83° Consiglio dei Delegati della FdCA
Reggio Emilia, 28 ottobre 2012
14 novembre, primo sciopero generale europeo
Da costruire, da continuare
Mentre continua l'affondo dell'offensiva del capitale, che usa la crisi e le politiche economiche per restringere spazi, conquiste e diritti acquisiti dai lavoratori e dalle lavoratrici è sempre più evidente quanto la fase renda ancora più difficile forme di aggregazione e di prassi collettiva che emergano dall'antagonismo dei lavoratori.
Questa è una fase difficile e apparentemente senza speranza che ci vede tutti coinvolti nell'ostinarci a aprire spazi politici e di lotta per uscire dal pantano nel quale siamo stati spinti dalla ristrutturazione del capitale, economico e finanziario. Una ristrutturazione che è in atto su più livelli e che continua a guadagnare dalla crisi da un punto di vista economico, ma anche normativo e sociale. Il capitalismo ha di fatto incassato la deregolamentazione del lavoro, con cui contribuire a mettere all'angolo ogni forma di sindacalismo conflittuale e rivendicativo, continua a ridurre servizi pubblici come scuola e sanità e a modularli con enti bilaterali in differenziati livelli di accesso in base al reddito di ciascuno, cerca di distruggere ogni solidarietà sociale con la scientifica distruzione dei contratti collettivi nazionali di categoria.
Sempre più emerge l'incompatibilità del punto di vista dei lavoratori e delle lavoratrici sul nuovo impianto autoritario che coinvolge ogni attività lavorativa, pubblica e privata, che ha assunto come centrale il comando gerarchico sulla forza lavoro, in termini di diritti e di salario, diretto ed indiretto.
E anche se questo percorso si è svolto all'ombra della complicità sindacale e politica, esso è destinato ad essere messo in discussione dai protagonisti che ne stanno pagando le disastrose conseguenze. In tutta Europa la dittatura finanziaria fatta di autoritarismo padronale e di vincoli di bilancio è un attacco diretto alla condizione di vita del proletariato europeo, ed ancora una volta nella storia sono i lavoratori e le lavoratrici ad essere chiamati a prendere nelle proprie mani il proprio destino, politico e sociale.
Il 14 novembre i lavoratori sono chiamati a uno sciopero europeo, il primo segnale di risposta internazionale a un attacco portato in tutto il continente in forme diverse ma sempre durissime dalla borghesia europea ed i suoi governi contro la classe lavoratrice. E ai lavoratori va restituita la titolarità delle lotte, che saranno tanto radicali quanto i lavoratori e le lavoratrici sapranno costruirle e esserne protagonisti.
Protagonisti al di là delle appartenenze sindacali, e unificando finalmente rivendicazioni e dissenso; protagonisti al di là e nonostante la frammentazione, al di là e nonostante le logiche di bottega o di piccolo cabottaggio di chi ha scelto un'adesione al minimo sindacale da giocare più sui tavoli interni che nelle piazze, a dimostrazione della subalternità culturale e politica di buona parte del ceto sindacale, ma a conferma anche del differente impegno e sostegno a fianco della ristrutturazione del capitale e delle cadute che questa ha sulla società in termini generali.
Che siano finalmente i lavoratori in prima persona ad uscire dalla subalternità imposta dall'ideologia del capitale e dalla collaborazione sindacale, residuo di vent'anni di sconfitte figlie di un sistema di relazioni sociali ormai saltato e non più in grado di reggere lo scontro.
Con uno sciopero generale che sia dei lavoratori e delle lavoratrici e non delle sigle sindacali, che coinvolga precari e studenti, licenziati e cassintegrati, partite IVA e dei migranti.
Con uno sciopero che va costruito prima, città per città, con assemblee, e che non deve finire a fine giornata senza darsi poi appuntamento per continuare a costruire mobilitazioni.
Per ripartire alla conquista di spazi di agibilità politica e sindacale, fuori e dentro i luoghi di lavoro, rivendicando salario, orario, diritti, uguaglianza, pensioni decorose ed un welfare pubblico, che garantisca una scuola pubblica e laica a tutti.
Passaggi che oggi sembrano lontane utopie. Ma saranno i soli che potranno evitare la guerra tra poveri, tra indigeni e stranieri, nella cornice di un precariato diffuso dove si sta insinuando la barbarie e dove vien meno sempre più la solidarietà di classe.
Nostro compito, come sempre è quello di stare a fianco dei lavoratori, nei posti di lavoro e nelle piazze; perché la nostra condizione di donne ed uomini operai, impiegati, insegnanti, contadini, pensionati, studenti, precari e disoccupati, lavoratori al nero, esodati, partite IVA malpagate è la condizione mutabile all'interno di queste categorie di salariati sfruttati che stanno pagando quella che comunemente viene chiamata crisi, per nascondere il gigantesco saccheggio in atto di risorse economiche ed ambientali, di diritti e di civiltà.
Consiglio dei Delegati
Federazione dei Comunisti Anarchici
31 ottobre 2012
Link esterno: http://www.fdca.it
„La parola comunismo fin dai più antichi tempi significanon un metodo di lotta, e ancor meno uno speciale mododi ragionare, ma un sistema di completa e radicaleriorganizzazione sociale sulla base della comunione deibeni, del godimento in comune dei frutti del comunelavoro da parte dei componenti di una società umana,senza che alcuno possa appropriarsi del capitale socialeper suo esclusivo interesse con esclusione o danno dialtri.“ Luigi Fabbri
per giulio
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