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mercoledì 26 novembre 2014

Project Financing in sanità ...?

un articolo di Ivan Cavicchi su PF in sanità. [ACM_2]«Ora basta». Lo scrivono tutti i medici di Vicenza in un documento condiviso da tutti i sindacati e perfino dall’ordine. Non ce la fanno più a pagare il conto di politiche sanitarie sbagliate, di gestioni fasulle, di speculazioni vergognose. Si ribellano alla doppia immoralità della regione Veneto che sacrifica le necessità di cura dei malati e permette che “strumenti di finanza di progetto” si dissanguinino le finanze regionali, gli stipendi di chi lavora e i diritti di chi sta male. Ma a cosa si riferiscono i medici di Vicenza? A un particolare tipo di debito occulto di cui nessuno parla e al quale il Veneto, e molte altre regioni,ha fatto spesso ricorso , e che si chiama “contratto di concessione” o “finanza di progetto” (project financing).Una brutta bestia affamata capace di stare acquattata per anni proprio come un debito sommerso e saltare fuori al momento giusto per mangiarsi il nostro sistema pubblico. L’idea tanto, per cambiare, è copiata dalla sanità inglese, e introdotta in Italia alla fine degli anni ’90 (legge n 415/1998) in una fase in cui alle regioni da una parte si impongono imposte crescenti,restrizioni finanziare e dall’altra è loro offerta, con la riforma Bindi, la possibilità di fare “sperimentazioni gestionali” Con questa scusa alle regioni non sembrò vero di poter aggirare con i contratti di concessione,gli sbarramenti di spesa: mentre si tagliava ovunque, soprattutto posti letto, esse continuarono a costruire ospedali dandoli in concessione ai privati . Il contratto di concessione di un ospedale è qualcosa di diabolico: il privato finanzia la costruzione dell’ospedale avendone in cambio la gestione per un certo numero di anni (20/30) dopo i quali il pubblico subentra come proprietario ma ereditando praticamente dei catorci. La legge impone che il privato per finanziare l’ospedale debba chiedere un mutuo che tuttavia è garantito dal pubblico. Per cui tutti i rischi finanziari sono del pubblico, il privato non rischia niente. Ma c’è di più: il concessionario ha diritto di sfruttare l’opera costruita, ma un ospedale non è un parcheggio o una autostrada che nel tempo danno profitti, per cui per remunerare il finanziatore la regione e l’azienda di riferimento 1) gli paga un canone di concessione per tutto il tempo della concessione trasferendo così spesa pubblica al privato e senza nessun tipo di risparmio; 2) gli affida la gestione completa di quelli che si chiamano “servizi non sanitari” vale a dire mense, raccolta rifiuti, pasti agli ammalati, pulizie, spazi commerciali, quindi un business da paura ma che ha il piccolo inconveniente che per essere privato è gravato dall’Iva e che quindi costa al pubblico almeno il 22% in più. Siamo alla più spudorata delle speculazioni, cioè il concessionario ha interesse a spendere di meno nei costi di fabbricazione dell’ospedale e quindi nella qualità della struttura e a far spendere di più per la gestione. Infatti i costi gestionali in generale sono diseconomici e per questo maggiori rispetto a quelli degli ospedali a gestione pubblica e, a seconda dei casi, essi variano dal 30, 40, 50%(L.Benci). Cioè la qualità della struttura è bassa, i costi di gestione sono molto alti, ai cittadini sono sottratte tante risorse e quel che è peggio si costruisce un debito pubblico occulto perché nascosto nei bilanci privati. Quasi tutte le regioni per fare ospedali hanno fatto ricorso ai contratti di concessione, perché costruire un ospedale è una autentica fiera del malaffare. In particolare si distinguono la Lombardia, il Veneto, la Toscana, la Puglia, il Trentino alto Adige, l’Emilia Romagna...cioè tutte quelle regioni che si autodefiniscono “virtuose”, che dicono di avere i conti in regola. Su questa immensa speculazione delle regioni, la magistratura contabile proprio della regione Veneto, ha detto chiaro e tondo che l’operazione di dare gli ospedali in concessione al privato è “a debito” e va ad incrementare il debito pubblico. Se andiamo a vedere cosa è accaduto in Inghilterra sbaglieremmo ad ignorare il monito della Corte dei conti e la denuncia dei medici di Vicenza: G. Hobsborne (head of exchequer del ministero delle finanze) ha definito il financing project in sanità come «totally discredited» e il governo è stato costretto per salvare i 31 Trust (Asl) a versare 451 milioni di sterline per finanziare i canoni di con- cessione degli ospedali, e attivare un fondo ad hoc di 1.5 mld di sterline per 25 anni per aiutare i trust in difficoltà. Cosa accadrà in Italia non lo so, anche se è prevedibile che anche questo sistema pubblico come quello mutualistico, sotto il peso dell’indebitamento occulto e della speculazione rischia di spezzarsi. Quello che so è che queste regioni sono diventate di fatto enti immorali, che è immorale rubare soldi ai malati e ai lavoratori e che in tutta Italia gli ordini, i collegi, i sindacati, le società scientifiche, le associazioni sociali, dovrebbero tutti insieme dire come i medici di Vicenza «ora basta» ...con i ladri di sanità.

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