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per giulio

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venerdì 27 gennaio 2017

Si cobas sciopero politico per Aldo Milani

PROCLAMAZIONE STATO D’AGITAZIONE NAZIONALE SU TUTTE LE FILIERE
Ieri pomeriggio il Coordinatore nazionale del SI COBAS Aldo Milani è stato arrestato nel pieno mandato delle sue prerogative sindacali, a un tavolo di trattativa.
Ritenendo questo Sindacato l’episodio un attacco esplicito e gravissimo sia da parte padronale sia istituzionale alle legittime rivendicazioni delle migliaia di lavoratori suoi iscritti e dei tanti lavoratori che continuano a rivendicare i propri diritti, il SI COBAS, nell’intera sua composizione, darà seguito immediato a ogni iniziativa riterrà opportuna per dare giusta opposizione all’inaudito tentativo di repressione subito.
#### Libero Aldo Milani libero subito ### 
Nel tardo pomeriggio di oggi, 26 gennaio 2016, il nostro coordinatore nazionale Aldo Milani è stato prelevato dalla Polizia, arrestato e tradotto nel carcere di Modena e a tuttora il suo difensore non è stato messo in grado di contattarlo.
E' evidente che ci troviamo di fronte a un escalation repressiva senza precedenti: lo stato dei padroni, non essendo riuscito a fermare con i licenziamenti, le minacce, le centinaia di denunce, i fogli di via, le manganellate e i lacrimogeni una lotta che in questi anni ha scoperchiato la fogna dello sfruttamento nella logistica e il fitto sistema di collusioni e complicità tra padroni, istituzioni e sistema delle cooperative, ora cerca di fermare chi ha osato disturbare il manovratore.
Dopo le leggi liberticide sul lavoro, dopo la riduzione dei salari alla miseria, quanto i lavoratori hanno conquistato fin qui con le loro lacrime e il loro sangue viene messo nel mirino della repressione immediata che cerca di colpire chiunque osi ribellarsi e, soprattutto, osi praticare un’azione politica che vada nella prospettiva della liberazione dalla schiavitù del salario.
Il disegno repressivo vuole distogliere l'attenzione dalle situazioni di sfruttamento in cui versa il mondo del lavoro e la logistica in particolare: contro questa barbarie si è alzato un movimento di lotta che non ha eguale negli ultimi anni, per durezza delle forme di lotta e per i risultati raggiunti.
La sostanza è semplice: con l'arresto di Aldo Milani si vuol mettere definitivamente fuorilegge la libertà di sciopero!
Se il nemico di classe si illude di sbarazzarsi del SI Cobas decapitando il gruppo dirigente, si sbaglia di grosso!
A quest'attacco politico frontale risponderemo da subito con l'unica arma che gli operai hanno a disposizione: l'autorganizzazione e la lotta.
Proclamiamo quindi fin da ora la mobilitazione in tutti i luoghi di lavoro, e chiamiamo le reti di simpatizzanti e solidali a mobilitarsi nelle iniziative che nelle prossime ore saranno indette dal SI Cobas contro la repressione e per la liberazione immediata di Aldo.
Seguiranno altre comunicazioni non appena avremo aggiornamenti.
26/01/2016
SI COBAS NAZIONALE

Ritirare urgentemente il provvedimento di sgombero, restituire il maltolto allo spazio popolare Malarlevèt!

Ritirare urgentemente il provvedimento di sgombero, restituire il maltolto allo spazio popolare Malarlevèt!
Lo sgombero, perché tale è a tutti gli effetti quello subito, dalle compagne e dei compagni del Spazio Popolare Malarlevèt, non può segnare la fine di circa 35 anni di intervento politico, di passione, di socialità che hanno arricchito Pesaro e contribuito a costruire relazioni, cittadinanza e coscienza critica e sociale.
Uno spazio aperto ad una gestione collettiva che in questi anni ha cambiato protagonisti, mantenendo sempre costante una tensione verso il rispetto di valori fondamentali come la giustizia sociale, la solidarietà, la difesa dei più deboli e dei beni comuni.
Uno spazio attento a forme di cultura capace di coinvolgere giovani e giovanissimi e di restituire allo stesso tempo prospettiva e memoria storica.
Uno spazio capace di favorire la partecipazione di persone e realtà differenti verso scopi comuni.
Il quartiere di Villa San Martino non può perdere questo luogo di riferimento, simbolo di una socialità giovanile alternativa, che negli ultimi mesi si è impegnata attivamente per portare aiuto e sostegno alle popolazioni colpite dal terremoto in collaborazione con le Brigate di Solidarietà Attiva.
La decisione autoritaria e inopportuna, tra l'altro poco trasparente da un punto di vista amministrativo, di chiudere il Malarlevèt sopprime un luogo di partecipazione, presidio di democrazia reale contro le sempre più minacciose presenze della destra fascista e razzista in questa città.
Chi governa di Pesaro ha fatto la sua scelta: quella di emarginare quella Pesaro popolare e proletaria che non si può permettere costose passerelle in centro.
Ma è sempre in tempo a fare un'altra scelta coerente con la tradizione solidaristica di questa città: restituire al Malarlevèt e a tutti coloro che l'hanno sostenuto e frequentato uno spazio e il diritto ad essere riconosciuti come soggetti protagonisti della vita sociale e politica delle periferie pesaresi.
Alternativa Libertaria/fdca Fano-Pesaro, Unicobas Pesaro, ALLP (Associazione Lavoratori e Lavoratrici Pesaro)

Primo incontro femminista di Solidaridad – Federación Comunista Libertaria

Dal 14 al 15 gennaio 2017, a Valparaíso, si è tenuto l'Incontro femminista nazionale di Solidaridad – Federación Comunista Libertaria.
In queste giornate si sono tenuti ateliers di dibattito sulla relazione tra patriarcato e capitalismo, su cosa intendiamo per femminismo libertario, e delle strategie di lotta femminista, nelle quali ravvisare i concetti di sorellanza, autodifesa e separatismo. Inoltre si è costruita collettivamente una proposta di protocollo contro la violenza patriarcale all'interno  della nostra organizzazione, ben sapendo che come organizzazione mista non ne siamo esenti, e valorizzando la necessità di azioni chiare nel mentre lavoriamo collettivamente e, con una prospettiva autocritica, l'etica e la prassi femminista che deve attraversare tutti gli spazi in cui  viviamo, nel privato come nel pubblico.

Senza dubbio, le approfondite e intense discussioni che siamo riuscite a fare ci consegnano una grande sfida da affrontare, perché ci rendiamo conto che  come forma organizzata, collettiva, ma anche coerente con il femminismo che ci pervade e ci sfida, dobbiamo chiederci come possiamo essere di contributo al superamento del patriarcato, del capitalismo e del colonialismo. Come possiamo comprendere e mettere in pratica l'autodifesa femminista? Come possiamo assumere il separatismo come strategia politica necessaria? Quali sono le sfide che assumiamo da queste riflessioni a livello politico e organizzativo?


A partire da questo incontro, abbiamo rafforzato la nostra convinzione politica della necessità di portare il femminismo in una prospettiva trasversale a tutte le lotte, ponendoci nel nostro territorio e contesto storico, con una prassi coerente che sradichi le forme maschiliste e violente che hanno storicamente avuto il sopravvento  nel processo decisionale. Ci assumiamo questa sfida con coraggio, certi che con la stessa sorellanza, autocritica e l'amore che ha caratterizzato questo primo incontro, siamo in grado di prendere misure ferme per sradicare il patriarcato, dai nostri corpi, dalle nostre file e dalla nostra stessa vita.


Contro la violenza machista, sorellanza ed autodifesa femminista!


venerdì 20 gennaio 2017

CONOSCO UN ALTRO MONTELLO






39° giorno di sciopero della fame in carcere per il rivoluzionario anarchico Umut Fırat Süvarioğulları

Compagno Umut Fırat non sei da solo
In un tempo in cui le lacrime non si sono asciugate e  la rabbia non si è ancora placata per le città distrutte dai carri armati e dai bombardamenti, per le centinaia di persone uccise, per le migliaia di vecchi, bambini, donne ed uomini feriti e sfollati, vivono nella nostra memoria le immagini dei colpevoli che si ricoprono di medaglie; in un tempo in cui i carri armati e gli aerei che hanno distrutto città ed ucciso le persone prendono di mira Ankara ed Istanbul lo scorso 15 luglio, gli eroi vengono accusati di tradimento nel giro di una notte. Migliaia di persone vengono stipate nelle carceri, decine di migliaia hanno perso il loro posto di lavoro.
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"La pratica del colpo di stato reciproco che è una manifestazione della lotta di potere ai vertici dello Stato, ne ha rivelato la parte più oscura: quelle relazioni tra gangs, clero, sette che sono organizzati dentro lo Stato con i loro soldati, la polizia, magistrati apparentemente indipendenti della Suprema Corte e delle Cancellerie, procuratori generali e burocrati, ed il governo razzista, nazionalista, fondamendalista e settario che li usa per il suo potere da 15 anni. Il governo ha iniziato ad organizzare il suo contro-golpe per cementare il suo potere nonostante sia responsabile di tutto quello che abbiamo vissuto, ha aperto il processo di assegnazione dei guardiani nelle imprese per cambiarne il capitale, nei giornali e nelle TV per cambiarne le idee, nelle municipalità e nei partiti per cambiarne la politica, ed ha aumentato la sua repressione su tutta l'opposizione sociale. Mentre governa a colpi di decreti, manovra le masse che manipola con corni di guerra, e sta per cambiare tutta questa geografia in un mare di sangue per il suo potere, le sue ambizioni e per la sua follia.

In quanto essere umano, anarchico rivoluzionario, obiettore totale di coscienza, come individuo che ha passato 23 anni in una cella illuminata sotto il buio di una prigione, io vedo tutte le entità della struttura di potere capitalista, statalista, nazionalista, fondamentalista, settaria e patriarcale quali responsabili di tutto quello che sta succedendo. Inizio lo sciopero della fame per portare l'attenzione su tutto questo, sul prima e sul dopo, per dire che occorre organizzare nuove forme di lotta e di opposizione sociale e perchè si rifletta sulle mie scelte politiche, etiche e di coscienza."

Umut Fırat Suvariogullari, il rivoluzionario anarchico in carcere, già redattore del giornale anarchico Meydan, "trasferito per esilio" dal carcere di Izmir Buca  a quello di Izmir Yenisakran T Type  numero 4, è al suo 39° giorno di sciopero della fame.

Considerando cosa succede in un luogo di oppressione e crudeltà quale è la prigione, i cambiamenti e gli eventi durante lo stato d'emergenza non costituiscono una sorpresa. Il rivoluzionario anarchico Umut Fırat è stato denudato durante le procedure di immatricolazione, ha opposto resistenza perchè il suo corpo veniva toccato senza la sua volontà, ha subito come punizione una restrizione nei colloqui per le visite. Inoltre, la sua identità di anarchico rivoluzionario è stata del tutto ignorata, è stato messo con altri 19 detenuti in una cella che ne può contenere 14, costretto a dormire su letti sporchi di sangue, costretto a stare per anni nelle celle di detenzione dei commissariati.

I rivoluzionari in carcere continuano a vivere in condizioni di restrizioni burocratiche e di deprivazione a causa del nuovo stato d'emergenza, che ha creato una prigione nella prigione, in cui le visite sono possibili due volte al mese per  45-50 minuti, in cui le petizioni vengono ignorate, in cui la repressione e la tortura sono continue.

Le condizioni carcerarie in cui si trova oggi il rivoluzionario anarchico Umut Fırat Suvariogullari sono le condizioni imposte a tutti i rivoluzionari incarcerati durante lo stato d'emergenza. Umut Fırat Suvariogullari, che è al suo 39° giorno di sciopero della fame per difendere la sua identità di rivoluzionario anarchico e per ottenere condizioni di vita sostenibili, sta continuando la lotta contro queste condizioni, per tornare ad essere libero con la sua lotta.

Solidali con la sua lotta!
I cuori rivoluzionari distruggeranno le prigioni!
Compagno Umut Fırat non sei da solo!

DAF - Devrimci Anarşist Faaliyet (Azione Rivoluzionaria Anarchica)
Link esterno: http://anarsistfaaliyet.org/english/comrade-umut-firat-...lone/
(traduzione a cura di AL/fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)

il mondo della scuola sciopera


















Comunicato-stampa

Il governo-fotocopia e la ministra Fedeli varano 8 decreti attuativi della disastrosa legge 107 per chiudere definitivamente docenti, Ata e studenti nella gabbia della scuola-azienda.

Fermiamoli! Il 17 marzo sciopero generale della scuola per difendere l'istruzione pubblica

Facciamo appello agli altri sindacati che si oppongono alla 107 e alle deleghe affinché convochino anche essi lo sciopero per il 17 marzo

Incurante della amplissima opposizione alla cattiva scuola della legge 107/2015, che tanto ha pesato sulla sconfitta netta di Renzi nel referendum costituzionale, il governo-fotocopia di Gentiloni ha varato otto decreti applicativi di tale legge, ignorando ogni forma di dialogo con i protagonisti dell'istruzione pubblica e ogni revisione significativa della 107, al di là di caramellose promesse della ministra Fedeli di neo-concertazione con i Cinque sindacati "rappresentativi". Seppure tra fumi di ambiguità le otto deleghe aggravano il già disastroso panorama della107. Per il futuro reclutamento dei docenti non si riconoscono le abilitazioni già conseguite né il servizio prestato. Per i diversamente abili, si superano i limiti di studenti previsti dalla L. 517/78 (20 per classe) e si mira a ridurre il numero degli insegnanti di sostegno, introducendo corsi di "aggiornamento" improvvisati per tutti gli insegnanti, per delegare progressivamente tale attività all'intero personale docente. La delega sull'Istruzione professionale punta a parificarla alla Formazione professionale extra-scuola, prevedendo indirizzi di studio minimalisti e meramente esecutivi. Per gli alunni, si ribadisce la centralità dell'"alternanza scuola-lavoro", in una forma scoperta di apprendistato gratuito, con flessibilità fino al 40% del monte orario, con presenze pomeridiane vincolanti per docenti ed Ata, "contratti d'opera" offerti dalle imprese tramite loro "esperti", la  valutazione dello studente come "bilancio di competenze" in base ad una presunta "cultura del lavoro". E l'"alternanza" viene introdotta con una tesina all'esame di Maturità, per sostenere il quale è obbligatorio aver svolto gli assurdi quiz Invalsi, pur non inseriti nell'esame e  tolti da quello di Terza media, grazie alla nostra mobilitazione di questi anni. In quanto poi al 'sistema integrato 0-6 anni', unificando, sotto l'egida degli Enti Locali, asili-nido, scuole materne comunali e dell'Infanzia statali, abbassa notevolmente il livello della scuola dell'Infanzia pubblica (una delle migliori del mondo), con gravi rischi per i ruoli delle insegnanti, creando caos gestionali in scuole primarie già sovraccariche di pesi e di ruoli, visto che i "poli per l'infanzia" accoglierebbero in un unico plesso o in edifici vicini bambini/e fino a sei anni di età nel quadro di uno stesso percorso educativo. Non ci sarà la "generalizzazione della scuola dell'Infanzia", né la sua "statalizzazione", né la "gratuità" per le famiglie.
Insomma, queste deleghe aggravano le disastrose brutture della legge 107, dal famigerato "bonus" per i docenti "meritevoli" (i cui nomi i presidi tengono nascosti) allo strapotere dei presidi, dalla truffa di un "organico di potenziamento" utile solo a ingigantire la conflittualità tra docenti, ai ricatti pesanti sulla mobilità e sull'organico triennale, fino all'obbligo di "un'alternanza scuola-lavoro" che mescola l'apprendistato gratuito ed inutile e la cialtroneria di accordi con aziende "amiche". Il tutto provocando un'ulteriore, drammatica dequalificazione del lavoro degli insegnanti, sempre meno educatori e sempre più "operai intellettuali" flessibili e tuttofare, a drammatico compimento di un ventennio di  immiserimento materiale e culturale di una scuola che si vorrebbe "azienda" innovativa e che per lo più appare "bottegaccia" cialtrona, arruffona, gestita da presidi-padroni arroganti e incompetenti. Come docenti ed Ata, con il contributo di studenti e cittadini che hanno a cuore la scuola pubblica, abbiamo non più di tre mesi di tempo per respingere queste deleghe e nel contempo far cancellare almeno i punti più disastrosi della 107. Per questo ci assumiamo la responsabilità di convocare per il 17 marzo lo sciopero generale della scuola, facendo appello a tutti i sindacati che si oppongono alla legge 107 e alle deleghe affinché convochino anche essi lo sciopero nella stessa data, per avere un ampio fronte unitario che faccia saltare anche i nuovi "giochi di ruolo" concertativi tra i sindacati "rappresentativi" e la ministra Fedeli, il cui massimo titolo, che ne ha determinato la scalata al MIUR, appare proprio il suo passato ruolo di segretaria generale della Federazione dei Tessili CGIL. Stabiliremo nei prossimi giorni come manifesteremo nella giornata del 17 marzo.
Con lo sciopero del 17 marzo,oltre al ritiro delle deleghe, vogliamo che: 1)
la mobilità sia gestita con titolarità su scuola, eliminando gli incarichi triennali (anche non rinnovabili) decisi dal preside, e garantendo la continuità a tutti i docenti; 2) i fondi del sedicente "merito" , della Carta del docente e del Fondo di istituto siano destinati alla contrattazione nazionale per un aumento che, insieme a rilevanti fondi da stanziare per il contratto,  garantisca a docenti e Ata il recupero almeno di quel 20% di salario perso nel più lungo blocco contrattuale della storia della Repubblica; 3) venga cancellato il "welfare contrattuale", che destina parte degli aumenti a diritti sociali che devono essere garantiti dallo Stato; 4) siano assunti i precari - docenti ed ATA - con almeno 36 mesi di servizio su tutti i posti disponibili in organico di diritto e di fatto; 5) venga bloccata la manovra sulle "reti di scuole", ampliato l'organico ATA, re-internalizzati i servizi di pulizia, eliminato il divieto di nominare supplenti per gli amministrativi e tecnici anche per periodi prolungati, e nominati i supplenti per i collaboratori scolastici anche per i primi 7 giorni, resa giustizia agli ATA ex-Enti locali; 6) sia ridata alle scuole superiori la libertà di istituire o meno l'"alternanza scuola-lavoro" e di determinarne il numero di ore, cancellandone l'obbligo; 7) vengano eliminati i quiz Invalsi come strumento per valutare scuole, docenti e studenti; 8) sia restituito ai lavoratori/trici il diritto di partecipare ad assemblee indette da qualsiasi sindacato e applicato un sistema proporzionale di voto senza sbarramenti per l'accesso ai diritti sindacali, con un voto a livello di scuola e uno nazionale per determinare la rappresentatività dei sindacati ai due livelli.

Piero Bernocchi   portavoce nazionale Cobas
Stefano d'Errico   segretario nazionale Unicobas
19 gennaio 2017

Solidarietà con Riccardo Antonini

Cassa di solidarietà tra ferrovieri

Comunicato della Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO, ALLE ORE 10.00
PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA, PIAZZA CAVOUR 95
UDIENZA CONTRO IL LICENZIAMENTO DEL NOSTRO COLLEGA RICCARDO ANTONINI
Vogliamo iniziare questo nuovo anno augurando a tutti di rafforzare l’arma della solidarietà, elemento fondante della “nostra” Cassa, che oggi vogliamo esprimere e ribadire, in maniera totale e incondizionata, al nostro collega: Riccardo Antonini.
Riccardo è stato addetto alla manutenzione infrastruttura presso Rfi a Viareggio. Ha prestato la sua attività di consulente a titolo gratuito per familiari delle vittime nell’incidente probatorio relativo alla strage di Viareggio del 29 giugno 2009 e per il sindacato.
Nell’estate del 2011 viene prima diffidato dall’Azienda a porre termine alla sua attività di consulenza, poi viene sospeso per 10 giorni e infine, nel novembre dello stesso anno, viene licenziato in tronco “per essersi posto in evidente conflitto d’interesse con la società”.
A luglio del 2012 inizia il processo; l’Azienda propone una conciliazione in cui sostanzialmente richiede ad Antonini di rinnegare tutto quanto fatto fino a quel momento, Riccardo rifiuta e il 4 giugno 2013 il giudice del lavoro Luigi Nannipieri del Tribunale di Lucca conferma il licenziamento.
Riccardo presenta ricorso. Il giudice Bronzini, presidente della Corte di Appello di Firenze, insieme ai giudici Schiavone e Liscio, neanche discute il caso e respinge il ricorso di Riccardo per inammissibilità confermando il licenziamento.
Nelle sentenze di questi giudici è sancito l’obbligo di fedeltà, la violazione del Codice etico, il conflitto di interessi con l’azienda, i suoi Amministratori delegati di allora, Moretti, Elia, Soprano (imputati, con accuse pesantissime, nel processo per la strage di Viareggio). Riccardo è stato licenziato, e il suo licenziamento confermato, per il suo impegno nella mobilitazione per la sicurezza, la verità e la giustizia, a fianco dei familiari delle vittime. Moretti è stato prima rinominato Ad della holding Fs e poi promosso Ad di Finmeccanica, la più grande impresa del paese.
Il prossimo mercoledì 18 gennaio, presso la Corte di Cassazione di Roma, piazza Cavour 95, alle ore 10.00, si terrà l’udienza per il ricorso presentato da Riccardo contro il suo licenziamento.
Il 31 gennaio è il giorno della sentenza, presso il Tribunale di Lucca, nell’aula del Polo fieristico, del processo di Viareggio, iniziato il 13 novembre 2013. Invitiamo chi può ad essere presente, sarà un momento cruciale ai due appuntamenti, a cominciare da quello del 18 gennaio per sostenere Riccardo.
Facciamo nostre le parole di un familiare che nella strage ferroviaria di Viareggio ha perduto la sorella e i due nipotini, all’indomani del suo licenziamento, ha scritto a Riccardo “… hai scelto la strada più difficile per te e per la tua famiglia, ma hai anche scelto l’unica che può cambiare questo sistema. Ti ringrazio a nome mio e della mia famiglia”.
Ecco, in queste righe si riassume la coerenza e l’impegno di Riccardo Antonini: da quel 29 giugno 2009 non ha mai mollato, nonostante la perdita del posto di lavoro.
È un dovere e una necessità, per quanti non vogliono più accettare che questo sia il paese delle stragi impunite e dei licenziamenti politici!
“La solidarietà è il primo passo verso la libertà!
11 gennaio 2017                                                                     Il Direttivo della Cassa di Solidarietà tra Ferrovieri

LA TRASFORMAZIONE DEI CONTRATTI NAZIONALI DI LAVORO IN SIMULACRI
















Il rinnovo dei CCNL comporta una radicale trasformazione di questi in simulacri, dove tutti i contenuti vengono indirizzati e inviati verso le sedi aziendali o territoriali.
Si potrebbe fissare il punto di arrivo [temporaneo] del CCNL come cornice e smistamento in altre sedi: aziendali, territoriali, enti bilaterali o commissioni nazionali dei contenuti contrattuali.
I punti fondamentali:
– il salario: il suo NON aumento risulta collegato all’IPCA, il tutto stabilito in sede nazionale; il resto -quello reale- in sede aziendale legato alla produttività detassato e de-contribuito sotto varie forme;
– l’organizzazione del lavoro di pertinenza aziendale: orari e tutele, normativa
– il welfare aziendale (wa) che emerge come ruolo corporativo in una situazione di competizione tra le imprese; tra i lavoratori e dentro le stesse imprese [aziendalismo].
Esso riguarda anche i famigliari dei lavoratori: il tutto già ampiamente in funzione nelle grandi e medie imprese e nelle piccole con trend positivi [parti di filiere].
Sottolineiamo l’impatto negativo del welfare aziendale sulla sanità pubblica; così come di altri punti dello stesso wa.
Questa valutazione, già descritta a grandi linee in accadimenti precedenti, possiamo considerarla sindacalmente come un punto di assestamento di carattere generalizzato perseguito e raggiunto dai padroni dopo la vittoria sul campo.
E non necessita di particolari specifici approfondimenti, dato che tutti i contratti sin qui fatti sono d a considerarsi fotocopie [ non a caso].
L’unica eccezione riguarda il pubblico impiego, dove le linee contrattuali, già per altro delineate, appaiono confuse, ma sono da riprendere per PORTARLE in sede attuativa [ il ritardo è a seguito dell’incidente di percorso legato alle vicende del governo].
Quello che sinora non emerge
Due questioni:
1) l’istituzione dei Tavoli Interconfederali per la riscrittura delle relazioni sindacali che prevedono
il “rinnovo” dell’accordo interconfederale [l’ultimo è del luglio 1993] sulle relazioni sindacali oltre ai finora presenti tavoli in 4 settori: commercio (terziario di mercato), industria, artigiani, pubblico impiego.
Si assiste, dunque, ad un ritorno del ruolo delle confederazioni rispetto ad una ormai logora/logorata azione autonoma delle categorie.
Tra le confederazioni e le parti “datoriali” si affronta quella che viene definita dai padroni la nuova realtà, che ovviamente abbisogna di nuove relazioni sindacali, delineando la suddivisione in settori delle attività economiche con specifiche articolazioni.
Le stesse linee le ritroviamo nei contratti rinnovati quindi: i livelli contrattuali con le caratteristiche descritte,il welfare aziendale, enti bilaterali di settore nazionali, osservatorii ecc. e in aggiunta la misurazione della rappresentanza sia per le OO.SS sia per le associazioni datoriali [in sostanza l’estensione dell’accordo del gennaio 2014].
L’avvio di questi tavoli e dei conseguenti accordi e affidamenti, come nel casi del patto per la fabbrica oppure quello del commercio, hanno dato il via allo sblocco dei rinnovi contrattuali.
Se volessimo capire la posizione all’oggi, per concludere questo primo punto, siamo a metà tra un sistema di relazioni USA e quello applicato in Germania.
Viene definita la centralizzazione in capo ai soggetti “costruttori” del modello: cioè in base, ad esempio, a chi può sedersi al tavolo delle trattative.
2) la FIOM
L’attenzione sulla FIOM-CGIL ha tre aspetti introduttivi:
– il rapporto elevato che questa organizzazione ha tra l’alto numero degli iscritti e il numero dei rappresentanti nei luoghi di lavoro [la cosa la poniamo qui in senso numerico];
– la sua strategia contrattuale definita in modo autonomo che l’ha messa in conflitto con i vertici della confederazione negli ultimi 12 anni fino alla metà del 2015;
– la ricerca di rapporto con forme associative e movimenti.
Utilizziamo i primi due aspetti.
a) IL rinnovo dell’ultimo CCNL dicembre 2016 segna il definitivo cambio di strategia dell’organizzazione, considerato da NOI come un evento per molti versi scontato.
Avevamo individuato i due fattori di fondo come concause della messa fuori campo della strategia sindacale, connessi alle trasformazioni in atto e tutt’ora in fase di svolgimento [affermazione del modello esempio industria 4.0].
IL primo fattore sta nella violenta inedita ristrutturazione/ riorganizzazione della manifattura [meccanica ma non solo] con l’accelerazione a seguito del picco di crisi del 2008, lontana dall’essere in una fase di stabilizzazione. Ne conseguono:
– chiusure e ricatto occupazionale, riduzione di organici, l’introduzione massiccia di tecnologia riconducibile all’automazione in senso lato;
– cambio della forma organizzata dell’impresa e modifica della prestazione lavorativa.
Il secondo fattore: lo stato reale del ruolo della rappresentanza/partecipazione con la mancata assunzione dei contenuti peggiorativi della condizione lavorativa derivanti dalle ristrutturazioni, intesa come spinta dal basso sulla quale innestare l’azione rivendicativa sindacale [prevale su questo dentro i luoghi di lavoro il contenuto dei padroni anche ma non solo per paura].
Occorre considerare la difficoltà di comprendere i contenuti dei processi di trasformazione in essere.
b) Alla conclusione si arriva con un aumento progressivo della delega al gruppo dirigente che assume risvolti definitivi nel mandato della trattativa del CCNL.
Dopo 4 anni si modifica una strategia sindacale non più sostenibile.
Dato che non crediamo alle repliche, difficilmente avremo repliche del glorioso passato visto che il termine giusto è sconfitta.
La realtà della classe
Per i comunisti anarchici il sindacato va ricostruito avendo chiaro la realtà della classe, rimanendo dentro la classe, attraverso un’azione di presenza sul territorio con un lavoro costante non episodico con al centro i lavoratori.
Oggi le posizioni che insistono nel NON riconoscimento della sconfitta e si attardano nel “dagli al tradimento dei dirigenti”, sembrano presagire, di conseguenza, che la classe è pronta per una reazione su ampia scala.
Un tuffo nel passato.
96° Consiglio dei Delegati di AL/fdca
Fano, 7 gennaio 2017

IL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO


IL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO 
 
Il 7 dicembre 2016 la Corte di Cassazione stabilisce in una sentenza: “si può licenziare per fare più profitti”; il padrone, per aumentare efficienza e produttività, per meglio organizzare la produzione, può   procedere   ai licenziamenti monetizzando. Ovviamente versando al lavoratore il meno possibile.
Non si tratta quindi di una esigenza, come sottolineano sempre,   legata alla crisi dell’azienda, alla sua sopravvivenza, ma al semplice” il lavoratore non mi serve più”, viene sostituto con un robot,   con fornitori esterni più economici, la sua mansione entra in un’altra “organizzazione”.
Si tratta dell’applicazione della prima frase dell’ART. 41 della costituzione più bella del mondo – libertà di iniziativa economica- il resto è frutto della legge fornero e del jobs act ovvero la flessibilità in uscita.
Il diritto del lavoro è diventato inservibile: “nessuno”, nessuna dottrina giuridica, può” entrare” sostituendosi alle scelte organizzative dell’azienda.
Il mercato della forza lavoro compone l’altro tassello che mancava al sogno padronale: dopo aver imposto la massima flessibilità in entrata, la precarizzazione funziona da 20 anni, e l’uso del lavoro accessorio, i voucher.
La   falsa discussione in atto sui voucher, che punta a mantenerli, sul loro dilagare in tutti i settori, compresa la copertura all’altra parte -il lavoro in nero- e si potrebbe continuare, non fa emergere il punto fondamentale: sono lo strumento per la decontratualizzazione del lavoro e dell’affermazione del rapporto individuale lavoratore- padrone. L’uscita dallo schema classico del lavoro entra direttamente nella cultura sociale e nei comportamenti collettivi e dei singolo lavoratori.
Sempre più ampia la forbice tra lavoratori che pure senza diritti e tutele adeguate sono remunerati e svolgono lavoro di qualità e una larga fetta di classe che vive a stretto contatto con questa ma svolge lavoro precario e non pagato.
La Ferrari Auto distribuisce un premio a tutti i suoi dipendenti di 5000 € per aver lavorato forte e bene raggiungendo gli obiettivi stabiliti dall’azienda, la comunicazione è stata   fatta direttamente da Marchionne in assemblea. Ma il dipendente Ferrari inoltre ha la previdenza integrativa con contributi maggiorati,la sanità integrativa anche per i famigliari e altro welfare.
Il 30 dicembre 2016 la multi utility   IREN ha disdettato i 200   contratti aziendali delle varie sedi: nulla di nuovo, iniziò la FIAT nel 2009 e tanti altri.
I lavoratori di 2 false cooperative di facchinaggio, di Montese MO, sono stati licenziati con la solita consolidata procedura: i lavoratori hanno picchettato, il committente, la ditta Levoni, che smonta la carne per i supermercati, ha chiesto agibilità : cariche della polizia e lacrimogeni.
Possiamo continuare con Barilla che per ” favorire” 200 impiegate sposta il lavoro a domicilio: gli elogi si sprecano ma in particolare le lavoratrici si sentono più libere.
Oggi la classe viene scomposta, individualizzata, in competizione, si accetta di lavorare gratis perchè fa curriculum e ci si sente partecipi di qualcosa.
L’ultimo snodo: il lavoro sembra perdere il suo carattere di subordinazione creando una situazione dove segmenti di classe sembrano aderire ad una cultura sempre più egemonica: sostanzialmente individualista fatta di competitività e antisolidaristica; anche se inserito in strutture definite vivi il tuo lavoro in modo individuale come se fossi in una condizione di competitività costante.
E quest’ultima   parte dell’analisi critica dei rapporti di produzione, non più esterna ma tutta interna,  va indagata come parte del rapporto e costruzione del soggetto e della forma che definiamo di dominio sui lavoratori.
96° Consiglio dei Delegati
Alternativa Libertaria/FdCA

STORNELLI RIBELLI A VENEZIA MESTRE

Il coro “Gli Imperfetti” e Monica Giori cantano
STORNELLI RIBELLI

Ci incontriamo per qualche canzone cantata dal coro e da Monica Giori, per qualche poesia (in particolare di Romano Pascutto) recitata da Daniela Bertoldo, per raccontare l’attività e i progetti del coro e, alla fine, per condividere un bicchiere e altri generi di conforto (ogni contributo è ben accetto).
Non mancate.

Il coro de “Gli Imperfetti” nasce nell’entusiasmo della festa del 1° Maggio del 2011. Prima con la direzione di Laura Coppiello poi con Giuseppina Casarin il coro ha sviluppato una ricerca rivolta al canto sociale e di tradizione popolare. Con questo incontro vogliamo presentare l’inizio di una nuova stagione, sotto la direzione di Monica Giori, che continua il nostro percorso nella tradizione dei canti anarchici, canti di lavoro e canti antimilitaristi.

Ateneo degli Imperfetti
Via Bottenigo, 209
30175 Marghera (VE)

tel. 327.5341096

giovedì 12 gennaio 2017

Ricostruire opposizione sociale organizzata dal basso.Costruire un progetto collettivo per l’alternativa libertaria.

Ricostruire opposizione sociale organizzata dal basso.
Costruire un progetto collettivo per l’alternativa libertaria.

Renzi è caduto. Le sue politiche no.
In Italia il 2016 si è concluso con la caduta del governo Renzi provocata da un responso referendario negativo sulla riforma della Costituzione proposta al vaglio popolare.
Se l’esito è del tutto apprezzabile, dato che è stato fermato uno dei progetti autoritari capisaldo della politica renziana e del grande capitale, gli eventi successivi (approvazione della Legge di Stabilità e nuovo governo di continuità delle politiche precedenti a fronte di nessun movimento che si alimentasse della vittoria del NO depurandolo dei tanti elementi ambigui e persino fascisti che l’ hanno contrassegnata) hanno confermato che la sconfitta di Renzi si sta trasformando in una rivincita istituzionale.
Infatti nessun segnale si avverte da parte del governo Gentiloni né sulle politiche economiche, né sul ravvedimento necessario per modificare in profondità sia il Jobs Act che la Legge 104 sulla scuola, cioè gli altri due capisaldi autoritari del precedente governo. Mentre non mancano le avvisaglie di una stretta securitaria con la proposta di istituzione dei CIE regionali e l'inasprimento delle espulsioni massa.
La “Buona Scuola” ed il Jobs Act: non bastano i referendum
Incassato il mancato raggiungimento delle firme necessarie a portare a referendum abrogativo la legge sulla scuola (un dato che contrasta molto con la valanga dei NO del 4 dicembre), il governo si concede ora ad una contrattazione mitigatrice sulla mobilità degli insegnanti; ma incombono i decreti delegati su materie come organizzazione del lavoro, retribuzioni, carriere che, sottratte alla contrattazione, non promettono nulla di favorevole per lavoratori e lavoratrici della scuola.
I quali e le quali avranno davanti a sé il duro compito di ricostruire la loro capacità di opposizione e di organizzazione dal basso, dentro e fuori i sindacati, se si vorrà evitare che il lavoro nella scuola della repubblica diventi uno strumento di controllo e di comando dello Stato.
Se questo movimento si svilupperà, con l’appoggio auspicabile anche degli studenti, avrà caratteristiche sociali e politiche che gli permetteranno di articolare il NO del 4 dicembre in un dissenso che trova il suo significato in una visione diversa della scuola e del lavoro nella scuola.
Sul Jobs Act, in attesa del pronunciamento della Corte, è iniziata da guerriglia mediatica e legale del governo che teme un altro voto ostile se si terranno i referendum abrogativi proposti dalla CGIL con oltre 3 milioni di firme raccolte.
Anche in questo caso, non è consigliabile attendere l’indizione della data del voto, bensì ricostruire un movimento di sostegno ai quesiti referendari che riesca da un lato a portare il movimento dei lavoratori ed il movimento sindacale fuori dalle secche in cui è costretto dalla nuova contrattazione imposta da associazioni padronali e Stato, dall’altro a ritessere nei territori il consenso necessario a vincere 2 volte: nel raggiungimento dei quorum prima e nella vittoria dei Sì poi.
Sarebbe un altro segnale che nel NO del 4 dicembre c’erano davvero pezzi di classe lavoratrice e tanto disagio popolare, uniti da una coscienza di lotta e di resistenza, che niente hanno a che fare con la tanta destra e padronato che -ieri ostile a Renzi- non lo sarà affatto domani nei confronti del Jobs Act.
I numeri contro la realtà delle cose
Secondo l'ultimo rapporto dell'ISTAT, il Pil crescerà nel 2017 dello 0,8%: la “crescita” sarà trainata più dalla domanda interna (+1,2%) che dalle esportazioni. Il numero dei posti di lavoro dovrebbe crescere dello 0,6% mentre la disoccupazione dovrebbe calare allo 11,3%. L’inflazione dovrebbe assestarsi allo 0,6%. Meri numeri per nascondere una realtà occupazionale ed economica sempre più grave per milioni di occupati e disoccupati come confermato dalla tante vertenze in corso contro chiusure di aziende e licenziamenti. L’aumento del prezzo del petrolio e l’inefficacia delle politiche monetarie della BCE potrebbero peggiorare ulteriormente il quadro in un contesto internazionale estremamente deteriorato dai mutamenti in atto a livello economico, militare e geo-strategico.
Strettamente correlati ai dati economici vi sono altri due fattori, abilmente usati e strumentalizzati per incutere timore e depotenziare o deviare eventuali movimenti di opposizione sociale: si tratta dell’immigrazione e del terrorismo.
Anche in questo caso occorre un’azione incessante di solidarietà e di organizzazione dal basso, associativo e sindacale, per sottrarre i lavoratori immigrati alla cultura del sospetto e del razzismo che si sta facendo sempre più strada, aumentando le condizioni di sfruttamento e di ricattabilità nei settori in cui è massimamente concentrata la forza lavoro immigrata, così come nei famigerati CIE, dove rischiano anche la morte.
Fare politica libertaria, oltre i referendum e fuori dalle urne elettorali
Tra un referendum e l’altro e l’attesa delle prossime elezioni politiche, vi sono alcune cose da fare a cui i/le militanti anarchic* e gli/le attivist* libertari* non possono sottrarsi:
  • impegnarsi nella vertenzialità nei luoghi di lavoro e nella ricostruzione della capacità di coalizione dei lavoratori nelle singole aziende e nel territori per poter gradualmente ridare forza globale all'organizzazione di massa dei lavoratori;
  • la crisi dei sindacati, tradizionali e/o alternativi, richiede comunque la nostra presenza ed il nostro presidio come iscritti, come delegati e come dirigenti eletti, per ri-costruire capacità di lotta e di rappresentanza dal basso nei posti di lavoro, nella pratica di vertenzialità;
  • ri-costruire nei territori tessuto sindacale e capacità di solidarietà sindacale a partire dalle esperienze conflittuali più avanzate di collettivi, centri sociali, coordinamenti;
  • sostenere la capacità di costruire lavoro tramite la sperimentazione di cooperative autogestite all'interno di un progetto sociale alternativo.













Le possibilità ed i soggetti di resilienza si esprimono oggi soprattutto nelle lotte nel territorio, dal diritto alla casa al diritto alla salute e ad un ambiente sano, dall'opposizione alle grandi opere inutili alle mobilitazioni contro i progetti di sfruttamento scellerato di terre, acque e mari, dall'opposizione alla aziendalizzazione dell'istruzione alle mobilitazioni contro il razzismo; dall'accoglienza dei profughi alla sperimentazione di forme di produzione e distribuzione autogestite.
In questi mesi, in queste lotte, in queste realtà il ruolo degli anarchici e dei libertari è quello di aprire i recinti, di sconfinare, di costruire ponti o trovare guadi, di collegare le realtà conflittuali, le soggettività sociali nella costruzione del potere popolare autogestionario, radicato negli interessi immediati e storici degli sfruttati.
E’ sempre più urgente recuperare capacità di coalizione e di lotta alla base nei luoghi di lavoro e nel territorio, ri-costruire strumenti e metodi di ampia partecipazione dal basso, forme di solidarietà autogestite, forme di vertenzialità conflittuali che facciano crescere coscienza e progettualità.
Per l'alternativa libertaria.
96° Consiglio dei Delegati
Alternativa Libertaria/FdCA
Fano, 7 gennaio 2017

La vita rubata- Vittorio Veneto 14 gennaio

L'associazione culturale per l'inclusione sociale FUORITEMA continua il suo ciclo di iniziative sul tema della psichiatria, o meglio della SALUTE MENTALE.

Siete invitati a partecipare SABATO 14 GENNAIO alle ore 15.30, presso la saletta-teatro della FENDERL, alla presentazione del libro autobiografico di Giuseppe Trevisan "LA VITA RUBATA - Memorie di un quasi adatto tra manicomi elettrici e servizi territoriali difettosi" edito da Futura Edizioni.

Confidiamo nella vostra numerosa presenza e cogliamo l'occasione per augurarvi, ed augurarci, un 2017 ricco di collaborazioni e progetti comuni.



















Il sociologo Dario Marini dialogherà con l'autore:
“Memorie di un quasi adatto tra manicomi elettrici e servizi territoriali difettosi”: è questo il sottotitolo che accompagna il libro La Vita Rubata del sanvitese Giuseppe Trevisan. Una storia di vita personale, e per molti tratti drammatica, che ripercorre l’evoluzione della psichiatria italiana, dai manicomi fino agli attuali servizi di aiuto e sostegno. A curare l’edizione Dario Marini e l’associazione Fuoritema. Il libro, inoltre, è costellato da piccoli cameo: dalla copertina con un ritratto dell’autore realizzato da Italo Michieli, pittore e fotografo citato più volte nel testo, a un ritratto poetico a cura del pittore e poeta Lionello Fioretti. A completare l’opera, un contributo di Giorgio Simon, direttore sanitario dell’AAS5 Friuli Occidentale, che ripercorre la storia dei servizi sanitari dal periodo precedente all’introduzione della legge 180 di Basaglia fino alla situazione attuale e che si conclude con il ricordo di un vecchio poster che girava a Trieste negli anni ’70 e che diceva “La libertà è terapeutica”: “La storia e la scienza – conclude Simon – hanno dimostrato che è vero”.

L'AUTORE:
Giuseppe Trevisan nasce a San Vito al Tagliamento il 2 marzo 1949. Compie studi irregolari, mostrando però attitudine per le materie umanistiche e in particolare per letteratura e poesia. Fin dalla giovinezza conosce il disagio psichico. Entra nel mondo del lavoro provandosi nei più svariati mestieri: ristoratore, agente di commercio, bracciante agricolo e anche “operatore psichiatrico”. Hanno contribuito alla sua formazione artistica e intellettuale i maestri Italo Michieli, pittore, fotografo, poeta (1907-1976), e Lionello (Natale) Fioretti, pittore e poeta (1945-2004). Ha già pubblicato Le lacrime di Dio (2007) e Angeli di Strada (2010). In una terra di poeti che prediligono la lingua friulana, Trevisan scrive in italiano. È alla sua prima opera in prosa.

Per maggiori informazioni:
fuoritema@libero.it

La Rivoluzione Spagnola all'Ateneo degli imperfetti di Mestre





sabato 7 gennaio 2017

Santos, Nobel per la pace: uno schiaffo in faccia alle vittime dei falsi positivi

Alla fine Santos ha ottenuto ciò che desiderava: il premio Nobel per la pace. Naturalmente, la firma dell'accordo di Cartagena del 26 settembre era stato premeditatamente fissato in concomitanza, guarda caso, con la candidatura al Nobel. È che Santos non punta mai su nulla senza avere un scopo, e ancora una volta, come per la sua rielezione a presidente, le FARC-EP lo hanno aiutato a realizzare un sogno. Non il sogno di pace in Colombia, ma il suo sogno personale, al quale sono state finalizzate tutte le sue azioni -anche cose minime, come la scelta delle date per i momenti chiave del processo di pace. Sfortunatamente per le FARC, Santos neanche le ha riconosciute se non di sfuggita ed in modo implicito nel corso della cerimonia per il cessate-il-fuoco. Perché? Se questo premio Nobel dimostra ancora una volta che la pace che si sta costruendo è quella di Santos e che gli insorgenti sono i cattivi del film, allora il rospo può anche essere inghiottito, ma senza concedergli nessun tipo di riconoscimento.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Coloro che ancora sostengono che si tratta di una pace senza vincitori o vinti, di una pace tra due parti uguali, equivalenti, dove regna il  bilateralismo, ecc, non si sono accorti di nulla o non capiscono niente. La comunità internazionale è parte di questa narrazione che si sta forgiando per il post-conflitto: Santos viene considerato con quella stessa ammirazione con cui i bambini nel circo guardano il domatore di leoni. Santos così diventa metà domatore e metà pacificatore. Nelle sue fasi più benevoli, gli piace presentarsi come il padre del figliol prodigo, quello che accetta il ritorno del figlio ribelle nel quadro della società borghese. La dichiarazione del comitato per il Nobel dà l'impressione che Santos sia riuscito come un incantatore di fiere a portare  le FARC-EP a parlare di pace. Così il premio è tutto per lui solo, e per  nessun altro.

La sua vanità ed il suo ego devono essere alle stelle e si starà godendo quel sogno che segue all'aver realizzato tutti gli obiettivi della sua vita. Cioè entrare nel pantheon degli eroi nazionali, al fianco di Bolivar, Santander, Nunez Reyes, come il Presidente della pace in Colombia. Uno di quegli eroi polivalenti che si collocano al di sopra del bene e del male, della destra e della sinistra, come riferimento per l'intera nazione. La sua impopolarità in Colombia, però, gli impedisce al momento di ergersi ad eroe. Per il momento, può condividere il pantheon di personaggi famosi per la comunità internazionale (che, senza dubbio, lo tiene in considerazione più dei colombiani). E diventa così il secondo colombiano a vincere un Nobel dopo Garcia Marquez, quest'ultimo sì ben meritato. Si unisce ad altri personaggi onorati dall'Accademia del Nobel per i loro presunti servizi per la pace nel mondo. Tra cui presidenti degli Stati Uniti come Theodore Roosevelt (sì, lo stesso che ha strappato  Panama alla Colombia e che inaugurò la "diplomazia delle cannoniere"), come Barack Obama (colui che ha rafforzato i programmi nucleari, che è stato attivamente dietro la guerra in Siria e Libia, che ha aumentato la forza delle truppe in Afghanistan e che, essendo il primo presidente nero, ha presieduto l'amministrazione che ha registrato più violenza che mai contro i neri negli ultimi decenni). Da non dimenticare l'eminente diplomatico Henry Kissinger, uno degli ideologi della politica di sterminio in Vietnam. Così, Santos si aggiunge a questi Nobel per la pace le cui mani sono alquanto macchiate di sangue.

Una cosa è riconoscere che Santos - dal suo punto di vista egoistico e dal punto di vista degli interessi comuni del settore oligarchico che egli rappresenta, interessato ad ulteriori investimenti nei territori- ha aperto il tavolo delle trattative con le FARC-EP. Un'altra cosa è dimenticarsi che Santos era ministro stellato della difesa del presidente Uribe nel pieno dello scandalo delle intercettazioni e della parapolítica. Oppure dimenticarsi che è stato lui che ha guidato il bombardamento del territorio ecuadoriano nel 2008, che nella sua campagna si vantava di essere orgoglioso del fatto che la Colombia è visto come l'Israele dell'America Latina e che, come presidente, ha pianto di gioia quando uccise a tradimento al tavolo per l'apertura dei  negoziati, l'indifeso comandante delle FARC-EP Alfonso Cano. Un crimine efferato, che aveva messo a repentaglio la possibilità di far avanzare il processo di pace.


Ma il peggior crimine di cui è stato direttamente responsabile fu la vile e perversa uccisione di migliaia di giovani colombiani nello scandalo dei cosiddetti "falsi positivi" [assassinio di civili innocenti fatti passare per guerriglieri uccisi in combattimento, ndt]. Fu lui che, tramite il macabro conteggio dei morti imposto alla soldataglia quale prova del "successo" [in cambio di benefici,ndt], risultò essere direttamente responsabile per il rapimento e l'uccisione di questi giovani, dando luogo alla catena di menzogne usate per giustificarne la morte, ostacolando la giustizia in migliaia di casi. Non credo che questo Nobel, celebrato dal mondo politico colombiano, sia oggetto di altrettanta celebrazione da parte delle madri di Soacha e delle migliaia di persone che piangono la morte di una persona cara in questo scandalo, che Santos ha sistematicamente ignorato.

Mentre i media hanno sottolineato il discorso di Timoshenko [comandante in capo delle FARC, ndt] a Cartagena solo quando si è scusato, Santos non sente il bisogno di chiedere scusa a nessuno, nemmeno alle vittime di questo crimine contro l'umanità di cui è stato direttamente responsabile. Qui non esiste bilateralismo e tutte le istituzioni stanno cercando di rafforzare l'immagine che l'insurrezione è stata sconfitta militarmente (la paura dei caccia aerei Kfir e le roboanti dichiarazioni dei generali), politicamente (si interpreta esclusivamente ed erroneamente il successo del NO al referendum come un voto di rifiuto verso le FARC-EP) e moralmente (sono loro che devono chiedere scusa, nessun altro). Il premio Nobel per la pace ha appena finito la quadratura del cerchio, come si suol dire. Questo è il trionfo di Santos, della pace di Santos, che è riuscito a pacificare una delle "guerriglie più sanguinarie del mondo", come scrive la rivista Semana [1].

Santos ha detto che questo premio è per tutte le vittime, delle quali  parla in modo neutrale, come se non avesse niente a che fare con esse. Sarebbe meglio che Santos compia un atto di umiltà nella sua vita, che vada a  Soacha a visitare quelle madri che lui ha rifiutato di incontrare e che hanno buttato fuori le sue guardie del corpo con le loro azioni, e chieda perdono tramite loro, a tutte le vittime dei falsi positivi. Che vada a trovare  donne come Alfamir Castillo, il cui figlio è stato ucciso in un falso positivo e che è stata deportata ed esiliata non una ma più volte, solo perchè chiedeva giustizia. E approfittando del momento,  che sta spingendo perchè le FARC-EP dichiarino i loro beni per risarcire le vittime, è il caso di fare in modo che gli 850.000 euro appena consegnati insieme al premio, siano dati a risarcimento delle vittime dei falsi positivi. Perchè loro ne han bisosgno, e non Santos che appartiene ad una delle famiglie aristocratiche più opulente. E 'che l'oligarchia colombiana è avara anche in questo: il denaro per le vittime viene preso dai contribuenti. Cioè, dagli stessi poveri.

Che insulto è questo Nobel per le vittime in Colombia, in particolare per i falsi positivi, così come per migliaia di persone che hanno rischiato la loro vita per chiedere una soluzione negoziata del conflitto, quando Santos andava ripetendo i mantra della sicurezza democratica. Anche in questo caso è chiaro che la popolarità di Santos è inversamente proporzionale tra l'estero e la Colombia. Più è applaudito all'estero, più è impopolare nel suo paese.

José Antonio Gutiérrez D.
7 ottobre 2016


(traduzione a cura di ALternativa Libertaria/fdca - Ufficio Relazioni Internazionali)


[1] http://www.semana.com/nacion/articulo/firma-de-la-paz-e...95636

martedì 3 gennaio 2017

IO, DANIEL BLAKE (Ken Loach, 2016) di Pino Bertelli



Soltanto in un paese libero l'impostura non gode privilegi,
e non può schivare la persecuzione che l'insegue sotto ogni forma o camuffamento,
non essendo protetta né da una corte, né dalla prepotenza nobiliare, né dall'iniquità d'una chiesa.
(Anthony Ashley-Cooper, III conte di Shaftesbury, 1707)

Sulla burocrazia, sul cattivo governo e sul film di Ken Loach, Io, Daniel Blake… non ci sono governi buoni, il governo migliore è quello che governa di meno o non governa affatto, diceva… ciò che è importante in ogni forma di società è la difesa del bello, del giusto e del bene comune… i deputati, i senatori, gli organi d'informazione e le "mosche cocchiere" della cultura sono tutti a libro paga dell'impero finanziario… alla farsa elettorale dei cretini ci partecipano tutti e tutti stanno al gioco… i terrorismi sono parte del grande spettacolo della globalizzazione e la celebrazione del liberalismo poggia sulla pioggia di "bombe intelligenti" dei paesi ricchi che legittimano il genocidio dei paesi impoveriti… ovunque i diritti dell'uomo sono calpestati, i proclami dei capi di stato, dei primi ministri, dei papi, dei generali… uccidono! Le chiacchiere della televisione e l'imbecillità della Rete, usata come i padroni del web vogliono, impediscono di pensare, di riflettere o d'incazzarsi… tutto è trasformato in uno spettacolo e niente è vero se non passa dall'inginocchiatoio dell'economica politica internazionale.
La twittosfera ha favorito l'emersione di una moltitudine di imbecilli (che forse imbecilli lo erano sempre stati) e sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione e nei luoghi di potere, scriveva, giustamente, Carlo M. Cipolla1… la peste (della stupidità politica) di Camus è ancora contagiosa e continua a diffondersi nei partiti e nella vita quotidiana… gli idolatri, i ruffiani, i servi si riproducono nei miti che sostengono e nessuno sembra chiamarsi fuori dalla barbarie della società consumerista… in verità il totalitarismo moderno teme che un giorno le giovani generazioni possano sommare le loro energie e rompere il meccanismo della ragione imposta… la maggior felicità per il maggior numero passa dalle rovine dell'ordine costituito. Alla maniera di Michel Onfray: «I nani dell'isola di Lilliput riescono a sconfiggere il gigante con una moltiplicazione di legami sottili, una proliferazione di piccole azioni congiunte, una tela di ragno libertaria che passa dall'inerzia al sabotaggio e dalla resistenza sociale al rovesciamento puro e semplice dello stato di cose esistenti»2. In principio è stata la disobbedienza civile, poi la forza radicale e il progresso dello spirito umano che hanno cercato - e qualche volta ci sono anche riusciti - di abolire l'odio dell'uomo sull'uomo e mostrare che il potere non esiste che con il consenso di coloro sui quali si esercita.
Di Io, Daniel Blake. Newcastle. Daniel Blake è un falegname di 59 anni, in seguito a una crisi cardiaca non può più lavorare ed è costretto a chiedere il sussidio statale per invalidità (ma viene respinto e il falegname cerca di fare ricorso). Daniel conosce Katie, giovane madre di due ragazzini… è venuta da Londra per avere una casa popolare… non riesce a trovare lavoro e si rivolge alla "Banca del cibo" per sfamare la famiglia (finirà a fare la prostituta per comprare le scarpe ai figli). Tra Daniel e Katie nasce un rapporto di tenera amicizia e d'indignazione verso la burocrazia disumana del welfare inglese… Daniel non riesce a districarsi tra i computer, la rete e i moduli da riempire… scrive sui muri dell'ufficio statale la sua protesta e chiede un incontro per riesaminare la sua situazione… naturalmente viene arrestato… vende tutti i mobili della casa per sopravvivere e quando va (insieme a Katie) davanti ai giudici del riesame, muore d'infarto nel bagno. Sono pochi i proletari che lo piangono… al "funerale dei poveri" che viene fatto di primo mattino (perché costa poco)… Katie legge una lettera di Daniel, dove il falegname chiede rispetto e dignità anche per un cane e lui è stato assassinato dallo Stato.
Il film di Loach (che ha vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes per il miglior film) ritorna sulle tematiche del proletariato inglese offeso dalle istituzioni… l'affabulazione è quella del realismo sociale schierato dalla parte dei deboli, degli esclusi, degli offesi… certo non contiene la radicalità di Poor Cow (1967) o la complessità di Family Life (1971), e forse è meno efficace di Riff Raff (1991) o Piovono pietre (1993), tuttavia Io, Daniel Blake resta una critica profonda delle discriminazioni, delle ingiustizie, delle angherie che subiscono i nuovi poveri d'Inghilterra… è un cinema dell'indignazione quello di Loach… dove le vittime finiscono per trovare la loro esistenza nella rinuncia o nella correlazione con chi li malversa… la servitù diventa volontaria sino a quando la parola degli ultimi non si fa coro e dà inizio allo smantellamento della menzogna istituzionale… quando gli uomini sono trasformati in animali sottomessi, ogni forma di dissenso è giustificata… anche quelle più estreme… c'è un tempo per seminare e un tempo per raccogliere, il tempo della falciatura, il tempo del ritorno delle lucciole a maggio. La libertà non si concede, ce la si prende! E i mezzi sono tutti buoni.
Al fondo del film di Loach c'è la libertà di scelta che implica il rispetto… la rivolta dell'inedito… il «divenire rivoluzionario degli individui» (Gilles Deleuze) che dicono no! all'atarassia di un'epoca della disuguaglianza fondata sulla paura e l'esclusione… dove «con un abito da sera e una cravatta bianca, anche un agente di borsa può guadagnare la reputazione di essere civilizzato» (Oscar Wilde) e un politico, quale che sia il profumo griffato che usa, puzza sempre di merda! La storia dell'uomo (come quella dell'arte) presuppone le rotture epistemologiche (della conoscenza certa) che la condizionano… la miseria intellettuale, culturale, politica di questo tempo si evidenzia nel numero di guerre in atto e nell'accettazione del neoliberismo come pratica terroristica del paradiso in terra.
Va detto. La civiltà dello spettacolo si manifesta nell'abbandono mistico alla trascendenza della merce… l'unificazione felice della società consumerista porta alla devozione delle masse verso i padroni dell'immaginario: «Lo spettacolo non canta gli uomini e le loro armi, ma le merci e le loro passioni… dove domina lo spettacolare concentrato domina anche la polizia» (Guy Debord)3. Il capitalismo finanziario/burocratico detiene il lavoro sociale totale e nel suo spettacolo si accompagna alla violenza permanente con la quale impone l'unità della miseria. La rimaterializzazione del reale conduce a una battaglia delle idee e alla sconfitta dell'impotenza… «la rivoluzione politica trasforma il mondo. Essa comincia col trasformare la vita quotidiana» (Henri Lefebvre)4 o viceversa. Passare dalla vergogna alla collera non è solo necessario, ma utile per avvicinare il dogmatismo del potere alla sua fine.
In Io, Daniel Blake la forza discorsiva di Loach è rigorosa, essenziale in ogni inquadratura, e mette in contrasto la follia assistenziale dello Stato con il diritto di avere diritti degli scartati. La sceneggiatura, scritta da Paul Laverty, intreccia dialoghi asciutti ad ambientazioni proletarie e nei corpi, atteggiamenti, posture riprende una concezione della vita giusta che è stata smarrita. Dave Johns interpreta Daniel Blake in maniera misurata… gli sguardi, i gesti, le camminate figurano una povertà che non comprende e riflettono una dignità mai perduta… anche Hayley Squires delinea Katie su registri espressivi davvero alti e la loro semplicità attoriale restituisce alla narrazione il senso di amicizia, di dolcezza, di delicatezza mescolati alla sofferenza come rovina dell'anima. Il montaggio di Jonathan Morris fa da contrappunto all'impalcatura filmica e non ha niente a che vedere con quanto si smercia nella mediocrità televisiva. La fotografia di Robbie Ryan è quasi documentaria… non abbellisce né consacra l'universo emarginato dei protagonisti e insieme alle musiche di George Fenton contribuisce non poco a disvelare il dolore di un'epoca dove il sistema spettacolare ha preso il posto di un'etica del lavoro distrutta dal calcolo egoista dei mercati globali.
Io, Daniel Blake non contiene solo il rigetto della burocrazia, della rapacità del potere o della pratica dell'indifferenza (anche tra gli stessi operai/cittadini)… è un'accusa radicale contro l'immoralità del mondo. Per Loach, a ragione, il bello e il brutto, il male e il bene, il giusto e l'ingiusto… dipendono da decisioni umane, storiche, demiurgiche… i rapporti tra gli uomini sono cancellati a favore di apparati finanziari che costituiscono la legge e le merci sono strumenti dell'inumanità approntati contro l'uomo. I partiti, i politici, le autorità, le economie, i mezzi di comunicazione di massa sono i dispositivi con i quali vengono assoggettati interi popoli e quando non bastano le strutture delinquenziali che li appoggiano, i persuasori dell'ordine costituito mettono in campo la polizia.
Per non dimenticare. Finire ciò che è stato fatto nel maggio '68 è un compito difficile ma non impossibile… l'autorità, l'ordine, la gerarchia, i poteri… sono sempre quelli… si tratta di farli tremare di nuovo… la liberazione del desiderio parte sempre con l'uccisione degli dèi… dopo il '68 nessun nuovo valore ha visto la luce, diceva… e solo il genio collerico libertario può mettere fine alla cartografia della miseria… la critica radicale di tutte le forme di potere implica una crisi profonda: quella del principio di autorità! Il divino, l'ingiusto, il terrore, i valori, la morale… sono confinati in cieli vuoti, e solo l'uomo libero è la misura di tutte le cose! Tutto va rinnovato radicalmente! La libertà, come la verità, può sconfiggere qualsiasi fanatismo… ogni rivoluzione è un'esperienza fraterna e una civiltà felice dipende dal suo conseguimento… che la festa cominci!

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 13 volte novembre 2016

IX Congresso Nazionale della FdCA

IX Congresso Nazionale della FdCA
1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)