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per giulio

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lunedì 14 marzo 2011

DI SCIOPERO IN SCIOPERO…PER IL NOSTRO FUTURO

comunicato commissione sindacale

In Italia, oggi, i dipendenti pubblici, la scuola, i metalmeccanici e
i lavoratori del commercio e dei servizi sono senza contratto
nazionale, inteso come accordo fra le parti e quindi come mediazione
di interessi differenti fra impresa e lavoratori. Quello che viene
firmato oggi è quello che le imprese decidono: questo è il succo degli
accordi separati (o nel caso del Pubblico Impiego, la sospensione del
contratto).
Cioè la fine della contrattazione. Fine del vincolo sociale.
Non si tratta soltanto dell' esclusione di una o più sigle sindacali,
che scatta attraverso la sottoscrizione sulla corresponsabilità , con
annesso impianto sanzionatorio, dagli accordi futuri e quindi anche
dalla agibilità sindacale nei luoghi di lavoro, quanto l’esclusione
vera e propria dei lavoratori dal diritto di contrattare e di poter
agire sindacalmente.
Perché rimane il fatto che i titolari della contrattazione sono
(dovrebbero) essere le/i lavoratori/trici.
IL vero capolavoro è: "o sei complice dell'impresa, oppure non puoi
più costruire i rapporti di forza per ribaltare tutto questo",
partendo dall'interno dell'impresa stessa.
Dentro i luoghi di lavoro chi decide orari, l'organizzazione del
lavoro, tempi , ritmi, condizioni, prestazioni, salario, può essere
dunque solo l'azienda.
Può esistere solo complicità con il dominio sulla forza lavoro
esercitato dal sistema di comando dell'impresa. Siamo quasi oltre il
corporativismo.
Basti pensare che alle aziende, alla fine, viene offerta la
possibilità di una sorta di shopping contrattuale per cui, in base
alle esigenze ed alla convenienza, possono scegliere o il contratto
aziendale o quello nazionale. Poi, le grandi aziende scelgono quello
aziendale dove hanno ampia passibilità di costruirselo (vedi FIAT);
invece le piccole scelgono quello nazionale per non avere grane
interne. Altro che problemi in seno a Confindustria!
Non è vero quindi che si riduce il peso del contratto nazionale, per
favorire quello aziendale.
L'accordo separato del settore del commercio cancella tutta la
contrattazione aziendale costruita: rimane solo il salario variabile,
introduce il Welfare Corporativo con l'uscita dall'INPS e con il ruolo
assegnato agli enti bilaterali sulla malattia. Si torna alle mutue!
Fine del welfare universale.
In sostanza, l'operazione Confindustria – governo – CISL, nell'ambito
della strategia data, è in una fase di avanzata attuazione.
L'indice IPCA, come abbiamo già sostenuto, elimina l'inflazione
importata, escludendo energia e materie prime dal calcolo, e serve a
normare la riduzione dei salari!
Fa tenerezza sentire il segretario generale della FILCAMS-CGIL
sostenere che si introduce con questo accordo separato nel commercio
un modo di concepire le relazioni tra OO.SS. estraneo alla nostra
categoria. (sic!)
Rispetto alla CGIL, risulta fallimentare la strategia (se così si può
chiamare), messa in campo dopo l'accordo separato del 22/01/2009
(accordo sulle regole); nel pubblico impiego il gruppo dirigente CGIL
pensava che solo un cambio di governo potesse risolvere il problema;
nel settore privato bastava isolare gli estremisti nella Fiat insieme
alla FIOM e si poteva procedere. Ed ecco i 53 accordi stipulati in
modo unitario. Ma l'accordo separato sul pubblico impiego e quello sul
commercio cambiano lo scenario: la firma di quegli accordi da parte
padronale era tattica, mettendo all'oggi la CGIL fuorigioco e non in
grado di interferire sul terreno sindacale, cioè su quello
contrattuale.
L'idea malsana che firmando accordi dove c'è di tutto e dove viene
restituito di tutto, facendo entrare parti dell'accordo sulle regole
in parecchi e diversificati modi, si possano creare problemi
all'avversario di classe per cercare di dividerlo, ha finito col
dividere invece proprio la stessa CGIL, paralizzandola! Nei fatti c'è
implosione e il rischio oggi è che si chiuda la partita.
Questo è il risultato ottenuto dai padroni!
Inoltre visto che la situazione è aggrovigliata, la CGIL parla d'altro
ed evita la discussione sull'unico punto sempre eluso sinora : la
contrattazione!
Ed infine la questione salvifica dello sciopero generale! Lo sciopero
generale indetto per il 6 maggio solo per 4 ore si sta allargando alle
8 ore sulla spinta delle categorie. Ma se la CGIL non pone alla base
di una mobilitazione di questa portata un cambio di strategia o meglio
un'impostazione strategica contrattuale insieme ad una discontinuità
organizzativa sul modo di fare sindacato, la mobilitazione è monca.
Va recuperata una strategia condivisa coi lavoratori, se si vuol
creare un percorso rivendicativo ampio e generalizzato, che recuperi
il vincolo sociale e che abbia continuità, perché l'attraversata della
crisi e della conseguente ristrutturazione è lunga.
Lo stesso vale per il sindacalismo di base, impegnato in marzo ed in
aprile in mobilitazioni e scioperi generali che cercano di ribadire
la necessità di protagonismo e di organizzazione dei lavoratori, pur
in una condizione di mancanza di coordinamento, a cui solo i
lavoratori e le lavoratrici iscritti/e a questi sindacati possono
rimediare costruendo unità dal basso.
Resistere oggi ai colpi della crisi significa mettere le basi della
ricostruzione di un tessuto di organismi e di attivisti sindacali che
dai luoghi di lavoro sappiano esprimere nuove rivendicazioni, nuovo
desiderio di riscatto e di libertà.
La posta in gioco è l’esistenza stessa della organizzazione dei
lavoratori quale luogo della solidarietà e della difesa degli
interessi di classe, quale soggetto di cambiamento della società in
senso autogestionario.
Rivendicare la libertà di sciopero, organizzare e partecipare agli
scioperi vuol dire esprimere il proprio diritto a lottare per la
redistribuzione della ricchezza, per il nostro futuro , per la nostra
felicità.
FdCA – Commissione Sindacale
Marzo 2011

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