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venerdì 3 agosto 2012

RETE28Aprile-Cgil Sezione speciale TUTTO SU ILVA TARANTO [articoli, dichiarazioni, ...]

3.8.2012 - Ilva: le contestazioni, un segnale per il sindacato - dichiarazione di Sergio Bellavita, segretario. Nazionale Fiom
Le contestazioni di ieri al comizio di Cgil Cisl e Uil sono un segnale del profondo malessere dei lavoratori e delle lavoratrici. Un segnale che il sindacato non può banalizzare o ridurre a improbabili complotti o peggio confinare alla cosiddetta area antagonista, di cui in realtà il sindacalismo non complice dovrebbe essere parte.
Sono davvero dispiaciuto che anche la Fiom, Landini sia stato oggetto di contestazioni. Tuttavia non sono d'accordo con quanto Maurizio Landini afferma oggi in una sua intervista su Repubblica. Da lavoratore del sud emigrato posso raccontare la rabbia di chi i diritti non li hai mai conosciuti. I lavoratori chiedono un lavoro che non faccia morire ne' loro ne' i loro figli. Lottare per il diritto alla salute contro il padron Riva e' un dovere e non può essere scambiato per assistenzialismo. C'e' un ulteriore aspetto delle contestazioni su cui riflettere. La sfiducia. Quando un sindacato non riesce a intervenire sulla condizione concreta degli uomini e delle donne che rappresenta la sfiducia, la rassegnazione rischia di prevalere. I lavoratori sono stanchi dei riti sindacali, delle liturgie consuete e desuete. Dobbiamo indagare, approfondire questa rabbia e questa sfiducia. E dobbiamo dargli voce e forza. Taranto rischia di essere uno dei primi potenti segnali al sindacato.
Sergio Bellavita - Segretario. Nazionale Fiom

3.8.2012 - A volte si cambia
Landini: le contestazioni a Taranto dai centri sociali e da operai che vogliono il reddito e l'Ilva chiusa, la Fiom sta da un'altra parte.
Ma non diceva che la Fiom doveva aprirsi a quelle posizioni?

2.8.2012 - Taranto... i segretari Cgil Cisl e Uil parlano ad una piazza vuota - La manifestazione degli operai dell'Ilva è stata la rappresentazione della crisi sindacale. Il comizio sindacale interrotto da Cobas e comitati di lotta che svolgono da un veicolo un proprio comizio, con un forte consenso della piazza. Dopo, la piazza si svuota e i segretari generali parlano alle poche persone rimaste.

1.8.2012 - Espropriare l'Ilva (di Giorgio Cremaschi) - "A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale" - Articolo 43 della Costituzione

Innanzitutto bisogna dire che hanno ragione i giudici. Ad essi casomai si può solo rimproverare il ritardo nelle decisioni, non le decisioni.
Quando la nocività produce morti su morti, fuori e dentro la fabbrica, e i bambini di dieci anni del quartiere Tamburi hanno nei polmoni l'equivalente di quaranta sigarette al giorno, la magistratura deve intervenire per fermare il massacro.
Certo se a Taranto non ci fosse stato in campo il colossale fallimento di una politica sindacale egemonizzata da Cisl e Uil. Se le istituzioni locali, tutte, non avessero avuto un atteggiamento acquiescente e consociativo con l'azienda. Se i governi avessero fatto il loro dovere invece che piegarsi a Riva, il governo Berlusconi concedendo le deroghe sugli adempimenti prescritti dalla legge e il governo Monti, con il suo ridicolo Ministro dell'ambiente, confermandole.Se l'arroganza di Riva avesse trovato quei contrappesi che sono previsti in un paese realmente democratico, la situazione non sarebbe giunta a questo punto e gli operai non sarebbero di fronte alla scelta se morire di cancro o di fame.Gli operai dell'Ilva non sono quella plebe ottusa a difesa del padrone che ha presentato la grande informazione. Quella stessa informazione che si è innamorata del ricatto permanente di Marchionne contro chi vuol sperare di lavorare nelle sue fabbriche e che ha scambiato il medioevo per progresso.Gli operai dell'Ilva han lottato duramente per la salute. Ed è bene ricordare che ognuno dei tanti scioperi a difesa della la vita è stato penalizzato dall'azienda con il taglio del premio, oltre che delle ore perdute. La rappresaglia per chi fa valere i suoi diritti è sempre stata una costante di padron Riva. Dai reparti confino, al regime delle punizioni di massa e dei licenziamenti. Solo pochi anni fa gli operai dell'acciaieria si fermarono per gravi rischi di esplosione nel reparto. Due delegati allora in Fiom, furono licenziati in tronco. La fabbrica si ribellò e anche allora i giovani operai occuparono il ponte girevole della città. Fu la magistratura a riammettere con l'articolo 18 i due delegati, difesi da Massimiliano Del Vecchio che oggi difende l'operato dei giudici.E anche oggi, solo una stampa ancora innamorata della marcia dei 40000 può confondere le acque in modo così scandaloso. Quando in una delle ultime manifestazioni si sono presentati lavoratori con uno striscione contro i giudici, un gruppo di operai l'ha strappato e buttato giù dal ponte. Erano capetti e dirigenti quelli che hanno impedito alle telecamere di riprendere il gruppo dirigente aziendale tradotto in tribunale. Nelle assemblee i dirigenti Cisl e Uil che hanno proposto la solidarietà al padrone contro la magistratura sono stati sonoramente fischiati. In fabbrica ci sono tanti lavoratori che non vogliono subire il ricatto che contrappone lavoro a salute e diritti. Ma sta al sindacato e alla politica dare ad essi una risposta, invece che crogiolarsi nella propria subalterna impotenza.Bisogna garantire lavoro e salario agli operai dell' Ilva e procedere subito al risanamento ambientale . Questo significa che Riva ci deve mettere tutti i soldi che ha. Che sono tanti visto che in un solo anno di profitti si è ripagato il piccolo costo di aver ricevuto l'azienda dallo stato e visto che recentemente ha trovato anche danaro da spendere in Alitalia. Riva deve pagare tutto. E se continua a menare il can per l'aia come ha fatto in tutti questi anni, allora da un lato ci deve essere, come c'è, la magistratura: Dall'altro il governo dovrebbe applicare la Costituzione. L'articolo 43 prevede l'esproprio di una azienda proprio per casi come questo. La politica, compresa quella di sinistra, non faccia come al solito la parte di chi parla d'altro. O Riva paga, o viene espropriato, il resto è quello che ci ha portato al disastro attuale.


27.7.2012 - "Ilva. Il dilemma tarantino tra lavoro e morti d'amianto" (articolo di Massimiliano Del Vecchio (pubblicato su Il Manifesto del 26.7.2012) - La realtà industriale tarantina è stata quanto mai vessata da plurime morti sul lavoro, per infortuni o malattie professionali. Vi insistono, difatti, da cinquanta anni, a ridosso della città, uno dei più grandi stabilimenti siderurgici di Europa, una importante raffineria di idrocarburi e un cementificio, dai cui impianti si sprigionano notevoli quantità di agenti patogeni.
In quasi venti anni di contenzioso legale i lavoratori hanno visto riconoscere da un lato, nei confronti delle imprese, cospicui risarcimenti del danno differenziale a favore delle vittime del lavoro e dall'altro, nei confronti dell'Inail, centinaia di malattie professionali, tra le quali segnaliamo, sul fronte delle neoplasie: mesoteliomi, carcinomi polmonari, della laringe e asbestosi; carcinomi renale, dello stomaco, della vescica, dell'intestino, della prostata; leucemie e linfomi.
Gli ambienti di lavoro e tutta la città di Taranto, come si è avuto modo di appurare ufficialmente nei recenti accertamenti probatori disposti dalla procura, sono difatti pregni di fibre di amianto, idrocarburi policiclici aromatici, diossina, ammine aromatiche, cadmio, metalli pesanti e veleni di ogni genere che costituiscono fattori di rischio specifico per l'insorgenza di tumori.
Già con la ordinanza del Gup di Taranto dell'11/5/2009, R. Gip 6392/08, sono stati rinviati a giudizio i più importanti manager della siderurgia pubblica nazionale e i direttori dello stabilimento siderurgico di Taranto che si sono succeduti dalla fine degli anni '60 alla prima metà degli anni '90, in quanto ritenuti responsabili del decesso di sedici lavoratori a cagione delle più varie neoplasie ascrivibili al mix di sostanze cancerogene che si sprigionano dagli impianti di Taranto - la prossima udienza si terrà il 23/11/2012.
Il secondo processo «tumori» che concerne quindici decessi solo per mesoteliomi e carcinomi polmonari per esposizione al rischio da amianto, si terrà in sede dibattimentale il 3/10/2012. Il capo di imputazione confermato dal decreto del Gup n. 3390/10 R. Gip è circoscritto al singolo rischio cancerogeno e è stato assistito da una efficace e tempestiva indagine, che perviene sino alla gestione privata dello stabilimento Ilva .
L'amianto, in effetti, è ancora presente in enormi quantità nello stabilimento siderurgico di Taranto e non è un materiale volatile del quale sia difficile indicarne la provenienza, per cui, diversamente rispetto al primo grande processo di cui si è detto, ove gli oneri probatori sono più complessi, nessuno può contestare che detta esposizione vi sia stata; l'eziologia dei tumori ricollegabili e denunciati, del resto, è ormai scientificamente acclarata.
In questo rovente clima giudiziario si inserisce l'incidente probatorio conclusosi il 30 marzo 2012 con il quale si è accertata l'esistenza di un disastro ambientale provocato dallo Stabilimento siderurgico Jonico e la ascrivibilità di centinaia di decessi tra la cittadinanza all'inquinamento industriale.
Gli atti di questa indagine sono confluiti, su conforme richiesta della procura e dei difensori delle parti civili, nei due grandi processi che hanno ad oggetto l'imputazione di plurimi omicidi colposi.
Si determina così una situazione veramente complessa nell'ottica di un bilanciamento di interessi apparentemente contrapposti: quelli occupazionali, da un lato e quelli di tutela della salute, dall'altro, giacchè potrebbe essere emessa una ordinanza cautelare di sequestro dello Stabilimento o di una sua parte al fine di impedire la protrazione delle emissioni inquinanti e del reato.
Probabilmente una revisione della autorizzazione ambientale dello stabilimento, la adozione immediata di rimedi come la copertura dei parchi minerali, delle linee di trasporto dei minerali ed un'accurata vigilanza sul funzionamento e sulla efficacia dei filtri delle ciminiere e del sistema di deflusso dei fanghi di acciaieria consentirebbe invero se non di soddisfarle entrambe, quantomeno di contemperare tutte le esigenze in attesa che sia studiata e approntata una concreta alternativa economica alla produzione siderurgica, i cui impianti oggi invero nessuno stato civile consentirebbe di installare nelle adiacenze delle città

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