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campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

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martedì 26 agosto 2014

26.08.14 - Renzi: nemico pubblico numero uno. Sergio Bellavita

Il quotidiano “La Repubblica” di oggi pone grande enfasi alle anticipazioni della ministra Stefania Giannini sul merito della tanta sbandierata “rivoluzione” Renziana della scuola. Non è ovviamente un caso che la ministra abbia scelto la platea di CL a Rimini per rivelare la logica di fondo del provvedimento di legge. Abbattere ogni steccato ideologico nel rapporto tra privato e pubblico e nel trattamento degli insegnanti. Non sono ancora noti i dettagli ma queste anticipazioni danno pienamente il senso dell'operazione. (...) Siamo di fronte al tentativo, in totale continuità con le politiche dei governi precedenti, di smantellare la scuola pubblica a favore di quella privata, arrivando anche qui alla riscrittura della Costituzione per detassare le rette versate alle scuole private e all'ingresso degli sponsor privati. A ciò si aggiunge il tentativo di sottrarre il corpo docente alla contrattazione collettiva stabilendo una differenziazione economica legata al presunto merito e capacità del singolo o della singola, sarebbe a questo proposito molto interessante capire chi dovrà valutare, i presidi? Ne più ne meno di quello che le imprese private esercitano attraverso la pratica dei superminimi ad personam, e tutti sanno quanto la fedeltà al padrone e all'impresa sia il requisito principale per ottenerli. Se si considera che i minimi salariali sono bloccati da anni, diviene subito chiaro che si vuole stabilire il principio, tanto caro al padronato nostrano più retrivo e totalmente in linea con il documento di Confindustria di giugno, che è finita la stagione del salario a tutti, elargito collettivamente. Anche quando, come nel caso della scuola, si parla di recupero del potere d'acquisto. Così il buon Renzi, userà le risorse risparmiate sulla pelle dei lavoratori per una politica salariale discriminatoria e antisindacale. Il dato più inquietante, e su cui si misura davvero la furia questa si ideologica del governo, è la cancellazione delle supplenze. Che fine faranno gli oltre 400 mila precari della scuola? Una parte, dice la ministra (bontà sua!!), verrà stabilizzata forse, e gli altri? Non c'è più nessun alibi per coloro che continuano a dare credito a Renzi. Il suo verso è autoritario e profondamente reazionario. La riforma della costituzione con la cancellazione del senato è ,insieme alla nuova legge elettorale, la liquidazione della fragile e democrazia formale su cui si è poggiato il paese dal dopoguerra ad oggi. Il Jobs act, il nuovo attacco a ciò che resta dell'art.18,la riforma della pubblica amministrazione che entra in vigore dal primo di settembre e quella della annunciata scuola sono parte integrante di un disegno di restaurazione che sta riscrivendo l'assetto politico, costituzionale e sociale del paese. Questo disegno va combattuto, questo governo va combattuto. Renzi è il nemico pubblico numero uno. La mobilitazione che dobbiamo costruire quest'autunno su questo punto non può fare sconti. Siamo in totale dissenso con le dichiarazioni di Landini rispetto al governo Renzi. Per due ragioni. La prima è che la strada dell'opposizione sociale è l'unica possibile per impedire che quel disegno si compia. Non c'è operazione di palazzo, del parlamento o tanto meno possiamo affidarci all'austerità espansiva dei banchieri riuniti a Jackson Hole, sulla terra rubata ai Sioux. Il bilancio del governo Renzi è negativo come è clamorosamente emerso quest'estate dagli indicatori economici. Siamo nuovamente in recessione con tutto quello che ciò comporta per la condizione delle classi popolari. C'è quindi un'esigenza straordinaria di ripresa della mobilitazione generale del mondo del lavoro, su salario, occupazione e contro le politiche d'austerità. E per ricostruire l'opposizione non si può certo chiedere di manifestare a sostegno del governo. In secondo luogo Renzi, come è evidente a tutti, considera il sindacato non molto di più di un cimelio del novecento, aiutato parecchio dalla totale assenza e inutilità di questo modo di fare sindacato nella condizione delle persone. I toni sprezzanti con cui il presidente del consiglio ha liquidato le dichiarazioni di dirigenti sindacali della Cgil che minacciavano un autunno caldo, rispetto all'ipotesi di prelievo forzoso sulle pensioni, sono inquietanti e sconcertanti. Non era mai accaduto nella storia della repubblica che un presidente del consiglio arrivasse a tanto. Renzi non vuole liquidare la gerontocrazia sindacale, le burocrazie, le rendite di posizione, vuole liquidare il sindacato punto, Fiom compresa. Non ci può essere alcuna ambiguità nei confronti di Renzi e della sua svolta autoritaria. Quanto basta per lo sciopero generale della Cgil che dobbiamo chiedere con forza. Crediamo che si debba costruire un fronte ampio e plurale che va dal sindacalismo conflittuale ai movimenti sociali per uno sciopero generale questo si “ non convenzionale”, non di testimonianza, ne sporadico ne canonico. Costruito nelle sua rivendicazioni dai luoghi di lavoro e non lavoro, capace di unificare e dare obbiettivi concreti. Questa è la vera sfida che abbiamo davanti a noi. Questo è il terreno su cui vogliamo misurarci. Sergio Bellavita portavoce nazionale Il sindacato è un'altra cosa

presentazione de "il compressore"

Pubblico · Organizzato da Questacasa Nonèunalbergo. Opuscolo in cui si svela se sia più veloce il Tav o la devastazione dei territori che esso collega Se la storia sia una cassetta degli attrezzi o solo un incubo da cui destarsi Se a terrorizzare sia lo Stato o chi gli si oppone Se sia più giudizioso battersi per vivere o dimenarsi per sopravvivere Se sia lecito insulta...re politici magistrati e giornalisti, e se questo serva Se sia morale distruggere le macchine che ci distruggono, e se questo basti. Una riflessione sul sabotaggio, sulla lotta No Tav e sul terrorismo. Ne parliamo con gli autori de "Il compressore". Dalle ore 18.00 all' Ex Ospizio Occupato. A seguire cena a buffet benefit arrestati No Tav. FRA LUCIO GRAZIANO CHIARA CLAUDIO MATTIA NICO GIOBBE PAOLO FORGI LIBERI TUTTI LIBERI SUBITO!

Verona vs 99 Posse!! Chi può suonare in città lo decide il sindaco amico dei fasci?

Se non ci fosse la Giunta di Flavio Tosi (infarcita di ogni tipo di fascisti, razzisti, xenofobi ed integralisti) uno potrebbe pensare di trovarsi in una città come le altre… ma Verona non è una città come le altre! Verona è la città dove per il compleanno dell’Hellas Verona si permette a due gruppi dichiaratamente neonazisti (Sumbu Brothers e 1903) di esibirsi dal palcoscenico dell’Arena di Verona (concesso gratuitamente dal Comune). Verona è la città dove gli ex squadristi picchiatori fanno carriera politica: Nicola Pasetto e Luca Bajona (che nei primi anni ’80, da militanti del Fronte della Gioventù, spaccarono la testa con un crick ad un antifascista) diventarono, rispettivamente, deputato e vicesindaco. Andrea Miglioranzi (ex componente della band nazirock Gesta Bellica, militante del Veneto Fronte Skinheads) è divenuto presidente dell’Azienda Municipalizzata Igiene Ambientale. Marcello Ruffo (CasaPound Italia, che l’anno scorso festeggiò la laurea con una “caccia ai rossi” a mano armata in giro per i locali di Veronetta) è presidente della Commissione Cultura della III Circoscrizione, eletto con la lista civica del sindaco. Verona è la città dove il sindaco sfila alla testa di un corteo organizzato da gruppi di estrema destra come Forza Nuova (fondato da Roberto Fiore, ex terrorista di Terza Posizione) e quando l’anno dopo alcuni militanti proprio di quel gruppo politico aggrediscono ed uccidono un ragazzo in pieno centro storico lo stesso sindaco dichiara ai giornali che “è un caso su un milione, poteva capitare a chiunque” (ipse dixit). Verona è la città dove l’unica voce autenticamente resistente (il CSOA La Chimica) viene letteralmente demolita, rasa al suolo, polverizzata per volere del sindaco Flavio Tosi (condannato in via definitiva per “propaganda ed istigazione all’odio razziale”) neanche tre mesi dopo essere stato eletto. Verona è la città dove si organizzano incontri istituzionali contro la violenza politica e chi li organizza è un consigliere di circoscrizione con due processi a carico per aggressione a mano armata ai danni di chi la pensava diversamente da lui. Verona è la città dove nel 1995 furono approvate le tristemente famose mozioni omofobe in Consiglio Comunale (per rispondere all’Unione Europea che chiedeva uguali diritti per tutt*, gay/etero/trans che fossero) e dove nel 2014 ne è stata approvata un’ulteriore che impegna il Comune a “vigilare sui libri di testo in cui si parla di identità di genere”. In mezzo a questi due episodi una valanga di aggressioni a sfondo razzista ed omofobo. L’ultima capitata giusto un paio di settimane fa in un paese della provincia. Verona è la città dove il Comune sceglie, per rappresentarlo all’interno dell’Istituto per la Storia della Resistenza (già, proprio la Resistenza Antifascista), un appartenente alla destra estrema. E a Verona succede anche che i 99 Posse, gruppo napoletano con una ventennale storia di militanza antifascista, vengano tacciati di “istigare alla violenza” nel classico tentativo mistificatorio di fare un unico grande calderone di ogni avvenimento senza minimamente cercare di discernere tra chi durante la Resistenza ha agito per la libertà e chi invece per toglierla. Il 25 aprile 2015 sarà il 70° anniversario della Liberazione dal Nazifascismo. Una nuova, grande mobilitazione servirà per cancellare i rigurgiti di quella violenza fascista che, sconfitta dagli eventi, deve essere per sempre consegnata alle pagine più nere dei libri di storia. CONTRO IL FASCISMO E LA SUA VIOLENZA ORA E SEMPRE RESISTENZA! Kollettivo Autonomo Antifascista Verona

SULLO SGOMBERO DELL’EX-MACELLO, SULL’AREA EX-MACELLO

Udine, lunedì 25 agosto 2014 La scorsa settimana la polizia, su richiesta del Comune, ha eseguito lo sgombero di alcuni edifici nell’area ex-macello/ex-frigorifero. Le persone trovate all’interno sono state identificate, portate in questura, e denunciate per occupazione di edificio pubblico. Dopo aver chiuso tutti gli accessi all’area (compreso il parcheggio, danneggiando così l’intera popolazione) il Comune crede di poter dormire sonni tranquilli… Lungi dal condividere l’idea di Città e Società portata avanti da Honsell, Ioan e da ogni altro esponente politico locale, per noi i “risultati” ottenuti, con questa nuova operazione securitaria, sono semplicemente la privazione di un tetto a chi non ce l’ha e la restituzione al vero degrado degli edifici pubblici in oggetto. Le questioni sottese a questo sgombero sono molteplici. La crisi, causata dal modello di sviluppo dominante, sta lasciando sempre più persone senza casa e l’unica risposta delle istituzioni è lo sgombero o la criminalizzazione degli occupanti degli edifici abbandonati. La risposta del governo, il piano casa di Renzi, è la chiusura delle utenze e l’impossibilita di aprirne di nuove negli edifici occupati e la non concessione della residenza agli occupanti. L’esistenza di edifici pubblici e privati in stato di abbandono da anni e di case lasciate appositamente vuote dagli speculatori edilizi, è un crimine se ci sono persone costrette a vivere per strada. “Il nostro piano casa: occupare!”. Questa è la risposta dei movimenti per la casa alle politiche governative e agli sgomberi ordinati o eseguiti con il beneplacito delle amministrazioni locali. Ci sono migliaia di edifici vuoti eppure si vorrebbe andare avanti con la cementificazione. Le Grandi Opere, i cantieri per l’Expo a Milano, gran parte dei progetti di riqualificazione urbana sono solamente degli enormi sprechi in ultima analisi, generano ricchezza solo per pochi speculatori edilizi. Anche a Udine ci troviamo di fronte a questa stridente contraddizione. L’ex-frigorifero, le caserme Piave e Osoppo, il campeggio Italia ’90 e decine di altri edifici pubblici sono abbandonati da anni, cadono a pezzi e il comune si rifiuta di riutilizzarli vantando fantomatici progetti di recupero e ristrutturazione. Infatti, a parte il recupero di una palazzina d’ingresso della caserma Osoppo (di dimensioni ridicole rispetto all’intera area), l’amministrazione cittadina lascia al degrado un immenso patrimonio pubblico edilizio e lascia per strada persone e famiglie in cerca di un’abitazione. Oltre al riutilizzo degli spazi vuoti a fini abitativi, noi siamo per il recupero e la creazione di nuovi spazi sociali. Dal 2009, in seguito allo sgombero del Centro Sociale Autogestito di via Scalo Nuovo, fatta eccezione per la breve parentesi della ex-caserma Osoppo nel 2013, prontamente repressa da comune, vigili urbani e questura, con denunce per occupazione e resistenza a pubblico ufficiale, a Udine, manca uno spazio sociale veramente autogestito. In questa Città si sente la necessità di uno posto, dove creare momenti di aggregazione liberi dai vincoli della società autoritaria e dalle logiche di mercato, dove fare politica dal basso per la trasformazione di un sistema sociale, politico ed economico, oramai in crisi irreversibile. Solidarietà agli occupanti sgomberati dal Comune! Basta spazi vuoti e basta cementificazione! OCCUPARE E’ GIUSTO! Collettivo Makhno – Collettivo del CSA in Esilio di Udine

esemplare comunicato solidarietà per Gaza della CGA France

Basta con l'assedio di Gaza! Basta con il massacro! Per finirla con il colonialismo, l'apartheid, il razzismo e il terrorismo di stato! Per il ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati! Dobbiamo fermare questa violenza coloniale, il più presto possibile, le umiliazioni quotidiane, gli espropri, la strategia di isolamento del popolo palestinese e il suo confinamento in una enorme prigione a cielo aperto. Dobbiamo fermare lo strangolamento quotidiano di una popolazione intera punita collettivamente in nome di una presunta "lotta contro il terrorismo" . Noi sosteniamo la lotta palestinese ad alta voce per la loro dignità di esseri umani, la libertà di movimento e di insediamento, contro i posti di blocco e contro una politica di espropriazione e di blocco economico che mira a mettere in ginocchio tutta la popolazione. No alla guerra, a tutte le guerre che servono solo gli interessi degli Stati e dei cittadini. Arrestare il sostegno degli stati occidentali alla politica coloniale di Israele! Fermare le forniture di armi e il sostegno finanziario a questa sporca guerra coloniale! Gli Stati occidentali cercano di dimenticare il proprio passato antisemita e le proprie politiche neo-coloniali, sostenendo Israele, in una prospettiva di appropriazione delle risorse della regione, sotto la maschera dello "scontro tra civiltà". Occorre fermare l'ipocrisia degli Stati della regione (il blocco Siria-Iran, la Turchia, l'Arabia Saudita e Qatar, e molti altri) che hanno tutto l'interesse che il conflitto duri, per continuare a mettere a tacere ogni rivolta interna, ogni lotta sociale con la scusa della necessità dela "lotta prioritaria contro il sionismo". Stati che non hanno alcun interesse a porre fine all'occupazione coloniale israeliana, che li priverebbe di un comodo pretesto per schiacciare ogni lotta sociale interna. Per la solidarietà di classe, contro il colonialismo e tutte le forme di razzismo! Bisogna smettere di semplificare: noi rifiutiamo l'assimilazione tra i popoli e gli stati! Ci sono israeliani ed ebrei che denunciano la politica dello Stato di Israele e quel nazionalismo coloniale che è il sionismo. Così come molte e molti palestinesi rifiutano la retorica reazionaria di Hamas quanto rifiutano la corruzione di Fatah per sviluppare le lotte, spesso osteggiati dai due movimenti. Rifiutare l'aggressione israeliana e il colonialismo non significa sostenere il reazionario Hamas o essere anti-semita, come vorrebbero far credere i sionisti e i sostenitori di Hamas. Rifiutarsi di sostenere Hamas non significa per noi di mettere sullo stesso piano colonizzatori e colonizzati, nè sostenere il nazionalismo di Al Fatah, screditato dalla corruzione. Noi rifiutiamo l'equazione palestinese uguale Hamas. Non dimentichiamo che nella sua infanzia Hamas è stato sostenuto da Israele come un contrappeso ad altre fazioni palestinesi laiche per costruire un avversario spaventapasseri, che permettesse di giustificare la sua politica omicida. Noi crediamo che il progetto politico di Hamas sia sessista, reazionario, e non offra alcuna reale prospettiva di emancipazione ai lavoratori palestinesi. Il modo migliore per combattere l'influenza dei reazionari religiosi in Palestina è di fermare la politica degli insediamenti e il terrorismo di Stato effettuato da parte dello stato di Israele. Il modo migliore per combattere la politica dello Stato di Israele, che legittima la sua esistenza e la sua aggressività con la necessità di Israele come unico rifugio contro l'antisemitismo è quello di combattere l'antisemitismo, l'odio anti ebraico. Si tratta di dimostrare che il rifiuto della politica dello Stato di Israele non è simile all'antisemitismo, il terreno su cui ci vorrebbero portare i provocatori fascisti con la falsa maschera dell'"anti-sionismo" con cui tentano di far passare il loro paranoico incitamento all'odio antisemita prendendo il conflitto come una scusa, ma anche denunciare i sionisti che cercano di mettere a tacere ogni opposizione alla politica dello Stato di Israele. Nessuna guerra tra le nazioni, pace tra le classi! Oggi, noi sosteniamo la rivolta dei giovani palestinesi, i nostri compagni anarchici palestinesi e israeliani, i sindacati anticoloniali, che lottano contro l'occupazione su basi di classe! Se la cosa più urgente è quella di fermare la guerra e l'umiliazione quotidiana dell' occupazione, non crediamo che la vera soluzione al conflitto passi attraverso la formazione di uno stato, ma piuttosto che essa passi dalla distruzione degli Stati nella regione, che richiede la costruzione di una lotta comune, su base di classe, contro il colonialismo, l'oppressione razziale, lontano da pieghe nazionaliste o religiose. Si tratta di una dinamica rivoluzionaria e federalista che per noi metterà definitivamente fine alle dinamiche di conflitto, e anche se questa soluzione sembra lontana per ora, questo è l'unico modo in cui si potrà finalmente sfuggire alla logica dello scontro. Sì, la soluzione è lontana dalle piaghe nazionaliste e religiose, che servono gli interessi degli Stati e della borghesia nella regione, che mantengono solo il conflitto, la permanenza dell'occupazione e brutalità coloniale, ma anche il rafforzamento delle tendenze reazionarie in Palestina e altrove. 2 Agosto 2014 Relazioni Internazionali Coordinamento dei gruppi anarchici Relazioni esterne per il coordinamento dei gruppi anarchici

Per la comprensione della guerra civile in Ucraina

Il conflitto ucraino, come la maggior parte dei fenomeni politici, è multidimensionale ed altamente complesso. La sua comprensione richiede un approccio olistico -dialettico se volete. Ma a sentire i portavoce americani e della NATO ed i loro mezzi di comunicazione, vi è un solo fattore decisivo che spiegherebbe tutto: l'imperialismo russo e la determinazione di Putin nel voler dominare e quindi smembrare l'Ucraina quale passaggio interno al suo piano di restaurazione dell'impero sovietico. Secondo questa semplicistica visione, l'Ucraina, col benevolo sostegno dell'Occidente, sarebbe abbastanza in grado di gestire i suoi problemi per avviarsi rapidamente sulla strada di diventare una prosperosa democrazia in stile occidentale. La mia opinione è del tutto opposta: le radici del conflitto ucraino sono interne e sono profonde; l'intervento esterno, per quanto significativo, è un fattore secondario. Per ragioni di spazio mi limiterò, dunque,a mettere a fuoco la situazione interna, non senza aver tratteggiato più brevemente la dimensione internazionale del conflitto. Il che è doveroso visto che il governo canadese si è dimostrato particolarmente zelante nel dare il suo appoggio al governo ucraino ed a condannare la Russia quale unico responsabile. Lo scopo è quello di offrire uno schema che possa aiutare a capire ed a valutare l'informazione di massa sul conflitto che proviene dai governi e dai media. Una società profondamente divisa L'Ucraina è un paese profondamente diviso lungo faglie linguistiche, culturali, di identità storica, etniche, religiose, diviso da come rapportarsi alla Russia, come pure dagli interessi economici reali e percepiti. Dopo che l'Ucraina divenne indipendente nel 1991, queste divisioni sono state strumentalizzate ed alimentare dalle corrotte elite politiche ed economiche con lo scopo di distrarre la popolazione dalle loro attività criminali e di trarre vantaggio nella competizione tra le stesse elite. Questa manipolazione, in un contesto di una diffusa povertà e di insicurezza economica, ha impedito che le forze popolari si mobilitassero contro la classe dominante, i cosiddetti "oligarchi", che hanno gestito l'economia reale in modo da arricchirsi in modo incredibile. Dopo l'indipendenza, l'Ucraina ha perso oltre il 13% della sua popolazione, oggi sotto i 45 milioni. Diversi milioni di ucraini sono andati a lavorare all'estero, fornendo manodopera a buon mercato in Russia e nella UE. Quasi la metà della popolazione ucraina parla tutti i giorni l'ucraino; l'altra metà parla il russo; e comunque tutti se la cavano abbastanza bene con entrambe le lingue. Le tre regioni occidentali, a maggioranza ucrainofona, si sono unite al resto dell'Ucraina negli anni '40 dopo due secoli di dominazione oppressiva prima austro-ungarica, poi polacca. Le regioni meridionali ed orientali divennero parte dell'Ucraina alla fine della guerra civile russsa nel 1920. Fino al 1991, l'Ucraina non è mai esistita come stato, tranne che per un breve periodo durante la guerra civile. La popolazione delle regioni occidentali è profondamente nazionalistica; ed al centro di questo nazionalismo vi è oggi una profonda paura, mista ad odio, per la Russia ed, in vari gradi, per i Russi. Le regioni orientali e meridionali, per lo più russofone, hanno forti affinità etno-culturali, al pari delle simpatie politiche e dei legami economici con la Russia. Nelle regioni centrali la situazione è mista. La memoria storica ha un grande ruolo nelle divisioni: gli eroi dell'ovest collaborarono con l'occupazione tedesca nella 2GM e si resero complici dei crimini nazisti; gli eroi dell'est e del sud combatterono contro il fascismo a fianco dell'Unione Sovietica. Infatti, non è facile trovare un evento o un personaggio storico nel corso dei secoli su cui i due poli possano trovarsi d'accordo. Ci sono anche gli interessi economici: l'est è più industrializzato ed integrato nell'economia della Russia, da molto tempo il maggior partner commerciale dell'Ucraina; l'ovest è composto da piccole città ad economia agricola. Queste differenze si ritrovano nelle opposte posizioni politiche, in cui le paure irrazionali svolgono un ruolo significativo. La popolazione dell'ovest, con qualche supporto al centro, si è dimostrata in genere più attiva politicamente ed ha cercato di imporre la sua cultura, quella veramente ucraina, sul resto del paese. Le proteste di Maidan erano alimentate in modo sproporzionato dalle genti delle regioni occidentali. Alcune inchieste mostrano in modo consistente come la popolazione ucraina tende a dividersi sulle grandi questioni tra est ed ovest, sebbene la maggioranza della popolazione abbia percepito i governi succedutisi come corrotti e dominati dagli oligarchi. La questione che più divideva era la legittimazione del governo centrale. Quello formatosi dopo la caduta di Victor Yanukovych aveva il forte supporto dell'ovest e per certi versi anche del centro, cosa che è stata vista come un'insurrezione nazionalistica; la popolazione dell'est e del sud invece ha ampiamente disapprovato e temuto questo governo, considerato illegittimo. Cosa è stata Maidan? Lo scopo iniziale della protesta di Maidan era il destino di un accordo economico che l'allora presidente Yanukovych stava negoziando con l'Unione Europea. Yanukovych, che veniva identificato con i russofoni dell'est e del sud, aveva deciso (secondo me saggiamente) di sospendere i negoziati e di accettare l'offerta della Russia di un prestito di $15 miliardi. Ma quando scelse la strada della repressione contro i manifestanti, la protesta si diresse contro il governo, contro la sua natura repressiva e corrotta. L'aumento di elementi neo-fascisti armati dell'ovest tra i manifestanti portò alla radicalizzazione della protesta, con attacchi alla polizia, occupazione di edifici governativi, spingendo alla fine Yanukovych a dimettersi il 21 febbraio. Venne formato un governo provvisorio ma senza un passaggio costituzionale. Era fatto esclusivamente da politici identificabili con le regioni occidentali nazionaliste ed aveva al suo interno parecchi neo-fascisti. I politici identificati con l'occidente, tra cui alcuni oligarchi, vennero messi sotto accusa nelle regioni orientali, la cui popolazione vedeva il nuovo governo come del tutto ostile. L'insurrezione di Donbass Imitando le proteste di Maidan e le prime azioni nelle regioni occidentali che erano dirette contro il governo di Yanukovych, gruppi di cittadini di Donbass già in febbraio avevano iniziato ad occupare edifici governativi, chiedendo un referendum per l'autonomia della regione e per una possibile secessione ed annessione alla Russia. Questi gruppi erano inizialmente disarmati e per la maggior parte nemmeno separatisti. Come i loro compatrioti avevano fatto ad ovest all'inizio contro Yanukovych, qui si reclamava autonomia locale come misura di protezione contro un governo centrale ostile. La reazione di Kiev non faceva che confermare le peggiori paure ed i pregiudizi della popolazione di Donbass. Sotto l'impressione della annessione russa della Crimea ed in preda ad un fervente nazionalismo, il nuovo governo di Kiev non fece nessun vero sforzo per aprire un contatto con le popolazioni dell'est. Invece, quasi immediatamente partì l'accusa di terrorismo e venne lanciata un'operazione anti-terrorismo contro di loro. Non c'era nessuna vera intenzione di negoziare, ma solo di ricorrere alle armi. E dal momento che l'esercito ucraino era in difficoltà e non aveva grande voglia di combattere contro altri ucraini, il governo creò la Guardia Nazionale, composta da volontari scarsamente addestrati, tra cui ultra-nazionalisti e neo-fascisti. Come se non bastasse a confermare le paure nelle regioni orientali, 45 manifestanti anti-governativi venivano massacrati ad Odessa il 2 maggio, un crimine per il quale Kiev ha biasimato gli stessi manifestanti insieme a non identificati provocatori russi. Non è cambiato granchè dopo le elezioni presidenziali dei primi di maggio. Il presidente Petro Poroshenko non ha fatto niente per negoziare una fine del conflitto. I bombardamenti indiscriminati su centri civili di Donbass da parte del governo ha solo confermato la sua natura illegittima ed aliena agli occhi della popolazione locale. Non c'è niente di certo -per quanto ne so- sulle relazioni tra la popolazione locale e gli insorti armati a Donbass. Inoltre, queste relazioni si sono senza dubbio evolute nel tempo. Ma è chiaro che gli insorti erano, ed ancora sono, per la maggior parte gente del posto e che, almeno fino a poco tempo fa, godevano per certi versi delle simpatie della popolazione, la quale per la maggior parte non voleva la separazione ma solo una forma di auto-governo. Immagino che oggi non chiedano altro che la fine dei combattimenti e provvedimenti per la loro sicurezza fisica. L'insurrezione stessa si è radicalizzata nel tempo, specialmente con l'arrivo dalla Russia dei nazionalisti russi. In ogni caso, sebbene il governo di Kiev abbia offerto un'amnistia per coloro che non hanno commesso gravi crimini, i miliziani temono evidentemente il peggio se dovessero arrendersi. Il governo centrale Il regime politico ucraino differisce da quello russo nel fatto che in Ucraina gli oligarchi controllano lo stato ed i mezzi di comunicazione. In Russia c'è un regime "bonapartista", vale a dire che è l'elite politica a dominare sugli oligarchi, anche se ne fanno gli interessi. Questo è essenziale per capire perchè c'è stato più pluralismo politico in Ucraina. Se di questo ha beneficiato la classe lavoratrice ucraina è un'altra questione. La situazione economica e sociale in Ucraina è simile a quella russa, ma senza petrolio e gas. La carriera politica del presidente Poroshenko, miliardario proprietario di un impero alimentare ed automobilistico, ci dà l'idea nella natura del regime. Poroshenko è stato membro fondatore del Partito delle Regioni nel 2000, la macchina politica che aveva portato al potere Yanukovych nel 2010. Ma dopo un anno, Poroshenko lasciò il partito per diventare un influente sostenitore finanziario di Nostra Ucraina, un partito assimilabile alle regioni ovest ed al nazionalismo ucraino. Ha sostenuto la cosiddetta Rivoluzione Arancione alla fine del 2004 che portò al potere Viktor Yushchenko, un fervente nazionalista ucraino filo-occidentale. Poroshenko divenne ministro degli esteri, chiedendo di entrare nella NATO (cosa rifiutata dalla stragrande maggioranza della popolazione). Ma perse l'incarico nel 2010 quando Yanukovych vinse le elezioni presidenziali. Poroshenko tuttavia ritornò nel 2012 per fare il ministro del commercio e dello sviluppo nel governo Yanukovych. Ma dopo 8 mesi lasciò l'incarico per tornare ad essere un parlamentare come indipendente. In breve, si tratta della carriera di un inveterato opportunista politico, che, come gli altri della sua classe, ha fatto suo il proverbio russo: “Il mio cuore sta là dove stanno le mie fortune” Poroshenko, fin dall'inizio, non fa parte dell'ala estrema del nazionalismo ucraino, sebbene egli abbia definito gli insorti di Donbass come “gang di animali”. (Il Primo Ministro Yatsenyuk, amato dai governi occidentali, li ha definiti “subumani.”) Ma in ogni caso, Poroshenko divide il potere con un governo ed un parlamento che include elementi di estrema destra. Ed a causa della debolezza dell'esercito, ha dovuto affidarsi alle forze paramilitari degli ultra-nazionalisti per proseguire la guerra. Per esempio, il cessate-il-fuoco sottoscritto il 21 giugno e che voleva apparentemente prolungare mentre si negoziava, è finito subito dopo una manifestazione del cosiddetto battaglione dei "volontari", reclutati in gran parte tra gli ultra-nazionalisti ed elementi di estrema destra. Allora c'erano persone come il multi-miliardario governatore della regione di Dnepropetrovsk, Igor Kolomoiskii, che si era fatto il suo esercito personale, il Battaglione Dnipro; o anche il popolare deputato di estrema destra, Oleg Lyashko, che si era messo personalmente al comando di battaglioni di volontari a Donbass. Poroshenko ha anche considerato l'insorgere di sentimenti nazionalisti nel momento dell'annessione della Crimea alla Russia, alimentando anche una massiccia propaganda anti-russa sui media controllati dagli oligarchi con toni che andavano ben oltre i tipici elementi nazionalisti della società ucraina. Infine, la guerra e l'emergenza nazionale sono necessari per distrarre l'attenzione popolare dalla dure misure di austerità che sono solo al loro primo stadio. La dimensione internazionale Sebbene il conflitto sia fondamentalmente una guerra civile, le forze esterne hanno svolto un ruolo significativo. L'Occidente (USA, EU, NATO) ha una pesante responsabilità per il suo incessante sostegno ed incoraggiamento al governo ucraino per un orientamento politico ed economico esclusivamente filo-occidentale. Alla luce delle profonde divisioni interne nel paese, una tale politica è stata letale per l'integrità dello stato e per lo sviluppo pacifico. Inoltre, nel momento in cui queste divisioni interne hanno assunto la forma dello scontro armato, l'Occidente ha incessantemente supportato sia le azioni che la propaganda del governo di Kiev. Una propaganda che dipinge il governo russo come l'unico responsabile del conflitto e che tace sull'intransigenza di Kiev, sui crimini di guerra commessi contro la popolazione non combattente a Donbass nonchè le gravi sofferenze economiche inflitte all'intera popolazione. Una analisi degli interessi e delle motivazioni occidentali va al di là degli scopi di questo scritto. Ma è abbastanza ovvio che dopo la caduta dell'URSS, gli Stati Uniti, con il sostegno più o meno attivo dell'Europa, hanno seguito un percorso finalizzato a limitare al massimo l'influenza geopolitica della Russia ed a circondarla di stati non amici. Nonostante le solenni promesse fatte a Mikhail Gorbachev, questi stati sono stati integrati nella NATO, alleanza da cui la Russia è esclusa. Laddove l'integrazione nella NATO non è stata possibile o desiderabile, sono stati perseguiti cambi di regime. Questa è stata la politica dell'Occidente in Ucraina. La proposta di associarsi alla UE, che era all'origine della crisi e che conteneva clausole pertinenti la politica di difesa, ha forzato le divisioni nel paese verso una scelta tra Europa o Russia. (Un'indagine nazionale del dicembre 2013 fece emergere che il 48% era d'accordo con la decisione di Yanukovych di non firmare e che il 35% non era d'accordo. (Nell'Ucraina occidentale, tuttavia ben l'82% non era d'accordo) Il governo russo vide questo aperto ed attivo sostegno alle proteste di Maidan e poi al governo provvisorio ed alle sue politiche come un proseguimento della politica occidentale del "contenimento". La annessione della Crimea, che non sembra fosse pianificata, è stata almeno in parte, un messaggio rivolto all'Occidente: ora basta! Nonostante le dichiarazioni degli Ucraini e dell'Occidente, Putin non vuole un ulteriore sembramento dell'Ucraina, nè sta pianificando di ricostituire l'impero sovietico. Anche se la cosa non gli piace, Putin è pronto ad accettare la neutralità dell'Ucraina con legami economici anche più stretti con l'Europa. Quello che non vuole è un'Ucraina ostile ed esclusivamente orientata ad Occidente. La Russia europea che è il cuore della popolazione e dell'industria, condivide con l'Ucraina 2500 chilometri di confine. Alla luce della storia del XX secolo, la sensibilità della Russia alla questione non dovrebbe essere così difficile da capire, anche senza tenere in considerazione i profondi legami storici, culturali, etnici, familiari ed economici tra le due società. Ma anche la Russia non è senza responsabilità in questo conflitto. Faccio riferimento a quella sinistra (inclusa la sinistra russa), che ha sostenuto l'annessione della Crimea ed il coinvolgimento russo nella guerra civile come politica anti-imperialista del tutto giustificata. Intanto, altri a sinistra hanno assunto la posizione opposta, facendo propria però essenzialmente la versione che Kiev dava del conflitto. Va da sè che la condanna dell'annessione della Crimea da parte occidentale suona profondamente ipocrita alla luce della lunga storia di aggressioni imperialiste dell'occidente senza riguardo per le norme internazionali. Basti pensare al distacco del Kosovo dalla Serbia e all'invasione dell'Iraq, per citare solo due esempi recenti. Non c'è dubbio inoltre che grande maggioranza della popolazione in Crimea, che non si è mai sentita ucraina, fosse felice, molti addirittura entusiasti, per l'annessione. Fin dal 1992 i governi della Crimea non volevano altro che ritornare con la Russia. In ogni elezione nazionale, i partiti filo-russi ottenevano sempre la maggioranza. In quanto cittadino canadese, paese membro della NATO con un governo di destra che è stato zelante alleato di Kiev, ammetto che d'istinto mi sentivo di sostenere Putin che agiva per la difesa degli interessi nazionali del suo paese contro l'aggressione occidentale. Ma questa è una posizione sbagliata. Se l'annessione della Crimea non fa parte di un grande piano di restaurazione dell'impero sovietico, non è nemmeno una ragione primaria per legittimare una preoccupazione per gli interessi nazionali russi. Infatti, ci sarebbe da chiedersi cosa potrebbe costituire interesse nazionale in una società divisa in classi in cui la maggior parte della ricchezza è nelle mani di pochi, dominata da un governo autoritario e corrotto. In ogni caso, Putin stesso non ha spiegato l'annessione in termini di interessi geopolitici. Nel suo discorso in marzo dedicato alla Crimea ed in un altro in luglio al ministero degli affari esteri, ha fatto piuttosto riferimento al dovere di proteggere la popolazione russa al di fuori dei confini russi. E' un vero e proprio appello al nazionalismo etnico. Che (come nel caso delle guerre contro la Cecenia e la Georgia prima) ha avuto un grande successo nel far accrescere la popolarità di Putin, restringendo ancora di più i già limitati spazi di opposizione al regime. Ma anche da un punto di vista di interesse geopolitico, l'annessione della Crimea sembra incredibilmente una scelta miope e dannosa per la Russia. Questa annessione, secondo la giustificazione data da Putin, non ha fatto altro che alimentare la paranoia nazionalista anti-russa in Ucraina. Al tempo stesso, ha incoraggiato la resistenza armata a Donbass contro Kiev. Così mentre la Russia, credo sinceramente, ha seriamente chiesto un cessate-il-fuoco ed un accordo negoziato, l'annessione, nei fatti, ha alimentato il conflitto armato. E la Russia sta contribuendo anche direttamente al conflitto, dal momento che i radicati sentimenti nazionalisti in Russia spingono Putin a pernettere un ufficioso flusso limitato di combattenti e di armi verso Donbass, anche se Putin ha intenzione di intervenire in forze per liberare la milizia. (posso sbagliarmi, ma ne dubito.) E così invece di proteggere la popolazione russa di Donbass, Putin ha nei fatti contribuito al deterioramento della stessa situazione ed ha minato la possibilità della Russia di difendere effettivamente i suoi interessi. Ma l'annessione ha anche procurato danno all'immagine della Russia nel mondo. Fornendo un grande pretesto al nazionalismo anti-russo ed al governo di Kiev, Putin ha fatto sì che l'Ucraina rinforzasse fermamente la sua posizione in campo occidentale ed ostlile alla Russia. Egli ha anche aiutato a cristallizzare la NATO come un'alleanza ostile che punta a contenere un supposto espansionismo russo. E così facendo ha privato la Russia di ciò che era un suo argomento fondamentale contro l'aggressione USA e NATO: il rispetto per le norme internazionali del non-intervento negli affari interni di altri stati e per la loro integrità territoriale. C'è chi sostiene che Putin doveva salvaguardare la base navale russa di Sebastopoli. Ma si trattava di una minaccia solo potenziale -sebbene per anni gli ufficiali ucraini avevano parlato di prestarla alla NATO – e la sua messa in sicurezza ripaga ben poco il danno geopolitico in cui la Russia è incorsa con l'annessione. (Putin sembra non aver ben calcolato le reazioni europee, specialmente la supposta volontà della Germania di seguire gli USA in una crociata contro la Russia). Inoltre se Sebastopoli fosse stata veramente minacciata, la base poteva essere spostata nel porto russo di Novorosiisk nel Mar Nero. Il costo dello spostamento non sarebbe stato probabilmente più oneroso delle perdite provocate dalle sanzioni occidentali. Conclusione La soluzione, fin dall'inizio, è sempre stata evidente: un cessate-il-fuoco monitorato da osservatori internazionali, seguito da negoziati, con la sola condizione dell'accettazione dell'integrità territoriale dell'Ucraina. L'argomento del negoziato sarebbe stato la delega del potere a governi eletti su base regionale e locale. Questo è il famoso “federalismo,” sostenuto dalla Russia e dalla maggior parte della popolazione di Donbass ma respinta da Kiev e dall'Occidente, che sostengono trattarsi solo di un trucco per sancire una separazione dell'est dall'Ucraina con sua annessione alla Russia. Ma in una società così profondamente divisa, il federalismo può nei fatti essere una misura efficace contro il separatismo. (Se il Canada non fosse uno stato federale, il Quebec si sarebbe separato anni fa). Ma le cose potrebbero essere andate già troppo in là. Kiev, con l'appoggio dell'Occidente, non vorrà sentir parlare di cessate-il-fuoco. Vuole una piena resa o una vittoria militare sul campo. E, sebbene non sia tanto probabile, delle pressioni interne potrebbero convincere Putin ad un intervento diretto. In ogni caso il futuro non appare così luminoso per uno stato ucraino unificato. (traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali) Link esterno: http://www.socialistproject.ca/bullet/1025.php#continue

Intervista agli anarchici ucraini della RKAS

http://www.anarkismo.net/article/27241 intervista di un compagno russo di Autonomous Action a Samurai un anarchico ucraino di Donetsk, militante di una delle più famose organizzazioni anarchiche dell'era post-sovietica, la RKAS (Confederazione Rivoluzionaria AnarcoSindacalista). La RKAS, essenzialmente piattaformista, è lentamente scomparsa di scena. In questa intervista il compagno ucraino ne spiega le ragioni e dà la sua analisi sulla situazione nel paese. Qual è la situazione? Siamo davanti ad una rivoluzione politica nazionale borghese, sullo sfondo di una guerra civile e dello sviluppo di un nemmeno tanto celato intervento esterno russo. La situazione è molto difficile e sarà così per almeno un paio d'anni. Quando avevo previsto tutto questo lo scorso inverno nelle interviste radio fatte con voi e su Radio RKAS Libertaria, c'erano quelli che mi ridevano dietro, ora la divisione del paese e la guerra civile sono fatti. Tutto si è fatto più complicato per ragioni che hanno a che fare con la geopolitica, col nazionalismo, con l'economia e col sociale, senza dimenticare il puro accendersi delle passioni. Come ti muovi in questa fase? Per ragioni di sicurezza non ne voglio parlare. Per quanto riguarda la RKAS – N.I. Makhno, ufficialmente ma senza tanto chiasso non esiste più ed il suo nucleo militante agisce in clandestinità. Tutto questo è successo perchè nella sua forma più recente la RKAS era del tutto inadeguata alle necessità della fase. Lo stesso vale per tutto il movimento anarchico russo ed ucraino. La RKAS in quanto parte di questo movimento non ha saputo superare quei limiti che mettono il movimento anarchico attualmente fuori gioco. In tutti questi anni abbiamo cercato di costruire un progetto efficace nel medio termine che si è rivelato inadeguato. Questo progetto era la RKAS. Il tempo ha dimostrato la totale inutilità dei nostri tentativi. Perchè dico questo? Ci sono tre ragioni principali per spiegare perchè il movimento anarchico nella sua attuale forma non ha nessun futuro. La prima è l'infantilismo della stragrande maggioranza di coloro che aderiscono al movimento. Non c'entra niente l'età, anche se la maggioranza di coloro che si dichiarano anarchici sono dei ragazzi. Per infantilismo intendo quell'abitudine mentale tipica dei bambini nell'affrontare le cose serie e quelle fondamentali, quella mancanza di serietà nella percezione delle cose serie. E che colpisce la maggioranza degli anarchici, che abbiano 14, 18, 25 anni o di più. Un atteggiamento naif ed una inefficienza tipicamente infantile. Ma sono questi oggi che formano il movimento e ne configurano l'esistenza. La seconda ragione sta nei tratti subculturali del movimento. La prova di quello che dico è contenuta in questo passaggio di un'intervista rilasciata da uno di questi anarchici sul sito di Avtonomnoje Deistviye (Autonomous Action). Alla domanda se ci sono gruppi anarchici a Donbass viene data questa risposta: “Di anarchici ce ne sono pochi e poco attivi. La loro influenza sulla situazione politica è inesistente. Ci sono dei gruppi non organizzati a Donetsk, Avdeevka, Kramatorsk, Gorlovka, Mariupol, Yasinovataya. Ogni gruppo ha circa 10 membri… Organizzano partite di calcetto a 5, concerti, atttaccano adesivi, fanno scritte, ma senza nessuna sistematicità. Sono compagnie di amici”. Non c'è molto da aggiungere. Mi chiedo perchè questi gruppi che si dichiarano anarchici non si uniscono in una sola organizzazione. La domanda è retorica e la risposta èovvia: l'infantilismo degli anarchici e la totale assenza della minima capacità di visione strategica dei leaders di questi gruppi che non riescono ad andare oltre l'azione fine a se stessa ed oltre il loro proprio ego (leggi infantilismo) per pensare ad unirsi in una sola organizzazione e fare lavoro politico. Ne è un esempio la campagna anti-elettorale di uno dei gruppi uscito dalla RKAS, la cosiddetta Mezhdunarodnyj Souz Anarkhistov (MSA, International Union of Anarchists) a Donetsk. Quando sono usciti dall'organizzazione dicevano che il supposto autoritarismo della RKAS non gli dava la possibilità di realizzarsi, che ogni loro iniziativa veniva castrata. Una volta che si sono liberati della "dittatura degli organismi dirigenti della RKAS”, che li mandava a volantinare davanti alle miniere ed alle fabbriche ed a diffondere il giornale, ad intervenire nei sindacati e e nelle cooperative ed a costruire un disciplinato "servizio d'ordine", una volta dunque che si sono liberati delle decisioni congressuali della RKAS che parlavano di compiti socio-politici, questi anarchici "anti-autoritari" si sono costituiti in MSA ed hanno dimostrato la loro capacità strategico-tattica attaccando in tutta la città tatze-bao con scritto "Non votate - diventate vegetariani"! E dove sono ora queste unità anti-autoritarie che hanno sistematicamente indebolito la RKAS e fatto a pezzi il movimento anarchico fin dalla loro comparsa impedendo che potesse organizzarsi una forte organizzazione politica di massa? Attaccano ancora adesivi, fanno scritte di cui non frega niente a nessuno, giocano a pallone e vanno ai concerti? Mangiano verdure e non vanno e votare? E per tutto questo hanno distrutto tutto quello che c'era di costruttivo nel movimento dicendo che non erano forme "rispettabili per il vero anarchismo"? Questo è il modo di comportarsi dei bambini monelli, che fanno giochi di disobbedienza e di scontri per bearsi di se stessi. Terza ragione, l'anarchismo degli anarchici. Ormai gli anarchici sono diventati il maggiore ostacolo sulla strada dell'anarchia. Uso apposta questa tautologia per porre l'attenzione sula vecchia malattia di essere anti-organizzatori, distruttivi ed irresponsabili, di restare ad un livello di purezza che mina ogni lavoro costruttivo.A causa di questi errori gli anarchici non sono riusciti a fare l'organizzazione. E tutti i tentativi di provarci nella struttura offerta dalla RKAS hanno dato luogo ad una vera e propria crociata contro "l'autoritarismo e l'estremismo". Sia nel febbraio del 2013 che nella fase attuale, è emerso chiaramente questo anarchismo infantile, sub-culturale, senza speranza, qualunque sigla assumesse. Sul futuro della RKAS, posso dire che la sua scomparsa è un passaggio tattico. Forse la RKAS riemergerà con nuove capacità, imparando dagli errori ed adeguandosi alla situazione attuale: forse avremo un nuovo nome o un paio di varianti. Ma con lo stesso spirito e la stessa idea di anarchismo che la RKAS ha cercato di mettere in pratica per più di 20 anni. Per ora, ci siamo sciolti nel tempo e nello spazio. Giusto per poco. Quale è la composizione sociale delle proteste nel sud-est ed a Maidan? Chi sono i capi e cosa fa la gente comune? Non c’è molta differenza tra i separatisti del sud-est e quelli a Maidan. In entrambi queste rivoluzioni sono coinvolti gli intellettuali del paese, imprenditori, cittadini, popolazione rurale, studenti, sottoproletariato ed ex-militari. Questa guerra fratricida è tra persone che hanno interessi comuni, ma la manipolazione politica ha fatto di questo paese una sorta di ostaggio e di burattino per gli interessi di clan economici e di famiglie feudali. Invece di rivolgere le armi contro gli oligarchi ed i loro imperi, la gente comune a Maidan ha portato al potere nuovi oligarchi mentre la gente comune del sud-est porta avanti gli interessi della famiglia del rimosso presidente Yanukovych e del suo padrone a Mosca. Tutta questa retorica che sa di nazionalismo e sciovinismo e tutte queste lacrime versate per gli interessi dell’est o dell’ovest sono solo pantomime per gli interessi delle famiglie oligarchiche e per le istituzioni statali sottomesse alla loro volontà. Il fatto è che si tratta di pantomime di sangue. Il popolo ucraino è intrappolato in questo crudele “gioco del trono”. Le persone di qua e di là della barricata dovrebbero capire che sono state ingannate, che si stanno combattendo per una mitologia ma che in realtà stanno uccidendo se stesse, perché si tratta dello stesso unico corpo. I lavoratori scagliati gli uni contro gli altri come cani da combattimento e che continuano a soffrire per le ferite e per il dolore, dovrebbero capire che il nemico si trova al Cremino ed a Palazzo Mariinsky, al Capitol ed al Bundestag. Per quanto riguarda i capi, a Maidan si tratta degli elementi estremisti della borghesia nazionale. E lo stesso vale per i capi dei separatisti. A est terrorizzano la gente con il Pravyj Sektor (“Settore di destra”) ed invitano a combattere contro il fascismo- ma si tratta di gente che proviene dai partiti e dai movimenti fascisti russi, che condividono l’idea imperial-fascista del nazionalismo russo. I sostenitori di Barkashov, Zhirinovsky, Dugin e Limonov invitano a combattere contro il fascismo, no? Ma è un nonsense. Perchè l’aspetto più triste di questa faccenda è che i fascisti ed i nazionalisti russi, insieme alle masse che loro stanno prendendo in giro, intendono per fascisti tutti gli ucraini, tutto il popolo ucraino come tale. Agli ucraini viene negata la loro storia, la loro lingua, lo stesso nome ed il diritto ad esistere. Secondo questa logica, a Donetsk, hai solo una scelta: essere russo o essere fascista. Se sei ucraino e non ne vuoi sapere del nazionalismo e del fascismo, allora non conti nulla. Se dici: “Io sono ucraino” e lo dici in ucraino, rischi di essere pestato o ucciso. Questa è la logica del “nazional-fascismo” imperiale russo. Questo fantasma si è impossessato non solo della destra filo-russa a Donetsk , ma anche di strati interi della popolazione. Persino della cosiddetta sinistra del sud-est. La manipolazione ha vinto la guerra. Ha violentato la coscienza delle masse e si vive nell’assurdo. Questo è ciò che è successo a Maidan e che sta ora accadendo nel sud-est. Che razza di organizzazioni sono Rabochiy Front e Lava? Quanto contano? Lava è solo un gruppo di minatori di Donetsk che, nelle prime giornate dei moti si presentò davanti alla sede della amministrazione regionale con una bandiera nera con scritto su la parola Lava. Non è un’organizzazione politica ma solo un gruppo di persone. La bandiera è rimasta sul balcone della Regione per alcuni giorni e poi è sparita, come pure il gruppo di minatori. Nessun legame con l’anarchismo. Sono cose che succedono quando ci sono moti popolari. La gente è presa dalla fregola di fare qualcosa, qualcosa che poi non avrà nessuna conseguenza. Rabochiy Front è un gruppo uscito dal sindacato Ukrainian Workers Union molto prima dei fatti di Maidan. Sono operai di orientamento comunista filo-sovietico. Agli inizi dei moti a Donetsk, si misero a protezione di una statua di Lenin. Poi hanno preso parte alla conquista della sede della Regione. In generale, c’è stata una massiccia ed attiva partecipazione dei sostenitori del Partito Comunista Ucraino e di tutti i gruppi filo-sovietici all’interno del movimento separatista. Persino il partito Borot’ba ha un ruolo attivo nei fatti del sud-est. Molti vedono la Russia come l’erede dell’Unione Sovietica e si immaginano una restaurazione dell'URSS. Può sembrare ridicolo ed illogico ma la psicosi di massa è un fenomeno complesso. Basta leggersi Le Bon, Reich e Moscovici. Ora capisco come potè il Nazismo conquistare i tedeschi. Oggi nell'era del post-modernismo non funziona più nessuno degli schemi classici della visione mondiale. Per cui puoi vedere un comunista ed un fascista spalla a spalla, un imperialista ed un consiliarista alleati, come pure un anarchico ed un nazionalista. Nell'anniversario della vittoria sul fascismo, il 9 maggio, a Donetsk, durante la manifestazione antifa, mio fratello che è un sostenitore dei separatisti venne salutato col saluto antifascista “Heil Hitler”, da un suo sodale membro del novimento che devastò la sede del servizio di sicurezza di Donetsk. Di fronte al mio commento sarcastico, mio fratello non potè fare altro che mugugnare timidamente. Potresti dirci qualcosa sul referendum dell'11 maggio? Un altro esempio della società dello spettacolo. Impossibile verificare, impossibile rifiutare. Finti sondaggi, finti seggi senza osservatori e sotto la sorveglianza di gente a volto coperto. Io stesso ho visto un ragazzo con una pistola in mostra che "proteggeva" il mio seggio. Il referendum è stato una farsa. Mr. Barkashov si era assicurato che l'esito uffciale sarebbe stato del 90% per poi vedere la reazione dei Khokhols (nome dispregiativo dato agli ucraini). Anzi meglio: è stato uno degli elementi dentro una strategia più ampia. Prima creare una Repubblica Popolare Indipendente e poi chiedere l'adesione alla Federazione Russa. Lo scenario della Crimea ha funzionato ovunque, a Donetsk ed a Lugansk. Infatti, solo poche ore dopo la proclamazione della Repubblica Popolare di Donetsk, veniva chiesta l'adesione alla Federazione Russa. Non so immaginarmi come la retorica anti-oligarchica e socialista dei separatisti potrà combinarsi con l'amore per le oligarchie, per lo stato imperiale autoritario e con il mega-oligarca Putin, possessore di diversi miliardi. Un'altra tragicommedia. Lo schema usato in Crimea non ha funzionato a Donbass, con la mancata veloce annessione. Circostanze diverse. Ma non credo che a Putin interessasse più di tanto. Della regione di Lugansk non saprei dire. Ma a Donetsk molta gente non sosteneva la Repubblica Indipendente ed era a favore dell'unità ucraina. I separatisti sono meglio organizzati e più attrezzati col sostegno della Russia, ma la popolazione è divisa con una maggioranza che si oppone alla Repubblica Popolare. Cosa sai dell'incendio a Odessa il 2 maggio? Chi furono i responsabili? Ecco un altro caso di manipolazione su vasta scala di cui è difficile parlare, perchè poi si specula sul sangue e sul dolore, come del resto tutto quello che succede oggi nel paese. Basta ricordare la brutale uccisione dei sostenitori dell'Ucraina a Gorlovka, le uccisioni ed i pestaggi nelle manifestazioni in difesa dell'unità ucraina a Donetsk, i pestaggi e le torture ad opera dei separatisti e degli agenti imperialisti. La NKVD ha la sua sede a Donetsk, nell'edificio della Regione, che è il quartier generale dei separatisti e la sede del governo della Repubblica Popolare. E' lo stesso posto in cui i ribelli filo-Russi portano gli oppositori o gli scontenti e li picchiano e li torturano, tenendoli in condizioni disumane per mesi. Potremmo ricordare dozzine di casi. Questa è la logica della guerra civile. Le vittime da entrambe le parti sono inevitabili. I fatti di Odessa stanno dentro questa cornice. Potevano accadere in qualsiasi città e colpire gli attivisti di entrambi gli schieramenti. La tragedia di Odessa fa parte della grande manipolazione, della conta già prevista di vittime civili. Lo ripeto, la tragedia non sta in chi uccide chi ed in quale numero, ma nella strage di gente comune che muore per gli interessi di chi sta al potere. Sia i morti sotto la bandiera ucraina che i morti sotto la bandiera russa sono vittime del Moloch del potere mondiale nel suo più ampio senso. Questa non è una guerra degli oppressi contro gli oppressori, ma è la guerra dei signori feudali, che recluta morti, mentre lorsignori se ne puliscono le mani. La vera rivoluzione inizia quando i plebei si uniscono contro i patrizi, ma non si uccidono tra di loro per gli interessi dei ricchi. Tornando ad Odessa, non sapremo mai la verità. Uno dei separatisti mi ha detto una volta: “Certo si mente da entrambe le parti, ma tu devi scegliere le menzogne che sei pronto a difendere. Perchè poi non abbia da vergognarti della tua scelta”. Ecco come funziona la logica della guerra civile. Ma io che non voglio scegliere tra due tipi di menzogne, scelgo la verità, e la verità è quando il popolo lotta contro i suoi oppressori e non contro se stesso. Cosa ne pensi di Avtonomnyj Opir, di Borot’ba e di altri gruppi di sinistra che sono impegnati nelle manifestazioni tanto ad ovest quanto ad est? Sai qualcosa della costituzione della Guardia Nera Ucraina? Guardo ad Avtonomnyj Opir con interesse, dal momento che penso che al movimento anarchico manchi uno studio rigoroso sulla questione nazionale così come gli manca un approccio al patriottismo nella sua forma puramente popolare, quale si può riscontrare in molti movimenti anarchici del passato, da Hristo Botev a Nestor Makhno. Nel movimento anarchico odierno domina l'essere cosmopoliti, una posizione che rifiuta le radici e mette ai margini il popolo, mentre ha perso posizioni l'internazionalismo -inteso come interesse nazionale ed internazionale che richiama l'amore per il proprio paese senza nessuna componente politica. Queste due posizioni sono sempre state presenti nell'anarchismo. L'anarchismo internazionalista corrisponde di più al mio modo di pensare. Dobbiamo ritornare alle radici dell'anarchismo classico e lavorare su questa questione. Altrimenti rischiamo di ri-commettere i vecchi errori e di restare un movimento marginale. Guardo al partito comunista Borot’ba con prudenza, dato che loro sono in competizione con gli anarchici. E questo vuol dire che sono nostri oppositori. Il progetto Borot’ba è molto vicino al Partito Comunista Ucraino (KPU) ed è stato creato per essere il futuro sostituto del morente KPU. Si tratta di una giovane, contemporanea e moderna versione del Partito Comunista. Vedremo presto deputati di Borot’ba sedere nel parlamento ucraino. Si stanno già preparando. In termini ideologici, “Borot’ba” è l'erede del vecchio movimento comunista che si fa carico della sua lunga storia. A cominciare dallo scontro tra Marx e Bakunin nell'Internazionale fino alla dittatura bolscevica di Lenin e Trotsky ed alla distruzione della Makhnovshchina da parte loro, da Stalin e dall'Unione Sovietica fino a Petr Simonenko, Victor Ampilov ed a Gennady Zyuganov oggi. Ecco perchè non deve meravigliare perchè i militanti di Borot’ba hanno aderito con entusiasmo al movimento separatista nel sud-est dell'Ucraina a fianco delle forze imperialiste e perchè le loro bandiere rosse sventolano a fianco del tricolore imperiale. Ci sono anche delle pagine eroiche in questa storia, ma i comunisti statalisti resteranno sempre nemici degli anarchici, indipendentemente dalla maschera che indossano: fosse quella dell'antipatico Simonenko o del seducente Vallejo. Prima o poi ci ritroveremo faccia a faccia con loro e combatteremo contro Borot’ba, così come i bolscevichi ed i sostenitori del Makhnovismo lottarono gli uni contro gli altri al loro tempo. E' inevitabile. So poco del progetto "Guardia Nera Ucraina" - e per ora resto alquanto scettico, alla luce delle critiche da me esposte sul movimento anarchico ucraino. Ma sarei felice di sbagliarmi. Secondo te ci sono esperti russi nel sud-est? Ma no?! Ce ne sono molti in una base di addestramento a Donetsk e nella regione di Lugansk, dove gruppi di 400-500 persone del posto e volontari russi si addestrano sotto la guida di istruttori militari. Ce ne sono nel battaglione “Vostok” (“Est”), diverse dozzine di professionisti dell'esercito russo. C'è Girkin col suo gruppo a Slovyansk, c'è Bezler a Gorlovka e molti altri. Ovviamente la maggior parte delle persone che combattono sotto le bandiere dei separatisti sono del posto, lavoratori comuni o veterani dell'esercito o agenti di sicurezza, veterani della guerra in Afghanistan, ex-poliziotti ed esperti delle Forze Speciali. Ma un significativo ed autorevole gruppo di miliziani, a parte i volontari russi come i Cosacchi del Don e quelli di varie organizzazioni nazionaliste russe, sono i sabotatori russi, militari specialisti, che organizzano tutto. Il rifornimento di munizioni, di equipaggiamento speciale, di armi e di soldi viene dalla Russia tramite la potente lobby della Duma. La gente vicina a Putin avverte i funzionari della Repubblica Popolare di Donetsk, persone come Glazjev, per esempio, o altre odiose figure come Zhirinovsky, Dugin e Barkashov. Inoltre, l'attuale capo del governo della cosiddetta "Repubblica Popolare" di Donetsk è Boroday, un famoso stratega politico di Mosca, nominato dal Cremlino; è al comando del battaglione separatista “Vostok” ai cui punti di arruolamento arrivano volontari/mercenari da tutta la Russia. Un intervento che si poggia ampiamente sul movimento locale di protesta e sulla elite locale. E' possibile che le proteste in Ucraina evolvano verso una rivoluzione sociale? Al momento è uno scenario improbabile. Credo fermamente che qualsiasi rivoluzione sociale è possibile solo in presenza di 2 fattori. E cioè: il primo,una mobilitazione pubblica e di massa che rivendichi un cambiamento radicale e, secondo, una organizzazione politica degli anarchici rivoluzionari, che sia in grado di organizzare ed orientare il processo di cambiamento per consolidarne i risultati. Se oggi il primo fattore è più o meno presente e la mobilitazione popolare cresce, risulta però ancora assente il fattore soggettivo. Siamo di fronte ad un rivoluzione politica, da cui le forze politiche e gli esponenti della grande borghesia -o con un termine moderno, gli oligarchi- ne trarranno tutti i vantaggi. Ma se parliamo di rivoluzione sociale, oggi non ce n'è traccia, ed il popolo, anche se vede dei cambiamenti, vede solo quelli dentro uno schema puramente politico. Ed anche se ci sono stati timidi accenni rivoluzionari anti-autoritari, ma senza il supporto di una forte organizzazione rivoluzionaria anti-autoritaria, li vedremo presto schiantarsi contro l'agenda politica imposta dalla borghesia e dai partiti nazionalisti. Il vero problema per un movimento anarchico moderno, nonchè causa del suo collasso a fronte degli sviluppi in corso, è la mancanza di un'organizzazione anarchica. Le cose che stanno succedendo ora in Ucraina ed il fatto che gli anarchici non siano stati capaci di sfruttare la situazione a causa dell'aver perso il buon senso per anni per farsi trascinare del tutto in illusioni di carattere subculturale ed anti-organizzatore, è oggi oggetto di auto-analisi. E questo conferma tutte le conclusioni e gli sforzi a cui erano giunti i sostenitori del progetto “RKAS - N.I. Makhno”. Il fallimento di questo progetto la dice lunga e fornisce una risposta alla seguente domanda: “E' possibile per gli anarchici sperare ora di far evolvere le mobilitazioni di massa sul piano della rivoluzione sociale?”. L'organizzazione è un mezzo molto importante per l'esistenza delle idee. E' un'incubatrice, una scuola, una società di mutuo appoggio ed una piattaforma che produce idee e progetti; ma ancora di più, è uno strumento per realizzare quelle idee, è uno strumento di influenza ed uno strumento di lotta. Che non può essere sostituito con i gruppi di affinità. Si leggano Makhno, Arshinov, Volin, Bookchin ed alla fine tutto diventa chiaro. Come nel 1917, anche ora gli anarchici hanno perso un'occasione unica per guidare il processo. Quali sono al momento le prospettive esistenti per gli anarchici? Per ora nessuna. E temo anche per il futuro se le cose restano come sono e se la rivoluzione non scoppia nella testa di coloro che si dichiarano anarchici. Occorrono dei contenitori. Il progetto RKAS era una sorta di contenitore, che non solo è stato rifiutato, ma addirittura perseguitato. Chiedete agli anarchici ucraini cosa pensano della RKAS e sentirete uscire dalle loro parole veleno, bile, rabbia e menzogne. Perchè mai? Perchè noi siamo stati i soli a non dare spazio nè ai sostenitori della subcultura nè ai caotici (quelli che credono l'anarchia sia un movimento che vuole il caos) e siamo stati i soli che hanno parlato di necessità di unità, di disciplina e di responsabilità. Gli unici a parlare apertamente in faccia a chiunque della inanità ed a castigare i vizi del movimento. Ed i soli che hanno sempre agito contro “le regole”. A differenza degli altri anarchici noi eravamo "quelli della RKAS", quelli dell'anarchismo piattaformista di Makhno. Verso la RKAS gli anarchici hanno solo due atteggiamenti: rispetto oppure odio. Ma non c'è indifferenza. Per cui siamo sulla strada giusta. La nostra battaglia per l'organizzazione è la battaglia per la messa in pratica delle idee anarchiche. Ora è tempo di riflessioni. Ma temo che tutto resterà com'è nel movimento. Gli anarchici hanno una peculiarità unica nelle masse: non imparano mai. Preferiscono ripetere gli stessi errori e coloro che cercano di correggere gli errori vengono bollati come "non anarchici". Come nel caso della RKAS. Io penso che la RKAS sia stata un fenomeno unico dell'anarchismo post-sovietico, è esistita per più di 20 anni svolgendo un ruolo di primo piano. Molti gruppi che sono apparsi dopo sono solo dei cloni della RKAS, delle parodie della matrice originaria, una volta persa l'essenza originaria. Ed ogni anarchico appena consapevole di sè cosa fa? Certamente si metterà a creare la sua nuova organizzazione, sempre rifacendosi alla RKAS ma dichiarando che questo atto di creazione di una copia è un atto di ribellione anti-autoritaria ed una nuova voce nell'anarchismo.Tutto ciò è ridicolo. E sarebbe anche divertente se non fosse molto triste. Perchè si tratta di un'infinita ambiziosa scissione del movimento fatta in nome dell'anti-autoritarismo ma in realtà fatta in nome di un'idiota vanità e della propria auto-affermazione personale. E non so se ne verremo mai a capo.. Makhno ne scrisse almeno 100 anni fa. Bookchin - almeno 40 anni fa. Io ne scrivo oggi. Ma non se ne esce. Che altro dire? (traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali) Link esterno: https://avtonom.info

Gli anarchici livornesi e Gaza

Abbiamo assistito con orrore all'aggressione delle forze armate israeliane a Gaza, con il seguito di stragi fra i civili. Questa aggressione, tra le altre cose, è diventata occasione di polemica nella sonnolenta politica livornese agostana. Durante “Effetto Venezia” è stato esposto, sul muro dell'ex-carcere dei Domenicani, uno striscione con scritto “Fermare il genocidio a Gaza, Israele vero terrorista”; questa esposizione ha provocato numerose prese di posizione, fra cui quella del presidente della Comunità ebraica livornese, Vittorio Mosseri, e quella dell'ambasciatore dello stato d'Israele in Italia. La lettera di Mosseri, indirizzata al sindaco di Livorno, ha espresso i soliti luoghi comuni della propaganda del governo Netanyahu a giustificazione della propria politica di aggressione e di sterminio della popolazione di Gaza, attribuendo posizioni antisemite a chiunque critichi le scelte dello stato di Israele, e trasformando in sostenitore di Hamas chiunque conservi un minimo di umanità e provi sdegno per le stragi compiute a Gaza. La lettera si concludeva facendo appello al sindaco “per una presa di posizione che elimini qualunque voce di odio e conflittualità”. Abbiamo rilevato come siapericolosa la pretesa che il potere politico operi per eliminare ogni voce conflittuale: la società in cui viviamo è conflittuale, per questo gli anarchici operano per cambiarla. Tentare di soffocare le voci conflittuali non elimina il conflitto ma, come in Palestina, rende solo più violenta la sua manifestazione. E' inoltre difficile da comprendere perché il presidente di una comunità religiosa si sia sentito di dover difendere degli amministratori politici, espressione di una destra becera ed estrema come quella che sta governando lo stato di Israele, protagonisti e colpevoli delle stragi che si compiono a Gaza. In tutto il mondo sono moltissime le voci di protesta contro questa guerra unilaterale, portate avanti anche dagli stessi cittadini israeliani, come dimostrano, oltre ad Anarchici contro il Muro e ad altri gruppi di attivisti, i numerosi refusnik, come dimostrano le migliaia di partecipanti alla manifestazione di Tel-Aviv, contrari alle politiche di sterminio di massa di quel governo. La lettera dell'ambasciatore israeliano in Italia, ha ripetuto, ovviamente, sia pur con toni diversi, le considerazioni di Mosseri. Resta comunque il fatto, che noi riteniamo irrituale, di un rappresentante di uno Stato estero che interviene direttamente e pesantemente nel dibattito politico cittadino, rivolgendosi al sindaco. Il sindaco di Livorno, dopo aver risposto in un primo tempo, alla lettera del presidente della Comunità ebraica chiedendo che questa “si unisse convintamente al nostro appello per una tregua”, ha goffamente cambiato registro, arrivando addirittura a definire “violento” il messaggio contenuto nello striscione. Un'accusa, quella di violenza, sempre più diffusa da parte delle istituzioni e dei maggiori organi d'informazione nei confronti di chi non condivide la propaganda istituzionale e addirittura ha l'ardire di esprimere il proprio pensiero. Un'accusa, quella di violenza, che viene da chi usa il manganello per risolvere i problemi sociali, l'emergenza ambientale e imporre la devastazione e il saccheggio dei territori. Nogarin ha fatto presto ad adeguarsi allo stile dei politici più navigati. Dopo un'iniziale soprassalto di sdegno di fronte alle stragi di civili, le varie componenti del ceto politico istituzionale locale, delle associazioni politiche, culturali e sindacali ad esso collegate si ricompattano attorno ad una “equidistanza” fra le parti in conflitto, ed una sostanziale accettazione dell'impostazione del presidente della comunità ebraica e dell'ambasciatore israeliano, mascherata da un generico e impotente appello alla pace. Abbiamo seguito con attenzione l'evolversi sia dell'aggressione israeliana nei confronti della popolazione di Gaza, sia della politica internazionale, sia della politica locale. L'ennesima aggressione israeliana contro Gaza si concluderà probabilmente quando le forze armate israeliane avranno esaurito la scorta di munizioni, senza un nulla di fatto, perché Hamas continuerà a governare la Striscia, e il governo israeliano sarà pronto a rispondere con crudeli rappresaglie ad ogni uscita offensiva dei palestinesi; ci sarà “solo” qualche migliaio di civili assassinati in più, quelli che le gerarchie militari chiamano “danni collaterali”. Quanto è avvenuto in questi anni a Gaza dimostra che la soluzione “ due popoli, due stati” non elimina la minaccia di guerra. Ogni Stato non è che l'organizzazione della classe privilegiata per mantenere soggetta, tramite il monopolio della forza, la popolazione, per sfruttarla e costringerla a fare ciò che vuole chi controlla lo Stato. E un nuovo Stato palestinese non sfuggirebbe a questa logica, come ha dimostrato tutta la storia dell'OLP. Non solo: i due stati troverebbero la loro ragion d'essere nel mantenimento di una tensione reciproca, che periodicamente sfocerebbe in conflitti armati. L'abolizione degli stati è la premessa indispensabile della pace: lo stato di Israele, con il suo spropositato apparato militare e repressivo, va quindi abolito, così come l'Autorità Nazionale Palestinese, e sostituiti entrambi da una federazione di comunità disarmate. La situazione politica in Palestina non è più quella degli anni '70 del secolo scorso, quando la presenza di componenti di sinistra dell'Olp alimentava la speranza che una vittoria della lotta di liberazione palestinese potesse portare ad un'evoluzione in senso socialista; oggi questa evoluzione è possibile solo col rovesciamento della dirigenza dell'Olp e di Hamas, che può venire solo dalla sconfitta militare, cosi' come solo la sconfitta militare può portare al rovesciamento dell'attuale governo israeliano. La situazione del resto è chiara: Hamas e' sostenuta dal Qatar, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Turchia, tutti e tre alleati o membri della NATO; la partita che si sta giocando oggi in Medio Oriente e' quindi evidentemente truccata. La nostra posizione non è di neutralità o indifferenza tra i due contendenti: la pace può essere veramente una soluzione, ma per raggiungerla c'è bisogno di sconfiggere quelle classi dirigenti, palestinesi e israeliane, che della prosecuzione della guerra fanno la base del proprio potere; il pacifismo assoluto degli anarchici si accompagna all'internazionalismo proletario e al disfattismo rivoluzionario, cioè a quella pratica concreta di azioni in contrasto della guerra, pratica che nasce dal rifiuto di ogni patriottismo e di ogni gerarchia statale e militare. La ricerca di soluzioni per le popolazioni del settore mediorientale e di altri contesti internazionali tormentati dalle guerre deve comunque necessariamente tradursi anche in concrete iniziative per la pace da condurre in Italia, per contrastare in senso antimilitarista ed internazionalista quelle misure del governo che si inseriscono, come in un gigantesco puzzle, nel controllo imperialistico del Medio Oriente: l'operazione “Mare Nostrum”, la base MUOS di Niscemi, l'acquisto degli F-35, la vendita di armi alle forze armate israeliane sono occasioni per una lotta concreta contro la guerra e contro l'impegno militare del governo italiano. Federazione Anarchica Livornese

Palestinea-Israele, l'attacco militare a Gaza è stato un fallimento rispetto alle aspettative ma anche un boomerang*

Arkib, Bil'in, Ma'asara, Neby Saleh, Ni'ilin, Qaddum, Sheikh Jarrah, Colline Sud di Hebron. La guerra di Israele su Gaza intendeva indebolire Hamas ma renderlo indipendente dalla Autorità in Cisgiordania. Un mese e mezzo è passato ed Israele non riesce a fermare il lancio di razzi di Hamas su Israele. Hamas ha chiesto ad alta voce la rimozione dell'assedio ed il primo ministro israeliano non ha avuto l'appoggio necessario dalla sua coalizione per il necessario compromesso. Per diminuire le perdite e per salvare la faccia Israele con il sostegno degli USA stanno ora delegando la questione a quel Consiglio di Sicurezza dell'ONU di cui Israele non si è curato per molti anni. Le crescenti pressioni economiche creano delle spaccature interne alla elite israeliana al potere e persino il partito della coalizione populista con a capo il ministro degli esteri, inizia a parlare di fine dell'occupazione del 1967.. Intanto la lotta unitaria di base continua sia dentro Israele che con i Beduini di Arkib, ma anche a Bil'in, Ma'asara, Neby Saleh, Ni'ilin, Qaddum, Sheikh Jarrah, Colline Sud di Hebron. Bilin Nonostante l'innalzamento del livello di molestie da parte delle forze di stato israeliane durante la guerra su Gaza, la lotta unitaria di israeliani, internazionali a palestinesi del villaggio persiste nello sforzo di manifestare verso il cancello del muro della separazione. Venerdì 15.8.14 siamo riusciti a raggiungere il cancello ed a rimanere lì per un po' nonostante le molestie. Venerdì 22 agosto, nonostante la presenza di un consistente numero di comunisti-anarchici israeliani di Ahdut (Unità) le forze di stato israeliane ci hanno fermato e dopo un breve scontro verbale ci hanno inondato con i lacrimogeni costringendoci al ritiro. 15.8.14 https://www.facebook.com/photo.php?fbid=624011894364813 22-8-14 https://www.facebook.com/photo.php?fbid=714794418574615 https://www.facebook.com/village.bilin/posts/1456457134...19898 https://www.facebook.com/natali.babku/posts/10202643229...42958 Haitham Al Khatib https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10203735594403329 Nabi Saleh 15.8.2014 israelpnm https://www.youtube.com/watch?v=HSArFoDxq8o Nabi Saleh 22/08/2014 Israeliani ed attivisti internazionali si sono uniti ai residenti Palestinesi del villaggio di Nabi Saleh nel distretto di Ramallah per manifestare contro il continuo massacro in corso a Gaza. Finora sono già 2000 le persone uccise in 5 settimane, di cui in maggior parte civili. Il corteo, iniziato nel centro del villaggio, è proseguito sulla strada principale, dove l'esercito ha cercato di disperdere i manifestanti usando raffiche di lacrimogeni e di proiettili d'acciaio ricoperti di gomma. Nessun ferito grave. Haim Schwarczenberg https://www.facebook.com/media/set/?set=a.5881603313036...50543 https://www.facebook.com/media/set/?set=a.7997404200704...62736 David Reeb http://youtu.be/6kqpNRCdr08 Ni'ilin 22.8.2014 israelpnm https://www.youtube.com/watch?v=iZvE2AemyU8 Qaddum Nonostante 4 settimane di tiro al bersaglio con proiettili veri su manifestanti disarmati, la manifestazione settimanale contro il blocco stradale a Kufr Qaddum continua! https://www.facebook.com/photo.php?fbid=667227196688362 https://www.youtube.com/watch?v=oOzMgk5jr8Y 22-8-14 https://www.facebook.com/AlMasira.KufurKaddom/photos/a....ype=1 https://www.facebook.com/media/set/?set=a.7889711677916...14816 Sheik Jarrah 22-8-14 https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10152656935162138 Colline Sud di Hebron Il 16-8-14 si è riusciti a fare lavori agricoli nella valle vicino Um-el-Amad dichiarata zona militare chiusa (una buon successo dopo 2 anni di lotte). https://www.facebook.com/li.lorian/posts/596889443766094 Tel Aviv Sabato 23.8.2014 come ogni sabato delle scorse settimane: manifestazione contro la guerra ed il massacro su Gaza da parte di attivisti israeliani nel centro di Tel Aviv, chiedendo la fine della guerra e dell'occupazione... La polizia ha cambiato tattica: invece di sbarramenti mobili, hanno trattato con i manifestanti nella piazza del teatro nazionale. Dopo mezz'ora, una volta giunti i ritardatari, la polizia "ha suggerito" che il corteo composto da alcune centinaia di attivisti poteva (per ragioni di sicurezza) passare per i viali del centro in direzione di un incrocio centrale che è uno spazio meno aperto - cosa che abbiamo accettato. yisraelpnm https://www.youtube.com/watch?v=hXt4raem4Mw ================================= *Ilan Shalif http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/ Anarchici Contro Il Muro http://www.awalls.org Traduzione a cura di FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali

BDS : un appello alla solidarietà fra i sindacati

Il movimento dei sindacati palestinesi, con il sostegno del Congresso dei Sindacati del Sud Africa e dei suoi affiliati, chiede all'unanimità al movimento sindacale internazionale di agire immediatamente per fermare il massacro israeliano a Gaza e ritenere Israele responsabile dei suoi crimini contro il popolo palestinese. Nelle due settimane dell’ultima aggressione militare israeliana nella Striscia di Gaza, intere famiglie sono state spazzate via, e più di 600 palestinesi sono stati uccisi, quasi l'80% dei quali civili, e un terzo dei quali bambini. Più di 1,8 milioni di palestinesi sono intrappolati in un piccolo pezzo di terra occupata e assediata che Israele ha trasformato in una prigione a cielo aperto, oggetto di bombardamenti quotidiani di razzi ed artiglieria pesante israeliani. Per sette anni, i palestinesi di Gaza sono stati sotto un assedio brutale e illegale, il cui scopo è quello di distruggere le condizioni di vita e di spezzare lo spirito del popolo. L'assedio e i periodici bombardamenti hanno creato una catastrofe umanitaria, con carenze critiche di acqua, cibo e forniture mediche. La libertà di movimento, il diritto all'istruzione e l'accesso ai servizi sanitari sono stati ampiamente negati dall'occupazione israeliana. L’obiettivo di Israele in questa sua ultima aggressione contro i palestinesi a Gaza e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, è quello di perpetuare l’occupazione. Quest’anno è il decimo anniversario della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) in cui si è decretato che il Muro di Israele e il relativo regime nella Cisgiordania palestinese occupata –regime degli insediamenti, della confisca della terra, delle strade separate, dei sistemi di permesso e delle restrizioni di movimento –sono illegali secondo il diritto internazionale. Tuttavia, in 10 anni la comunità internazionale ha concesso ad Israele di continuare la costruzione [delle colonie, ndt] su territori occupati e di continuare il suo sistema di occupazione, apartheid e colonialismo contro il popolo palestinese. Mentre i governi tergiversano e permettono ad Israele di agire nell’impunità assoluta, e la maggior parte dei media mainstream ripetono a pappagallo la propaganda orwelliana di Israele, la solidarietà della società civile è l'unica forza che può aiutare a fermare il massacro in atto della nostra gente e ad inviare loro il messaggio che non sono soli, esattamente come l’efficace solidarietà internazionale aveva fatto nel sostenere la lotta per la libertà nel Sudafrica dell'apartheid. Di fronte a questa inerzia internazionale, noi, i sindacati palestinesi, ci appelliamo ai sindacati di tutto il mondo affinchè adottino misure urgenti, e in particolare intensifichino i boicottaggi, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro Israele fino a quando quest’ultimo non sarà conforme col diritto internazionale. Vi chiediamo di considerare le seguenti azioni: 1. Stop alla gestione delle importazioni e/o esportazioni da/verso Israele, 2. Disinvestimento del Vostro fonde pensione sindacale –ed altri –dalle obbligazioni israeliane così come da corporazioni e banche che sono complici con l’occupazione e le violazioni dei diritti umani perpetrati da Israele, 3. Dissociarsi dai sindacati israeliani che sono complici dell’occupazione, 4. Supportare il nostro appello per un embargo militare su Israele, 5. Condividere tra i vostri membri le informazioni sull’assedio e la distruzione di Gaza, e chiedere ai vostri membri di boicottare i prodotti israeliani, condividendo la conoscenza di tutto ciò con la loro famiglia, colleghi ed amici. Oggi più che mai, la solidarietà coi lavoratori palestinesi e le loro famiglie a Gaza e nel resto dei Territori Occupati Palestinesi è una componente essenziale per delle politiche sindacali progressive e di principio. Considerato il completo fallimento e la non volontà dei governi di mettere Israele di fronte alle sue responsabilità previste dal diritto internazionale, è largamente riconosciuto che l’occupazione di Israele deve essere isolata dalla pressione della società civile. Ci affidiamo ai nostri fratelli e sorelle dei movimenti sindacali internazionali per continuare un’orgogliosa tradizione di solidarietà internazionale, e per stare dalla nostra parte proprio come si stava con la lotta contro l'apartheid in Sud Africa. Pubblicato dai seguenti sindacati palestinesi: Palestinian General Federation of Trade Unions-Gaza General Union of Palestinian Workers Union of Professional Associations Federation of Independent Trade Unions Con il supporto di: Congress of South African Trade Unions

Dietro il conflitto in corso

L'Egitto insiste nel voler annientare il governo di Hamas, propaggine dei Fratelli Musulmani, sulla Striscia di Gaza. Israele vuole "solo" sabotare il cedimento/compromesso di Hamas verso l'Autorità Palestinese sulla Cisgiordania. Per capire l'importanza del contesto politico degli eventi in corso bisogna rifarsi al novembre 2012, con l'accordo tra Israele ed Hamas sponsorizzato dall'Egitto. (Hillary Clinton era presente quale "chaperone"). La transazione del novembre 2012 si occupò di due cose: 1. un cessate-il-fuoco reciproco e 2. l'apertura di accessi per il passaggio di beni e persone (essendo stati i punti di accessi ufficiali di accesso "sostituiti" nel corso degli anni con oltre 1500 tunnel scavati sotto il confine, grazie ai quali è passato tutto quello che non poteva passare attraverso gli accessi ufficiali, compresa la maggior parte dei fondi destinati ad Hamas). Soprattutto - secondo fonti ufficiali della sicurezza israeliana - Hamas avrebbe rispettato la sua parte "correttamente": nessuna azione bellica e molto spesso si sarebbe impegnata per impedire che altre organizzazioni aprissero il fuoco. Hamas è intervenuta contro organizzazioni palestinesi intenzionate ad attaccare Israele, cosa che molti ingnorano. In cambio, Hamas si aspettava un significativo allentamento dell'assedio. Cosa che nei fatti è accaduta (anche se meno di quanto promesso ed atteso, ma almeno tollerabile) finchè i Fratelli Musulmani erano al potere in Egitto. Ma dopo l'ascesa al potere in Egitto di Sisi (estate 2013) e la caduta del governo dei Fratelli Musulmani, i valichi sono stati di nuovo chiusi e soprattutto i tunnell dall'Egitto - cioè la maggiore fonte di rifornimenti e di fondi per Hamas. Con la graduale chiusura dei tunnell sotto il confine non più aperto , Sisi ha strangolato il popolo di Gaza ed il sistema di potere di Hamas. Hamas si è ritrovata progressivamente in una situazione insostenibile: da un lato garantiva un tipo di sicurezza per Israele (cosa di cui il primo ministro israeliano Bibi Netanyahu era orgoglioso), e dall'altro la chiusura dei tunnell e dei valichi portava Hamas a non poter più pagare i 43.000 dirigenti e militari reclutati nella Striscia di Gza). Il governo di Hamas si è ritrovato sull'orlo di un collasso. Di conseguenza, Hamas ha gradualmente allentato i controlli su altre organizzazioni e così sono ripresi i lanci di mortaio, missili, ecc. Il che spiega anche la sua reazione alle provocazioni di Israele con tutta la sua forza. Questo è il contesto che aveva portato Hamas a fare un accordo in aprile con L'OLP/AL Fatah. In cui Hamas si dichiarava favorevole a dare parte del suo potere ad Abu-Mazen (presidente della Autorità Palestinese della Cisgiordania), soprattutto la responsabilità per gli stipendi governativi a Gaza. C'era stato un dibattito su quanti dei 43000 dipendenti di Hamas sarebbero rimasti in carica e su quale ruolo avrebbero avuto i 70.000 dipendenti della Autorità Palestinese cacciati dalla Strisia di Gaza quando Hamas ne prese il controllo nel 2007. In questi 7 anni, erano stati pagati da Ramallah per restarsene a casa ed ora avrebbero dovuto riprendere servizio. Ma la più incandescente ed irrisolta questione tra Hamas e l'Autorità Palestinese è il debito dei salari che non sono stati pagati per mesi e mesi. Nè è stato definito lo status dei 20.000 uomini armati di Hamas. Abu-Mazen dice di non avere responsabilità e che spetta ad Hanas trovare una soluzione. Ci sono tutta una serie di problemi e di questioni infinite in questo accordo, ma la quella più urgente riguarda gli arretrati degli stipendi. E la codizione minima per Hamas per fermare i combattimenti è fare ritorno all'accordo precedente con la riapertura degli oltre 1500 tunnell. Hamas ha detto di aver trovato chi paga: il Qatar. Ma Israele e le potenze occidentali con le loro varie banche -per una ragione o per un'altra, giustificata o meno- si sono rifiutate di far passare i soldi. L'ONU si è offerta di risolvere il problema, ma Israele ha deciso di bloccare questo canale diplomatico ponendo il veto. Risultato: decine di migliaia di palestinesi a Gaza, comprese le forze militari e di sicurezza di Hamas, non prendono lo stipendio da mesi. Visto che Hamas non impediva più i lanci delle organizzazioni dissidenti, Israele ha iniziato l'intensificazione del conflitto con Hamas sfruttando il rapimento dei 3 giovani coloni quale scusa (sebbene sia stato recentemente appurato che Hamas non c'entrasse nulla). Al presente, gli Egiziani -che cercano di distruggere Hamas - si rifiutano di ritornare agli accordi precedenti al generale Sisi, il quale ha invece deciso di strangolare la Striscia di Gaza per indurre Hamas ad arrendersi alla Autorità Palestinese (accordi che Israele, d'altra parte. probabilmente appoggerebbe). Impaurita da questo "accordo unitario" che metteva fine alle divisioni tra i Palestinesi, Israele ha iniziato la guerra nella speranza di costringere Hamas a cercare un'opzione differente. Israele favorirebbe una maggiore "apertura" con una continuazione di un governo indipendente di Hamas di Gaza, in considerazione che l'alternativa sarebbe il caos o un governo jihadista. Sia Israele che l'Egitto non vogliono che l'accordo tra Hamas e l'Autorità Palestinese sia risolto: l'Egitto perchè teme che Hamas possa salvarsi dal collasso totale ed Israele perchè dimnuirebbe la capacità di Hamas di dividere i Palestinesi. Da un'angolazione surrealistica potremmo vedere questa guerra non come un conflitto tra Israele ed Hamas ma tra Israele ed Egitto. L'Egitto vuole distruggere Hamas ed Israele vuole restaurare Hamas al potere. Anarchists Against the Walls: http://awalls.org Ahdut (Unity): http://unityispa.wordpress.com Related Link: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/(traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali) Scopri istella, il nuovo Impaurita da questo "accordo unitario" che metteva fine alle divisioni tra i Palestinesi, Israele ha iniziato la guerra nella speranza di costringere Hamas a cercare un'opzione differente. Israele favorirebbe una maggiore "apertura" con una continuazione di un governo indipendente di Hamas di Gaza, in considerazione che l'alternativa sarebbe il caos o un governo jihadista. Sia Israele che l'Egitto non vogliono che l'accordo tra Hamas e l'Autorità Palestinese sia risolto: l'Egitto perchè teme che Hamas possa salvarsi dal collasso totale ed Israele perchè dimnuirebbe la capacità di Hamas di dividere i Palestinesi. Da un'angolazione surrealistica potremmo vedere questa guerra non come un conflitto tra Israele ed Hamas ma tra Israele ed Egitto. L'Egitto vuole distruggere Hamas ed Israele vuole restaurare Hamas al potere. Anarchists Against the Walls: http://awalls.org Ahdut (Unity): http://unityispa.wordpress.com Related Link: http://ilanisagainstwalls.blogspot.com/(traduzione a cura d

1984 - 2014 : 30 anni fa a Fano il primo meeting anticlericale

1984-2014: 30 anni fa a Fano il primo meeting anticlericale. Una mostra multimediale ne presenta le edizioni, i materiali, gli ospiti, le pubblicazioni. A Fano, presso l’Infoshop di via G. da Serravalle 16, dal 29 al 31 agosto con orario 18/21. La mostra è a cura di Alternativa libertaria- FdCA e dell’ Archivio- Biblioteca E.Travaglini. Il meeting anticlericale si è svolto a Fano per 15 anni, diventando un punto di riferimento nella battaglia italiana per il rispetto della diversità culturale e della libertà di pensiero, in un Paese tuttora per molti aspetti fortemente arretrato rispetto al riconoscimento di libertà individuali e di diritti civili invece ritenuti scontati in altri paesi d’Europa: dal testamento biologico alla fecondazione eterologa, ai diritti civili delle coppie di fatto. Storia di autogestione e di sfide, di repressione (dai tentativi di vietare l’esposizione della scritta “meeting anticlericale” al divieto di usare spazi pubblici nel 1990), e di caos creativo, punto d’incontro dal quale nel 1986 nacque anche la prima versione organizzata della protesta civile contro la scorretta “conta dei fedeli” cattolici in Italia: l’Associazione per lo Sbattezzo. Piccola Woodstock italiana, il meeting ha avuto tanti ospiti illustri e grandi performances, è stato fanese sino al 1998 diventando poi itinerante con tappe in diverse città italiane. Completamente autogestito, ha usato spazi pubblici allora semi abbandonati: la Rocca Malatestiana, il Bastione Sangallo, il Chiostro san Michele. Sono gli anni dell’avvio del papato di Wojtyla, eletto nel 1978, e delle manovre finanziarie e politiche che sfociano nello scandalo dello Ior, nel 1982 con l’incriminazione del cardinale Paul Marcinkus e l’assassinio di Roberto Calvi. Sono anche gli anni della riforma dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, con la legge Falcucci del 1985, e la protesta di chi si ritrova, non volendo frequentare l’ora di religione cattolica, messo ai margini dell’orario scolastico. Sono gli anni in cui Craxi col ‘nuovo Concordato’ vara l’otto per mille, allora riservato alla sola confessione cattolica. C’è tanto da discutere, e i libertari e anarchici fanesi dell’attivissimo Circolo Papini si vedono catapultati nel grande successo dell’iniziativa, che giunge, edizione dopo edizione, a servire il “Menù eretico” alla mensa autogestita con oltre 500 pasti al giorno. Decine di gruppi musicali e di artisti decidono di contribuire con spettacoli gratuiti, ogni edizione riempie i campeggi, pensioni e alberghi fanesi. Negli anni seguenti i principali mass media nazionali mandano inviati, e quelli internazionali (tra cui il Times) si interessano al meeting. Da quel 3/5 agosto del 1984, il meeting è rimasto testimone di libertà e di anticonformismo ed anche, forse, un esempio di come oggi sia invece difficile intersecare contestazione, spontaneità e creatività per socialità che deve sottostare alla commercializzazione, a maggiore burocrazia e alle solite pressioni del potere politico. Certo, i benpensanti fanesi che fecero guerra ai meeting, con il passare degli anni hanno avuto ben altro di cui “scandalizzarsi”: le rivelazioni shock sulla pedofilia nel clero, gli omicidi e gli scandali dei Corvi in Vaticano, le inchieste sullo IOR hanno riconfermato da sé la grande corruzione insita nei tradizionali modelli del potere temporale della Chiesa cattolica; la realtà ormai fa sembrare ingenua la stessa satira anticlericale. Ma se ancora adesso alcuni benpensanti hanno reazioni scomposte di fronte alla parola “anticlericale” (lo abbiamo visto lo scorso anno con la “censura” alla presentazione alla Rocca Malatestiana di un libro su Joyce Lussu ed i meeting) è perché forse questa è la chiave di lettura politica più efficace di tanto malaffare italiano e l’esorcismo di tanta retorica che cela dietro alla religiosità quegli schemi tipici di lobby e clientelismo dei quali il nostro Paese purtroppo non vuole ancora fare a meno. Evento Fb: https://www.facebook.com/#!/events/574438046000514/? ref_dashboard_filter=upcoming Per altre informazioni: http://www.arivista.org/? nr=356&pag=dossier_anticlericale http://www.bibliotecaliberopensiero.it/http://it.wikipedia.org/wiki/Associazione_per_lo_Sbattezzo

martedì 5 agosto 2014

Soluzione finale per Gaza

In mezzo a cotanta barbarie che ancora una volta ci tocca vedere abbattersi su Gaza, non è mancato chi ha paragonato il regime di Israele con l' apartheid che c'era in Sud Africa. Il paragone, senza ombra di dubbio, è in difetto. Il razzismo strutturale sudafricano non è mai giunto ad un livello di brutalità sistematica come quella che oggi devono sopportare i Palestinesi. Alcuni hanno paragonato Gaza ad un ghetto, alle prigioni a cielo aperto in cui i nazisti rinchiudevano gli ebrei in Europa ed hanno paragonato la resistenza di Gaza alla resistenza del Ghetto di Varsavia nel 1943[1]. Lo scrittore colombiano Antonio Caballero ha descritto la Cisgiordania “come un arcipelago fatto di ghetti chiusi da muri eretti da Israele e di strade controllate dall'esercito israeliano che servono a collegare le decine di insediamenti coloniali ebrei su terra palestinese e, viceversa, a non far comunicare le comunità palestinesi”[2]. L'intellettuale israeliano Ilan Pappe concorda sul fatto che la politica israeliana cerca di trasformare le comunità palestinesi in ghetti fisicamente separati[3]. La situazione dei Palestinesi che vivono e lavorano in Israele non è migliore: a centinaia sono stati messi in carcere da quando è iniziato l'attacco[4]; altri hanno dovuto subire veri e propri pogrom[5] scatenati da Israeliani ostili alla popolazione araba che viene accusata di sfruttare, a sputi e complotti, il miele della cosiddetta "democrazia". Facendo propria una moderna versione della eugenetica, si sono costituiti gruppi israeliani come Lehava y Hemla con lo scopo di impedire che gli ebrei si mischino con gli arabi ed ora ricevono finanziamenti dallo Stato per mantenere le due "razze" separate[6]. Israele costantemente umilia i palestinesi, li priva di ogni dignità e li annichilisce con la sua supposta potenza militare, per indurli a credere che è inutile resistere. Ma la resistenza è l'ultimo bastione della dignità. La resistenza palestinese, per tutti i mezzi di informazione, tanto quella armata quanto quella disarmata, è quella che dimostra l'umanità che mai i colonizzatori sionisti riusciranno a strappare al coraggioso popolo palestinese. Ilgenerale israeliano, Moshe Dayan, una volta aveva dichiarato che “Israele deve essere come un cane rabbioso, aggressivo come se fosse molestato”. Davvero stanno agendo come cani idrofobi: un soldato israeliano ha scritto su facebook “Oggi ho molestato ed ucciso 13 bambini palestinesi” per poi lanciare insulti contro i musulmani[7]. Ecco i valori che vengono inculcati in questa "democrazia esemplare" -esemplare secondo gli USA. Chi si vanta, in maniera discutibile, di essere "l'unica democrazia nel Medio Oriente”, ha paradossalmente dichiarato guerra all'unico governo democraticamente eletto nella regione: il governo di Hamas in Palestina, oggi confinato a Gaza dalla forza militare e dal collaborazionismo del rivale partito palestinese, Al Fatah, messo illegalmente al potere da Israele e dagli Stati Uniti. Mentre i civili israeliani si radunano sui monti vicini per festeggiare con champagne ed abbracci ogni bomba che vedono cadere su Gaza[8]; ce ne sono altri che vanno alle manifestazioni contro la guerra a scandire slogan provocatori come “ora non c'è più bisogno di scuole a Gaza, perchè non lasceremo vivo nemmeno un bambino”[9]. Vogliono la pulizia etnica, gli hanno inculcato di essere gli "eletti" e che nessuno può calpestare il suolo che si sono presi con sangue e con il fuoco nel 1948. La bancarotta morale dello stato di Israele è tale che ciò che lo tiene unito non è altro che l'odio. Circa 1400 palestinesi sono morti nel corsi di questo attacco e più del 70% dei caduti non erano combattenti. Circa 300 sono, di fatto, bambini. Massacrati dai bombardamenti, dalle mitragliatrici, dalle bombe “intelligenti” e a grappolo, così come da questa terribile e proibita arma chimica che si chiama fosforo bianco[10]. Un funzionario dell'Unicef ha descritto Gaza come un girone dantesco: "I bambini vengono uccisi, feriti, mutilati, bruciati, fino ad essere totalmente terrorizzati"[11]. E la civile Europa, come se niente fosse. A migliaia manifestano nelle strade in solidarietà con la Palestina mentre i governanti europei, a braccia incrociate, assistono al genocidio imperturbabili. Navi Pillay, alto commissario per i diritti umani all'ONU ha dichiarato che gli attacchi contro le case, le scuole e gli ospedali, così come tutte le violazioni contro il diritto internazionale perpetrate da Israele, sono stati totalmente calcolati. Ma no? Il cane rabbioso ed aggressivo del Medio Oriente ha un padrone che lo protegge da qualsiasi cosa. Se non avesse la protezione indondizionata degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, Israele non sarebbe in grado di fare neanche la decima parte delle atrocità che sta compiendo impunemente. Gli Stati Uniti, intanto, continuano ad inviare munizioni e cariche da mortaio per alimentare questo massacro[12]. Benjamín Netanyahu ha dichiarato che l'esercito è giunto alla fase finale di questa operazione. Ufficialmente, fase "finale" significa chiudere i tunnel attraverso cui ai progionieri del ghetto di Gaza possono giungere cibo, medicine e tutte quelle cose che si sono rese inaccessibili a causa dell'assedio medioevale imposto loro da Israele, con l'appoggio europeo, nordamericano ed egiziano. Significa tagliare le vene che ancora fanno vivere Gaza, rendere irreversibile tale grave situazione ed accelerare la morte lenta di questa comunità di circa 2 milioni di esseri umani per fame, malattie e mancanza di acqua. Sembra che Israele stia proprio cercando la "soluzione finale" alla “questione palestinese”. La deputata israeliana del partito “Hogar Judío”, Ayelet Shaked incita apertamente al genocidio ed alla pulizia etnica, incoraggiando i soldati israeliani ad uccidere le madri palestinesi affinchè non possano più partorire vipere[14]. Con questi metodi di oppressione sui palestinesi, Israele si rende sempre più simile alla bestia nazi-fascista. Come nella “Fattoria degli Animali”, alla fine, quando guarderemo all'oppressione sionista ed a quella fascista, da una prospettiva storica, risulterà impossibile distinguere l'una dall'altra. José Antonio Gutiérrez D 31 Agosto, 2014 (traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali)

IX Congresso Nazionale della FdCA

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