ADERISCI AD ALTERNATIVA LIBERTARIA/FdCA

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O SCEGLI NOI O SCEGLI LORO

campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

per giulio

martedì 21 aprile 2015

VITTORIO VENETO SOLIDALE

Una nuova tragedia si è consumata nel Mediterraneo. Una tragedia che ci pone di fronte alla realtà. Migliaia di persone in fuga dalla fame, dalla povertà, dai conflitti che il nostro occidente ha contribuito ad alimentare. Migliaia di vite che potrebbero essere salvate e che vengono quotidianamente ignorate. Oggi dobbiamo guardarci dentro e trovare la forza di dire basta, di dimostrare nei fatti che non abbiamo perduto il nostro bene più prezioso, la nostra umanità. Per questo invitiamo tutti i cittadini a scendere nelle strade di Vittorio Veneto e ritrovarsi insieme in piazza, una piazza che al di là delle differenze etniche, culturali e religiose, ricordi queste vittime, e faccia riemergere da questo mare di indifferenza un nuovo sentimento di fratellanza e solidarietà. Mercoledì 22 aprile h 20.30 Piazza Flaminio dove faremo in modo di ricordare insieme, di fare memoria collettiva di pensare a cosa questo significhi. Esserci, per esprimere in pochi passi una solidarietà reale. Esserci, per non essere stranieri a noi stessi. Esserci, per rimanere umani. Mercoledì alle 20.30, Piazza Flaminio, Vittorio Veneto. Insieme

28 aprile Assemblea Comitato Salute Pubblica Bene Comune, PN Casa d Popolo ore 20,45

Abbiamo svolto diverse iniziative svolte in questo periodo, tra cui l'importante convegno "Tutta mia la città?" lo scorso 6 marzo a Pn sulla costruzione dll'Ospedale ed il riutilizzo dei padiglioni che resterrano vuoti alal fine di tale costruzione (anzichè abbatterli). Ora vorremmo fare il punto della situazione dell'applicazione della recente legge regionale sulla sanità (L.R. 17/2014) ma anche programmare iniziative per affrontare il tema di servizi carenti/assenti e appunto per bloccare nuovi progetti di edilizia nonostante appunto la futura dismossione di grandi padiglioni (A e B ad esempio) che liberanno grandi voluni. VI INVITIAMO perciò ALL'ASSEMBLEA GENERALE DEL COMITATO SALUTE PUBBLICA BENE COMUNE PER MARTEDì 28 APRILE ALLE ORE 20,45 PRESSO LA CASA DEL POPOLO DI TORRE/PORDENONE via Carnaro 10 con questo ordine di discussione: -- Valutazione della LR n. 17/14 Riforma sanitaria e ricaduta nel pordenonese -- Partecipazione dei cittadini: lettera al Direttore Generale per assemblee distretti -- Edilizia Sanitaria/Cittadella della salute a Pordenone: appello delle associazioni - Varie ed eventuali. VI ASPETTIAMO e se volete fate girare a chi credete interessate/i. Comitato Salute Pubblica Bene Comune

Eduardo Galeano, la coscienza latinoamericana

La scomparsa dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano (3 settembre 1940- 13 aprile 2015) lascia un vuoto irreparabile nel mondo della letteratura latinoamericana. Difficile trovare una penna come la sua, semplice, incisiva, che ha messo a nudo la natura intima di quella promessa incompiuta che è l'America Latina, che ha reso straordinaria la banalità e banale lo straordinario. Una penna, soprattutto, al servizio dei perdenti, scevra da ogni dogmatismo, ma senza concedersi al compromesso. La sua penna ha accompagnato i guerriglieri nella giungla, i sindacalisti nelle loro fabbriche, i minatori nelle gallerie, i tagliatori nei canneti, tutti i tipi di ribelli che cercavano di essere padroni del proprio destino. La sua penna era indignata, ma non ha mai perso sottigliezza. Denunciava -come denunciava- ciò che nessuno aveva allora il coraggio di denunciare. Quali altri scrittori famosi hanno pianto per Haiti, quando la metà del mondo, tra cui alcuni "progressisti", han messo la loro mano sull'occupazione del 2004? La sua penna era la penna di un perseguitato, di un censurato, di un esiliato da molti di coloro che ora sono al potere e gli renderanno omaggio ipocritamente. E soprattutto, è stata una penna di una genialità senza pari. Due dei suoi capolavori, come “Venas Abiertas de América Latina”, una storia del popolo dei nostri villaggi, e "Memorias de fueco" - tre volumi di aneddoti ordinati cronologicamente che vanno a tessere meravigliosamente un ritratto dell'America Latina a volte duro ma pieno di speranza- - rimangono come due dei più grandi momenti di lucidità del pensiero nuestroamericano. Galeano è stato la voce della coscienza latinoamericana, ripercorrendo nella sua opera tutta l'umanità del nostro continente. Galeano ha raccontato quello che nei libri di storia era stato censurato, quello che i notiziari tacevano, ha scritto in una lingua fuorilegge per il potere. Con lui molti hanno appreso la nostra storia, chi siamo, da dove veniamo, il nostro posto nel mondo. Con lui, abbiamo imparato a parlare con la nostra voce. A pensare con la nostra testa. A sognare quando sognare era proibito dai generali e dalla forza del mercato. I neoliberisti hanno cercato di seppellirlo nel decennio completamente perduto degli anni '90, nel bel mezzo della festa neoliberista e della rapina generalizzata, quella sorta di carnevale che sapeva di saccheggio al pari degli Unni. Gli utili idioti degli speculatori finanziari, i loro ruffiani, Vargas Llosa e la sua corte di clown tristi -Plinio Apuleio e Carlos A. Montaner - reagirono a “Venas Abiertas de América Latina” con un mediocre libro di risposta, scritto per il piacere di altri mediocri, intitolato “Manual del Perfecto Idiota Latinoamericano”. Per la storia gli unici idioti invece erano proprio loro. L'America Latina dimostrò presto che la storia non si ferma, che il mondo continua a girare sul suo asse ... gridando fino a Miami e Madrid, perché i dannati della terra - coloro che vengono profondamente disprezzati - stavano dando una lezione di dignità. Del "Manual" nessuno si ricorda più, mentre "Las Vienas Abiertas" rimane un punto di riferimento imprescindibile per il pensiero latinoamericano ed universale. Cosa importa ad una quercia se un maiale si strofina sulla sua corteccia? Mentre la sinistra latinoamericana si incartapecoriva nei suoi dogmi e nelle sue ammuffite certezze, Galeano faceva risorgere la dimensione utopica per un progetto sociale alternativo. Ben distante dalle prediche scientiste, ci ha detto che l'utopia era come l'orizzonte, che potevamo camminare e andargli incontro, ma sempre sperimentando un po'. Ma per far cosa? Per andare avanti. E a che punto siamo arrivati? Forse non proprio del tutto dove voleva Galeano: le nostre vene rimangono aperte e la sua opera rimane, purtroppo, così attuale come 40 anni fa. Tuttavia, con Galeano, abbiamo preso coscienza. E, forti di questa consapevolezza, continueremo ad avanzare. Addio, nostro, compagno e nostro maestro! José Antonio Gutiérrez D. 13 Aprile 2015 (traduzione a cura di Alternativa Libertaria/Fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

LA SFIDA DELLE CAMERE DEL LAVORO AUTONOMO E PRECARIO

CLAP è un acronimo, sta per Camere del Lavoro Autonomo e Precario. Le Camere nascono nell’autunno del 2013, in tre spazi autogestiti della città di Roma, e si connettono in una comune associazione sindacale. Gli spazi sono: la fabbrica recuperata Officine Zero (Casal Bertone), l’atelier autogestito Esc (San Lorenzo), lo studentato autogestito Puzzle (Tufello). Un esperimento giovane, dunque, con tanta strada ancora da percorrere, molte verifiche da fare. Ma un esperimento che tenta di affrontare, senza timidezze, il problema più significativo del nostro tempo: l’insignificanza (o quasi) del sindacato che c’è nella tutela del lavoro precario, intermittente, autonomo, migrante. Prima di descrivere l’esperimento, presento lo sfondo o le scommesse all’interno delle quali l’esperimento ha preso vita (§ 1). Uno sguardo alle premesse, uno a quanto fatto fin qui (§ 2), infine la prospettiva politica (§ 3) che CLAP, tra gli altri e con altri, contribuisce ad animare. 1. Le due trasformazioni CLAP ha scommesso, fin dall’inizio, su due traiettorie: la trasformazione degli spazi autogestiti, dei centri sociali, in nuovo dispositivo sindacale; il ritorno del sindacato alla forma Camera del lavoro. Le due traiettorie convergono su un’esigenza decisiva: mettere fine alla dicotomia tra pratiche mutualistiche e contrattazione, tra conflitto (verticale) e solidarietà (orizzontale). Sono quasi tre decenni che in Italia i centri sociali e gli spazi autogestiti innervano la scena urbana di socialità alternativa, formazione, difesa dei più fragili (soprattutto i migranti), pur essendo del tutto ininfluenti nelle lotte del e sul lavoro. In questi tre decenni – gli anni della contro-rivoluzione neoliberale – il sindacato, salvo alcune nobili eccezioni (la FIOM, al pari del sindacalismo di base, è una di queste), ha dismesso il conflitto e reso possibili la precarizzazione e il conseguente impoverimento di un’intera generazione. Con l’epilogo del movimento No Global e l’esplosione della Grande Depressione, a partire dal 2008, l’impasse dei centri sociali da un lato, incapaci di rinnovarsi e di funzionare da polo attrattore delle forme di vita giovanili, l’impotenza sempre più marcata dei sindacati tutti di fronte all’accelerazione neoliberale dall’altro, hanno reso più ruvida la verità: non c’è comunità elettiva che possa sopravvivere al working poor e alla disoccupazione di massa; non c’è sindacato che possa sopravvivere – pena il prevalere della corruzione e della collaborazione subalterna con le imprese – senza rimettere in campo il conflitto e, con esso, la ricerca e l’espansione di nuove pratiche mutualistiche. Traiettorie soggettive, indubbiamente, che richiedono coraggio, impegno, tenacia. Traiettorie imposte dalla svolta d’epoca nella quale siamo immersi. La gestione bismarkiana e ordoliberale della crisi europea sta portando con sé un attacco violentissimo al salario, quello diretto e quello indiretto, le prestazione del Welfare State (formazione, sanità, previdenza). La sotto-occupazione, soprattutto nei paesi del Sud Europa, da eccezione si è fatta norma. In Italia salta lo Statuto dei lavoratori, la contrattazione collettiva nazionale, i contratti a tempo determinato senza causale vengono liberalizzati: una nuova scena, dove all’occupazione si sostituisce l’occupabilità, e dai sotto-salari si procede speditamente verso il lavoro gratuito, non pagato (vedi EXPO). Pur di lavorare, ogni lavoro va bene. Di fronte a tanta violenza, tutti gli strumenti esistenti sono spuntati, chi lavora è senza diritti, senza forza, frammentato, quasi sempre immerso in una competizione selvaggia con i più poveri (in particolare i migranti). Affermare la solidarietà, dove vige la solitudine rassegnata e rancorosa, è la prima grande battaglia. Così come costruire luoghi dove la frammentazione possa essere ricomposta, la quotidianità con i suoi drammi condivisa, il poco tempo che c’è messo in comune. Per far sì che le tante piccole vertenze, i tanti rifiuti, che pure ci sono, non siano maledettamente fragili, inoffensivi. Coniugare il conflitto sul lavoro con il mutualismo significa dunque tornare alle origini, le Camere del lavoro appunto, con armi nuove: la comunicazione informatica, la socializzazione dei saperi, la circolazione virale delle istanze e delle lotte, la connessione transnazionale degli esperimenti organizzativi. 2. Cos’è CLAP? Ritorno alle origini carico di innovazione: con tanti limiti, propri della giovinezza, questa è la sfida delle Camere del Lavoro Autonomo e Precario. Ma conviene entrare più nel dettaglio. CLAP prova a connettere tre funzioni che, nella crisi dei sindacati tradizionali, tendono sempre più alla scomposizione: servizio, organizzazione, mutualismo. In primo luogo la consulenza e l’assistenza legale, per vertenze collettive come per quelle individuali, e quella fiscale, per freelance e professionisti atipici, associazioni e cooperative. Strumenti essenziali per entrare in contatto (con), inchiestare e tutelare un mondo del lavoro frammentato, impaurito, non sindacalizzato. Di più, occasioni imprescindibili per avviare un primo, semmai lacunoso, processo di alfabetizzazione sindacale. In secondo luogo, quando la vertenza lo consente, l’avvio di una vera sperimentazione organizzativa. Va da sé, e lo impone la composizione tecnica di classe come la barbarie del contemporaneo mercato del lavoro, spesso ci si trova di fronte a vertenze che coinvolgono pochi lavoratori, spesso vertenze individuali. Il supporto organizzativo della Camere, in questo senso, si fa decisivo: nell’organizzazione di un picchetto, nell’articolazione di una campagna comunicativa, nella conquista del tavolo di trattativa istituzionale (se a esser coinvolte sono le istituzioni di prossimità). In terzo luogo il mutualismo, che significa soprattutto formazione fiscale e sul diritto del lavoro (quel poco che rimane dopo il Jobs Act), ma anche banca del tempo e mutualismo delle lotte. Solo il sostegno reciproco, infatti, può rispondere alla debolezza, drammatica, che la frammentazione porta con sé. Nelle sue attività, dunque, CLAP prova a connettere figure del lavoro diverse, spesso ostili l’un l’altra. La prima frattura è la linea del colore, indubbiamente. Con la crisi, e in particolar modo la disoccupazione di massa, la forza-lavoro migrante è una “minaccia”: ricattabile e ricattata, costa meno e impone un abbassamento generalizzato del salario e delle tutele, ecc. La seconda frattura riguarda la percezione di sé: seppur povero, con fatturati che non superano i 12-15 mila euro l’anno, un freelance tende a non confondersi con il precario di McDonald’s. Forza-lavoro qualificata la sua, sicuramente afflitta da bassi compensi e pressione fiscale alle stelle, ma di certo capace, se la fortuna lo vuole, di fare strada… Peccato che la fortuna, in Italia, è sparita da un pezzo, la mobilità sociale un ricordo del passato. Per la forza-lavoro qualificata, quando non c’è l’aiuto del paparino, ci sono due strade: l’esodo, e sono 100.000 l’anno i giovani che scappano dal Bel Paese, o la sotto-retribuzione. E il disastro del lavoro povero vale sempre più, non solo per i professionisti atipici, ma anche per quelli degli ordini, dagli avvocati ai giornalisti, dai para-farmacisti agli ingegneri. Dunque l’urgenza della coalizione, oltre i corporativismi, comincia a farsi strada. Dalla sua nascita, poco più di un anno, CLAP ha incrociato una trentina di piccole e medie vertenze, che hanno visto e vedono coinvolti: partite Iva del settore sanitario, operatori sociali, precari dei servizi e delle catene commerciali, lavoratori della logistica, lavoratori migranti. Si contano quasi 200 iscritti, età media giovane, in alcuni casi giovanissima. Dramma ricorrente: il mancato pagamento del lavoro svolto. Non sempre la vertenza è motore di politicizzazione, ma nuovi legami stanno nascendo, un piccolo tessuto di resistenze, laddove prima vigeva la solitudine, sta prendendo forma. 3. L’urgenza della Coalizione Perché dare vita a una piccola struttura sindacale piuttosto che immettere forze giovani nei sindacati già esistenti? Le risposte a questa domanda sono almeno due. La prima: il sindacato che c’è, anche quando sinceramente conflittuale, insiste su una figura specifica: il lavoro subordinato. Con il Jobs Act anche per il lavoro subordinato si mette male, malissimo, ma persistono le differenze, quanto meno sul piano della percezione di sé dei soggetti e, di conseguenza, sul piano delle pratiche organizzative. La seconda: parlare di lavoro, oggi, significa fare i conti con una pluralità irriducibile di forme di sfruttamento, di profili etici, di linguaggi e di relazioni. La stessa pluralità deve qualificare i dispositivi organizzativi e sindacali. Fa da sfondo a queste due risposte, poi, una convinzione: i sindacati confederali sono ormai irriformabili, la loro conversione neoliberale, in diversi casi, ha raggiunto un punto di non ritorno. Se valgono le due risposte, si impongono due sfide: la piena politicizzazione dello scontro economico; la Coalizione sociale. Meglio chiarire. Obiettivo principale della governamentalità neoliberale, oltre la piena affermazione del principio di concorrenza, vera e propria legge divina che occorre rendere vigente sulla Terra senza troppe storie, è la spoliticizzazione della sfera economica. Cosa significa? Significa destituire di ogni senso e marginalizzare con violenza il conflitto tra capitale e lavoro. Conta solo un interesse, quello di impresa, perché, secondo le retoriche dominanti, siamo tutte e tutti imprenditori di noi stessi, capitale umano. Anche quando fatichiamo ad arrivare a fine mese. Meglio, se a fine mese non arriviamo, la colpa è nostra, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Riconquistare il “due”, la separazione, il conflitto verticale, vuol dire ri-politicizzare il lavoro e le sue lotte. Ma la politicizzazione necessaria è anche quella capace di mettere in scacco, una volta per tutte, la divisione tra Politico e Sociale. Organizzare e difendere il lavoro non sindacalizzato deve coincidere, sempre più, con un processo di soggettivazione politica: è la nuova composizione tecnica di classe (scolarizzazione di massa, accesso alle tecnologie della comunicazione, ecc.) che, da anni, impone questo salto di qualità! La Coalizione sociale, in questo senso, è il modo di intendere il sindacato che viene. Tradizione vuole che il sindacato tutela il mondo del lavoro e, quando vuole far politica, costruisce alleanze con la “società civile”, il tessuto associativo. Al centro il sindacato, attorno tutti gli alleati, ognuno stretto nella sua identità. Con la nozione di Coalizione, invece, si chiama in causa quel pluralismo di figure e di pratiche organizzative che respinge ogni reductio ad unum. Il multiplo, per riprendere le parole del filosofo, si fa sostantivo. C’è sì il sindacato che difende il lavoro subordinato, ma poi ci sono i tanti dispositivi, piccoli o grandi, utili alla tutela del lavoro precario, delle partite Iva e del professionismo, degli studenti, del lavoro migrante. Lo Strike Meeting e lo Sciopero sociale dello scorso 14 novembre, due fatti ai quali con generosità e tra gli altri ha contribuito CLAP, sono esperimenti di Coalizione sociale. Nulla più di un debutto, ma l’atteso imprevisto al quale dedicare le energie migliori. di Francesco Raparelli tratto da Dinamopress.it

Fincantieri: a che punto è la lotta contro l'aggressione padronale?

Care/i compagne/i, facciamo il punto sulla situazione alla Fincantieri, cominciando dalle lotte. Il quadro degli scioperi è, ad oggi, decisamente positivo. Tutti i cantieri hanno scioperato in tempi e modi differenti (dalle 8 ore di Sestri e Trieste, alle 13 e mezza di Marghera, alle 18 di Muggiano) con un'adesione media alta. La massima partecipazione agli scioperi si è verificata a Marghera, ma finora è stato il cantiere di Muggiano (a forte presenza Uilm) quello in cui gli operai (i 150 addetti della officina tubi, anzitutto) hanno agito con la maggiore spontaneità imponendo, con un corteo sotto la palazzina della rsu, l'apertura della lotta. A Riva Trigoso è stato attuato il blocco totale delle merci e i picchetti contro lo straordinario al sabato si sono estesi al cantiere di Ancona (dove, con l'ingresso delle navi Viking di maggior tonnellaggio, si è ampliato il ricorso agli appalti). Indicativa anche l'adesione al 70% (200 su 280) degli impiegati della direzione a Trieste. Gli scioperi delle scorse settimane hanno espresso in modo chiaro il massiccio rifiuto operaio, e non solo operaio, della sola piattaforma realmente in campo, la contro-piattaforma padronale (le due piattaforme separate di Fim-Uilm e della Fiom restano, per ora, solo virtuali). La Fincantieri, ricordiamo, pretende mezz'ora di lavoro in più gratis al giorno, il 6x6 generalizzato, la totale subordinazione del premio di produzione a obiettivi di profittabilità (segreti) decisi dall'azienda, il taglio delle indennità per i trasfertisti, la riduzione del costo della forza-lavoro negli appalti, salari inferiori per i nuovi assunti, sanzioni contro i lavoratori e gli organismi sindacali che indícano azioni di lotta non gradite all'impresa. Gli scioperi sono stati contro queste pretese padronali, ma va notato che nei cantieri del Sud (Palermo e Castellammare di Stabia) e alla Isotta Fraschini di Bari, dove molti lavoratori sono in cassa integrazione, in primo piano c'è stata invece la rivendicazione della salvezza dei rispettivi cantieri con l'assegnazione di nuove commesse, e anche nei cantieri liguri, specie a Sestri e Riva Trigoso, hanno avuto un peso significativo gli obiettivi "locali". Questo plebiscito di no all'aggressione di Bono e della sua banda non è bastato (né poteva bastare) a far cambiare, o ammorbidire, la posizione di Fincantieri. Forte dei nuovi, importanti ordini della Carnival e del probabile acquisto dei Chantiers de l'Atlantique di Saint-Nazaire dalla Stx coreana, l'azienda si è presentata alla scadenza del contratto aziendale determinata a portare a termine un attacco frontale ai lavoratori imponendo il pieno e incondizionato dominio padronale sul lavoro. In passato la Breda, progenitrice di Fincantieri, era stata perfino il simbolo delle relazioni industriali concertative, e non c'è dubbio che a tutt'oggi gli operai Fincantieri abbiano salari mediamente più alti e condizioni di lavoro mediamente migliori di quelle del settore metalmeccanico, una sorta di "aristocrazia operaia", sebbene colpita per anni quasi ovunque dalla cassa integrazione - le forme di sfruttamento più brutali sono state finora sistematicamente scaricate sugli operai degli appalti e dei sub-appalti, una giungla di lavoro de-regolato e semi-schiavistico riservato in larga parte ai proletari immigrati dall'Est europeo e dall'Asia, o dal Mezzogiorno. Questa vertenza segna il passaggio di Fincantieri al 'modello Marchionne'. Fine della concertazione e delle "garanzie" finora assicurate ai propri dipendenti. In fabbrica comanda il padrone. I dipendenti debbono cedere salario, tempo di lavoro e diritti all'azienda senza fiatare. I sindacati possono avere un solo ruolo: sottoscrivere le decisioni padronali. Punto. Da cosa deriva questo brusco cambio di marcia? Anzitutto dal fatto che Fincantieri è impegnata da diversi anni in una profonda trasformazione della sua struttura aziendale che mira a fare di un'impresa di stato in parte al riparo dal mercato mondiale un'azienda a tutti gli effetti globale, fortemente competitiva sul mercato mondiale, competitiva in particolare con le imprese coreane e cinesi. Questo processo è passato attraverso l'acquisizione di cantieri e imprese estere (come la norvegese Vard Group) e gli accordi con altri gruppi, come quello con China State Shipbuilding Corporation. L'altro passaggio fondamentale è stato la quotazione in borsa avvenuta nel 2014 con la collocazione del 28% del pacchetto azionario in mani private, che ha spinto l'azienda a darsi ulteriori obiettivi di “sviluppo”, ovvero a sviluppare al massimo il proprio livello di profittabilità, di sfruttamento della forza lavoro. Non solo della forza-lavoro degli appalti, già super-sfruttata, ma anche della forza-lavoro diretta, a cominciare dagli otto cantieri italiani con i loro 7.700 dipendenti (su 20.000 totali del gruppo): Monfalcone, Marghera, Ancona, Muggiano (La Spezia), Riva Trigoso, Sestri Ponente, Palermo, Castellammare di Stabia. Oltre che con la trasformazione della struttura aziendale e la quotazione in borsa, la svolta di Fincantieri si spiega con le controriforme del mercato del lavoro attuate negli ultimi vent'anni dai governi Prodi, Berlusconi, Monti, Letta. In particolare il governo Renzi, con l’approvazione del Jobs Act, ha letteralmente galvanizzato, insieme con le forze confindustriali, i boss di Fincantieri che si sentono più che mai supportati nel conquistare nuovi, più violenti livelli di sfruttamento della forza-lavoro. Il sempre più vasto e cronico esercito di disoccupati e sottoccupati, la precarizzazione di ogni forma di lavoro, la subordinazione crescente del salario alla produttività, lo svuotamento dello Statuto dei lavoratori e della contrattazione nazionale, il disarmo delle organizzazioni sindacali con la loro subalternità alle "compatibilità" aziendali e nazionali: forti di questi fattori, Bono&C. agitano ora la minaccia della delocalizzazione della produzione (in Romania, in Ucraina, in Francia...) con lo scopo di dare scacco matto ai lavoratori in lotta. Ecco perché non ci sorprende - lo avevamo previsto - che gli incontri dei vertici di Fincantieri con i dirigenti di Fim, Uilm e Fiom, avvenuti il 7, il 13 e il 14 aprile si siano chiusi con un nulla di fatto e il rinvio a nuovi incontri il 10 e 11 maggio. Non è stato aperto neppure lo spiraglio per un ennesimo accordo separato, perché l'azienda è determinata ad ottenere sia un forte allungamento degli orari di lavoro, anche superiore alle 104 ore inizialmente ventilate (a quel che si sa, Sorrentino, il vice di Bono, ha parlato di 300 ore di lavoro l'anno 'mancanti') sia una nuova struttura del salario accessorio da subordinare in tutto e per tutto, anche qui sulla scia di Marchionne, al raggiungimento di obiettivi di produttività sempre più elevati e alla presenza individuale in fabbrica. Il lungo rinvio degli incontri, però, non significa stallo. Al contrario, l'azienda sta agendo in modo abile per indebolire la lotta, finora compatta, concentrando le sue intimidazioni - per ora - sugli impiegati, il settore tradizionalmente più tiepido delle mobilitazioni, e sulle ditte di appalto. Tre impiegati aderenti agli scioperi trasferiti da Marghera ad Ancona; altri due (che erano intervenuti in assemblea) da Riva Trigoso ad Ancona e Monfalcone; un impiegato delegato Fiom tra i più attivi trasferito da Monfalcone ad Ancona; un'intensa attività di contatti personali diretti e di e-mail dei capi ufficio per 'suggerire' agli impiegati di non aderire ai prossimi scioperi e, tanto più, ai picchetti; pressioni dure sui capi-squadra delle imprese di appalto perché non si fermino fuori ai cancelli e organizzino i "propri" operai a entrare. Insomma, la macchina padronale della paura e dei ricatti gira a pieno regime, e se a Riva Trigoso contro i due trasferimenti c'è stato uno sciopero riuscito di due ore venerdì scorso (con blocco della portineria), in altri cantieri, inclusa Marghera, qualche segno di rinculo e alcune piccole defezioni si cominciano a notare. Bono&C. la tirano alla lunga per cercare di portare a termine il colpo di acquisire i cantieri di Saint-Nazaire così da rendere più credibile il ricatto della delocalizzazione, per approfondire le divisioni tra i cantieri (che la lotta ha attenuato) e isolare gli operai Fincantieri dagli impiegati e dagli operai degli appalti che finora, sia pure in modo passivo, hanno aderito agli scioperi. Nello stesso tempo il rifiuto di prorogare l'accordo integrativo del 2009 sottrae dalle buste paga dei lavoratori, a partire da aprile, dai 200 ai 300 euro. E l'azienda sa bene di poter contare sulla collaborazione di Fim e Uilm, che già si sono dichiarate disposte ad accettare deroghe sugli orari di lavoro, mentre non può certo essere preoccupata dall'iniziativa della Fiom nazionale di chiamare in causa le Commissioni competenti di Camera e Senato (!?!?) per sapere quali carichi di lavoro l'azienda intenda attribuire ai singoli cantieri o di dare mandato ai propri avvocati di fare non so cosa. Vede, anzi, giustamente, in tutto ciò un'evidente mancanza di volontà dei capi della Fiom di dare una vera battaglia alla aggressione padronale, al di là delle roboanti dichiarazione di Landini o di altri (vedi Ghio, che parla di "metodi da Gestapo" di Fincantieri, salvo lisciare il pelo al noto anti-fascista Salvini...). I vertici di Fincantieri, poi, contano sull'orientamento di Federmeccanica di presentare a fine anno, alla scadenza del contratto nazionale, un diktat del tutto simile a quello contenuto nella loro contro-piattaforma, e sull'atteggiamento servile dei mass media che hanno pressoché ignorato gli scioperi e fatto invece da cassa di risonanza ai proclami anti-operai dell'impresa per contribuire ad isolare i lavoratori in lotta. Fin dall'inizio avevamo detto che quello in atto in Fincantieri è un conflitto con evidente significato politico, perché non è l'ennesima azienda in crisi, ma è un'azienda in espansione che ha deciso di sfidare i suoi operai nell'interesse di tutto il padronato imponendogli uno scambio diseguale: anni di lavoro (non per tutti) "in cambio" del secco peggioramento delle condizioni di lavoro e di salario. E vuole fare di questo scambio il paradigma della "ripresa economica": può esserci "ripresa" (ripresa dei profitti!), questo il messaggio di Fincantieri, solo sulla base di un intensificato sfruttamento del lavoro. Ecco perché si tratta di una lotta aspra e difficile. Anzitutto per lo stato di apatia, di disorientamento, di paura, in cui si trova al momento la quasi totalità della classe operaia, soprattutto quella parte che continua a ritenersi in qualche modo al riparo dalla precarietà. Ma anche per effetto della disorganizzazione prodotta tra i lavoratori Fincantieri dalle politiche sindacali con la soppressione di ogni forma di coordinamento tra i cantieri (un'azione nella quale hanno avuto un ruolo nefasto sia gli esponenti liguri della Fiom di Lotta comunista, sia quelli che ventilarono il coordinamento dei cantieri dell'Adriatico abbandonando i cantieri liguri al loro destino) e l'adozione della criminale prassi localista di far andare per proprio conto ogni cantiere, separato dagli altri e spesso in concorrenza con gli altri. La lotta operaia delle ultime settimane ha messo in moto una contro-tendenza verso l'unità di lotta tra i cantieri che è però ancora debole, e che dovremmo essere tutti impegnati a rafforzare, sia noi che interveniamo a Marghera, sia i collettivi di compagni che hanno la possibilità di intervenire in altri cantieri dandoci alcuni obiettivi comuni. Stringere i tempi della lotta contrastando la tendenza padronale, totalmente subìta dalle direzioni sindacali, ai tempi lunghi. Stringere l'unità tra i cantieri, passando dagli scioperi articolati (ovvero: disarticolati) allo sciopero generale congiunto dei cantieri. Stringere l'unità con gli operai degli appalti, integrando in pieno nella lotta le loro rivendicazioni e le loro attese di parità di trattamento (vedi il volantino da noi diffuso l'8 aprile a Marghera). Formare in tutte le città dove sono i cantieri comitati di sostegno alla lotta che portino le ragioni della lotta a conoscenza degli altri settori della classe lavoratrice. Spingere per una manifestazione nazionale a Roma della massa dei lavoratori Fincantieri e degli appalti per denunciare con il massimo di forza il significato politico, generale dell'attacco sferrato dall'azienda e il sostegno che riceve dal governo Renzi. Inutile girarci intorno: per contrastare l'aggressione del padrone-Fincantieri è necessario uno scatto in avanti della lotta e dell'iniziativa diretta, auto-organizzata dei lavoratori e della solidarietà ad essa! Marghera, 19 aprile 2015 Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri comitatosostegno@gmail.com https://pungolorosso.wordpress.com

Palestina-Israele, la lotta unitaria continua con la rinnovata convinzione di essere il fulcro della leva della pressione internazionale

Con la convinzione che il nostro principale contributo non sta tanto nei cambiamenti ottenibili sul terreno, bensì nello spirito di lotta dei partecipanti e nel ruolo di fulcro della leva internazionale che continuiamo a svolgere. Il graduale aumento della pressione internazionale ha portato l'Alta Corte israeliana a sentenziare che è un crimine per Israele causare danni all'economia dei territori occupati, cosa che preoccupa la classe dirigente israeliana colonial-sionista. Ecco qui come un piccolo numero di attivisti può dare inizio ad un mutamento nel corso della storia se si interviene nello snodo maturo. Tutto è iniziato in un piccolo campo a Masha nel 2003 con la lotta contro il muro della separazione, poi l'idea è stata portata alla Conferenza Europea di Global Action a Leiden - in cui c'erano attivisti del Mediterraneo orientale. Da allora sono iniziate le lotte in vari villaggi che sono maturate con la lotta di Bil'in nel 2005... e che si espandono sempre più... Bil'in Manifestazione di venerdì 10-4-15 - l'atto più repressivo mai visto negli ultimi anni in una manifestazione del venerdì. Un'ora prima della manifestazione, le forze di stato israeliane hanno invaso il villaggio arrestando un residente e sequestrando uno scooter. Quando abbiamo iniziato la manifestazione, le forze di stato ci hanno inondato di lacrimogeni e sono entrate nel villaggio in cerca dello scontro per poi ritirarsi sul vecchio percorso del muro della separazione. Dopo un bel pezzo di scontri di bassa intensità se ne sono andati e noi ci siamo dispersi. Soprendentemente, nessuno è rimasto ferito. https://www.facebook.com/video.php?v=10205484495724769 https://www.facebook.com/hamza.burnat/posts/827422023978520 https://www.facebook.com/video.php?v=10205480047053555 https://www.facebook.com/hamde.a.rahma/posts/1564045283...65843 https://www.facebook.com/mohamed.b.yaseen/posts/7441077...55222 17-4-15 Bil'in, una dozzina di Israeliani, dozzine di internazionali ed attivisti palestinesi della Cisgiordania si sono uniti ai più di 100 residenti per la manifestazione contro il muro della separazione e contro l'occupazione, in memoria di Baasem Abu Rahme assassinato 6 anni fa nel corso di una manifestazione di solidarietà coi prigionieri palestinesi. Le forze di stato israeliane ci hanno "permesso" di avvicinarci ad un cancello del muro, ma quando siamo arrivati lì ci hanno inondato di gas. Dato che il vento da nord consentiva ai manifestanti più ostinati di resistere, i soldati hanno iniziato a sparare proiettili ricoperti di gomma ed anche proiettili veri. Un cecchino ha ferito gravemente un attivista: Anas Mohamed Mansur di 17 anni, ricoverato in ospedale. https://www.facebook.com/haytham.alkhateeb/videos/10205...79723 https://www.facebook.com/hamza.burnat/posts/830528193667903 Anat - https://www.facebook.com/271634759528858/videos/vb.2716...31202 Yisrael Puterman https://www.youtube.com/watch?t=48&v=muahSFak7D8 David Reeb https://www.youtube.com/watch?t=63&v=9NDLDV8yaQ4 https://www.youtube.com/watch?t=103&v=W6oX1upQkMI Ni'ilin manifestazione di venerdì 10-4-15 https://www.facebook.com/video.php?v=873780732682863 venerdì 17-4-15 - Husam Nafi, di 15 anni, è stato colpito alle gambe da un cecchino e potrebbe non camminare più bene! Speriamo che non ci siano lesioni a nervi sensibili causati da due proiettili veri (calibro 0.25)! Nabi Saleh Venerdì 10/04/2015 - Commemorazione della battaglia di al-Qastel e del massacro di Deir Yassin (1948), da parte dei residenti del villaggio nel distretto di Ramallah che hanno manifestato fino al posto di blocco militare all'ingresso del villaggio. L'esercito ha cercato di disperdere i manifestanti usando i lacrimogeni e proiettili d'acciaio ricoperti di gomma. Un uomo ha subito la frattura di una mano, mentre 3 ragazzi di Qarawat Bani Zayd e di Beit Rima sono stati arrestati. Haim Schwarczenberg http://schwarczenberg.com/?p=4637 https://www.youtube.com/watch?v=TZfsaubCImw 17-4-15 http://schwarczenberg.com/?p=4737 Qaddum Venerdì 17-4-15 - Tanti soldati contro i manifestanti colpiti alla testa e con feriti gravi."Maamoun Shtaiwi, di 36 anni, è stato colpito alla testa da un proiettile di gomma che gli ha procurato una ampia ferita che ha reso necessario un ricovero nell'ospedale Rafidia a Nablus per un intervento chirurgico importante Anna, dell'ISM, è stata colpita alla testa da un proiettile di gomma insieme ad un fotografo internazionale accanto a lei. Terribile la scena a Kafr Qaddum con un pesante lancio di candelotti lacrimogeni, spari di proiettili ricoperti di gomma, getti di acqua fetida con cui l'esercito ha preso di mira qualsiasi cosa ........" https://www.facebook.com/PopularStruggle/posts/10721797...11122 ================================= * Ilan Shalif dal mio blog: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com (traduzione a cura di ALternativa Libertaria/Fdca -Ufficio Relazioni Internazionali) Link esterno: http://awalls.org

CAMBIO RECAPITI PER LA SEZIONE NORD EST DI ALTERNATIVA LIBERTARIA

ABBIAMO CAMBIATO LA MAIL PER LA SEZIONE NORD EST , QUESTA LA NUOVA CASELLA DI POSTA ELETTRONICA altlibnordest@fdca.it RINGRAZIAMO I COMPAGNI PORDENONESI CHE LA GESTISCONO

mercoledì 15 aprile 2015

25 aprile a Pordenone

Sabato 25 aprile dalle 9.00 Allerta ANTIFA in P.le Ellero dalle 10.30 Memoria Resistente all'ex caserma Martelli in ricordo dei 10 partigiani fucilati dai nazifascisti A Villanova presso il Prefabbricato di Via Pirandello, 22 dalle 16:30 CONCERTONE Punk-HC-Rock 'n 'roll con: -North East Rebels -Great Escape -Malfas -Ant Abuser -Daltonik Out Cry dalle 21:00 Rap-Militante con: -Cicatrice (PN) -Antony Kong (BL) -Invisibile (PN-VE) -C.U.B.A. Cabbal (Pescara CostaNostra) e Alla Consolle Vita*Dee (BL) CHIOSCO FORNITISSIMO E AUTOGESTITO BANCHETTI CON DISTRO ENTRATA LIBERA E GRATUITA Organizza PnRebel - Pordenone

La Pietra di Arten . Hanno memoria le pietre ...hanno memoria

buon giorno a tutti, vi invio il programma e il volantino allegato degli eventi che si svolgeranno nella ricorrenza del 70esimo della liberazione ad ARTEN di Fonzaso (vicino a Feltre in provincia di Belluno) nella sala comunale di ARTEN in piazza Italia venerdì 24 Aprile alle ore 20,30 inaugurazione della mia mostra evento su la Pietra di Arten "Hanno memoria le pietre ,hanno memoria ...." per ricordare i 7 partigiani qui trucidati durante il Rastrellamento del Monte Grappa e in particolare la vita del partigiano Antonio Boschieri ,il comandante D'Artagnan della Matteotti. Una storia di Resistenza per Immagini, Oggetti, Documenti e Parole. domenica 26 Aprile alle ore 17 "Abbiamo sognato assieme primavera" musiche e parole sulla Resistenza con il gruppo Interpretativo "Poesica " e voci narranti della Rete degli Studenti Medi il 25-26-27-28 e 29 Aprile la mostra rimane aperta con i seguenti orari : dalle ore 10 alle ore 12:30 e dalle ore 15 alle 19 Per informazioni o per accordi per altri orari di visita telefonate al 3487647100 grazie Catia Costanzo Boschieri

martedì 14 aprile 2015

L’ADRIATICO DEI POPOLI - discutere dei Piani petroliferi off-shore della Croazia

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO , MA DALLE ALTRE COSTE ADRIETICHE NESSUNO ??? VENETI ISONTINI GIULIANI ROMAGNOLI CONTATTATECI ! safigher@gmail.com ------------------------------------------------------------------------------ L’ADRIATICO DEI POPOLI Aperta la “consultazione transfrontaliera” per discutere dei Piani petroliferi off-shore della Croazia Il 26 febbraio 2015 il Governo Croato ha notificato all’Italia, in qualità di soggetto interessato, l’avvio delle consultazioni transfrontaliere e della procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) nell’ambito del “Piano e programma quadro di ricerca e produzione degli idrocarburi nell’Adriatico”. Il Ministero ha successivamente provveduto ad avvisare le regioni interessate, ovvero, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia. Le osservazioni al suddetto piano dovranno essere inviate al Ministero dell’Ambiente entro il 20 Aprile 2015. Le consultazioni transfrontaliere sono obbligatorie, ai sensi della Convenzione di Espoo del 1991, laddove uno Stato ritenga che gli effetti del Programma promosso da un altro Stato possano avere forti ricadute nel proprio ambito territoriale. Il governo italiano, dopo aver fatto scadere il termine previsto dalla Croazia per poter prendere visione dei propri programmi in materia di trivellazioni off-shore, ha poi dovuto attivare la consultazione transfrontaliera a seguito delle pressioni esercitate dal movimento di associazioni e comitati contrari alle comuni politiche sulla ricerca del petrolio nel Mare Adriatico. Il procedimento avviato permetterebbe a tutti i soggetti coinvolti di rimettere in discussione scelte politiche ed economiche riguardanti entrambi i paesi. La VAS serve a raccogliere le osservazioni ambientali provenienti da soggetti istituzionali che rappresentano interessi collettivi coinvolti nel procedimento, permettendo alla politica di avere ulteriori dati per valutare il reale impatto di piani e programmi sull’ambiente circostante e non solo. La Puglia è ritenuta dal nostro Ministero dell’Ambiente soggetto interessato nel procedimento di VAS al pari di tutte le altre regioni che s’affacciano sull’Adriatico. Riteniamo che, nonostante il ristretto tempo a disposizione, la Regione Puglia possa essere tra i protagonisti di questo percorso, inviando al Ministero osservazioni pertinenti, redatte attraverso l’esperienza accumulata nel corso di questi anni, ma anche attraverso il coinvolgimento di altre realtà istituzionali, associazioni, comitati, coordinamenti attivi nella difesa da modelli di sviluppo tutt’altro che sostenibili. Molti di questi comitati possono disporre di ulteriori elementi di discussione, non per ultimo le cartografie degli ordigni inesplosi, e “sepolti” nel Mare Adriatico, che stanno rallentando i programmi petroliferi della Global Petroleum al largo delle coste pugliesi. Tuttavia, ci saremmo aspettati un atteggiamento più celere e rapido, e una maggiore sensibilità, da parte della Regione Puglia nel promuovere i meccanismi di coinvolgimento e partecipazione, non certo la scarna comunicazione apparsa giovedì 2 aprile sul sito istituzionale che invita a prendere visione dei documenti inviati dal governo croato. Un atteggiamento forte e deciso, in linea con il ricorso alla Corte Costituzionale avverso la parte sullo sviluppo delle politiche legate all’energia dello “Sblocca Italia”, potrebbe riaprire la discussione attorno all’uso non conflittuale del Mare Adriatico, sia esso effettuato dal governo italiano che da quello croato. Quanto accade riguarda anche Montenegro, Albania e Grecia che, a differenza della Slovenia, non hanno ancora ritenuto di dover far parte della consultazione transfrontaliera. Tutte queste realtà collettive e singole chiedono, sollecitano e sostengono una rapida e decisa presa di posizione da parte di tutte le regioni coinvolte dal Ministero dell’Ambiente, a partire dalla Puglia. I confini e i poteri degli Stati devono essere positivamente superati quando si tratta della tutela degli ecosistemi marini e costieri. Allargare il dibattito a tutti i paesi che s’affacciano sull’Adriatico significa ribadire che la “questione petrolio” non è circoscritta, ma coinvolge interi popoli che potrebbero vedersi privati dell’orizzonte del mare. Comitato No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili Coordinamento No Triv – Terra di Bari Comitato No Triv San Giovanni Rotondo Comitato Bonifica Molfetta Comitato per la Tutela del Mare del Gargano Rete No Triv Gargano Comitato Mediterraneo No Triv A.B.A.P. – Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi Associazione Mlapp Associazione Sinistra Euromediterranea – Messina Associazione Terra d’Egnazia Brindisi Bene Comune Centro Studi Torre di Nebbia – Comitati Alta Murgia CircoloArciTuglie Collettivo Agricolo Peppino Di Pasquale - Barletta Garganistan Gruppo Archeologico Garganico “S. Ferri” Rete della Conoscenza Puglia Associazione AltraPolis Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori /Area Valle d’Itria Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori /Monopoli Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori /Provincia di Brindisi

Ponti tra l'anarchismo ed il Confederalismo Democratico

Due interessanti articoli sui ponti tra l'anarchismo ed il Confederalismo Democratico , scriveteci per ricevere il PDF safigher@gmail.com

Kurdistan: teoria e gineologia

Kurdistan: teoria e gineologia Il movimento femminile curdo vuole ovviamente distruggere il patriarcato e riferirsi alle esperienze del movimento femminista, ma si sforza anche di costruire una teoria originale adatta al contesto del Kurdistan. La teoria curda di liberazione delle donne ha un nome: teoria della rottura. I suoi principi essenziali sono: agire indipendentemente dagli uomini, contare sulle proprie forze, sviluppare la propria coscienza di genere, creare organizzazioni delle donne. La liberazione femminile è considerata il fondamento della lotta per la democrazia, la condizione si ne qua non per l'uscita del capitalismo. L'armarsi delle donne è giustificato in primo luogo dalla legittima difesa contro il sistema di dominio maschile. In effetti la teoria della rottura comprende anche un progetto d'azione delle donne per la trasformazione dell'uomo. Questo significa lottare contro il maschilismo nelle organizzazioni miste e non lasciare agli uomini altra scelta che il cambiamento. Jin vuol dire donna in kurdo, e la ginealogia è la scienza delle donne . Vuole innalzare la coscienza di genere nelle donne mettendo al centro le loro esperienze, senza sovvenzioni dallo Stato e appoggiandosi unicamente alle proprie forze. La ginealogia vuole far convergere l'esperienza delle donne del mondo piuttosto che accettare la teoria femminile occidentalmente centrata e subire le ricerche androcentriche statali e universitarie. L'egemonia maschile in campo scientifico ha troppo spesso condotto a trovare degli alibi pseudo scientifici che giustifichino la posizione di secondo sesso accordata alle donne. Ai nostri giorni l'università è uno dei principali rappresentanti del patriarcato. Bisogna rimettere in gioco le verità stabilite e privilegiare le ricerche e la scrittura della storia fatta dalle donne per loro stesse. In questo campo esiste un autentico bisogno di autodifesa. È per questo motivo che sono state istituite le Accademie delle Donne che portano avanti le loro ricerche in tutte le direzioni compresa la critica alle nozioni estetiche e di bellezza costruite a spese della donne. Arin Mirkam ( pseudonimo collettivo Facebook gallery ed attrici di questo articolo militanti del collettivo solidarietà donne di kobane. Si tratta di un omaggio a Arin Miriam, combattente JPG uccisa a Kobane il 5 ottobre ) tratto dal numero di marzo 2015 di "Alternative Libertaire" (traduzione a cura di Alternativa Libertaria/Fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

GENUINO CLANDESTINO A VICENZA

Venerdì 17 aprile, Cs Bocciodromo dalle ore 17.00: accoglienza ore 18.30: “Accesso ai mercati e costruzione di comunità territoriali”: approfondimento pubblico a cura di Genuino Clandestino dalle ore 20.00: cena ore 21.00: spettacolo teatrale di Lorenza Zambon Sabato 18 aprile, Cs Bocciodromo dalle ore 9.30 alle 12.30: tavoli di lavoro T1- Garanzia partecipata T2 - Resistenze ambientali (Expo, Ttip e grandi opere…) T3- Terra bene comune: accesso alla terra e legame con altre lotte territoriali T4- Semi e Ogm T5- Filiere: comunità e nodi distributivi T6- La filiera della birra e microbirrifici T7- Cucine dalle ore 13.00: pranzo dalle ore 15.00 alle 17.30: discussioni a tema (cassa GC / ruolo delle reti / 1-2-3 maggio a Milano / prossimo incontro GC) con i rappresentati di tutte le reti a seguire, assemblea plenaria dalle ore 20.30: cena ore 21.00: brindisi con gli autori del libro “Genuino Clandestino”, presentazione del libro “La danza delle mozzarelle” e proiezioni dei documentari “Riprendere la terra” e “Behind the label”. a seguire, dj-set Domenica 19 aprile, quartiere Ferrovieri dalle ore 10.00 alle 16.30 mercato contadino ore 11.30 assemblea pubblica No Expo a seguire, spettacolo de I quattro elementi - teatro di strada Per i pasti, portare proprio piatto, bicchiere e posate. Sabato ci sarà uno spazio bimbi al Cs Bocciodromo. Genuino Clandestino è un movimento antirazzista, antifascista e antisessista. Per saperne di più:http://genuinoclandestino.noblogs.org/. Per altre informazioni, ospitalità e contatti sull'incontro nazionale di Vicenza: evento fb, pagina fb Gas No Dal Molin​ / mail gas@nodalmolin.it / tel. 347.9087538. Info mercato (domenica 19 aprile dalle 10.00 alle 16.30, quartiere Ferrovieri) Per partecipare al mercato di domenica, ogni rete territoriale dovrà mandare le proprie adesioni appena possibile a gas@nodalmolin.it, specificando i nomi dei produttori/artigiani, l’eventuale partita Iva, la tipologia di prodotto e lo spazio richiesto. La partecipazione al mercato è a offerta libera. Ciascun produttore dovrà portare proprio tavolo, da sedere e (se vuole) il gazebo. Dovrà anche esporre una scheda visibile in cui presenta la propria azienda e se fa parte di una rete territoriale. In caso di pioggia il mercato si svolgerà al Cs Bocciodromo. Chi avesse particolari necessità (per esempio, bisogno di corrente o altro…) ce lo comunichi per tempo. Per altre info: 347.9087538. Info ospitalità Per dormire a Vicenza tra venerdì 17 e domenica 19 aprile ci sono diverse soluzioni possibili. Di seguito trovate tutti i dettagli. Le richieste per dormire al Bocciodromo (in palestra con sacco a pelo e stuoino) o in tenda in Presidio, devono essere mandate direttamente a noi (gas@nodalmolin.it); chi preferisse altre opzioni, contatti direttamente la soluzione che sceglie. Anche chi dovesse venire in camper ce lo dica, così da poter trovare spazi per tutti vicini al Bocciodromo. 1- Palestra del Cs Bocciodromo (solo venerdì 17 e sabato 18 aprile), con proprio stuoino e sacco a pelo. Bagni e docce calde negli spogliatoi della palestra. Offerta libera. 2- Tende al Presidio No Dal Molin (senza acqua, né alcun tipo di servizio: si tratta semplicemente di un campo di nostra proprietà che possiamo mettere a disposizione nella parte non coltivata). Gratuito. 3- Hotel La Terrazza Via Alessandro Rossi 86, Vicenza (è la stessa via del Bocciodromo). Chiamare lo 0444 283428 e prenotare come Genuino Clandestino, chiedendo di Luigi per le tariffe convenzionate. Costi: 20 euro a testa (quadruple o triple), 25 euro (doppia) e singole (30 euro). 3- B&b, ospitalità domestica e/o in azienda agricola. Contattate direttamente e dite sempre che siete di Genuino Clandestino, così vi faranno le tariffe convenzionate. Ada b&b, Vicenza Bed&breakfast con prima colazione biologica vegan, da 3 a 5 posti. Fino a 3 persone: 20 euro per persona per notte (15 senza colazione); oltre 3 persone: 15 euro per persona per notte (10 senza colazione). Via btg. framarin 42, Vicenza Floriana, adabbvicenza@gmail.com Da Chiara, Vicenza 2 posti letto su letti singoli: gratuito. Via Quinto Rubini 7, Vicenza Chiara, tel. 347.9087538 Da Pablo, Vicenza (Solo sabato!) 1 posto letto, 1 posto sul divano: gratuito. Via Bonioli 10, Vicenza Pablo, pablodanilomontes@gmail.com Az. agr. Giandomenico Cortiana (Isola Vicentina: 13 km da Vicenza) Disponibile solo il sabato e la domenica! 4 posti: 1 letto matrimoniale, 1 letto singolo e 1 divano. Possibile anche aggiungere altri 2 posti con materassino e sacco a pelo. Colazione, bagno e doccia. Contributo: 10 € al giorno a persona. Via Scovizze 20, Isola Vicentina giandoc1@virgilio.it Agriturismo Cantarana (Mason Vicentino: 23 km da Vicenza) 2 letti singoli con bagno. 22 euro a persona/notte, colazione compresa. Via Cantarana 59, Mason Vicentino info@agriturismocantarana.it Agriturismo Le Betulle (Recoaro Terme: 40 km da Vicenza) 3 camere doppie (totale 6 posti), ciascuna con bagno: solo pernottamento, pernottamento con colazione, mezza pensione o pensione completa. Chiara, tel. 0445/780205 Roulotte di Davide 3 posti: Davide mette a disposizione gratuitamente una roulotte un letto matrimoniale e uno singolo (soluzione spartana!). davidebiolo@libero.it B&b Le tre galline (Montecchio Precalcino, 15 km da Vicenza) 2 camere matrimoniali (60 euro a notte/stanza con colazione) + possibilità altro letto (+20 euro) e un'altra stanza fino a 4 persone (25 euro/testa con colazione). > tel. 345 88 44 784

mercoledì 8 aprile 2015

dibattito sulle "nuove destre" con Saverio Ferrari a Pordenone

10 aprile 2015 presso Biblioteca Civica di Pordenone a Pordenone. Incontro con: SAVERIO FERRARI dell’Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre autore del libro “I denti del drago. Storia dell’Internazionale nera tra mito e realtà” [BFS edizioni] L’alleanza tra la Lega Nord di Salvini e Casapound? Viene da lontano. L’odio verso i migranti e i “diversi”? Facili capri espiatori in tempi di precarietà diffusa. Molti problemi che oggi affrontiamo sono frutto di determinate politiche neoliberiste che mentre impoveriscono gran parte della popolazione lasciano alle destre il compito di canalizzare l’intolleranza e l’insofferenza facendo riemergere gruppi e alleanze neofasciste in un’Italia che non ha mai fatto i conti fino in fondo con il proprio passato. Venerdì 10 Aprile ORE 20.45 saletta T. Degan Biblioteca Civica Visualizza questo evento su Evensi Indirizzo: Piazza XX Settembre, Pordenone

CORTEO INTERNAZIONALE DEL PRIMO MAGGIO A MILANO - Partenza da Pordenone

Stringono i tempi per organizzare una corriera dal nord-est per manifestare il primo maggio a Milano contro Expo. Invitiamo tutti gli interessati di contattarci ai seguenti numeri di cellulare: 3396812954 (Lino) oppure 3425622991 (Michele) La quota indicativa da pagare a persona é di: - 30 euro mentre per i lavoratori - 15 euro per gli studenti, i precari e disoccupati La società di trasporti ci ha concesso ancora una settimana di tempo, sollecitiamo gli interessati a comunicare nel più breve tempo possibile la propria disponibilità al fine di valutare l'adesione numerica e confermare il noleggio della corriera. Alleghiamo testo appello e programma manifestazione. ------------------------------------------------------------------------------- CORTEO INTERNAZIONALE DEL PRIMO MAGGIO A MILANO / STREET DEMO ON INTERNATIONAL WORKERS’ DAY IN MILAN Da Milano all’Europa: primo maggio 2015 tutt@ a Milano, capitale della crisi Al settimo anno di crisi, l’orgoglio precario si è tramutato in rabbia e indignazione per la disoccupazione dilagante e l’immiserimento crescente che le politiche di austerità, dettate da BCE, Fmi e tutta l’eurocrazia, hanno imposto alla maggioranza della popolazione, particolarmente in Italia, Grecia e nel resto dell’Europa Latina. Massacro sociale, saccheggio di ricchezza e beni comuni, fine della città pubblica, sono i tratti comuni delle soluzioni imposte per rispondere alla crisi. L’intero spazio urbano è oggi fulcro di tensioni non controllabili, dominato dalla rendita e dalla spirale speculativa, dal consumo di suolo e dalla formula della città vetrina, in cui il brand territoriale è tutto e i bisogni degli abitanti nulla: dalla distruzione del territorio e la militarizzazione della vita dei suoi abitanti, come succede in Val Susa, fino all’attacco ai quartieri popolari delle nostre città. Anche l’Italia subisce sulla pelle viva della popolazione la precarizzazione delle vite, la repressione e la chiusura degli spazi di attivismo e critica politica, la devastazione e lo sfruttamento dei territori e di tutte le forme senzienti che li rendono vivi. In linea con i suoi omologhi europei e con i suoi predecessori, Renzi ha definitivamente dichiarato guerra agli abitanti delle città e dei territori. Il sigillo di questo attacco è la sospensione del Primo Maggio, a beneficio dell’uno maggio inaugurale di Expo 2015, l’Esposizione Universale figlia di questi processi e poteri, che proprio il 1° maggio si autocelebreranno a Milano alla faccia di tutte e tutti quelli che vengono quotidianamente sfruttati con condizioni di lavoro e di vita degradanti e umiliati con il free job. Le scelte e le azioni della governance di Expo e della crisi sono aggressioni violente verso i giovani, i migranti, i lavoratori e i poveri. A questo si aggiunge una narrazione tossica, che ricicla sponsor imbarazzanti (CocaCola, Nestlè, McDonald’s), e legittima con la loro presenza governi dittatoriali e stati come Israele e le sue politiche contro il popolo palestinese. Così come nocivo e specista è il modello di sostenibilità e alimentazione che Expo propone, distruttivo per l’eco-sistema e basato sul dominio umano sulle altre specie viventi. Respingiamo questo clima, rimandiamo questi attacchi al mittente. Costruiamo una convergenza di blocchi sociali uniti dalla volontà di smettere di subire e tornare a contrattaccare. Per questi motivi, in contemporanea con l’apertura dei cancelli di Expo2015, la rete metrolombarda Attitudine NoExpo e l’opposizione sociale italiana lanciano questo appello. Dal 2001 il Primo Maggio a Milano è MayDay Parade, parade delle precarie e dei precari insorgenti e queer. Ma il 1° maggio 2015 sarà anche di più: un corteo internazionale gioiosamente e lucidamente incazzato, ribelle, popolare che attraversi il centro di Milano, capitale della crisi e della precarietà, vetrina per Expo, ribadendo che ExpoFaMale e che noi lo sciopereremo, che gratis non si lavora, che le ricette di Renzi e della Trojka non ci piacciono, solidali coi lavoratori della Scala sotto ricatto per la Turandot e con le migliaia di persone che il 1° maggio 2015 saranno costrette a lavorare, in barba a ogni norma e sentenza. Chiediamo a tutte le studentesse e gli studenti, a tutte le precarie e i precari, a tutte le disoccupate e i disoccupati, a tutte le migranti e a tutti i migranti, ai lavoratori e alle lavoratrici, agli artisti e alle artiste di strada, a tutte le attiviste e attivisti d’Europa e del Mondo, di unirsi a noi in un gigantesco corteo e di partecipare alle iniziative che abbiamo previsto a Milano dal 29 aprile al 3 maggio con il seguente programma: 29 APRILE MILANO SI OPPONE ALLA MARCIA FASCISTA- coordinamento Fascisti e Razzisti No Grazie 30 APRILE: CORTEO STUDENTESCO NAZIONALE- INIZIO CAMPEGGIO INTERNAZIONALE NOEXPO che durerà fino al 3 maggio con dibattiti e workshop 1 MAGGIO: #NOEXPOMAYDAY 2 MAGGIO: MOBILITAZIONI DIFFUSE CONTRO EXPO 3 MAGGIO: ASSEMBLEA PLENARIA GENERALE di lancio della mobilitazione per i 6 mesi di Expo e DAL 3 MAGGIO IN AVANTI: 6 MESI DI #ALTEREXPO! conflitto, incontro e alternativa contro il modello Expo e oltre i grandi eventi IL PRIMO MAGGIO 2015 TUTTI/⁠E A MILANO #NOEXPOMAYDAY MAYDAY, MAYDAY! 1 maggio 2015 @ 14:00 – 15:00 Piazza XXIV Maggio Milano Da Milano ad Atene, da Istanbul a Kobane, da Berlino a Madrid, da New York a Melbourne since 1886, the Workers’ World Expo I compagni e le compagne della Rete Attitudine Noexpo

In Tunisia, la precarietà è in aumento e le pratiche della dittatura continuano

La situazione occupazionale non progredisce molto in Tunisia e questo è dimostrato dal movimento iniziato Sabato 28 febbraio da 8 laureati disoccupati a Gabes, città portuale del Sud Est del paese. Questi hanno infatti iniziato uno sciopero della fame presso la sede della sezione della Lega tunisina dei diritti dell’uomo (LTDH) nella regione al fine di rivendicare, per alcuni di loro, la loro integrazione nella pubblica istruzione e il servizio pubblico, e in generale una vita dignitosa. Secondo i dati delle strutture regionali per l’occupazione, il tasso di disoccupazione nel governatorato di Gabes sarebbe 38%, con 23.000 laureati, dato che può essere considerato reale, viste le polemiche regolari sulle cifre. Così come lo sviluppo regionale, (mancanza di infrastrutture, come in altre aree interne), i problemi ambientali ricorrenti della regione, in particolare l’inquinamento da impianti chimici, sono altre ragioni per il conflitto. Diverse mobilitazioni di sostegno, tra cui l’appello dell’Unione dei laureati disoccupati (UDC) si sono già tenute, Sabato 14 marzo in tutto il governatorato (provincia) di Gabes, e a Sousse; Lunedì 16 marzo in quello di Sidi Bouzid e Tunisi. Anche 23 laureati disoccupati, ex membri dell’Unione generale degli studenti tunisini (UGET), hanno iniziato, Lunedì 23 marzo, uno sciopero della fame ai locali dei giovani lavoratori del UGTT di Tunisi. Gli scioperanti sono parte di un gruppo di 186 manifestanti, tutti ex membri della UGET, che ha cominciato da sei giorni un sit-in negli stessi locali. I manifestanti continueranno la loro protesta fino a quando saranno soddisfatte le loro richieste e la loro situazione regolarizzata come deciso nel contratto firmato nel dicembre 2014 con il precedente governo. Questo prevedeva la loro integrazione nel servizio pubblico dopo aver esaminato i loro fascicoli. Sono tutti disoccupati da anni, da quando sono stati esclusi dal concorso per il servizio pubblico a causa delle loro attività sindacali e politici sotto il regime deposto di Ben Ali. Il nuovo governo di Habib Essid ha chiesto loro di dargli un mese dal 27 febbraio 2015 per rivedere i loro fascicoli, ma loro non vogliono aspettare fino ad allora. Lunedì 23 Marzo 2015, la mobilitazione dei disoccupati non si è fermata solo a Tunisi, poiché una manifestazione della UDC (Unione dei laureati disoccupati) ha avuto luogo a Sidi Bou Zid. In molte città, come ad esempio Sousse, Gabes, Gafsa, manifestazioni si sono svolte su iniziativa dell’UDC; in alcuni casi si sono riscontrate violente repressioni, come a Gafsa a febbraio, quando sono stati ricoverati diversi manifestanti. Tra le richieste del UDC, a parte la soppressione delle liste nere di Ben Ali, il sindacato rivendica la presenza di rappresentanti dei disoccupati nelle assemblee locali e regionali. La mobilitazione prosegue il 26 marzo 2015, e crescerà ancora nella regione di Sidi Bouzid, soprattutto dal momento che il Ministro della Pubblica Istruzione ha annunciato che ogni disoccupato dovrà pagare 15 dinari per l’iscrizione ai concorsi del CAPES! A Gabes gli scioperanti hanno rifiutato la proposta del Ministero di terminare il loro sciopero in cambio di 150 dinari ciascuno. Senza farsi raggirare, hanno deciso di avviare uno sciopero selvaggio della fame (senza acqua)! [ Testo del gruppo Africa della Segreteria Internazionale della CNT-F- Traduzione di Spazio Libero Utopia- Genova ]

La stagione del folk revival + APPELLO

sabato 11 Aprile 2015 ore 17,30 All’Ateneo degli Imperfetti La stagione del folk revival in Italia incontro con: Felice Liperi critico musicale La vicenda umana e artistica dei quattro artisti di cui si parla nel saggio Stelle del folk italiano (Rosa Balistreri, Caterina Bueno, Enzo Del Re, Matteo Salvatore, Esplorazioni/manifestolibri, 2014), prende corpo sulla scia della stagione musicale del folk revival emersa negli anni Cinquanta del ‘900 proprio con l’obiettivo di riscoprire e rivitalizzare la musica e la cultura popolare . Informiamo tutti i compagni, amici, frequentatori dell’Ateneo degli Imperfetti che il sito www.ateneoimperfetti.it è aggiornato sempre con le nuove iniziative e contiene l’archivio di tutte le attività finora svolte. Inoltre è disponibile l’”attestato originale di imperfezione” con un contributo di 20€ per sostenere le attività dell’Ateneo. Come d’abitudine la convivialità post conferenza si regge sulla condivisione del cibo e del bere: è pertanto auspicabile che tutte le persone contribuiscano a rendere ricca e appetitosa la nostra mensa ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- APPELLO ALLA SOLIDARIETà CON L'ATENEO Care amiche e cari amici, care compagne e cari compagni, per la terza volta in un lasco di tempo abbastanza ravvicinato, abbiamo ricevuto “visite” non proprio gradite all’Ateneo. Nottetempo infatti, qualche sera fa, sconosciuti sono penetrati nella nostra sede e hanno rubato microfoni, mixer, cavi, amplificatore dell’impianto voci. Inoltre hanno portato via lo schermo audiovisivo e un amplificatore che serviva per le manifestazioni all’aperto. Come ben sapete noi non abbiamo, per scelta etica, né finanziamenti, né sponsorizzazioni, ma manteniamo la struttura (affitto, lavori, bollette, ecc.) e promuoviamo conferenze, eventi, presentazioni, seminari, convegni, ecc., facendo conto solo ed esclusivamente sul contributo mensile e volontario dei membri del Laboratorio Libertario e di altri “utopisti” come noi che, quando lo desiderano, offrono piccole somme di denaro e/o disponibilità per lavori e iniziative. Siamo orgogliosi di questa nostra imperfezione rispetto alla “perfezione” dei sistemi in voga per iniziative di questo genere. La nostra autonomia è in questo modo sempre salvaguardata e ciò ci ha permesso in questi anni di creare e di far diventare, assieme alla vostra partecipazione e al vostro sostegno, questo spazio così originale e così vivo di cultura, di sperimentazioni, di creatività e, soprattutto, di umanità. Siamo fuori dal tempo della competizione, della ricerca del successo, della confessionalità, ma dentro un tempo della libertà. Questa volta abbiamo bisogno della vostra solidarietà e del vostro affetto e per questo apriamo una sottoscrizione per poter far fronte a questa nuova realtà. Ognuno si senta libero e autonomo, anche solo pochi euro, messi assieme, possono servire a mantenere l’ Ateneo degli Imperfetti, quella realtà diversa e libera che è grazie a noi tutti. Chi lo desidera può donare dei soldi a qualche membro del Laboratorio o farceli avere tramite qualche amico, nelle forme e nei modi che ciascuno desidererà. Non siamo soliti chiedere sostegni in denaro a nessuno, ci costa più chiedere che lasciar stare, ma questa volta ne abbiamo la necessità. Grazie di cuore, in ogni caso, per continuare a condividere con noi questa piccola utopia libertaria. Ateneo degli Imperfetti Via Bottenigo, 209 30175 Marghera (VE) tel. 327.5341096 www.ateneoimperfetti.it

no alla scuola parrocchia

Sospeso per un mese Franco Coppoli per la sua battaglia in difesa di una scuola pubblica laica e senza simboli religiosi. No alla scuola parrocchia Con un pesantissimo provvedimento da Nuova Inquisizione Domenico Peruzzo, dirigente dell’Ufficio Scolastico regionale dell’Umbria, ha sospeso per un mese dall’insegnamento e dallo stipendio il prof. Franco Coppoli per aver tolto i crocefissi dalle aule dell’Istituto per geometri Sangallo di Terni in cui insegna, confermando che in Italia è ancora vietato rivendicare la separazione tra Stato e chiesa e spazi educativi senza simboli religiosi. Continua la crociata integralista, discriminatoria e diseducativa, di quelli che pretendono di imporre la connotazione religiosa delle aule scolastiche pubbliche, nonostante non esista alcuna legge o regolamento che impongano la presenza del crocefisso nelle aule. La motivazione per un provvedimento disciplinare così grave è che togliere un crocefisso, che non dovrebbe trovarsi nelle aule, costituisce per l’USR “una violazione dei doveri connessi alla posizione lavorativa cui deve essere improntata l’azione e la condotta di un docente”. Ma ai sensi di quale legge? Di quali doveri si parla? I pubblici dipendenti non sono servi che obbediscono ai presidi-padroni, ma alle leggi: e non esiste alcuna norma che imponga la presenza del crocefisso. Tra l’altro a dicembre a Trieste, il prof. Davide Zotti, per lo stesso comportamento, è stato sanzionato con una semplice censura dall’USR Friuli. Forse l’USR umbra pensa di essere ancora sotto lo stato pontificio! E’ stato il fascismo a collocare nelle scuole e nei tribunali i crocefissi: ma pensavamo che il clericofascismo fosse relegato al passato, anche perché negli ultimi tempi la Corte di Cassazione ha giudicato la presenza dei crocifissi nelle scuole incompatibile con il principio di laicità dello Stato (Cassazione penale, sentenza Montagnana) e lesiva dei diritti di coscienza del pubblico impiegato, al punto da giustificare l'autodifesa del lavoratore (Cassazione civile, sentenza Tosti). Le aule della scuola pubblica sono piene di colori e di mondo, di ragazze, ragazzi e docenti credenti, atei o agnostici, e di tante religioni diverse, ed è inaccettabile che un solo simbolo abbia il privilegio di essere esposto in una posizione di massima rilevanza simbolica. L’imposizione del crocefisso ha un carattere discriminatorio ed escludente, serve a marcare un territorio e imporre una visione e una simbologia religiosa di parte, in uno spazio pubblico che deve invece essere libero, includente, laico e aperto a tutti. I diritti tutelano le minoranze e le diversità e non dovrebbero rappresentare la dittatura della maggioranza (tutta da dimostrare tra l’altro). Per questo è inaccettabile che ancora oggi chi lavora per lo Stato debba subire pesanti sanzioni disciplinari, senza alcuna norma che le legittimi - o attraverso bizantinismi giuridici che arrivano ad affermare la… non religiosità dei simboli religiosi! - per aver contrastato il privilegio, l’arroganza e l’invadenza di quello che a molti appare un simbolo “neutrale” proprio perché l’obiettivo di questa inaccettabile ingerenza ha ottenuto i suoi risultati. I COBAS esprimono la loro totale solidarietà - insieme all’appoggio in ogni sede, a cominciare da quella legale, per contestare l’iniquo provvedimento - con la battaglia civile dei docenti Franco Coppoli e Davide Zotti e del giudice Luigi Tosti, contro la presenza del crocefisso nelle scuole e nei pubblici uffici, affinché si realizzi pienamente la distinzione tra Stato e chiesa e gli ambienti formativi siano liberi da qualsiasi simbolo religioso e da qualsiasi arroganza integralista. Esecutivo nazionale COBAS

IL MUOS E’ ABUSIVO. FINALMENTE IL SEQUESTRO DELLA PROCURA DI CALTAGIRONE

Il sequestro del MUOS richiesto dalla Procura e disposto dal GIP di Caltagirone, dà atto di quanto stabilito dal TAR di Palermo il 13 febbraio scorso, e cioè che si tratta di un’installazione priva di autorizzazioni e pertanto illegittima ed abusiva. Ma nonostante la sentenza, nei giorni successivi, la US Navy ha proseguito i lavori e utilizzato le parabole. L’associazione antimafie Rita Atria, che aveva già presentato in passato due denunce penali presso la Procura di Caltagirone per abusivismo e mancanza di autorizzazioni, all’indomani della sentenza del TAR ha depositato anche un’istanza di sequestro, che oggi finalmente vediamo realizzato attraverso l’apposizione dei sigilli. Tutta la vicenda del MUOS, sin dal suo inizio, è stata caratterizzata dall’arroganza e dalla prepotenza del governo degli Stati Uniti, supportato da quello italiano. Infatti, il rigetto delle richieste di sospensiva avanzate dal Ministero della Difesa da parte del TAR di Palermo nel luglio del 2013, avrebbe dovuto cautelarmente imporre alla US Navy di fermare i lavori nell’attesa che si definissero i procedimenti pendenti. Invece gli statunitensi hanno accelerato i lavori per completarli e porci davanti un fatto compiuto dal quale pensavano non si potesse più tornare indietro. Ma si sbagliavano, e il sequestro di oggi è l’ennesimo segnale che quell’installazione non può e non deve entrare in funzione. Avverso la sentenza del TAR il Ministero della Difesa italiano ha presentato appello, la cui udienza per la richiesta di sospensiva si terrà il prossimo 15 aprile presso il CGA di Palermo. Come legali del coordinamento dei comitati proseguiremo nella battaglia giudiziaria fino alla fine, a fianco di tutti gli attivisti e i comitati NO MUOS, per difendere il diritto di tutti a vivere in un posto libero da inquinamento, devastazione e guerre. I legali del coordinamento dei comitati NO MUOS http://www.nomuos.info/comunicato-dei-legali-no-muos-finalmente-il-sequestro-della-procura-di-caltagirone/ http://www.nomuos.info/la-lotta-no-muos-continua-contro-ogni-guerra-ci-vediamo-a-niscemi/ --------------------------------------------------------------------------------

La tradizione perduta del sovietismo francese

Per un osservatore esterno anglofono, il movimento anarchico francese - distinto dal movimento anarchico francofono in Nord Africa, Vietnam, ecc. - appare spesso come il movimento "madre" in virtù della grande federazione sindacale della CGT la quale, sotto l'egemonia anarchica, si era amalgamata con le locali Bourses du Travail nel 1895, costruendo un modello "apolitico" di anarcosindacalismo di massa che venne replicato in paesi francofili come la Polonia, nella maggior parte d'Europa ed in territori molto lontani come il Brasile, l'Egitto ed il Senegal. Il movimento francese è stato uno dei più ampi, dei più influenti e dei più duraturi fra tutti i movimenti anarchici; ed a parte la sua soppressione per 4 anni durante l'era di Vichy, esso ha operato ininterrottamente dalle sue origini all'interno dei sindacati della Prima Internazionale nel 1868 fino ai giorni nostri. Ora gestisce una stazione radio 24 ore su 24, parecchi piccoli sindacati anarcosindacalisti, istituti di ricerca, case editrici ed un significativa struttura di collegamento di reti contro-culturali. Allo stesso modo, per un francofono che guarda dall'interno, il movimento anarchico francese, pur non essendo più egemonico nel mondo del lavoro come nel periodo 1895-1920, riesce ancora a proporsi come un'esperienza socio-politica a tutto campo. Cosa che rende difficile ad un ricercatore distinguere il legno dagli alberi. Ciò che complica le cose è che nel 1920 il movimento iniziò a frammentarsi e di conseguenza dovette fare i conti con il prestigio del bolscevismo del post-1917, e -cosa rara- tenere d'occhio "tutte" le diverse risposte organizzative delle varie fazioni. Berry riesce benissimo a fornire una visione olistica del frammentarsi del movimento di fronte alla tripla minaccia portata dal riformismo (nel 1920 la CGT tocca il massimo 2,46 milioni di iscritti, più della famosa CNT durante la Rivoluzione Spagnola - ma si trattava in gran parte di colletti bianchi, molto distanti dalle sue origini operaie), dal bolscevismo, dal fascismo francese e dal nazismo. Mentre una maggioranza di "pragmatici" sindacalisti apolitici era felice di formare un'opposizione (insieme ai bolscevichi) all'interno delle centrali sindacali riformiste, in una strategia di auto-difesa, la minoranza anarcosindacalista esplicitamente rivoluzionaria invece iniziò ad uscire da queste centrali per formare federazioni più piccole e più che mai puriste e contemporaneamente le organizzazioni "politiche" anarchiche dovevano fare i conti con l'erosione della base industriale nel movimento di massa, con conseguenti scismi dolorosi, specialmente tra i ben organizzati "piattaformisti" da una parte ed i "sintetisti" pluralisti dall'altra, un'animata divisione che dura tutt'oggi. La frammentazione del movimento comportò anche una diversità di risposte da dare ai temi cruciali come quello di misurarsi con l'estrema destra francese, con la Rivoluzione Spagnola, con il movimento di liberazione in Angola, temi rispetto ai quali i piattaformisti erano per un intervento diretto, mentre i sintetisti erano in gran parte per un supporto critico. Infine Berry non sfugge alla inquietante questione di quei pochi anarchici ed individualità che collaborarono o erano compromessi con Vichy. Ma il maggiore contributo di Berry alla comprensione della politica rivoluzionaria in Francia tra le due guerre riguarda la tradizione perduta del sovietismo francese, un movimento di massa che risulta trascurato da chi studia il sovietismo (comunismo consiliarista) in altri paesi come l'Italia, la Germania, l'Ungheria ed anche il Regno Unito. Questo movimento ha le sue radici nella linea dura della resistenza comunista anarchica ed anarcosindacalista contro il militarismo della 1GM e portò nel maggio 1919 alla nascita in Francia del Partito Comunista (PC) di tendenza anarcocomunista. Se ciò può apparire strano, si tenga presente che tali partiti comunisti antistatalisti, antiparlamentaristi, antiautoritari (e dunque non bolscevichi) nacquero nel medesimo periodo anche nel Regno Unito, in Brasile, in Portogallo, in Sud Africa e probabilmente in Cecoslovacchia ed in Vietnam, ovunque anticipando la nascita dei Partiti Comunisti "ufficiali". In Francia questo PC costruì una rete di base sindacale all'interno della CGT che portò alla nascita a Parigi del Soviet Regionale Autonomo, il quale tenne un congresso nel dicembre 1919 a cui parteciparono 35 soviet della capitale e di altre parti della Francia, sconfiggendo la linea leninista e riaffermando il sovietismo libertario. Ne seguì la formazione della Federazione Comunista dei Soviet (FCS), con il quindicinale Le Soviet, come organo di stampa. Come spiega Berry, la FCS era strutturata sui consigli operai nei posti di lavoro, che insieme ai quartieri erano rappresentati nei soviet locali, a loro volta rappresentati nei soviet regionali, con un congresso composto solo da delegazioni di consigli operai e soviet locali quale organismo politico decisionale. Purtroppo, nel 1921 la FCS entrò in una fase di declino con la fondazione del PC ufficiale, i cui iscritti erano in gran parte provenienti da organizzazioni della destra interna alla FCS, come il Partito Socialista. Le condizioni favorevoli ad una rivoluzione sarebbero riapparse in Francia solo nel 1968, quando l'anarchismo ed il sindacalismo rivoluzionario erano ancora vivi, ma marginali come movimento. Il libro di Berry è un testo fondamentale per chi studia non solo il movimento anarchico, il movimento sindacalista rivoluzionario ed il movimento comunista consiliarista, ma anche più ampiamente la politica ed il sindacalismo francese tra le due guerre. Mi auguro che a questo volume faccia seguito uno studio sul movimento anarchico francese dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Michael Schmidt (traduzione cura di Alternativa Libertaria/Fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

Chi ha paura della Grande Cattiva Bomba?

Chi ha paura della Grande Cattiva Bomba? DEVO iniziare con una confessione shock: io non ho paura della bomba nucleare iraniana. So che ciò fa di me una persona anormale, quasi un mostro. Ma che posso farci? Non ce la faccio a farmi venire la paura, come fa un vero israeliano. Per quanto ci provi, la bomba iraniana non mi rende isterico. MIO PADRE una volta mi ha insegnato come resistere ad un ricatto: immagina che la terribile minaccia del ricattatore sia già successa. Allora puoi dirgli: Va all'inferno. Ho provato molte volte a seguire questo consiglio e mi sono trovato bene. Per cui ora lo applicherò alla bomba iraniana: immagino che il peggio sia già accaduto: i crudeli ayatollah hanno già lanciato le bombe che possono sradicare Israele in un minuto. E allora? Secondo gli esperti militari, Israele dispone di parecchie centinaia di bombe nucleari (si valuta tra le 80 e le 400). Se l'Iran manda le sue bombe e cancella la maggior parte di Israele (compreso me stesso), i sommmergibili israeliani cancelleranno l'Iran. Qualsiasi cosa possa pensare di Binyamin Netanyahu, conto su di lui e sui nostri capi della sicurezza perchè mantengano intatta la nostra possibilità di sferrare "il secondo colpo". Proprio la scorsa settimana siamo stati informati che la Germania aveva consegnato un sommergibile modernissimo alla nostra marina per questo scopo. Gli israeliani idioti – e ce ne sono in giro – rispondono: "Sì, ma i dirigenti iraniani non sono gente normale. Sono dei pazzi. Dei religiosi fanatici. Rischieranno la totale distruzione dell'Iran solo per distruggere lo Stato sionista. Come scambiare le regine a scacchi". Tali convizioni sono il frutto di decenni di demonizzazione. Gli Iraniani -o almeno i loro dirigenti- sono visti come dei furfanti inumani. La realtà ci mostra che i dirigenti dell'Iran sono politici molto assennati e molto calcolatori. Proprio come degli accorti mercanti in un bazaar iraniano. Non si prendono rischi inutili. Il fervore rivoluzionario dei primi giorni di Khomeini è roba del passato, e persino Khomeini non si sarebbe sognato di fare nulla che potesse comportare un suicidio nazionale. SECONDO la Bibbia, il grande re persiano Ciro concesse agli Ebrei prigionieri a Babilonia di far ritorno a Gerusalemme per ricostruire il loro tempio. A quel tempo, la Persia era già un'antica civiltà – sia culturale che politica. Dopo il "ritorno da Babilonia", il popolo ebreo intorno a Gerusalemme visse per 200 anni sotto la sovranità persiana. A scuola mi hanno insegnato che quelli furono anni felici per gli Ebrei. Da allora, la cultura e la storia persiana hanno vissuto altri 2500 anni. La civiltà persiana è una delle più antiche del mondo. Essa ha prodotto una grande religione che ha influenzato molte altre religioni compreso l'ebraismo. Gli Iraniani sono fieramente orgogliosi della loro storia. Sarebbe ridicolo e da megalomani immaginare che gli attuali dirigenti dell'Iran possano solo ipotizzare di mettere a rischio la stessa esistenza della Persia perchè odiano Israele. Inoltre, nel corso della storia, le relazioni tra gli Ebrei ed i Persiani sono state quasi sempre eccellenti. Quando venne fondato Israele, l'Iran era considerato un alleato naturale, all'interno della "strategia della periferia" concepita da David Ben-Gurion – che prevedeva un'alleanza con tutti i paesi intorno al mondo arabo. Lo Scià, che era stato rimesso al potere dai servizi segreti americani e britannici, era uno stretto alleato. Teheran brulicava di uomini d'affari israeliani e di consiglieri militari. Era una base per gli agenti segreti israeliani che lavoravano con i ribelli Curdi nel nord dell'Iraq in lotta contro il regime di Saddam Hussein. Anche dopo la rivoluzione islamica, Israele continuò a sostenere l'Iran nella crudele guerra degli 8 anni contro l'Iraq. Il noto affare Irangate, in cui il mio amico Amiram Nir ad Oliver North ebbero un ruolo importante, non sarebbe stato possibile senza i vecchi legami iraniano-israeliani. Persino ora, l'Iran ed Israele stanno conducendo un'amabile procedura di arbitrato su un vecchio progetto: l'oleodotto Eilat-Ashkelon costruito congiuntamente dai due paesi. Se il peggio porta il peggio, l'Israele nucleare e l'Iran nucleare vivranno in un equilibrio di terrore. Molto spiacevole davvero. Ma non certo una minaccia per l'esistenza. TUTTAVIA, a coloro che vivono nel terrore delle potenzialità nucleari dell'Iran, posso offrire una consulenza: usare il tempo che ci rimane. Con l'accordo americano-iraniano, abbiamo almeno 10 anni prima che l'Iran possa iniziare la fase finale per la produzione della bomba. Per favore usiamo questo tempo per raggiungere la pace. L'odio iraniano per il "regime sionista" - cioè lo Stato d'Israele– deriva dalla situazione del popolo palestinese. I sentimenti di solidarietà per i Palestinesi indifesi sono molto profondi in tutti i popoli islamici. Fa parte della cultura popolare di tutti loro. Ed è una cosa molto reale, anche se i loro regimi politici ne abusano, la strumentalizzano o semplicemente la ignorano. Dunque non esiste un odio specifico degli iraniani verso Israele, salvo quello fondato sul conflitto israelo-palestinese. Nessun conflitto, nessuna inimicizia. La logica ci dice: se abbiamo diversi anni prima di vivere all'ombra di una bomba nucleare iraniana, allora usiamo questo tempo per eliminare il conflitto. Una volta che gli stessi Palestinesi siano messi in grado di affermare che lo storico conflitto con Israele è finito, nessuna classe dirigente iraniana riuscirà ad eccitare il suo popolo contro di noi. Ora, PER PARECCHIE settimane, Netanyahu si è vantato pubblicamente di aver raggiunto un grande ancorchè storico accordo. Per la prima volta nella storia, Israele fa praticamente parte di un'alleanza araba. In tutta la regione infuria il conflitto tra Musulmani Sunniti e Musulmani Sciiti. Il campo sciita, con a capo l'Iran, comprende gli Sciiti dell'Iraq, Hezbollah in Libano e gli Houthis nello Yemen. (Netanyahu falsamente - o per ignoranza - include anche i Sunniti di Hamas in questo campo). L'opposto campo sunnita include l'Arabia Saudita, l'Egitto e gli Stati del Golfo. Netanyahu lascia intendere che Israele è stato segretamente accolto in questa alleanza. E' uno scenario molto complesso. L'Iran sta combattendo contro lo Stato Islamico in Siria ed in Iraq, il quale è un nemico mortale di Israele. L'Iran supporta il regime di Assad a Damasco, a sua volta supportato da Hezbollah, che combatte contro lo Stato Islamico, mentre i Sauditi supportano altri estremisti sunniti siriani che combattono contro Assad e contro lo Stato Islamico. La Turchia supporta l'Iran ed i Sauditi mentre combattono contro Assad. E così via. Non sono innamorato delle dittature militari arabe e nemmeno delle monarchie corrotte. Francamente, le detesto. Ma se Israele riesce a diventare un membro ufficiale di una coalizione araba, sarebbe una novità storica, la prima in 130 anni di conflitto arabo-sionista. Comunque, tutte le relazioni di Israele con i paesi arabi sono tenute segrete, tranne quelle con l'Egitto e con la Giordania, e persino con questi due paesi i contatti sono freddi e distanti, relazioni tra regimi piuttosto che tra popoli. Guardiamo ai fatti: nessuno Stato arabo avrà una politica aperta di avvicinamento e di cooperazione con Israele finchè il conflitto israelo-palestinese non finirà. Persino i re ed i dittatori non se lo possono permettere. La solidarietà dei loro popoli con i palestinesi oppressi è molto, molto profonda. Una vera pace con i paesi arabi è impossibile senza una pace col popolo palestinese, così come una pace col popolo palestinese è impossibile senza una pace con i paesi arabi. Ora, se c'è una possibilità di stabilire una pace ufficiale con l'Arabia Saudita e con gli Stati del Golfo e di trasformare la pace fredda con l'Egitto in una pace vera, Netanyahu dovrebbe coglierla al volo. I termini per un accordo sono già sul tavolo: si tratta del piano di pace saudita, chiamato anche Iniziativa Araba, che era stato adottato già molti anni fa dall'intera Lega Araba. E si basa sulla soluzione dei due-Stati al conflitto arabo-israeliano. Netanyahu potrebbe soprendere il mondo intero "facendo il de Gaulle" – stipulando la pace col mondo arabo sunnita (come de Gaulle fece con l'Algeria), il che costringerebbe gli Sciiti a seguire l'esempio. Se io credo a tutto questo? Per niente. Ma se Dio vuole, anche un manico di scopa può sparare. E nel giorno della festa ebraica di Pesach, che commemora l'esodo (immaginario) dgli Ebrei dall'Egitto, ricordiamoci che i miracoli accadono. Uri Avnery (traduzione a cura di Alternativa Libertaria/Fdca - Ufficio Relazioni Internazionali) Note: (1): Ury Avnery (1923) è un noto giornalista pacifista israeliano, fondatore del movimento Gush Shalom (in ebraico Blocco della Pace), vedi anche http://it.wikipedia.org/wiki/Uri_Avnery

LAVORO GRATUITO PER EXPO: L’INIZIATIVA LEGALE PER FERMARLO

LAVORO GRATUITO PER EXPO: L’INIZIATIVA LEGALE PER FERMARLO MILANO 9 APRILE - ORE 12.00 Presso il Palacom, via Melchiorre Gioia 45 Il Forum Diritti/Lavoro, associazione di sindacalisti, giuristi e militanti dei movimenti sociali, già promotrice della manifestazione dello scorso 28 febbraio a Milano contro il jobs act ed il lavoro gratuito per Expo, convoca a Milano una conferenza stampa, che si terrà il prossimo 9 aprile alle ore 12.00 presso il Palacom, in via Melchiorre Gioia 45. Nella conferenza stampa verrà illustrata l’iniziativa legale del Forum di contrasto al lavoro gratuito previsto per gli addetti ai servizi Expo. Parteciperanno: dirigenti sindacali dell’USB, dell’opposizione CGIL, dell’ADL e giuristi e militanti del Forum Diritti/Lavoro. Sono invitati i NOEXPO e tutti i movimenti di opposizione sociali milanesi. Il fatto che il lavoro senza retribuzione sia stato definito con un accordo sottoscritto dalle principali organizzazioni confederali non ne inficia, secondo il Forum, l'illegittimità di fondo. Nella conferenza stampa verranno pertanto illustrate le motivazioni di legge alla base di questo giudizio e le prime iniziative che il Forum, assieme a forze sindacali e sociali, intende mettere in atto per contrastare questo pericolosissimo precedente, che rischia di estendere in vasti settori del mondo del lavoro il principio incostituzionale della prestazione lavorativa senza compenso. Sperando nella presenza inviamo i più cordiali saluti, Per il coordinamento del FDL Giorgio Cremaschi Carlo Guglielmi Milano, 3 aprile 2014 Info: Sandro Sartorio: 3472266890

IX Congresso Nazionale della FdCA

IX Congresso Nazionale della FdCA
1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)