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campagna contro la contenzione meccanica

per giulio

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mercoledì 2 marzo 2011

La Libia, il leone dalle unghie spuntate.

Come un domino cadono o barcollano i regimi dittatoriali del
mediooriente. Si autorganizzano e rivendicano pratiche di libertà
masse arabe che anni di propaganda ci descrivevano come geneticamente
incapaci di laicità e democrazia, oscurantiste e tenute faticosamente
a bada da progressisti gendarmi dell’occidente che si rivelano ora
spietati despoti corrotti.
Ma se delle sollevazioni tunisine e egiziane, ciascuna nelle loro
specificità, i governi occidentali, padrini da sempre delle classi
dominanti, devono prendere atto, cercando di salvare il salvabile, tra
cui la faccia, la situazione in Libia necessità di precisazioni perchè
l'entropia comunicativa fatta dalle distorsioni mass-mediatica rende
difficile districarsi nei meandri delle informazioni più o meno
distorte e difficili da verificare, che spara cifre di decine di
migliaia di morti e feriti, proporzionalmente inverosimili anche in un
paese in cui, dopo la ribellione dei Warfallah (1993),1200
prigionieri sono stati giustiziati.
Al momento un regime dittatoriale e dispotico (la Jamahiriya- stato
comunitario del popolo) per di più retto da un personaggio afflitto
da psicopatologie manifesteche ormai isolato e abbandonato dai
cortigiani maggiormente accorti, resiste non si sa per quanto solo
grazie a un nutrito gruppo di fedelissimi e soprattutto di mercenari
che sono l'ossatura militare, la sua guardia ( pressapoco 5000
effettivi) che da sempre permette la sua sopravvivenza
La rivolta è popolare anche se le caratteristiche sociali della Libia
ne svelano aspetti premoderni di intrecci tribali, cioè di una
ripartizione asimetrica di poteri e favori economici, legata anche a
questi aspetti di gruppi di clan, rimasti ai margini ed emarginati
(Cirenaica dove esistono i pozzi). Lo stesso esercito è organizzato su
equilibri di clan, per questo si è rapidamente disfatto .Ma anche
l'aviazione, dove entrano solo gli aderenti al clan del tiranno,
disertano.
Il potere di Gheddafi, fondato su una struttura militare molto
complessa, si è infatti sbriciolato rapidamente con defezioni e
ammutinamenti massicci, resistono solo i "fedelissimi", cioè dei
servizi segreti, dei fanatici e dei mercenari europei( serbi,italiani)
o africani che da sempre sono gli unici sicuri e deputati alla difesa
del dittatore.
Siamo alla folle resistenza di un personaggio privo di vie di fuga e
che utilizza modi violentissimi e inumani per difendersi e che dispone
di un immenso patrimonio personale e statale (fondo sovrano di
160miliardi di dollari) legato alla rendita petrolifera che ha
permesso di elargire favori e incentivi in questi anni, non però alla
guerra civile propagandata dai mezzi di informazione per mettere le
mani avanti per un ennesimo intervento umanitario della Nato o
dell’ONU.
I mercenari di Gheddafi stiano uccidendo decine e centinaia di
oppositori in modo crudele e criminale e premeditato, non risparmiando
nemmeno i feriti, ma le cifre di migliaia di morti e decine di
migliaia di feriti, i bombardamenti di aereo su civili a Tripoli, le
migliaia di morti a Bengasi, 3000 poi ridimensionati a qualche
centinaia, sempre troppi, una volta che la città viene liberata dai
mercenari per mano dei ribelli, foto di cimiteri passati per fosse
comuni, i bombardamenti sulla folla, l'uso dell’aviazione rispetto
alle armi "leggere"(fucili,mitragliatori), dimostrano che di
sollevazione si tratta, che i "fedeli" sono molto minoritari seppur
spietati, non descrivono scenari di guerra civile.
La guerra civile presuppone lo scontro da settori diversi di una
nazione . L’ultimo comizio nella roccaforte di Tripoli vedeva una
folla di alcune migliaia di sostenitori per il tiranno. Questo da il
segno del suo isolamento aggravato dalle defezioni di comandanti
militari,ministri e diplomatici . I cortigiani in fuga sono il
segnale di un potere politico ormai in liquefazione, se anche gli
ambasciatori, abitualmente personaggi selezionati tra i fedelissimi,
disertano nelle capitali estere significa che la fine del potente è
data.
Ma dipingere la guerra civile serve per poter anticipare il dopo
Gheddafi, ingovernabile e da sempre spina nel fianco nella regione,
anche se ultimamente ammansito con il ruolo di cane da guardia delle
coste del mediterraneo. Occorre prevenire, evitare i vuoti di potere
che potrebbero bloccare l'attività e le commesse delle multinazionali
oggi nell'area, salvaguardare gli investimenti in atto, qualora a
qualcuno venisse in mente di non onorarli. Quindi si preparano le basi
dell’intervento occidentale per impedire il blocco del petrolio e
del gas, agitando lo spettro degli "integralisti" e della
frantumazione tribale sul modello somalo, e non dimenticando il
richiamo alla funzione di diga alla marea umana dei disperati che il
regime ha offerto negli ultimi anni in cambio di una riacquistata
legittimità internazionale.
E così è finalmente ora di sospendere la fornitura di armi al
colonnello, che in questi due anni ha già speso un miliardo e più di
dollari in armamenti buona parte verso l’Italia, e incluso la
Russia, tanto il dittatore, da buon antimperialista, ha da pochi mesi
spostato dalla Svizzera ai sicuri Usa (sic) i suoi patrimoni, cosi da
farseli bloccare facilmente da Obama e dall'ONU (forse tutti hanno
crediti da esigere?).
Solo recentemente la Libia è rientrata nell'ambito del mercato
mondiale, paese canaglia o no, e da alcuni anni sta investendo
miliardi di dollari(tra i 100 e 200 ) per ammodernare le sue strutture
produttive, infrastrutturale, civili e anche militari che negli anni
dell'isolamento sono diventate obsolete .E in questo periodo di crisi
economica le multinazionali Usa ed europee si sono dedicate al
rinnovamento del paese, non solo per ricerche petrolifere e gas
(Eni,Bp,Shell), ma anche per... mangifici. Infatti almeno 100 imprese
italiane stanno qui lavorando, ma anche 200 di nazionalità turca
(circa x 15miliardi di dollari in commesse ). La Libia è uno stato
ricco , ufficialmente il reddito procapite annuo è di 12000 dollari,
altissimo per l'area, con una popolazione di qualche milione (ma
manca l'anagrafe), ma la povertà è la condizione della maggioranza
degli abitanti autoctoni, anche perchè la manodopera qualificata e
manuale (quasi due milioni) è fatta di emigranti (arabi,
africani,indiani,turchi )
che stanno fuggendo dal paese verso la Tunisia
e l'Egitto utilizzando le vie di terra e o i ponti aerei e navali, come
migliaia di europei ed di americani e gli oltre 30.000 cinesi
presenti nell'area.
La rivolta popolare non è una rivoluzione proletaria, anche perchè
mancano qui i soggetti sociali, ma una legittima sollevazione contro
un regime "monarchico" e familista che ha mantenuto il propri
"sudditi" in un sottosviluppo decennale, un passaggio necessario
verso la modernità ,i diritti e i nuovi conflitti . Nel frattempo
fuggono il pilota norvegese e l'infermiera ucraina ,ulteriore
dimostrazione dell'isolamento totale e della fine prossima, mentre i
rivoltosi organizzano comitati popolari a Bengasi con presidente una
donna , ri-organizzano l'esercito, persino un consiglio provvisorio di
ex gerarchi(sic) che garantisca gli"impegni" presi. Quello che
sorprende è che alla "favola" della guerra civile diano attendibilità
anche esponenti della sinistra estrema,in chiave antimperialista, che
interpretano gli eventi come guerra civile e non rivolta popolare,
perpetrando le versioni
"ufficiali", seppur pensando di contrastarle con una elaborazione
analitica paleostalinista da anni 50 e da contrapposizioni di blocchi.
Gli interventi “umanitari” in soccorso di popoli ricchi di risorse e
strategicamente importanti raramente hanno portato libertà e
giustizia alle popolazioni vessate e stremate da dittatori senza
scrupoli, mentre agitare paure e minacce di caos, di migrazioni
bibliche, di invasioni senza controllo è un ottimo sistema per cercare
di rimettere il bavaglio e le catene a uomini e donne disposte a
giocarsi la vita pur di conquistarsi spazi di democrazia, di
partecipazione e di libertà.
Federazione dei Comunisti Anarchici
www.fdca.it
Marzo 2011

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