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martedì 31 maggio 2016

CHE COS'È LA SHARIA? di Pier Francesco Zarcone

CHE COS'È LA SHARIA?
di Pier Francesco Zarcone
 


Dall'inizio dell'irruzione del radicalismo islamista e del jihadismo sui media si parla frequentemente di Sharia, ma con estrema approssimazione e varie deformazioni, col risultato di non far intendere le reali caratteristiche del fenomeno. Questa parola araba significa "via", "cammino verso la fonte", "strada battuta", "sentiero", e indica altresì il diritto religioso contenuto nel Corano e da esso derivato. Parlare di "legge" islamica è impreciso se teniamo conto della tipicità assunta in Occidente dal concetto di legge. La Sharia non è una "legge codificata" né codificabile, per quanto anche le rivendicazioni del radicalismo musulmano - e a volte anche di movimenti islamici qualificati dagli occidentali come "moderati" - occultino questo aspetto: essi infatti parlano di reintroduzione della Sharia quale disciplina giuridica religiosa della società e dei singoli, al che c'è da chiedersi di quale Sharia si tratti. Infatti essa non s'identifica per nulla con un insieme normativo bell'e fatto, e se qualcuno si recasse in una libreria islamica con l'idea di comprare il volume contenente la Sharia non lo troverebbe, o nella migliore delle ipotesi il libraio gli presenterebbe il Corano, una raccolta completa dei detti e fatti del Profeta (se è sunnita) e dei commentari della scuola giuridico-religiosa più influente nel paese.
Innanzitutto deve essere "ricavata" dal Corano e poi dalle altre fonti di cui diremo. Tutto sommato sarebbe meglio parlare di "sistema giuridico", piuttosto che di legge, e infatti fino al sec. XIX (cioè fino alla grande irruzione del colonialismo europeo nel mondo musulmano) l'espressione "legge islamica" era ignota ai Musulmani.
Per quanto possa sembrare un'eresia ai più, esistono forti similitudini con la common law britannica, particolarmente riguardo all'importanza dei precedenti e all'uso dell'analogia. In entrambi tali sistemi giuridici non c'è legge scritta, e se la common law è un diritto formato dai giudici, la Sharia è formata essenzialmente dai giuristi. Gli storici del diritto discutono su un altro punto inaspettato: cioè se la common law abbia tra le sue ascendenze proprio il diritto musulmano. Chi risponde positivamente al quesito sostiene che istituti fondamentali del diritto britannico derivano o sono stati adattati dal diritto islamico a seguito della conquista normanna dell'Inghilterra in base a conoscenze acquisite dal regno normanno di Sicilia, in cui forte era ancora la presenza musulmana. Ciò ovviamente non vuol dire negare il ruolo della tradizione anglo-sassone nella formazione della common law.
Nella tradizione islamica classica il potere politico non poteva intervenire in alcun modo nell'elaborazione normativa, riservata ai soli giuristi attraverso l'elaborazione dalle fonti religiose. Questo dà luogo a una sorta di tensione (per così dire) tra tendenza etico-spirituale e tendenza "istituzionale", in cui prevale l'aspetto normativo. Altro aspetto da considerare (e che i radicali islamisti e i jihadisti trascurano) è che, proprio per la sacralità di base della Sharia il fine primario della rivelazione coranica non è la regolazione dei rapporti fra gli esseri umani, bensì il rapporto tra il singolo e Dio.
In Occidente gli studi islamistici da lungo tempo sono focalizzati sul solo Sunnismo, quantitativamente maggioritario (circa l'80% dei Musulmani), e pochissimi sono ancora gli specialisti di Sciismo; di conseguenza anche il discorso sulla Sharia viene presentato secondo la versione sunnita. In questa sede ogni differenza fra Sunnismo e Sciismo verrà segnalata, senza però presentare una visione comparata - per esigenze di spazio. In merito allo Sciismo va ricordato che lì la corporazione degli ulema nel corso del tempo si è strutturata in termini organizzativi "forti", gerarchici, costituendosi in una sorta di "simil-clero". Ragion per cui vale solo per il Sunnismo osservare che l'impostazione modernista (nonostante le apparenze) del radicalismo islamista fa perdere di vista un aspetto essenziale della fenomenica giuridica sunnita tradizionale: la sua variegata articolazione nelle modalità e nelle tecniche operative è agevolata anche dalla mancanza di una gerarchia del sacro, per cui in caso di controversie giuridiche non esiste un'autorità superiore capace di dirimerle.
È noto che in alcuni Stati musulmani (come l'Arabia Saudita) la Sharia viene intesa come diritto dal carattere rigidamente coercitivo, e identica è la posizione dei vari movimenti jihadisti. Tuttavia nell'Islam classico si indirizzava il comportamento etico con scarso potere coercitivo, proprio a motivo del suo predetto fine spirituale primario. Ad ogni modo i versetti coranici definiti e definibili "legali" sono in numero ridottissimo rispetto all'insieme di 6.236 versetti e oltretutto non hanno una portata così ampia o esaustiva da costituire un codice giuridico completo.
Dovrebbe essere appena il caso di rilevare che sono estranei alla Sharia i risultati di usi e costumi locali, eventualmente preislamici o extraislamici, spesso e volentieri spacciati come richiesti dalla religione (si pensi alla mutilazione dei genitali femminili praticata in varie regioni musulmane dell'Africa), ma semplicemente frutto di feroci concezioni patriarcali.


LE FONTI

La prima e più importante fonte d'integrazione normativa al Corano è la vita del Profeta, considerata "esemplare" avendo egli meglio compreso fra gli esseri umani gli intendimenti divini. La sua biografia, cioè i suoi comportamenti e anche i silenzi, insieme ai suoi detti costituiscono la Sunnah, la tradizione. Corano e Sunnah sono quindi le fonti primarie della Sharia. Le altre fonti sono: a) il fiqh, il diritto, cioè il lavoro di "estrazione" delle norme giuridiche dalle due fonti primarie; b) il consenso (ijma), che si fonda su un detto del Profeta per cui la comunità musulmana non può essere concorde su un errore, in quanto ispirata da Dio. Questo consenso è considerato dai Sunniti una forma di rivelazione, e viene usato per dare corpo a determinate interpretazioni del Corano o all'applicabilità di un precetto. Certo è che si presenta come una fonte estremamente problematica, e infatti gli Sciiti – a motivo dell'incertezza di fondo esistente in tale ambito - non l'ammettono. Il problema sta nella scelta di chi sia abilitato a manifestare il consenso. Che si tratti di un consensus populi è da escludere (e oltretutto non sarebbe affatto di facile determinazione): si fa riferimento invece all'accordo tra i maggiori giuristi di una data epoca o generazione, i quali non sono certo rappresentativi del consenso dell'intera comunità islamica e nessuno ha dato loro la rappresentanza. Si sostiene che il contenuto di tale accordo deve radicarsi nel Corano e nella Sunnah, ma questo non dice nulla quand'anche queste due fonti principali presentano profili di incertezza o incompletezza.
Ad ogni modo nell'intero corpus giuridico musulmano sunnita i casi risolti con il consenso non superano l'1%; c) l'analogia (qiyas): più che di fonte vera e propria sarebbe meglio parlare di metodologie volte a ricavare norme giuridiche per i casi non regolati né dal Corano, né dalla Sunnah, né dal consenso. Per quanto nel Corano e nella predica del Profeta ricorra la pratica dell'analogia, tuttavia il metodo è fonte di contrasti, e non mancarono né mancano le tesi dei tradizionalisti radicali (come sempre più realisti del re) che tacciano di empietà l'uso della ragione umana per colmare le "lacune" nella normazione divina; d) il ragionamento del giurista (ijtihad); riguardo a esso negli scritti degli islamologi ricorre il tema della sua avvenuta "chiusura" tra l'855 e l'inizio dell'XI secolo in ambito sunnita, nel quadro di un più ampio processo di stasi del pensiero critico.
Oggi non mancano gli autori musulmani che o presentano la cosa in modo più soft, o addirittura la negano. Certo è che sarebbe vano andare alla ricerca di un "proclama di chiusura" che del resto - mancando un'autorità religiosa centrale nel Sunnismo - nessuno avrebbe mai potuto emanare legittimamente. E si potrebbe aggiungere che quand'anche (per ipotesi) taluno l'avesse fatto, in un ambiente culturalmente vivace ciò avrebbe avuto scarsa influenza. Ad ogni modo la stagnazione che ha coinvolto l'Ijtihād è un dato di fatto, seppure non si possa parlare di totale paralisi della giurisprudenza musulmana sunnita, anche perché è sempre chiamata ad affrontare situazioni di tipo nuovo. Il problema non ha mai riguardato lo Sciismo, in cui l'Ijtihād è rimasto sempre del tutto funzionante.
C'è poi come fonte sussidiaria la consuetudine, cioè la prassi locale, il cosiddetto diritto comune, l'usanza tradizionale, le cui origini sono essenzialmente preislamiche. Ma non ci dev'essere contrasto con le fonti islamiche scritte. Casi tipicamente consuetudinari sono la circoncisione (non prevista dal Corano) e la determinazione del tempo entro cui dev'essere pagata la dote dallo sposo.

I RUOLI ISTITUZIONALI NELLA PRASSI GIURIDICA ISLAMICA

È il mondo degli operatori del diritto, innanzitutto distinguibili in Muftì e Qadì. Il primo è un esperto giurista (un soggetto privato) con la funzione di emettere su richiesta di singoli interessati un responso giuridico (fatwa; che non è sentenza) su un caso particolare. Si tratta di opinione non vincolante, ma idonea a risolvere anche liti in virtù del prestigio del Muftì che la emana. L'importanza di questi responsi è stata tale che in realtà la giurisprudenza islamica non è costituita dalle deliberazioni giudiziali, bensì da quanto prodotto dai Muftì. Questo insieme ha anche costituito la base per i testi giuridici scritti dai semplici studiosi del diritto.
Il Qadì è invece il giudice deliberante, soggetto pubblico e non privato come il Muftì. La funzione del Qadì era molto ampia, e ne rivela il ruolo all'interno della società musulmana, in cui era fortemente radicato: sovrintendeva alla costruzione di moschee e alle opere pubbliche, controllava le fondazioni pie e operava da mediatore extragiudiziale. In definitiva mediatore lo era anche nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, giacché il processo islamico classico non punta a un risultato definibile in termini di vincitore-vinto, bensì di ricomposizione fra le parti, in modo da evitare irreparabili rotture fra membri della stessa comunità.
Ultimo soggetto è il professore di diritto, e questo ci porta a parlare della madrasa, la scuola coranica e giuridica nata verso la fine del sec. X. Tale istituzione, inizialmente nata per iniziativa privata, ben presto suscitò l'interesse dei governanti e dei potenti che si attivarono a fondarne in gran numero e a dotarle di mezzi finanziari notevoli. Per il prestigio in tal modo acquisito, le madrase più importanti divennero anche luogo di formazione di elementi della futura classe dirigente. Ad ogni buon conto questa istituzione non ebbe mai il monopolio della formazione giuridica, tant'è che non mancarono giudici formatisi fuori da essa.
L'interesse dei sovrani e delle classi alte per la madrasa introduce il discorso sui rapporti fra il potere politico e la sfera della Sharia, che il primo controllava assai poco e male, innanzitutto non essendo fra i produttori del diritto a base religiosa, che aveva la sua sfera di autonomia rispetto ai sovrani, e godeva di un radicamento popolare tale da costituire per essi un bastione insormontabile. Lo stesso Califfo non può essere considerato fonte del diritto, e difatti non si conoscono editti giuridici di provenienza califfale tali da venire a far parte del diritto musulmano. D'altro canto il suo compito consisteva nella difesa della Sharia, nella sua applicazione, e non nella sua produzione.
Tutto questo non significa delineare uno scenario idilliaco sui rapporti fra potere politico islamico e mondo della Sharia, ma solo comprendere le rispettive posizioni di forza e debolezza. La storia delle società musulmane è costellata di poteri politici arbitrari e tirannici, ma anche di dominatori paragonabili a statue dal piede di argilla in quanto costantemente bisognosi di legittimazione religiosa che, in caso di loro entrata a "gamba tesa" nella sfera della Sharia, poteva costare molto caro. Per cui, alla fin fine, Califfi e potenti di vario rango erano costretti a sottostare a una produzione giuridica da essi non controllata.
In genere in Occidente non si ha chiaro che il potere di dinasti e governanti musulmani era visto dai sudditi con sospetto (a dir poco), per precisi motivi religiosi: la parola indicante il potere politico in arabo è mulk e il sovrano malik, che originariamente significavano "possesso" e "possessore", ma solo a Dio compete il possesso delle cose del mondo. Questa situazione faceva sì che solo i giuristi della Sharia potessero in qualche modo assicurare una legittimità islamica. Il rapido succedersi di effimere dinastie nella storia politica delle società musulmane esprime questa situazione.
Si tenga anche presente che (come del resto in tutte le società preindustriali) i dominatori nell'Islam classico erano privi dell'apparato burocratico necessario a controllare le società a essi sottoposte, ed era quindi indispensabile utilizzare allo scopo la classe dei giuristi. Ovviamente tutta questa situazione implicava la dialettica di una costante rinegoziazione con i soggetti istituzionali della Sharia, e - al di fuori dai casi di mancanza di interesse materiale o politico - non mancarono certo i momenti di frizione, anche acuta. Tuttavia per i potenti era sempre meglio valutare in anticipo i pro e i contro di loro eventuali intromissioni autoritarie nella sfera del diritto religioso.
Nella madrasa era il docente a scegliere cosa e come insegnare e quali testi far usare dagli studenti, tuttavia questa sua libertà a un certo momento venne limitata dall'approvazione ufficiale dei testi giuridici consentiti. Inoltre era lui - non avendo la madrasa personalità giuridica - a rilasciare gli attestati curricolari agli studenti alla fine dei corsi. È quasi superfluo notare che il consolidarsi e l'estendersi di questa istituzione con il sostegno economico dei potenti consentì loro di acquisire anche la fedeltà (magari provvisoria) dei giuristi che vi operavano.
La madrasa divenne anche centro di promozione sociale, sia per accedere alle cariche di giudice (ben pagate dai governanti) sia per sviluppare una carriera accademica o per diventare Muftì o autore di testi giuridici. Progressivamente si formò un processo di professionalizzazione dei giuristi e di formazione di loro dinastie famigliari. Il monopolio di queste dinastie si consolidò definitivamente nel sec. XVI durante l'Impero ottomano, nel quadro di una precisa politica di centralizzazione.
Radicali islamici e jihadisti forniscono un'immagine distorta dell'amministrazione della giustizia in base alla Sharia, cioè l'immagine di una prassi spietata, cieca e disumana. Tale immagine è moderna, poiché la giustizia secondo la Sharia tradizionale è stata storicamente altra cosa: "la soluzione amichevole è il miglior verdetto" costituisce al riguardo un principio cardine, dietro il quale operavano precise realtà sociologiche.
In società articolate in una pluralità dei corpi intermedi (per i colonialisti si trattava di frammentazione) come famiglie, clan, tribù, quartieri urbani, una gran parte delle questioni e delle liti trovavano soluzione più o meno conciliativa proprio in queste entità sociali, a partire dalla famiglia (che non era mononucleare). Quando poi le controversie finivano in tribunale, lì le parti in causa trovavano un ambiente del tutto diverso dai tribunali a cui noi siamo abituati. Il giudice era parte integrante del corpo sociale in cui operava e suo compito primario consisteva nel mantenimento dell'armonia al suo interno, dando il massimo della considerazione ai profili etici collettivi e personali dei contendenti.
L'assenza del rigido e impersonale binomio "vittoria-soccombenza" dipendeva dal dovere del giudice di non applicare astrattamente le norme a prescindere dai profili di equità, di modo che non frequente era la vittoria schiacciante: il deliberato processuale mirava a precisi risultati sociali ed etici; la vittoria parziale, cioè volta alla composizione, era più normale della condanna secca, peraltro inevitabile in casi di gravi violazioni dell'ordine morale e sociale. In definitiva il ruolo del giudicante doveva svilupparsi nella mediazione dialettica fra norma giuridica ed esigenze morali tanto dei contendenti, quanto del corpo sociale nel suo complesso.
Nelle aule di giustizia il processo si svolgeva in modo estremamente informale, e le parti, che esponevano liberamente le proprie ragioni senza avvocati, raramente erano digiune di diritto (come invece accade normalmente per i cittadini degli Stati moderni), giacché la Sharia - a parte le inevitabili sottigliezze teoriche riservate ai giuristi - era una tradizione sociale vivente e condivisa, il che consentiva ai litiganti autorappresentati di potersela cavare da soli. E questo riguardava anche le donne, nonostante quel che in genere si pensa: in quanto titolari di personalità giuridica potevano agire da sole nei tribunali, e spesso lo facevano con astuzia e abilità non inferiori a quelle degli uomini.

LE SCUOLE GIURIDICHE

Tali scuole (madhhahib, sing. madhhab) sono quattro nel Sunnismo e due nello Sciismo; rispettivamente: la Hanafita, la Malikita, la Shafiita e la Hanbalita; e quindi la Zaydita e la Jafarita. La formazione delle scuole giuridiche è stata una necessità per il mondo islamico poiché l'iniziale abbondanza di scuole individuali aumentava senza costrutto il proliferare di differenti interpretazioni giuridiche in un sostanziale vuoto di autorità di riferimento. Alla fine queste scuole fecero da punto di collegamento tra le società e i vari dinasti. Esse si affermarono de facto, ma alla fine anche de jure, giacché fino alla loro sostanziale emarginazione dovuta al colonialismo non fu possibile ai singoli giuristi operare indipendentemente da esse. I cittadini comuni potevano passare da una scuola all'altra anche per singoli negozi o chiarimenti operativi.

L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA NEL PERIODO OTTOMANO

Per le dimensioni raggiunte e per aver incluso quasi totalmente il mondo di lingua araba fino all'incontro/scontro col colonialismo europeo, l'Impero ottomano è importante per accertare la situazione della Sharia in quella fase storica, premettendo che già con l'avvento della dinastia califfale degli Abbasidi di Baghdād (nel 750) il potere degli ulema si era accresciuto notevolmente, e il califfo Harun ar-Rashid (dal 786 all'809) costituì un potere giudiziario centralizzato all'uopo nominando un capo gerarchico dei giudici. I giuristi riconoscevano al Sultano il potere discrezionale di emanare norme "amministrative" a integrazione della Sharia, purché nel rispetto di essa. Questo è il qanun. Il grande Sultano a noi noto come Solimano il Magnifico (1494-1566) per Ottomani e Turchi era detto Süleyman qanuni, cioè il legislatore.
Qanun e Sharia non sempre collimarono: in certi casi il qanun integrò semplicemente quest'ultima in materia di ordine pubblico e di taluni reati, ma aprì all'usura, alla tortura e alla tassazione non prevista dalla Sharia, tant'è che i giudici, quando potevano, ignoravano o disapplicavano tali innovazioni. Sul finire del sec. XVI nell'Impero ottomano si procedette all'unificazione dei poteri riferiti alla Sharia in capo al Qadì che accrebbe di gran lunga la sua sfera di competenze. Nella creazione di una gerarchia giuridica alla fine del sec. XV era stata valorizzata la figura dello Shaykh al-Islam, che in precedenza era stato solo un Muftì di prestigio, supervisore dell'istruzione giuridica locale. Con la riforma ottomana questa figura divenne il vertice della gerarchia giudiziaria, la suprema entità giuridico-religiosa, titolare del potere di nominare e revocare i giudici, di esprimere pareri legali e per molto tempo anche di deporre il Sultano. Fino al sec. XVII la sua carica fu a vita, e neppure il Sultano poteva deporlo.
Ulteriore innovazione ottomana fu la localizzazione unica delle aule giudiziarie, ovvero il palazzo di giustizia. Qui si svolgevano oltre all'attività di tribunale anche altre funzioni che ne facevano un centro di amministrazione imperiale: era sede dell'amministrazione fiscale e divenne fonte di reddito per la tesoreria del Sultano, giacché i giudici (non più stipendiati) furono autorizzati a percepire parcelle dai litiganti e da chi a loro si rivolgesse. Cominciarono le registrazioni delle cause e dei matrimoni, dietro pagamento di una tassa.
La fase di vera e propria sostituzione progressiva della Sharia da parte di una legislazione improntata ai moduli occidentali sarebbe poi avvenuta nel sec. XIX. Il qanun - attraverso l'incremento quantitativo e qualitativo della sua produzione, innanzitutto con il conferimento di un ruolo sempre maggiore al diritto consuetudinario - ovviamente entrò in concorrenza dialettica con la Sharia, e per quest'ultima la situazione si aggravò in modo rilevante a causa dell'introduzione (volontaria o no) di moduli e teorie desunti dagli ordinamenti giuridici europei.

OGGI

Finora abbiamo parlato della Sharia come è stata, prima delle vaste distruzioni del contesto classico effettuate dal colonialismo europeo che, per periodi magari di lunghezza non biblica, ha dominato la quasi totalità del mondo musulmano incidendovi in profondità e introducendo lo Stato nazionale. E poi c'è da mettere nel conto l'azione del radicalismo islamico contemporaneo. Per pura comodità cominciamo da quest'ultimo. Si legge spesso che - nonostante i reiterati proclami di ritorno alle origini dell'Islām (viste in modo riveduto e corretto secondo gli intendimenti ideologici del radicalismo stesso) - reca in sé stigmate proprio di quella modernità occidentale a cui rivolge multipli anatemi. Il giudizio è esatto, ma in genere viene motivato in base ad elementi psicologici, ideologici, politici ecc.; manca invece, quale termine di confronto, il nesso con tanti secoli di esperienza della Sharia fatte da società musulmane tanto diverse fra di loro; in sostanza un diritto costruito dall'interno di queste società come parte essenziale di un modo di vivere condiviso socialmente, nel quadro - non sembri azzardato dirlo - di una specie di autogoverno, pur se sovrastate da poteri politici dispotici a cui era negato l'ingresso nella sfera della Sharia. Inoltre, aspetto fondamentale, si è trattato di un diritto plurale nelle sue interpretazioni e nelle determinazioni normative estratte dalla rivelazione, che essenzialmente presupponeva comunità attente alla morale e con i membri moralmente definiti.
Con il radicalismo odierno abbiamo invece un'impostazione ideologica estremamente coercitiva e sanguinaria, che si lascia indietro il pluralismo e la flessibilità pregresse, ne isola determinate elaborazioni e interpretazioni a scapito delle altre e ne fa una sorta di diritto statale. Cosa ha a che fare tutto questo con la dimensione classica della Sharī‘a? La domanda è retorica. Poiché pensar male sarà anche peccato, ma in genere ci si azzecca, vengono alla mente due considerazioni: la prima è che buona parte dei Musulmani auspicanti l'avvento della Sharia ne abbia perso - dopo le demolizioni colonialiste e dello Stato moderno - le connotazioni spirituali e antropologico-culturali; la seconda è che il silenzio o l'appoggio degli ulema all'attuale ubriacatura corrisponda più al timore per le conseguenze personali di una decisa presa di posizione che non a convinzioni effettive. Altrimenti ci sarebbe da chiedere cosa abbiano appreso della Sharia tradizionale. Inoltre, parlare di un effettivo diritto pubblico su base religiosa è molto azzardato, in quanto il Corano non contiene elementi utili alla realizzazione e gestione dello "Stato islamico" (concetto inesistente fino a oggi), a parte due indicazioni più etiche che istituzionali: il governante deve essere giusto e i governati devono obbedirgli (4,58-59), e governanti e governati devono consultarsi (42,38).
Si aggiunga che l'introduzione dello Stato moderno ha inserito nel corpo delle società musulmane - o meglio, vi ha sovrapposto - un'entità che per la sua stessa natura esprime esigenze specifiche non compatibili con lo spirito e la prassi della Sharia. Quando nelle condizioni politiche, sociali e culturali odierne, dopo sostanziali e pesanti soluzioni di continuità, se ne chiede la restaurazione, non si capisce bene a che cosa ci si riferisca, stante il contesto plurale all'interno della stessa Sharia se correttamente intesa. L'influsso occidentale ha operato tanto nel diritto privato quanto in quello pubblico, e quando in certe Costituzioni di paesi musulmani, per contentare i tradizionalisti e i radicali, si presenta la Sharia come "fonte" o "fonte principale" o "una delle fonti" del diritto, ma tali previsioni hanno un valore tra il simbolico e il propagandista dagli effetti pratici non bene individuabili.
Infine non va sottaciuto che il sistema tradizionale si è formato in contesti preindustriali di cui rispecchia situazioni ed esigenze, e quindi non è sempre adeguato alle mutate condizioni socio-economiche e politiche. Per esempio, una società contemporanea non può assolutamente essere gestita con le poche tasse previste dalla Sharia, per non parlare della contrattualistica: i contratti di assicurazione, in quanto aleatori, contrastano col divieto di alea, e dovrebbero essere vietati; lo stesso dicasi per i contratti produttivi di interessi, equiparati alla vietatissima usura. E infatti abbiamo che il Codice civile egiziano prevede la produzione di interessi nel caso del ritardo di pagamento di una somma già determinata, a titolo di risarcimento del danno, nella misura del 4% per gli ordinari contratti civile e del 5% per quelli commerciali. Da notare che tale norma fu considerata costituzionalmente legittima quand'anche ci fosse stata (nel 1980) la modifica della Costituzione nel senso di mutare il ruolo della Sharia nei confronti dell'ordinamento giuridico statale: non più "una" fonte del diritto, bensì "la" fonte del diritto.
La pratica conosce tutta una serie di aggiramenti della Sharia per adeguarsi alla realtà, spesso salvando la lettera ma non lo spirito. Si pensi alla vendita con riacquisto in modo da far pagare un interesse camuffato. C'è da chiedersi che cosa sia realmente rimasto dell'esperienza della Sharia. E se un'incompatibilità profonda esiste fra la Sharia e qualcosa di altro da essa, l'incompatibilità opera in primo luogo nei confronti dello Stato moderno. La Sharia è stata un ordinamento giuridico sviluppatosi in seno alle comunità e senza intervento o sovraordinazione statale, e se oggi il presunto - e da certuni auspicato - ritorno alla Sharia dovesse passare attraverso il ruolo dello Stato, allora sarebbe meglio provvedere a un cambio di nome, poiché non si tratterebbe affatto della stessa realtà. L'imperversare di radicalismi islamici e jihadismi vari non riesce a occultare un dato oggettivo: la Sharia è un fenomeno storico sostanzialmente terminato. Riportarlo in vita (a prescindere dal problema di quale Sharia si tratti) equivale a cercare di costruire uno zombi.

 la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

venerdì 27 maggio 2016

Livorno: Il confederalismo democratico del popolo curdo ha bisogno del sostegno internazionalista



 
 





Contro le logiche spartitorie dell'imperialismo alla base di ogni guerra
Contro il terrorismo reazionario dell'ISIS
Il confederalismo democratico del popolo curdo ha bisogno del

sostegno internazionalista
Incontro/riflessioni con:
Khader Musallam
Alternativa Libertaria/FdCA
SABATO 11 GIUGNO ORE 18:00
PRESSO LA LIBRERIA - CAFFE' LETTERARIO
LE CICALE OPEROSE
CORSO AMEDEO, 101

LIVORNO
E' impossibile conoscere in anticipo il futuro della rivoluzione curda.

Nel mezzo di una guerra atroce nella quale si confrontano le grandi potenze

imperialiste, feroci dittature regionali e gruppi terroristici oscurantisti, sarà molto

difficile che la rivoluzione sopravviva ad una distruzione così enorme.

I recenti attacchi della Turchia e dell'ISIS possono essere degli esempi di ciò che

riserva il futuro immediato.
In ogni caso ciò che il popolo curdo in armi sta compiendo è sufficiente per

provocare il migliore entusiasmo, la più grande ammirazione, la più ampia solidarietà in

ogni angolo del mondo degli oppressi.
Il tentativo originale di sperimentare un modello di organizzazione sociale

emancipato dalle paludi dello statalismo, dal mercato capitalista e dalla cultura

patriarcale merita tutta la nostra attenzione e tutto il nostro appoggio per la sua

divulgazione.
Comunitarismo, autogestione, popolo in armi organizzato in battaglioni popolari,

ruolo di spicco delle donne in tutti gli ambiti e a tutti i livelli dell'azione collettiva;

autogoverno con ampia partecipazione e il fatto che tutto questo avvenga durante

un guerra non può che riportarci con la memoria alla rivoluzione spagnola, ed al grido di

Buenaventura Durruti durante la difesa di Madrid:
“ portiamo dentro di noi un mondo nuovo e quel mondo

sta crescendo in questo istante.”
f.i.p. Maggio 2016

Biologico collettivo solidale

di Monia Andreani tratto da   http://www.altreconomia.it/site/ec_articolo_dettaglio.php?intId=316
Dalla filiera agricola alle azioni mutualistiche. Il modello partecipativo della Cooperativa Iris

Iris, la cooperativa che cura la terra, le persone, il mondoPane, amore e rivoluzione. La Cooperativa Iris -già nota a tanti consumatori critici per la sua ottima pasta- è molto di più di un’azienda agricola bio nel Parco Naturale dell’Oglio Sud. 
È un’utopia concreta, un modello nato a fine anni Settanta -grazie a nove ragazzi della pianura cremonese, figli di braccianti, manovali, artigiani- che fa cose rivoluzionarie, tenendo fermi i propri 
valori fondativi: proprietà collettiva, prassi libertarie e relazioni di economia solidale. Gli obiettivi di Iris sono ambiziosi: prendersi cura del mondo in termini “integrali” -dalla terra alla politica, dalla scelta del biologico al metodo assembleare delle decisioni-, promuovere la cultura contadina e il lavoro femminile finoad arrivare a costruire una “bioetica del vivere comune”. 
Questo libro ripercorre le tappe fondamentali di Iris attraverso le parole dei suoi soci e del suo presidente Maurizio Gritta, testimoni di 40 anni di storia: la fondazione e l’acquisizione della terra, il salvataggio e il rilancio del vecchio pastificio e dei suoi lavoratori, la filiera etica contadina e la proposta delle azioni mutualistiche; fino a oggi, con la nascita della Fondazione Iris, garante culturale del percorso di Iris e all’innovativo progetto di pastificio ecologico e di eco-villaggio in divenire. 


L'autrice
Monia Andreani è ricercatrice di Etica applicata presso il Dipartimento di Scienze Pure e Applicate dell’Università di Urbino “Carlo Bo”. Insegna Etica del Servizio Sociale presso l’Università di Urbino e Teorie dei Diritti Umani presso l’Università per Stranieri di Perugia. Si occupa di tematiche etiche e bioetiche della cura e dell’ambiente in relazione ai diritti umani fondamentali e al genere. È autrice e curatrice di numerosi libri e articoli. Tra le sue ultime pubblicazioni citiamo “La bioetica con i caregiver. Alleanza terapeutica e qualità della vita”, (in collaborazione), Unicopli, 2015. È inoltre in uscita “Questioni etiche nel caregiving. Contesto biopolitico e relazione di cura”, Carocci, 2016. Sito web: www.moniaandreani.it

Una citazione:

La filiera agricola come eco-sistema. “Iris non si affida al mercato o alla Borsa dei cereali ma mette al centro del contratto agricolo un rapporto economico di reciproco riconoscimento. Uno dei principi di Iris è di non inglobare mai la piccola azienda, ma di porsi in una relazione di mutualità, di sostegno e di promozione del biologico. Di che cosa è fatta la solidarietà in un sistema di filiera come quello impostato da Iris? Si ispira all’osservazione della mutualità che c’è in natura: chi vive a contatto con la terra e gli ecosistemi la conosce per esperienza. (…) L’obiettivo è dunque quello di costituire un rapporto organico tra Iris e la sua filiera, per respirare in modo sincrono: solo così si potranno fare scelte coraggiose in agricoltura e soprattutto si potrà seminare in modo capillare un sentimento di giustizia che a sua volta possa alimentare un principio di uguaglianza sociale e rimettere al centro la mutualità”.

Libro pubblicato in collaborazione con Fondazione Iris e Associazione Solidarietà Libertaria-Centro di Documentazione Franco Salomone


Isbn: 9788865162132, 128 pagine

4° festa dell'Ecologia Sociale e del Gruppo Acquisto Popolare Pordenone

SABATO 4 GIUGNO - Cordenons (area Parareit)
4° festa dell'Ecologia Sociale e del Gruppo Acquisto Popolare

          Programma


15.30 APERTURA MERCATINO DELLE AUTOPRODUZIONI E INFO-POINT
alimenti, vestiario, oggettistica e saperi autoprodotti, dalle produzioni locali ai punti di ascolto e informazione sulle vertenze di comitati, associazioni e gruppi

17.30 forum “ecologia delle libertà” con interventi di realtà attive sul versante delle lotte territoriali, di progetti di reddito alternativo e autodeterminazione alimentare:
-Fuorimercato: http://www.fuorimercato.com/new/
-Coordinamento Biodiversità FVG: https://
biodiversitafvg.wordpress.com/
- Mondeggi/Fattoria senza padroni: https://tbcfirenzemondeggi.noblogs.org/
-Genuino Clandestino - TS: http://
genuinoclandestino.it/
- Rimaflow - MI : http://www.rimaflow.it/
-Mutuo Soccorso Cordenons: https://mutuosoccorso.wordpress.com/

20.30 CENA SOCIALE “casereccia”menù veg su prenotazione, Menù fisso a 10 euro
Il menù Standard:
Primo: Pasta all' amatriciana
Secondo: Tortino del casaro e salame con l'aceto
Contorni: Fagioli con cipolla e carote gratinate
Acqua, vino compresi

Il menù vegano:
Primo: Cous cous di verdure
Secondo: Spezzatino di soia
Contorni: Fagioli con cipolla e carote gratinate
Acqua, vino compresi

Per la cena sociale bisogna prenotarsi entro e non oltre il 31/05/2016 spedendo una mail a info@gap-pordenone.it , specificando se si vuole il menù standard o quello vegano.

21.30 concerto con:

-st. john upon the firedhouse {blues da casarsa}
https://www.youtube.com/watch?v=JwG9V6ByiNQ

-Rusty rockerz {reggae da portogruaro}
https://www.youtube.com/watch?v=pMrVknrnPbY

Seguirà dj set
Vi aspettiamo numerosi



-- 
Gruppo di Lavoro GAP

Iris .. un sogno, un progetto, il futuro

Una Giornata in Cascina - 17a Edizione




Domenica 29 Maggio 2016


Ore 10.00 convegno


un Sogno, un Progetto, il Futuro
Andrea Baranes Presidente della Fondazione Culturale di Banca Etica

Monia Andreani Ricercatrice di Etica Applicata UNI Urbino

Ferruccio Nilia RES Rete di Economia Solidale - Sociologo

Modera Maurizio Gritta




Per una giornata conviviale

Troverete STAND E DIVERTIMENTO


IRIS Fondazione - libri e cultura - produttori biologici

Musica e giochi

Parliamo di agricoltura biologica passeggiando fra siepi e filari nei campi coltivati da IRIS

(Iscrivetevi sul cartellone VISITA ai campi il giorno della festa)

Buffet biologico anche vegetariano con un contributo fisso di 10,00

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PRENOTATE entro il 22 maggio ISCRIVETEVI !!!

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potete pagare il contributo con

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VI ASPETTIAMO COME SEMPRE NUMEROSI

Francia : e ora bloccare tutto!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I sindacalisti dell'appello « On bloque tout ! » hanno tenuto il loro meeting giovedì 19 maggio, nella serata di una nuova giornata di sciopero. Nella grande sala Croizat della Borsa del Lavoro di Parigi, c'erano 200 militanti, riunitisi per discutere sulle mobilitazioni in corso.

Lanciato lo scorso 22 marzo,  l’appello sindacale « On bloque tout ! » ha incontestabilmente coinvolto ad oggi il movimento sociale in corso con più di 1500 firmatari....di oltre 100 strutture sindacali (per la maggior parte della CGT, della CNT, della CNT-SO, di SUD-Solidaires).

Con un sito ed una pagina Facebook molto attivi, con l'invio di migliaia di adesivi ai quattro angoli del paese, con i contributi regolari del Collettivo promotore che hanno cadenzato le notizie sulle lotte in corso (sulla repressione, sul proseguimento degli scioperi…), l’appello è oggi un filo conduttore che collega centinaia di realtà sindacali al di là delle sigle di appartenenza.

In alcune città (Marsiglia, Nantes…) sono nati dei collettivi composti da militanti della CGT, della CNT, della CNT-SO, della FSU e di SUD-Solidaires. Si può dunque ritenere che l'appello ha contribuito a definire la prospettiva del blocco dell'economia quale condizione per un movimento vincente. E' questo che più o meno ha sollevato grande interesse per questo incontro di mobilitazione del 19 maggio.

Hanno aperto il meeting due interventi "tematici", uno sulla repressione contro il movimento, l'altro sui collegamenti intercategoriali a partire dall'esempio di Saint-Denis (93). E' seguita una serie di interventi sullo stato della mobilitazione da parte di sindacalisti di SUD e della CGT di diverse categorie — ferrovie, Poste, trasporti aerei, scuola, studenti, commercio — che hanno permesso di cogliere meglio le difficoltà...ma anche la volontà di lottare!

Hanno preso la parola anche la CNT, la CNT-SO, la tendenza intersindacale Émancipation e l’Union syndicale Solidaires. Infine, ad una rapida sintesi della proposte emerse sono seguiti interventi che hanno sottolineato la necessità di costruire la convergenza degli scioperi e di bloccare l'economia.

Quali indicazioni sono uscite da questo incontro?

Prima questione, sensibile, la resistenza alla repressione che rimane di grande attualità: nel corso della riunione è stato comunicato l'arresto di cinque compagni studenti di Solidaires, la perquisizione dei locali di Solidaires a  Ille-et-Vilaine, e, cosa più grave, la carcerazione preventiva di un compagno dalla CGT Valenciennes. Dobbiamo organizzare sempre più la necessaria solidarietà  inter-sindacale.
Tra gli annunci della serata, il blocco delle raffinerie ha suscitato gli applausi di tutta la sala. Considerato che i blocchi dell'economia in numerose città fanno ormai parte integrante dello spettro delle mobilitazioni, la strategia proposta dall'appello « On bloque tout ! » si integra pienamente nella realtà della lotta.

Resta la questione dello sciopero. Pochi interventi hanno chiesto un appello per l'indizione dello sciopero generale da parte delle "direzioni" sindacali, visto che lo sciopero "a comando" non è uno scenario possibile (nè auspicabile)....semplicemente perchè occorre convincere la base sindacale -e nei posti di lavoro- di smettere di lavorare anche solo per un paio d'ore!

Tuttavia, tutti hanno dichiarato che lo sciopero generale non sia una tappa che si possa scartare. Si tratta semplicemente di fare il più possibile nella realtà delle mobilitazioni nei nostri luoghi di lavoro e di articolare scioperi, blocchi di massa ed esperienze di auto-organizzazione.

Théo Roumier (collettivo promotore dell'appello « On bloque tout ! »)
(traduzione a cura di ALternativa LIbertaria/fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

venerdì 6 maggio 2016

LA STRATEGIA DI DAVIDE TRAFIGGE IL TTIP !

ROMA 7 MAGGIO - LA "STRATEGIA DI DRACULA" TRAFIGGE IL TTIP!  SVELATO IL SUO SEGRETO, SI CONFERMA UN GRANDE IMBROGLIO AI DANNI DEI LAVORATORI ED ORA VA FATTO A PEZZI! Le rivelazioni di questi giorni trafiggono il TTIP come se fosse un vampiro esposto alla luce! Sta emergendo quello che già sospettavamo: con iI Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) tra Stati Uniti ed Unione Europea, alle società americane saranno concessi poteri senza precedenti su tutte lenuove normative per la salute o la assistenzapubblica. Se qualche governo europeoavesse il coraggio di legiferare per miglioraregli standard sociali o ambientali, TTIPconcedebbe agli investitori degli Stati Uniti il diritto di citarli in giudizio per la perdita di profitti in base alla legislazione aziendale vigente negli USA. Le rivelazioni emerse potrebbero segnare l'inizio della fine per l'odiato accordo commerciale UE-USA e per coloro i quali hanno finora negoziato, senza alcun mandato popolare e  con fanatica segretezza,minacciando chiunque avesse osato divulgare il contenuto del trattato. Ora, per la prima volta, i cittadini europeipossono vedere da soli di cosa è stata capacela Commissione Europea, senza alcuna trasparenza. Chi accusava il movimento STOP TTIP di allarmismo e sosteneva che l'UE non avrebbe mai permesso che ciò accadesse, è stato clamorosamente sbugiardato. La Commissione Europea si preparava ad aprire l'economia europea alla concorrenza sleale delle gigantesche corporations USA, incurante delle pur note disastrose conseguenze per i paesi europei e per i livelli di protezione e di tutele che in Europa sono di gran lunga superiori rispetto agli Stati Uniti. Secondo le statistiche ufficiali, si perderebbero da uno a due milioni  di posti di lavoro come conseguenza diretta dell'applicazione del TTIP.  Eppure, i negoziatori dell'Unione Europea si stanno preparando a consegnare nel meccanismo infernale del TTIP interi settori delle economie dei paesi europei, senza avere alcun interesse per le conseguenze sulle persone e sui lavoratori.  La Commissione europea voleva un divieto di 30 anni sull'accesso pubblico ai testi negoziali del TTIP, ora la "strategia di Dracula" imposta da movimento internazionale STOP TTIP ha esposto il vampiro alla luce del sole. Che muoia! Infatti c'è già qualcuno che inizia a prendere le distanze da un affare sempre più velenoso: la Francia vuole mettere un veto a qualsiasi accordo TTIP che potrebbe mettere in pericolo il suo settore agricolo. La Germania dice che ilTTIP è al collasso, e ha puntato il dito contro l'intransigenza degli Stati Uniti. Almeno 6 ragioni per dire NO e fermare il TTIP La prima. Il TTIP prevede che il sistema sanitario, il sistema educativo e l'acqua pubblica siano accessibili al business delle imprese statunitensi. La seconda. Il TTIP prevede che la legislazione europea in merito a cibo ed ambiente converga con quella in vigore negli USA, dove è consentito l'uso di cibi OGM e sono laschi i divieti sull'uso di  sostanze tossiche. Infatti negli USA si possono usare sostanze tossiche nell'ambiente finchè non venga provata la loro tossicità. La terza. E' previsto un allentamento delle regole per le attività delle banche, dopo le restrizioni loro imposte all'indomani della crisi del 2008. La quarta. Un attacco alla tutela dei dati personali e della privacy individuale nella navigazione in internet. La quinta. La disoccupazione per milioni di lavoratori europei, danneggiati dal fatto che negli USA il diritto del lavoro è più lasco  ed i sindacati sono meno forti. Come è accaduto in 12 anni di applicazione del NAFTA, l'accordo tra USA, Canada e Messico che è costato il posto di lavoro ad un milione di lavoratori statunitensi. La sesta. Un pericolo per la democrazia. Il TTIP prevede l'istituzione dell'Investor-State Dispute Settlements (ISDS), una sorta di tribunale internazionale privato presso cui le imprese possono denunciare i paesi le cui legislazioni possono comportare una perdita per i loro profitti. Lo stesso istituto è già in vigore nel TPP (Trans Pacific Partnership). E' più che sufficiente per dire oggi ad USA ed Unione Europea: NO TTIP! STOP TTIP! Ed un minuto dopo per dire forte ai capitalisti europei: giù le mani dalla sanità, dalla scuola, dall'acqua, dai diritti dei lavoratori, dai nostri soldi, dalle nostre libertà! Alternativa Libertaria/fdca maggio 2016

mercoledì 4 maggio 2016

Palestina-Israele, La lotta unitaria persiste nonostante la stanchezza degli attivisti più anziani*.y

I primi anni della lotta unitaria contro il muro avevano portato ad alcune conquiste che entusiasmavano gli attivisti alla lotta. Per anni le incessanti lotte unitarie hanno ottenuto altri obiettivi, ma non tali da essere percepiti sul campo dalle persone. Gradualmente sia gli attivisti Palestinesi che quelli Israeliani hanno iniziato a mollare senza essere in gran parte sostituiti. Tuttavia, nel corso delle manifestazioni settimanali, i partecipanti - Israeliani, internazionali e Palestinesi- appaiono ben lontani dal pensare di abbandonare la lotta. Vediamo i cambiamenti nel campo degli internazionali. Li percepiamo negli attivisti internazionali che continuano a venire. Se le manifestazioni settimanali ricordano agli attivisti la fatica di Sisifo nello spingere un pesante masso fin sulla cima di una collina per poi vederlo rotolare giù e ricominciare, è evidente a tutti coloro che hanno chiaro il quadro d'insieme che spingere il masso sulla collina di nuovo ed ancora, porta alla defezione e probabilmente non siamo lontani dal momento in cui non ci sarà più nessuno che spingerà il masso fin su in cima alla collina. Bil'in 6-4-16 manifestazione del venerdì. 9 Israeliani con gli Anarchici Contro il Muro e decine di attivisti internazionali si sono uniti ai residenti e ad alcuni ospiti. Appena partito il corteo verso i piedi della collina - ma ancora internamente al villaggio- le forze di stato israeliane hanno iniziato a spararci addosso con candelotti lacrimogeni a lungo raggio. Ritirandoci un po' e manovrando per evitare i gas lacrimogeni non ci siamo fatti sopraffare. Alla fine di questo primo scontro abbiamo ripreso il corteo per avere come risposta una scarica di lacrimogeni ancora più intensa a cui siamo sfuggiti ancora una volta - fino a che le forze di stato se ne sono andate e noi abbiamo registrato un'altra vittoria. https://www.facebook.com/haytham.alkhateeb/videos/10207988490563075/ https://www.facebook.com/Mohammed.Yasin.photography/posts/684343858371646 https://www.facebook.com/Mohammed.Yasin.photography/photos/a.154834877989216.34383.153193851486652/684343538371678/ https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1307655269250508 15-4-16 https://www.facebook.com/mohamed.b.yaseen/posts/915799288519404 https://www.facebook.com/photo.php?fbid=915797115186288 m https://www.facebook.com/haytham.alkhateeb/videos/10208039811366063/ https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10209164062121797 22-4-16 7 Israeliani con gli Anarchici Contro il Muro e 10 internazionali- per lo più spagnoli- si sono uniti ai residenti nella manifestazione settimanale n°581 contro l'occupazione, contro i coloni e contro il muro. Le forze di stato israeliane hanno cercato di disperderci ma noi ci siamo ritirati solo di alcune centinaia di metri. Dopo il loro terzo tentativo di intrusione, le forze di stato se ne sono andate e noi abbiamo dichiarato vittoria ancora una volta. https://www.facebook.com/haytham.alkhateeb/videos/10208086979545238/ https://www.facebook.com/photo.php?fbid=919531764812823 https://www.facebook.com/mohamed.b.yaseen/posts/919532024812797 https://www.facebook.com/basem.yasen/posts/1279784285368359 29-4-16 manifestazione del venerdì. Nuovo comandante dell'esercito e nuovi regolamenti. 10 Israeliani e circa una decina di internazionali si sono uniti ai residenti per la manifestazione settimanale. Le forze di stato israeliane ci hanno "concesso" di uscire dal villaggio e persino di passare ai piedi della collina prima di iniziare a spararci addosso gas lacrimogeni. Poichè i venti da nord erano a nostro favore, alcuni attivisti sono rimasti lì tutti insieme in dcorteo mentre altri si ritiravano per poi avanzare di nuovo a seconda se le forze di stato caricassero o battessero in ritirata. Dopo un tempo più lungo del solito, le forze di stato se ne sono andate e noi abbiamo dichiarato un'altra vittoria. https://www.facebook.com/haytham.alkhateeb/videos/10208133750554484/ https://www.facebook.com/Mohammed.Yasin.photography/posts/692698870869478 https://www.facebook.com/anatllanat/posts/873190856123478 Qaddum 6-4-16 manifestazione del venerdì, report di Murad Shtaiwi: un giovane uomo è stato ferito da un proiettile di gomma e decine intossicati dai gas lacrimogeni nel corso della manifestazione per la giornata dei bambini palestinesi, feriti, arrestati e spesso uccisi dagli Israeliani. - https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1582792008700149 https://www.facebook.com/abu.sivan/videos/10154098537812500/ https://www.facebook.com/haytham.alkhateeb/posts/10208133464347329 29-4-16: 3 giovani feriti da proiettili di gomma durante la manifestazione di oggi a KAFR QUDOUM Duri scontri tra Palestinesi e decine di occupanti soldati israeliani nel corso della repressione della manifestazione di oggi a Kafr Qudoum, col bilancio di 3 feriti: due alla schiena ed allo stomaco da proiettili di gomma ed uno con ustioni alla mano provocate da un candelotto lacrimogeno. La manifestazione di oggi era iniziata alle 13.00 e diretta come al solito verso la strada chiusa; all'inizio non c'erano soldati ma dopo mezz'ora l'esercito e la polizia sono arrivati con grossi bulldozer che si sono scontrati con i giovani mentre cercavano si rimuovere i massi deposti sulla strada che impedivano alle Jeeps di inseguire i manifestanti. E' stata una battaglia impari tra noi e l'esercito che sparava proiettili di gomma e candelotti lacrimogeni in tutte le direzioni fino a provocare 43 casi di intossicazione, secondo PRCS (Palestinian Red Crescent Society, ndt) La manifestazione è terminata alle 15.00. https://www.facebook.com/amnonlotan/posts/10154091668477037 Ni'ilin 6-4-16 manifestazione del venerdì https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10208571419100269 israelpnm https://www.youtube.com/watch?v=reuUU6vKVS4 15-4-16 https://www.facebook.com/muhamed.ameera/posts/1047274615344939 22-4-16 https://www.facebook.com/muhamed.ameera/posts/1051772128228521 29-4-16 Questa settimana, nel villaggio di Ni'lin in Cisgiordania, le forze israeliane, inaspettatamente, non hanno invaso il villaggio prima dell'inizio della manifestazione. Per cui il corteo si è diretto verso i soldati. Sorprendentemente ed in contrasto con anni di manifestazioni, lo scorso venerdì le forze israeliane non hanno colpito le abitazioni civili con i gas lacrimogeni nè altre armi presunte "meno-letali" di "controllo delle masse". Le forze israeliane hanno sparato alcuni candelotti, ma non in quella quantità a cui gli abitanti del villaggio erano abituati in anni di lotta contro l'illegale muro dell'apartheid che li separa dalla maggior parte delle loro terre agricole. I residenti ora sperano che si sia giunti alla fine della pratica della punizione collettiva e di un eccessivo uso della forza inflitta a tutto il villaggio colpendo i civili. https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1056567774415623 Nebi Saleh 8-4-16 Commemorazione della battaglia di al-Qastel Palestinesi del villaggio di Nabi Saleh si sono scontrati con l'esercito israeliano per protestare contro la continua violenza coloniale e contro le espropriazioni dei terreni. I residenti hanno commemorato la battaglia di al-Qastel del 1948, famosa per la determinazione e l'eroismo dei combattenti della resistenza palestinese guidata da 'Abd al-Qader al-Husseini contro le milizie sioniste. https://schwarczenberg.com/nabi-saleh-08042016 David Reeb https://youtu.be/kxE2xh5MOV4 15-4-16 https://www.facebook.com/Marah.100.7/posts/1101276873269454 https://www.facebook.com/belal.tamimi/posts/10153326084116371 David Reeb https://youtu.be/gwkVl-YrjT4 israelpnm https://www.youtube.com/watch?v=VrCS1h3qDpo 29/04/2016 Dopo il rilascio di parecchi giovani del villaggio dalle prigioni israeliane, i residenti di Nabi Saleh si sono scontrati con l'esercito di occupazione, sfidando l'espropriazione della loro fonte d'acqua ad opera dell'esercito. I soldati hanno sparato raffiche di lacrimogeni contro i manifestanti, tra cui i nuovi candelotti a lunga gittata. Nessun ferito. https://schwarczenberg.com/nabi-saleh-29042016/ Deir Istiya A Deir Istiya, vicino Nablus nella Cisgiordania settentrionale occupata, i contadini continuano le loro proteste del venerdì iniziate alcune settimane fa, contro la chiusura delle strade di campagna che sono essenziali per raggiungere le loro terre e poter assicurare un reddito a se stessi ed alle loro famiglie. La protesta, come nelle scorse settimane, è iniziata con la preghiera vicino alla strada dei coloni che taglia fuori i contadini dalle loro terre e ne impedisce l'accesso. -------------------------------------- Non dite che non lo sapevamo n°495 Nel 1982 l'esercito israeliano aveva dichiarato proprietà di stato circa 100 dunums (dunum = 1000 mq) di terra appartenenti ad una famiglia palestinese del villaggio di Tafuh, ad ovest di Hebron, a sud dell'insediamento di Adora. Nel 2000 sui quei terreni è stata aperta una cava dalla compagnia israeliana Elyakim Ben Ari. Il 23 marzo 2016, le ruspe dell'esercito israeliano hanno scavato altre 30 dunums, che appartengono alla stessa famiglia, al fine di ampliare la cava. Questions and queries: amosg@shefayim.org.il -------------------------------------------------------------- Non dite che non lo sapevamo n°496 Domenica 3 aprile 2016, due pastori del villaggio palestinese di Mnezel (situato sulle colline sud di Hebron) – vicino all'insediamento di Metsudat Yehuda- hanno attraversato con le loro greggi il confine con Israele (intorno a Jinbeh). Gli ispettori della Pattuglia Verde non potevano tollerare questa orribile violazione ed hanno sequestrato il gregge – 150 pecore e capre che sono state chiuse in un ovile vicino Gerico. Ora i pastori devono pagare una multa di 17.000 NIS se vogliono riscattare il gregge. --- --- --- Martedì 5 aprile 2016, agenti del governo scortati dalla polizia sono arrivati ad El-Araqib per demolirlo ancora una volta. Non dite che non lo sapevamo n°497 Mercoledì 6 aprile 2016, i soldati israeliani sono giunti nel villaggio palestinese di Umm El-Kheir, nella regione delle colline sud di Hebron, vicino alla zona di espansione dell'insediamento di Carmel, e vi hanno demolito 6 case. 35 persone sono ora senza tetto. Gli abitanti sono Beduini, la famiglia Hadlin, della tribù di Jahalin. Avevano acquistato i terreni dove vivevano negli anni '50 dopo essere stati espulsi da Israele. ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ Mercoledì 06/04/16, agenti governativi scortati dalla polizia, sono arrivati a El-Bat per demolire una casa vicino alla strada 31, davanti al raccordo di Nevatim. Ad El-Sayyed, vicino Hura, hanno demolito un muro in costruzione. Non dite che non lo sapevamo n°498 Per anni, gli abitanti del villaggio palestinese di Ni'ilin hanno manifestato contro il muro della separazione, col supporto di attivisti israeliani e di pacifisti da tutto il mondo. Il muro separava 2.500 dunums (dunum = 1000 mq) di terre del villaggio dal villaggio stesso, separando così i terreni sul versante ovest. Durante la manifestazione di venerdì 8 aprile 2016, i manifestanti si sono avvicinati ai soldati che stazionavano nei campi del villaggio. I manifestanti hanno questionato con i soldati. I soldati hanno dichiarato l'area zona militare chiusa. I manifestanti si sono ritirati nel villaggio. I soldati hanno iniziato a sparare candelotti lacrimogeni e proiettili ricoperti di gomma. I candelotti sono stati sparati sul villaggio a mo' di punizione collettiva. Negli ultimi due mesi la loro gittata è aumentata. Questions & queries: amosg@shefayim.org.il Non dite che non lo sapevamo n°499 Nel novembre 2015, l'esercito israeliano aveva iniziato ad ampliare la strada che porta dal raccordo di Hares verso gli insediamenti di Immanuel, Yakir e Nofim. L'ampliamento di questa strada bloccherà il passaggio di 5 strade verso le 20.000 dunams di terra agricola che appartengono ai Palestinesi del villaggio di Deir Istiya. Venerdì 15 aprile 2016, gli abitanti del villaggio hanno fatto una pacifica manifestazione per protestare contro il blocco degli accessi alle loro terre. Un colono di passaggio in auto, si è fermato ed ha iniziato ad inveire contro i manifestanti. I soldati sono giunti sul posto per proteggerlo ed hanno sparato gas lacrimogeni contro i manifestanti. Quattro di loro sono stati ricoverati in ospedale ed altri sette curati sul posto. **** Martedì 19 aprile 2016, agenti governativi scortati dalla polizia hanno demolito ancora una volta nel Negev il villaggio beduino di Al Arakib. Non dite che non lo sapevamo n°500 Agli inizi dell'ottobre 2015, un'unità dell'esercito israeliano entrò nel villaggio di Beit Umar, a sud di Betlemme. Nello scompiglio causato dall'ingresso dell'esercito, Ibrahim 'Awwad venne colpito alla testa. Ibrahim era padre di due figli e sua moglie era incinta. Morì pochi giorni dopo. All'alba di lunedì 25 aprile 2016, i soldati isreliani sono entrati nella casa dei genitori di Ibrahim per una perquisizione. Una soldatessa ha chiesto alla madre di Ibrahim di spogliarsi, due volte. I soldati hanno messo sottosopra la casa e prelevato una grossa quantità di denaro e gioielli per un valore di 3000 NIS pari a 150 dinari giordani. per altre informazioni: amosg@shefayim.org.il -------------------------------------------------------------------------------- 1 Maggio 1 Maggio: manifestazione ad Haifa organizzata dai comunisti anarchici di Ahdut (Unità) + radicali. https://www.youtube.com/watch?v=glgST5J6QVY https://www.facebook.com/unityahdut/posts/1233040153387834 ================================= *Ilan Shalif http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/ Anarchici Contro Il Muro http://www.awalls.org Blog di Ahdut (Unità - organizzazione comunista anarchica israeliana): http://unityispa.wordpress.com/ (traduzione a cura di ALternativa Libertaria/fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

IX Congresso Nazionale della FdCA

IX Congresso Nazionale della FdCA
1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)