Cina e della Corea del Sud, dove vengono applicati meccanismi di controllo sociale estremo, basati sulla tecnologia. Queste società sono diventate immensi panottici, ma dove la sorveglianza è efficace e costante e dove la disciplina sociale è ricercata su larga scala. Questo modello di controllo sociale sembra essere “esportato” nel mondo sotto il titolo “sappiamo come contenere la pandemia”. In realtà, è una ricetta per contenere le popolazioni.
Questa offensiva diffusa è già in corso. Se si confermano elementi di socializzazione delle perdite, essa non potrebbe essere contenuta e regolata, ma più brutale e densa. Tuttavia, l’offensiva sarà dispiegata e con essa la lotta sociale sarà una delle possibili figure che determineranno la situazione. Molte cose dipendono da come il nucleo egemonico delle classi dirigenti valuta il rischio sistemico e le possibilità di esplosione sociale che esso può comportare.
2.-Le sinistre
All’interno di questo quadro prospettico, dobbiamo contemplare la complessità del momento per la sinistra e le possibilità di una certa regressione, sia riformista, sia di intenzione rivoluzionaria, o almeno di conseguenza radicale. Ma senza dubbio si possono aprire possibilità per lo sviluppo di una pratica combattiva militante con un tono liberatorio a livello sociale e una critica radicale del sistema.
Senza caricatura, le forze dominanti nell’ancora cosiddetto spettro della sinistra sono social-liberali / “progressiste”. Ciò non significa che siano semplicemente forze dirette di inquadramento e di intervento al servizio del capitale. Hanno un margine di manovra tattico (o di breve durata) combinato con un ruolo subordinato, con una sottomissione strategica ai movimenti delle classi dirigenti.
Queste forze sanno che se considerano di mantenere permanentemente l’integrazione all’interno dell’apparato statale, all’interno dei centri di potere, compresa la presenza del governo anche se subordinato al diritto, possono scomparire o diventare emarginati all’interno dello spettro politico. Questo è il dilemma della socialdemocrazia europea e dei progressisti latinoamericani, per esempio. Per questo motivo sono in costante accomodamento tra la loro subordinazione strategica e una breve ma obbligatoria sensibilità ai movimenti sociali e all’azione delle diverse forze che superano il social-liberalismo e il progressismo, comprese quelle che rappresentano un progetto di tipo più riformista, dato che intendono mantenere il loro elettorato.
Un’altra caratteristica centrale dell’equilibrio di potere in Europa è l’evoluzione generale della sinistra riformista, che era già in crisi o almeno in squilibrio, prima della comparsa del coronavirus. Queste forze, che vanno da Jeremy Corbyn del partito laburista nel Regno Unito a Pablo Iglesias del partito Podemos in Spagna, sono caratterizzate da un taglio culturale, politico e strategico di tipo statale e governativo. Hanno una concezione politica che vede i mezzi concentrati nell’apparato statale e le possibilità di azione elettorale pubblica come elemento centrale del contropotere contro i blocchi dominanti.
Già prima dell’emergenza COVID appare evidente  la  tendenza alla loro neutralizzazione, assorbimento e disintegrazione da parte dei nuclei del social-liberismo.
Queste sinistre hanno tra l’altro dimostrato di non essere in grado, né sostanzialmente  interessate, a contrastare le  varie formazioni di estrema destra e  il loro  sventurato avanzare nei consensi sociali, neanche da un punto di vista culturale. Non è una novità se si comprende che il fascismo è stato storicamente uno strumento del capitalismo per la sua perpetuazione in tempi di crisi. Per non parlare di proposte di opposizione al neo-liberismo, per non dire rivoluzionarie, completamente dimenticate dal campo di gioco, se non in rare occasioni. È nostro compito ricostruire questo spazio, sia a livello politico che sociale.al.
3.- Elementi di resistenza
Nella situazione attuale, c’è un campo di resistenza, che è complesso, ha forti contraddizioni interne e radici sociali, culturali e politiche diverse. Questo campo integra una diffusa resistenza popolare che sfugge all’apparato politico, sindacale o associativo, che a volte si stabilizza in nuove organizzazioni popolari, in processi di rivitalizzazione di organizzazioni di tradizioni precedenti. Il campo della resistenza comprende correnti e forze provenienti da orizzonti molto diversi da quella che potremmo definire una dinamica libertaria, basata sulla preminenza dell’azione politica popolare.
Il campo di resistenza che confina con la sinistra riformista – con tutte le ambiguità che questo comporta – comprende correnti e organizzazioni di matrice statalista il cui orientamento combattivo (a volte con una base autogestita, autoemancipativa, democratica) è tattico, fragile, e suscettibile di muoversi verso l’autoritarismo.
Siamo una forza di lotta nell’arcipelago delle resistenze e siamo, allo stesso tempo, un patrimonio significativo della proposta di potere popolare, di autogestione e di democrazia diretta, cioè del processo politico di avanzamento permanente verso il comunismo/socialismo libertario. In questa situazione, in cui convergiamo con altre forze in lotta, cerchiamo la costruzione e la dinamizzazione di processi di lavoro politico sempre a partire dalle basi sociali popolari nelle loro pratiche, nelle loro richieste e nelle loro aspirazioni.
Dalle organizzazioni popolari, in base alla nostra capacità di orientare la lotta, promuovendo tutto ciò che accumula l’indipendenza e l’autonomia di classe, costruiamo il potere emancipatorio e promuoviamo il potere popolare che sfugge agli apparati e alle strategie di tipo governativo e capitalistico.
4.- Assi di risposta
-Promuovere e rafforzare gli spazi di solidarietà e di sostegno reciproco delle classi popolari dal livello di vicinato agli spazi internazionali, per rompere la logica che lo Stato ci proteggerà e per generare organizzazione popolare.
-Ristabilire e rafforzare le alleanze strategiche e le lotte con altre organizzazioni politiche e anche a livello sociale. Soprattutto a quest’ultimo livello, con anarco-sindacalismo e sindacalismo alternativo e movimenti per la casa, per i servizi pubblici (salute, istruzione, servizi sociali), antirazzista, femminista, diritti dei migranti, ecologista.
-Preparare, con queste organizzazioni, piani di conflitto a favore delle classi popolari e piani per la lotta di classe  dopo la quarantena (lockdown). Nel frattempo, promuovere azioni che vanno dalle “caceroladas” agli scioperi degli affittuari e altri. Difendere gli spazi di agibilità politica e di autorganizzazione contro le derive autoritarie e liberticide portate avanti sull’onda dell’emergenza sanitaria
-Richiedere le massime condizioni di protezione sul lavoro, in particolare nei settori della salute, dell’alimentazione, dei trasporti e dei servizi pubblici, ecc. Procedere con la denuncia o la paralisi dell’attività.
-Contrastare i discorsi del potere criticando le loro decisioni sbagliate o contrarie alle libertà, ai diritti sociali e alla vita, e i tagli ai servizi pubblici (soprattutto alla salute) che ci rendono più vulnerabili al virus e ne aumentano la mortalità.
-Contrastare il discorso dell’odio delle forze dell’estrema destra, che cercano di dividere le classi popolari attraverso meccanismi di manipolazione di massa.
-Mettere in discussione lo sviluppo produttivista, la devastazione ecologica, il maltrattamento degli animali e l’agricoltura estensiva e industriale In breve, il sistema capitalista.
-Generalizzare il diritto all’astensione dal lavori  in caso di pericolo (oggi) sanitario, utilizzo del diritto di sciopero quando necessario
-Socializzazione dell’industria farmaceutica e del sistema sanitario e di tutti i servizi essenziali
-Riportare nell’orizzonte politico la riorganizzazione della produzione sotto il controllo dei lavoratori
-Rafforzare il coordinamento, il dibattito e il lavoro comune dell’anarchismo organizzato a livello politico, e attraverso il nostro inserimento sociale, promuovere il sindacalismo di classe e altri progetti rivoluzionari a livello internazionale.

PER LE CLASSI LAVORATRICI, TUTTI I TEMPI SONO TEMPI DI LOTTA!
CONTRO L’AUSTERITÀ, COSTRUIAMO POTERE POPOLARE!
PER IL COMUNISMO ANARCHICO, LA VITA E LA LIBERTÀ!

Coordenação Anarquista Brasileira – CAB Federación Anarquista Uruguaya – FAU Federación Anarquista Rosario – FAR (Argentina) Organización Anarquista de Córdoba – OAC (Argentina) Federación Anarquista Santiago – FAS (Cile) Grupo Libertario Vía Libre (Colombia) Union Communiste Libertaire (Francia) Embat – Organización Anarquista (Catalogna) Alternativa Libertaria – AL/fdca (Italia) Die Plattform – Anarchakommunistische Organisation (Germania) Devrimci Anarşist Faaliyet – DAF (Turchia) Organization Socialiste Libertaire – OSL (Svizzera) Libertaere Aktion (Svizzera) Melbourne Anarchist Communist Group – MACG (Australia) Aotearoa Workers Solidarity Movement – AWSM (Aotearoa / Nuova Zelanda) Zabalaza Anarchist Communist Front – ZACF (Sudafrica)

IX Congresso Nazionale della FdCA

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1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)