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sabato 8 febbraio 2014

Quale mercato, quale democrazia, quale uscita dalla crisi? - NO TTIP !!

E' sotto gli occhi di tutti noi il risultato di anni di politiche economiche basate sulla de-regolamentazione senza regole, che per anni abbiamo chiamato globalizzazione per semplicità. L'impoverimento, il dumping sociale, l'estrazione di risorse hanno concentrato ricchezze e privilegi, rubando ai poveri per dare ai ricchi e riducendo ogni spazio di opposizione sociale e politica. Il Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), il trattato in corso di ratifica che vorrebbe creare tra Usa e Ue la più consistente area di libero scambio mai tentata nel pianeta (coprirebbe circa il 60% delle economie mondiali) sta per essere ratificato in questi giorni. Come al solito se ne sa poco, perché il testo è segreto anche per il Parlamento Europeo e il Congresso statunitense e è stato negoziato da un pugno di esperti tra la Commissione Ue e il Ministero del Commercio Usa, ma deciderà delle nostre vite. L’accordo dovrebbe chiudersi entro il 2014 e rappresenta il nuovo e ancor più massiccio attacco ai diritti sociali e del lavoro, ai beni comuni e alla democrazia, dopo i tentativi già portati avanti con l’accordo multilaterale sugli investimenti (Mai) negli anni ’90 e con la direttiva Bolkestein nello scorso decennio, contro i quali si era costruita una fortissima ed efficace mobilitazione sociale. Presentato come una delle poche risposte alla caduta libera dell’economia globale, punta ad abbattere non tanto le tasse doganali tra Usa e Ue – già mediamente appiattite intorno al 4% - ma le cosiddette Barriere Non Tariffarie, cioè i divieti di importazione e tasse specifiche che, anche grazie alle grandi battaglie contro la carne agli ormoni, il pollo lavato col cloro, gli ftalati nei giocattoli, i residui di pesticidi nel cibo, gli Ogm e così via permettono ai singoli paesi di decidere e mantenere regolamenti cautelativi nella circolazione delle merci. E nessuno oggi è in grado di stimare quanto ci costeranno, in termini di diritti e di qualità sociale e ambientale, la liberalizzazione prevista dei servizi essenziali – principalmente acqua, energia e trasporti –, di quelli finanziari, la stretta sul finanziamento delle imprese a partecipazione statale e sulla proprietà intellettuale. Per fare un esempio concreto, se il governo italiano dovesse approvare la legge d’iniziativa popolare del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, riconoscendo finalmente l’esito del voto referendario del 2011, ad accordo vigente potrebbe trovarsi sanzionato per aver impedito, con la ripubblicizzazione del servizio idrico, futuri profitti alle multinazionali del settore. Siamo di fronte ad una vera e propria guerra alla società, giocata con l’alibi della crisi e con il tentativo di rendere strutturali le politiche di austerità, riducendo il lavoro, i beni comuni, la natura e l’intera vita delle persone a fattori per la valorizzazione dei grandi capitali finanziari. Così come facemmo contro il Mai e contro la Bolkestein, occorre attivare al più presto una forte mobilitazione politica e sociale su entrambe le sponde dell’Atlantico, per dire tutte e tutti assieme che è un’altra la via di uscita dalla crisi. E passa esattamente per l’abbandono di un modello che è contro la vita e il futuro. 8 febbraio 2014 Alternativa Libertaria/FdCA - Fano/Pesaro

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