„La parola comunismo fin dai più antichi tempi significanon un metodo di lotta, e ancor meno uno speciale mododi ragionare, ma un sistema di completa e radicaleriorganizzazione sociale sulla base della comunione deibeni, del godimento in comune dei frutti del comunelavoro da parte dei componenti di una società umana,senza che alcuno possa appropriarsi del capitale socialeper suo esclusivo interesse con esclusione o danno dialtri.“ Luigi Fabbri
per giulio
lunedì 15 ottobre 2012
"Produttività. Un altro scalpo per Monti?"
Il confronto sulla produttività tra governo e parti sociali, che entra nel
vivo in questi giorni, è un imbroglio a partire dal suo nome. Non molto tempo
fa il Cnel ha annunciato una ricerca che proprio per i suoi risultati
sorprendenti è stata subito rimossa. Sulla base di essa il decennio più
produttivo degli ultimi quaranta anni è stato quello tra il 1970 e il 79. Sì
proprio il decennio delle conquiste sindacali, sociali, civili, della scala
mobile, del posto fisso , degli orari e dei contratti rigidi, dello stato
sociale e della grande industria pubblica, proprio quel decennio ha visto il
nostro paese raggiungere il tasso di produttività più alto di tutto l'occidente
industriale. Da allora quel tasso è progressivamente diminuito, con un
andamento parallelo alla regressione delle condizioni del mondo del lavoro.
Fino agli anni duemila, che con l'Euro e le privatizzazioni hanno visto un vero
e proprio tracollo sia del salario sia della produttività. (...)
Onestà vorrebbe che un governo fatto di tecnici partisse dai dati raccolti
nella realtà e non dalla ideologia e dagli interessi dominanti. Che ci si
domandasse se questi risultati clamorosi non dimostrano che tutte le politiche
economiche liberiste di questi decenni hanno sì fatto star peggio i lavoratori
, ma hanno anche colpito la produttività.
Se non altro per pura onestà intellettuale il governo Monti dovrebbe esplorare
altre strade e invece ripropone l'ennesimo patto sociale con al centro la
riduzione dei salari e l'aumento degli orari. Che diventa una scelta con tratti
di follia pura in piena crisi recessiva. Ogni ora di lavoro in più di chi resta
occupato è uno spazio di lavoro in meno per chi non lavora, la riduzione dei
salari deprime ancora di più il mercato interno, mentre la crisi mondiale
chiude la via delle esportazioni; e allora?
Allora onestà vorrebbe che il sistema delle imprese riconoscesse che il
problema principale del paese è l'assenza investimenti, di innovazione e
ricerca , di politiche pubbliche per l'occupazione e soprattutto che bisogna
invertire il processo di impoverimento del lavoro.
Invece il rappresentante del sistema bancario vuole la riduzione del costo del
lavoro mentre le banche preparano migliaia di licenziamenti e negano il credito
a tutta la piccola impresa. La Confindustria vuole più orario per fare come
Marchionne, che ha ottenuto tutto quello che voleva dal supersfruttamento del
lavoro e intanto chiude le fabbriche.
Onestà vorrebbe che governo e grande padronato riconoscessero che la loro
ricetta trentennale è fallita e che purtroppo per loro devono metter mano ai
loro portafogli, invece che ai nostri.
Ma naturalmente questa onestà non esiste nelle classi dirigenti dell'Italia di
oggi. Esse vogliono solo conservare poteri e privilegi accumulati negli ultimi
trenta anni. Così si imbandisce il tavolo sulla produttività, con il solo scopo
di realizzare un altro dei punti programmatici della lettera che Draghi e
Trichet scrissero a Berlusconi nell'agosto del 2001. Dopo la controriforma
delle pensioni e quella del lavoro che ha cancellato l'articolo 18, ora si
tratta di dare il colpo finale al contratto nazionale, rendendolo una inutile
cornice entro la quale le aziende fanno tutto quello che vogliono.
Monti finora è riuscito a portare uno scalpo di diritti e conquiste del lavoro
ad ogni vertice europeo e si è anche vantato di averlo ottenuto senza incorrere
in quella protesta sociale che percorre l'Europa. Ora tenta di fare il colpo
con il contratto nazionale.
Cgil Cisl e Uil, finora hanno condiviso o subìto le decisioni del governo ,
anche le più feroci. Ora hanno l'occasione di un parziale riscatto mandando a
gambe all'aria il tavolo sulla produttività. Eviteranno così un nuovo danno per
chi lavora e daranno un primo vero colpo alla politica d Monti . La Cgil, che
convoca sabato in piazza chi ha perso o sta per perdere il lavoro, ha una
possibilità concreta di mettere in discussione quell'agenda Monti che dichiara
di voler cambiare. Lo faccia dicendo no sulla produttività.
Intanto, noi che combattiamo la disonestà sociale del governo e delle classi
dirigenti rendiamo ancora più forte il No Monti Day il 27 ottobre.
[www.rete28aprile.it]
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