ADERISCI AD ALTERNATIVA LIBERTARIA/FdCA

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campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

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mercoledì 12 settembre 2007

UN PROTOCOLLO SULL’AUTUNNO

La situazione politico-economica alla fine dell’estate 2007 presenta diversi elementi per essere valutata come decisamente favorevole, (nonostante la recente crisi finanziaria, che verrà scaricata, come sempre, sulle spalle dei lavoratori) sia sul piano strutturale che su quello congiunturale, al sistema capitalistico italiano ed al blocco di potere interclassista, all’interno dei vincoli della Unione Europea. Non altrettanto si può dire per i movimenti di opposizione, disorientati dalle divisioni, dai verticismi e dalle ambiguità.


1. Gli obiettivi strutturali


Il risanamento dei conti pubblici, già avviato con la legge finanziaria del 2007 e confermato dal DPEF che anticipa i contenuti della legge finanziaria 2008, è uno degli obiettivi strategici del governo dell’Unione e della Confindustria, a cui vengono subordinate tutte le scelte tese a fare cassa agendo sia sulla ristrutturazione della leva fiscale che sulla ristrutturazione della spesa pubblica.


Il Protocollo del 23 luglio 2007 sulle pensioni costituisce un ulteriore elemento strutturale, che modifica profondamente il sistema previdenziale pubblico, proseguendo sul percorso della Legge Dini del 1995 ed andando ben oltre gli obiettivi della stessa Legge Maroni del 2005, ma al tempo stesso incanala l’investimento previdenziale dei lavoratori verso il mercato dei fondi pensione, rendendoli tanto “complementari” quanto necessario.


Un ulteriore dato tendente a modificare strutturalmente lo scenario dello scontro di classe riguarda lo svuotamento del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, le cui avvisaglie sono già rinvenibili in alcuni contratti nazionali di categoria firmati alle porte dell’estate (pubblico impiego e scuola; poste; chimici; alimentari…) e incombono sul contratto dei metalmeccanici e di altre categorie.


Un quarto elemento strutturale è dato dal prosieguo del processo di privatizzazione e di liberalizzazione che colpisce risorse pubbliche e collettive, trasformando la piena cittadinanza dei diritti in mera facoltà di accesso al mercato di servizi nazionali e/o locali e precarizzando il rapporto di lavoro di migliaia di dipendenti.


L’effetto combinato di queste scelte strutturali comporta:


-uno spostamento sempre più massiccio di risorse pubbliche verso il sostegno al deficit (dal 3% allo 0% sul PIL), al debito statale (da far calare del 40% pur con l’atteso rialzo dei tassi) ed all’impresa, e di contro un ritiro dello Stato dal “pubblico”


-la scomparsa del salario differito collettivo a favore dell’investimento individuale in fondi pensione


-la scomparsa del salario indiretto sociale a favore dell’investimento individuale in consumi e servizi e quindi in indebitamento (48% sulla retribuzione)


-la contrazione del salario diretto a vantaggio del salario variabile e della corresponsione di una tantum a fronte di incrementi della produttività (+2,9% nel 2006), di flessibilità, di attenuazione delle soglie di sicurezza sul posto di lavoro (incidenti e morti sul lavoro).


Insomma: forse meno irpef, certamente più orario, sicuramente meno salario fisso. Uguale più povertà e più sfruttamento (+3,1% di profitti per le 2015 maggiori imprese italiane nel 2006).


A sostegno di queste scelte, prende forma e consistenza organizzativa il ceto politico-padronal-sindacale che le ha ispirate: il Partito Democratico, destinato ad essere il campione del neoliberismo, dell’europeismo, dell’annichilimento del conflitto sociale, che usa il partneriato con le forze sindacali (che non prevede alcuna forma di controllo dei lavoratori) e, qualora non bastasse, il ricorso alla repressione ed all’emarginazione di attori sindacali sgraditi (vedi nuove regole sulla negoziazione) o di movimenti non-allineati.


2. Gli obiettivi congiunturali


Sul piano economico, il sostegno alla domanda ed al reddito previsto nel DPEF e presente in alcune parti del Protocollo del 23 luglio 2007 (decontribuzione degli straordinari e dei premi d’impresa, aumento delle pensioni minime,…), nonché un’ulteriore operazione sul fisco in finanziaria 2008 sembrano operazioni di carità sociale.


Lo stesso mantenimento dell’impianto della Legge 30 (spostando l’abolizione del lavoro a chiamata ad un decreto specifico, lo staff leasing alla contrattazione, e la reiterazione dei contratti a termine sulla presenza decisiva di un sindacalista!!) sembra rispondere ad una visione contingente ed opportunistica del mercato del lavoro, evitando rigidità –in quantità e qualità- sia sul lavoro a tempo indeterminato che su quello a tempo determinato, in base ad una cultura sempre più diffusa in campo padronale, politico e sindacale che vuole la scomparsa di questa distinzione per abolire d’ufficio la precarietà di alcuni, sostituendola con la flessibilità per tutt*.


Sul piano politico, l’azione del costituendo PD sta portando alla normalizzazione all’interno della CGIL, ma sta costringendo altresì la cosiddetta “sinistra radicale” ad un tentativo di ridefinizione di breve respiro, di carattere reattivo e residuale, privo di una progettualità che vada oltre le necessità elettorali. Al tempo stesso, il ceto politico di questa sinistra che va dal PRC al PdCI, dai Verdi a Sinistra Democratica, più le correnti di opposizione uscite da o rimaste in Rifondazione, messo all'angolo dall’espansione della cultura politico-affaristica che anima il PD, viene scientemente spinto ad occupare lo spazio di un’opposizione sociale molto più ampia e più conflittuale, con la pretesa di moderarla ed ambiguamente rappresentarla.


Il referendum sulla legge elettorale, sostenuto dallo stesso PD, funziona da acceleratore del processo di normalizzazione del quadro politico nella fase attuale.


Sempre sul piano congiunturale si pongono le non-scelte dell’Unione per quanto riguarda i lavoratori migranti, le basi militari e le missioni all’estero, l’ambiente e la laicità. Si attendono tempi più consoni, rapporti di forza più favorevoli ed oppositori più sfibrati.


3. La difficile costruzione di un’opposizione sociale e di classe dal basso, auto-organizzata ed autonoma, libertaria ed antiautoritaria


Se l’attuale situazione politico-economica non è favorevole allo sviluppo di un movimento di opposizione, resistono tuttavia situazioni ed ambiti di conflittualità che oggi si alimentano di due spinte, solo temporaneamente convergenti. La prima spinta è data da quelle forze sociali e politiche che animano le lotte e l’organizzazione di queste per costruire una alternativa al neoliberismo, la seconda spinta è data da quelle forze politiche e sociali che usano le lotte per spostare gli equilibri all’interno del governo dell’Unione ed a proprio vantaggio elettorale nonché per convogliare energie e risorse dei movimenti a sostegno della supremazia del ceto politico partitico-parlamentare di sinistra.


Se il perseguimento di un obiettivo comune è l’elemento di unità di tali movimenti, è tuttavia necessario essere consapevoli che tale unità potrebbe presto essere compromessa da scelte “moderate” di forze verticistiche e concertative.


Si tratta di una situazione che in autunno potrebbe ripetersi più volte in quegli ambiti che, dal passaggio parlamentare dell’accordo sul welfare alla presentazione della legge finanziaria, dalla riforma della contrattazione al rinnovo del contratto dei metalmeccanici, dalla TAV al Dal Molin, dalla questione energetico/ambientale a quella dei migranti, potrebbero dare luogo a mobilitazioni e scioperi, in alcuni casi già annunciati.


Il nostro compito, il compito degli/lle attivist* sindacali anarchic*, quello dei/delle libertar* antimilitarist*, degli attivist* libertar* nelle lotte ambientali e dei diritti, è ora quello di sostenere e difendere la “titolarità” ed il controllo dei soggetti interessati sulle forme organizzative, sulle forme di lotta, sulle decisioni collettive, sulla contrattazione, sui tavoli negoziali di qualsiasi tipo.


Si tratta di lavorare per ri-orientare lo sguardo verso il basso, verso i luoghi decisionali collettivi (le assemblee, i coordinamenti di delegati di base, le strutture autogestite sul territorio, …), verso le dinamiche di sviluppo e crescita della coscienza e della fiducia nella forza dei movimenti alla base, senza guardare verso l’alto alla delega al leader politico o sindacale di turno, non accettando modalità vessatorie nei momenti di consultazione dei lavoratori e delle lavoratrici, che devono rimanere libere, autonome e democratiche, senza farsi condizionare dalle dinamiche proprie dei livelli dirigenti delle organizzazioni sindacali o dei partiti e ministri della sinistra, ma anche senza cadere nelle strumentalizzazioni sempre in agguato da destra e da parte dello Stato.


Si tratta di un compito difficile e di non breve durata, che richiede umiltà e nessuna scorciatoia avventuristica o autoreferenziale, si tratta di un impegno militante nei luoghi di lavoro come nel territorio, che richiede capacità propositiva per l’unità e per l’alternativa, nei metodi libertari e nei contenuti di classe.


E’ il compito storico dei comunisti anarchici. E’ il nostro compito in questi mesi.


Il Consiglio dei Delegati della FdCA


Firenze, 8 settembre 2007

IX Congresso Nazionale della FdCA

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1-2 novembre 2014 - Cingia de' Botti (CR)