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lunedì 27 aprile 2020

#1 Sanità: la solidarietà non ha prezzo
















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In questo ultimo decennio, i sostenitori del neo-liberismo ci hanno riempito la testa sul “senso benefico” delle politiche di privatizzazione dei servizi sociali pubblici essenziali. In questa direzione sono andati tutti i tagli dei finanziamenti nei settori della sanità, della ricerca e della scuola, a favore di quelli privati, messi a bilancio dai diversi governi di centro-destra e centro-sinistra, tutti allineati ai diktat dello sviluppo neo-liberista.
L'emergenza, che la diffusione del virus Covid-19 ci ha imposto, mette a nudo i disastri del neo-liberismo, in particolare nel settore sanitario che è entrato, in questi tragici giorni, visibilmente in sofferenza. Lo stesso Noam Chomsky in una recente intervista al Manifesto dichiara che: «L’assalto neoliberista ha lasciato gli ospedali impreparati. Un esempio per tutti: sono stati tagliati i posti letto in nome dell’efficienza».
Non è un caso che tra gli obiettivi di contenimento del numero dei contagi ci sia stato quello di evitare un collasso del sistema sanitario nazionale (SSN) che ha visibilmente manifestato molte criticità (numero insufficienti di posti letto in terapia intensiva, mancanza di respiratori polmonari, ecc.).
Ma vediamo di fare il punto dello stato di “salute” del nostro complesso sanitario, settore strategico per garantire la sicurezza sociale, attraverso alcuni dati a noi disponibili.
Secondo il rapporto dell'Osservatorio GIMBE n.7/2019 sul de-finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, “nel decennio 2010-2019 tra tagli e de-finanziamenti al SSN sono stati sottratti circa € 37 miliardi”. Il Def 2019 ha ridotto progressivamente il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e al 6,4% nel 2022. Secondo i dati OCSE aggiornati al luglio 2019, l’Italia si posiziona sotto la media Ocse, sia per la spesa sanitaria totale pro capite ($3.428 vs $ 3.980), sia per quella pubblica pro-capite ($ 2.545 vs $3.038). Nel periodo 2009-2018 l’incremento percentuale della spesa sanitaria pubblica si è attestato al 10%, rispetto a una media OCSE del 37%.
Tra i paesi del G7 le differenze assolute sulla spesa pubblica sono ormai incolmabili: ad esempio, se nel 2009 la Germania investiva pro capite $ 1.167 (+50,6%) in più dell’Italia, nel 2018 la differenza è di $ 2.511 (+97,7%). Secondo lo studio Anao-Assomed del 4 febbraio 2020, il numero degli istituti di cura è passato da 1.165 (2010) ai 1.000 del 2017 (-14%) e il numero dei posti letto da 245.000 (2010) ai circa 210.000 del 2017. L’ISTAT ha stimato che il gap occupazionale con l’UE ammonta a quasi 1,5 milioni di addetti nel settore della sanità e dell’assistenza sociale.
Al calo del finanziamento pubblico è corrisposto un aumento del sostegno alla spesa sanitaria privata, soprattutto nelle regioni del Nord. In Lombardia su un totale di spesa sanitaria complessiva di 22,5 miliardi di euro, ben 7 miliardi vanno alla sanità privata (31,1%). I posti letto dei nosocomi privati rappresentano circa il 22% del totale. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca l’Emilia-Romagna.
Come abbiamo potuto riscontare in questa fase acuta della diffusione del virus, gli esiti nefasti del processo di delocalizzazione che ha interessato anche l’industria biomedicale hanno prodotto scarsità e difficoltà nel reperimento di alcuni strumenti di fondamentale importanza come i respiratori polmonari e le mascherine, solo per citarne alcuni.
Questi dati ci danno la misura della riduzione delle risorse pubbliche che sono l'effetto delle politiche di austerità imposte con la crisi del 2008, ma che sono anche la conseguenza delle spinte alla privatizzazione e alla mercificazione della salute, dell'istruzione, della ricerca, della cultura e dell'ambiente, affermatesi a partire dagli anni ottanta e conosciute come “rivoluzione neoliberista”.
La storia del nostro SSN, che viene istituito con la legge n. 833 del 23 dicembre 1978, si amalgama con la trama delle lotte che presero avvio negli anni sessanta e che continuarono per tutti gli anni settanta. Una sinergia politica e culturale, tra conquiste operaie, rivendicazioni e mobilitazioni dei movimenti studentesco e femminista, che si affermò, attraverso una forte pressione dal basso e pratiche partecipative inedite, con lo scopo di riformulare in termini universalistici l'accesso ai servizi pubblici.
In questo momento tragico, segnato dalla diffusione della pandemia di Covid-19, ciò a cui assistiamo è l'emergere di due mondi separati e contrapposti: da una parte l'avidità di chi specula sulla pelle dei lavoratori e delle fasce sociali meno protette, di cui le attuali difficoltà del nostro sistema sanitario sono figlie; dall'altra la solidarietà diffusa, dove il ruolo di primi attori, ancora una volta, ce l'hanno tutti quei lavoratori, da quelli sanitari a quelli che garantiscono il primo approvvigionamento, che hanno messo in gioco la propria vita per garantire quella degli altri. A questa seconda metà vanno poi inserite la figura del medico di base, che responsabile della cura della persona, rappresenta il primo passo dell’accesso del cittadino al sistema sanitario e tutti quegli operatori del mondo della cooperazione sociale, del volontariato e dell’assistenza domiciliare che oggi sono lasciati nella totale solitudine ad affrontare questa emergenza sanitaria.
I tentativi di distruggere il nostro sistema sanitario nazionale non si manifesta solo con i tagli dei finanziamenti o mettendo a disposizione del settore privato pezzi di questo, significa distruggere quel senso di solidarietà che sta alla base di quel progetto di trasformazione sociale che ha preso avvio da quando l'ingiustizia e le diseguaglianze sono diventate i fondamenti del nostro vivere comune.
Fermare tutto questo dipenderà solo da noi, dalle nostre scelte politiche e sociali, dalla nostra capacità di re-immaginare i nessi tra libertà ed eguaglianza in ogni spazio quotidiano.
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Iniziativa Libertaria - Pordenone

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