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lunedì 27 aprile 2020

#6 FILANTROPIA CAPITALISTA E BENEFICENZA GOVERNATIVA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

















Fare Del Bene Per Nascondere Il Male

Tra i fenomeni a cui stiamo assistendo in questi mesi di emergenza pandemica c’è anche un ricco parterre di “donazioni” di paesi “amici”, una sorta di gara a chi arriva prima nel dimostrare solidarietà con forniture mediche e paramediche, o di stanziamento di fondi di maggiore o minore entità. A volte sono governi altre volte imprese, più propriamente multinazionali, e, cercando di vederci meglio, più spesso è un misto mare con passaggi di mano dove privati, con il supporto di fondazioni o banche fanno passare le donazioni tramite canali istituzionali.
Un esempio lo abbiamo a inizio emergenza quando, in ritardo di un mese, il governo italiano decide di istituire la prima crisi epidemica con tanto di primo DPCM, e subito arrivano le prime donazioni da parte del governo cinese. Agenzie come ANSA, Adnkronos e varie testate giornalistiche, praticamente quasi tutti i quotidiani, ne danno notizia in modo semplicistico: un carico consistente di mascherine e di attrezzatura medica è stato donato dalla Cina con tanto di equipe medica in supporto ai nostri sanitari.
A raccontare con maggiore chiarezza di cosa si tratta ci pensa però Milano Finanza, spiegando come è stato in realtà Class Editori (che edita tra gli altri proprio Mf e Italia Oggi) a far scattare l’operazione facendo da collante tra “Farnesina, Protezione Civile, Intesa Sanpaolo, il professor Ricciardi e l’ambasciata a Pechino che ha cercato subito fornitori per acquistare 1.000 macchine per la respirazione artificiale perché era noto che c’erano stock disponibili nel Paese asiatico. Un numero comunque inferiore a quanto previsto dal gruppo bancario che ha stanziato fondi per almeno 2.500 ventilatori polmonari”.
L’unica altra testata che si occupa di rilanciare la notizia è Il Foglio di Giuliano Ferrara, e lo fa rimarcando altri aspetti tra cui un’altra donazione e cioè quella che scatta dopo “pochi giorni dalla sottoscrizione del “Patto di amicizia” tra Como e la città di Liyang”, dove “il sindaco Xu Huaqin ha inviato all’omologo italiano Mario Landriscina e ai cittadini di Como un primo stock di duemila mascherine protettive uguali a quelle usate a Wuhan”. 
Dopo questo primo “regalo”, vanno però aggiunte 30mila tute, 100mila mascherine e 50mila tamponi che rientrano nell’accordo siglato da Di Maio e da Wang Yi, ovvero l’anticipo di un grande acquisto da parte dell’Italia di materiale inutilizzato da Pechino per gestire l’emergenza coronavirus. Il ministro degli Esteri cinese assicura che il suo governo ha chiesto alle aziende di esportare in totale nel nostro Paese 2 milioni di mascherine mediche ordinarie. Pagando s’intende.
Appare evidente che si tratta di marketing, per quanto umanitario, per le successive commesse e su cui la Cina ad oggi investirà per prima creando tra i più grossi business in tempo di coronavirus.
Queste donazioni poi si sono diversificate, alcune effettivamente come aiuti diretti del governo cinese, altre come donazioni da parte di ricchi imprenditori cinesi di famosi brand asiatici. Tra questi il miliardario cinese e la Fondazione Alibaba hanno donato 1 milione di mascherine e 100mila tamponi per contrastare l’emergenza sanitaria Covid-19 già a fine marzo, ma lo stesso han fatto per Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti, Spagna e Belgio. 
Per portare il materiale in Europa Jack Ma ha sfruttato l'hub Alibaba nell'aeroporto di Liegi. Il Belgio è stato infatti il primo Paese del Continente ad aderire alla Electronic World Trade Platform (eWTP), la piattaforma e-commerce globale lanciata nel 2016 in occasione del G20 ospitato dalla Cina, così nell'ambito dell'accordo con Bruxelles Alibaba ha preso in concessione un'area di 220 mila metri quadri nell'aeroporto di Liegi, con un investimento iniziale di 75 milioni di euro.
Oggi la Cina è la seconda economia per Pil e ricchezza (ben 12 trilioni di dollari) dopo gli Stati Uniti; nel 1979 Pechino promulgò la prima legge sulle joint venture sino-straniere, emanando per la prima volta articoli di diritto societario. Si daranno incentivi ai contadini per produrre di più svincolandosi dai prodotti statali e dalla separazione tra gestione e proprietà delle aziende di Stato. 
Per la prima volta e già da alcuni anni il numero di miliardari cinesi diventa più importante di quello americano (568 vs 535) e Pechino supera New York per numero di miliardari residenti.
Se prima si poteva azzardare, comunque in modo scorretto, a chiamarla secondo la definizione che fu di Lenin un paese a "capitalismo di stato", oggi si tratta di capitalismo di mercato in un regime di fatto. Su cosa significhi “regime” oggi invitiamo a leggere l’articolo di Byung-Chul Han, filosofo sud-coreano, “L’emergenza virale e il mondo di domani*”, in cui viene descritto il livello ormai distopico raggiunto attraverso una forma di totalitarismo tecnologico sugli individui.
Il fatto che grandi imprese e governo cinese siano spesso una sorta di doppia faccia della stessa medaglia non può stupire, il turbocapitalismo cinese è ormai un consolidato esempio di come il capitalismo non solo non disdegni regimi autoritari ma semmai possa goderne maggiormente, alla faccia dei teorici del connubio democrazia/capitalismo come vincolo indissolubile. D’altra parte a raccontarcelo c’hanno pensato da almeno 70 anni gli USA, i cosiddetti paladini del liberalismo, “esportatori di libertà e democrazia nel mondo”.
Migliaia di atti desecretati dallo stesso governo Stelle & Strisce hanno confermato il coinvolgimento americano come finanziatore, spesso occulto a volte palese, di golpe militari, guerre sotto traccia per destabilizzare aree e stati, guerre unilaterali con motivazioni false e strumentali per scopi geopolitici ed economici, sostegno a regimi e dittatori o democrature che garantissero agli States agevolazioni o immunità in politica estera.
Il Cile di Pinochet, col suo portato di omicidi e sparizioni di massa per tenere in pugno il paese e allo stesso tempo l’avvio di politiche liberiste sul piano economico, con tanto di sostegno diretto degli USA, è uno dei tanti esempi di come capitalismo e regime autoritario possano convivere amabilmente.
Marketing governativo tra ricatti e riposizionamenti globali
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Un altro esempio di questa filantropia governativa da Covid-19 l’abbiamo avuta dal Venezuela, dagli Emirati Arabi, dagli stessi USA, da Cuba, persino dall’Albania, dalla Germania ecc.
Certamente non è possibile equiparare gli aiuti di alcuni governi con altri, sia per ragioni politiche sia per entità degli stessi.
Fa però specie constatare come molti di questi Stati siano pienamente in linea con la politica della doppia faccia, mentre internamente inaspriscono le misure neoliberiste e autoritarie, peggiorando in molti casi le già gravi carenze sanitarie e sociali dei propri paesi, si mettano poi in gara con queste forme di pelosa solidarietà. 
Si pensi al disastro economico e sociale che la “finanza creativa” prima di Chavez e poi di Maduro hanno arrecato alle proprie popolazioni in Venezuela, favorendo multinazionali cinesi e russe, giocando con le royalties del petrolio e facendo venire la bava alla bocca al governo statunitense per la possibilità di rimettere al comando i propri “amici”.
O agli Emirati Arabi Uniti, considerati uno dei maggiori paradisi fiscali, monarchia assoluta dove Dubai “la disneyland” del deserto rappresenta un vero e proprio ecocidio!
Situata nel deserto e senz'acqua, ne consuma in maniera spropositata. L’acqua a Dubai costa più del petrolio, viene presa dal mare, desalinizzata con un enorme uso di energia e di emissioni di C02 e utilizzata non solo per bere ma per innaffiare il deserto, per alimentare uno dei campi da golf più grandi al mondo, il Tiger Woods Gold Course, che ha bisogno di circa 16 milioni di litri di acqua al giorno. E mentre il livello di oppressione civile è piuttosto alto ambasciatori degli Emirati non si sottraggono a partecipare ai primati in questa gara umanitaria pandemica, si leggono infatti dichiarazioni quali: “Gli Emirati si basano sui concetti di fratellanza, solidarietà e coesione umana senza condizioni e limiti” [...] “Ad esempio, gli Emirati Arabi Uniti sono il primo paese al mondo nelle donazioni umanitarie rispetto al prodotto interno lordo (Pil)”.
Le politiche di governi, come l’Italia, generosa anch’essa verso altri Stati colpiti dall’epidemia, che siano inseriti nell’Occidente liberale o nel novero dei neo socialismi nazionali, che caldeggino ambizioni sovraniste o iper liberiste, mostrano chiaramente la discrepanza tra le contraddizioni interne (privatizzazioni della sanità, smantellamento del welfare, controllo poliziesco e accanimento verso minoranze e dissidenti) e l'ipocrita generosità internazionale. Una diplomazia caritatevole a cui non dovremmo abboccare.

La carità dei padroni: come cancellare l’orizzonte oltre il capitalismo!
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Se per i governi il gioco riguarda crediti e interessi tra diplomazia e possibili nuove alleanze sul piano delle relazioni globali e consenso sul piano interno per le contese elettoralistiche o di condiscendenza da parte dei propri cittadini, diversa è la storia e il ruolo che le grandi imprese giocano in questo ruolo di filantropia stucchevole.
Va precisato però, e qui si rimanda alla prima parte, che tra le società, comprese quelle italiane, che sfruttano il sistema fiscale per eludere le tasse, come quello olandese, ci sono anche aziende controllate dallo Stato.
Si è calcolato che le norme europee che aiutano le politiche pro-elusione di Cipro, Malta, Olanda, Lussemburgo e Irlanda arrechino un danno da 35 miliardi l’anno alle quattro maggiori economie Ue, la sola Italia ne perde 6,5 miliardi all’anno. Una cifra che se reinvestita nel bilancio sanitario, avrebbe potuto portare a una riduzione fino al 18% della spesa medica pagata di tasca propria delle famiglie italiane al netto delle detrazioni.
Perché l’industria nazionale di elusione fiscale se ne intende; sì, proprio quella grande industria quotata in Borsa che fa la felicità degli azionisti (meno tasse, più utili, più dividendi). 
Perché tra le 15mila società più o meno di comodo create in terra olandese ci sono ad esempio la Exor, la finanziaria di casa Agnelli, la Fiat Chrysler Automobiles N.V. o più semplicemente FCA per restare in “famiglia”, la Ferrari già scorporata da FCA e dal 2015 quotata a Wall Street, l’Eni International B.V., una delle più importanti consociate della multinazionale italiana controllata dallo Stato tramite ministero dell’Economia e della Cassa Depositi e Prestiti, la SAIPEM la società di servizi petroliferi controllata al 30% dal cane a sei zampe, l’Enel Finance International N.V. (EFI), la sussidiaria di Enel S.p.A. che gestisce i servizi finanziari del gruppo, la CEMENTIR il colosso del costruttore ed editore romano Francesco Gaetano Caltagirone con una presenza diffusa in 18 Paesi, oltre 13 milioni di tonnellate di cemento prodotte ogni anno che si aggiungono a 10 milioni di tonnellate di aggregati e 5 milioni di metri cubi di calcestruzzo e poi Campari, Mediaset e la STMicroelectronics, il gigante italo-francese dei semiconduttori partecipata in parti uguali da Bpifrance Participations (organo di gestione delle partecipazioni statali francesi) e dal Ministero dell’Economia italiano.
I soldi sottratti al fisco italiano ammontano a tanti miliardi di euro impossibili persino da calcolare. Per le casse pubbliche italiane si traducono però in meno servizi sociali, meno pensioni, meno welfare state e ovviamente una maggiore imposizione fiscale. 
Per restare in tema pandemia vuol dire meno posti letto in ospedale, meno strutture di terapia intensiva, meno tamponi, meno medici, meno mascherine, meno reagenti chimici, meno soldi per la ricerca.
Ed ecco che queste stesse aziende poi annunciano milioni in donazioni, cioè sostanzialmente spiccioli paragonati a quelli che di fatto ci rubano ogni anno e alle conseguenze di tagli e peggioramento delle condizioni in cui viviamo.
L’Olanda e i vari paesi con vocazione da “paradiso” non consentono solo di risparmiare tasse alle società ma consentono anche un diritto societario snello e norme favorevoli agli azionisti di lungo periodo. 
“Libero mercato, libero mercato!” senti strillare gli strateghi della finanza liberista; peccato che poi grazie proprio a quelle opzioni societarie si consenta di esercitare un controllo totale sull’azienda anche con una quota di minoranza, mettendosi così al riparo dalle scalate, ovvero dal quel mercato che è libero sì, ma solo quando fa loro comodo.
Nel mondo di oggi sono poche le grandi aziende che non utilizzino qualche tipo di sussidiaria, holding o altra società controllata in modo da frazionare profitti e quindi ridurre la pressione fiscale.
Ma la filantropia in regime capitalista non ha nulla a che fare con la giustizia sociale.
Non per niente, infatti, il paese dove è più diffusa la filantropia, gli USA, è anche il paese dove la sperequazione sociale raggiunge livelli tra i più alti del mondo.
Sputare nel piatto in cui mangiamo? No, neppure grazie ed è ancora troppo poco!
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“I migliori tra i poveri non sono mai riconoscenti [ai benefattori]. Sono scontenti, ingrati, disobbedienti e ribelli, e hanno ragione di esserlo. […] Perché dovrebbero essere grati delle briciole che cadono dalla mensa del ricco? Dovrebbero esser seduti intorno al tavolo con gli altri commensali condividendo la festa!”
Oscar Wilde
La filantropia non viene esercitata secondo i bisogni e le necessità dell’uguaglianza, ciò che dovrebbe essere un diritto di tutti al di là di cultura, fede, geografia, ma solo secondo la “bontà” o più propriamente gli “interessi” dei padroni.
Il denaro è il loro, loro decidono quanto, come e a chi!
Lo spirito è proprio quello della carità: quando sei in stato di bisogno, soprattutto nell’assoluta povertà o in piena emergenza sanitaria, una calamità naturale, un disastro ambientale, di certo non hai alcuna possibilità che accettare tutto ciò che ti viene dato, indipendentemente da chi e perché, non hai neanche la possibilità di pensare se quell’aiuto avrà delle conseguenze.
Quando sei in uno stato di disparità di potere sei di fatto in uno stato di ricatto, esattamente come quando per sopravvivere o dare da mangiare alla tua famiglia decidi di lavorare in nero, accettare condizioni di sfruttamento al limite o peggio lavorare a rischio della tua stessa vita. Pensiamo all’eterno ricatto tra lavoro e salute (ILVA docet!).
Tutto l’armamentario del filantrocapitalismo si basa su questo ricatto, travestito da benevolenza umanitaria, con l’unico scopo di ribadire, riaffermare e sentenziare che oltre al capitalismo non c’è nessun orizzonte possibile.
Il capitalismo può arrecare danni, diseguaglianze e tuttavia secondo i sostenitori del profitto ci penserà lo stesso capitalismo a risolvere le sue imperfezioni, grazie alla magnanimità dei padroni del vapore, alla lungimiranza dei ricchi miliardari, all'umanità delle loro innumerevoli fondazioni!
Baudelaire, in uno dei suoi racconti brevi, “La moneta falsa” si chiedeva giustamente: chi trae più vantaggio dagli aiuti di carità, il donatore o il destinatario?
Noi non abbiamo alcun dubbio, d'altra parte il numero delle fondazioni filantropiche negli USA si è duplicato nell’arco degli ultimi 15 anni, peccato che, secondo un rapporto dell’Università di Michigan, nello stesso periodo la povertà estrema si è ulteriormente aggravata.
Incredibile come proprio nel periodo storico in cui si registra un aumento della carità con donazioni multimilionarie senza precedenti si assiste anche all’aggravarsi di fatto delle disuguaglianze, in una crisi generalizzata del lavoro dove peggiorano le condizioni salariali e viene sempre meno il diritto a sindacalizzarsi, con una criminalizzazione generalizzata verso il sindacalismo conflittuale.
Noi sappiamo che il piatto dove mangiamo è frutto delle nostre fatiche e che corrisponde a nulla se paragonato al profitto che grazie agli sfruttati i padroni intascano, che buona parte di quello che c’è sul piatto ci viene sottratto; sappiamo che le briciole che spacciano per filantropia e che oggi viene declinata in “altruismo efficiente” cioè capace di coniugare benevolenza e profitto altro non è che un modo per continuare a giustificare un sistema iniquo, devastatore ed energivoro; sappiamo che ciò di cui abbiamo bisogno è riprenderci la ricchezza che produciamo, ridistribuendola secondo bisogni e possibilità, espropriando definitivamente i padroni che da troppo tempo hanno ridotto l'umanità in merce e la terra in una discarica.

Iniziativa Libertaria - Pordenone

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