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sabato 20 febbraio 2021

Alta Murgia: contraddizioni e volontà di riscatto di un'area interna del Sud.

 di Piero Castoro (Centro Studi Torre di Nebbia)

 

Una curiosa definizione indica la Puglia come la
meno italiana tra le terre italiane, in quanto è
collegata all’Appennino senza possedere vere
montagne. La Piattaforma Apula, infatti, è sostenuta
da tre grandi blocchi di rocce carbonatiche formatesi
circa 130 milioni di anni fa, durante il
Cretaceo.Oltre al Gargano e al Salento, l’altro banco
di rocce calcaree della Puglia è costituito da un
altopiano che non supera i 700 metri sul livello del
mare e che si estende per più di centomila ettari
nell’area interna della provincia di Bari, lungo il
confine con la Lucania che da Matera sale verso
Venosa. Questo territorio, circondato da tredici
Comuni, è l’Alta Murgia.
È in questo territorio che, a partire dalla metà degli
anni Ottanta del secolo scorso, il Centro Studi Torre
di Nebbia, insieme alla rete territoriale dei CAM
(Comitati Alta Murgia), ha dato vita ad una difficile
e, per certi versi, straordinaria esperienza che si è
concentrata principalmente sul rapporto tra
tendenze e trasformazioni in atto, perseguiti senza il
supporto di una coerente politica di
programmazione complessiva inerente un territorio
"marginale" come l'Alta Murgia, e l’identificazione
di un nuovo centro di gravità intorno al quale far
ruotare idee, tensioni e progetti in grado di fornire
risposte durevoli e concrete ai problemi di
quest’area interna del meridione d’Italia.
Questa dialettica ha animato il dibattito e l’impegno
di un vasto ed eterogeneo schieramento di forze che
ha saputo resistere ai tranelli sclerotici della politica
e, geloso della propria autonomia, ha saputo pian
piano non solo acquisire una più profonda

consapevolezza della
dimensione dei processi che
coinvolgono il territorio
dell’Alta Murgia, ma ha
elaborato e proposto un
progetto di grande rilievo
politico e culturale che ha
avuto come esito, importante
anche se provvisorio,
l'istituzione del primo Parco
rurale d'Italia (2004).
Il percorso non è stato facile,
in quanto abbiamo dovuto
fare i conti con un opposto
schieramento di forze
politiche e sociali intente a
difendere interessi ambigui e
contraddittori con il rischio di
compromettere i delicati
equilibri storici e ambientali dell'Alta Murgia


L’Alta Murgia, dopo aver ospitato, tra il 1959 e il
1963, 30 missili con testate nucleari, dagli anni
Settanta è diventata teatro di esercitazioni militari,
con i suoi cinque Poligoni di tiro “occasionali”. Fu
questa la prima grande vertenza che si collegava
idealmente alla lotta contro i missili (Marcia di
Altamura- 13 gennaio 1963) ma anche, e sarà
questa una costante del movimento contro i poligoni
sulla Murgia, contro le guerre, a partire da quella
combattuta nel Vicino Oriente agli inizi degli anni
Ottanta.
Il territorio ha continuato a snaturarsi per l’effetto
polverizzante dell’attività di “spietramento”
(frantumazione meccanica delle rocce calcaree di
superficie), eufemisticamente definito “recupero
franco di coltivazione”, incoraggiato da una assurda
politica di finanziamenti pubblici, che ha interessato
più della metà dei 60 mila ettari di pascolo e nulla
ha lasciato e lascia dietro di sé, se non polvere di
calcare e terreni scarsamente produttivi. A questo
bisogna aggiungere lo sversamento di fanghi tossici
su vaste zone della Murgia (Vedi il caso “Murgia
Avvelenata- 2003), per non dire dei cosiddetti
“laghetti artificiali” costruiti lungo il Costone
murgiano (più di 100 miliardi di lire spesi per non
irrigare neppure un metro di terra); le cave - tante e
mai bonificate -; costruzioni di "villette" e
capannoni più o meno abusivi a 360°, poi i furti di
reperti architettonici e, non ultimo, il rischio, ancora
oggi incombente, che il territorio possa ospitare il
“Deposito unico nazionale di scorie nucleari”. Ecco



l’idea del parco rurale nasce al crocevia dei questi
di questi gravi problemi.
Nel mentre scriviamo queste righe, i CAM sono
impegnati, insieme alla rete di associazioni di base
della Lucania a contrastare l'ipotesi di costruzione
del deposito unico di scorie nucleari. Infatti nella
carta delle aree ritenute idonee per la costruzione
del deposito di scorie (CNAPI), ufficializzata il 5
gennaio scorso, tra le 67 aree individuate come
idonee, sette sono collocate tra Puglia e Basilicata
(vedi https://www.facebook.com/altramurgia).
Nonostante la mancanza di consumati topoi che
possano facilmente risvegliare la nostra
ammirazione, l'Alta Murgia rivela un fascino raro e
prezioso. La sua specificità consente una
molteplicità di prospettive che invitano a scrutare
curiosi un universo storico-ambientale del tutto
peculiare nel paesaggio italiano ed europeo. Un
paesaggio duro, ma anche delicato e puro che
estende i suoi colori e i suoi profumi su un'area che
rappresenta l’ultimo grande habitat di pseudo steppa
mediterranea della Penisola. L’ecosistema
ambientale dell’Alta Murgia, conta più di 1500
specie di piante spontanee che rappresentano il 25%
delle specie presenti in Italia.



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      In quest'ampia
superficie si
riscontrano quasi
tutti i maggiori
fenomeni del
carsismo.
Questo ecosistema
permette la vita di
molte specie della
fauna superiore, di
anfibi – rettili -
uccelli e mammiferi.
Tale variabilità,
insieme a vaste
estensioni di
territorio poco antropizzate, fanno dell'Alta Murgia
una delle aree della regione più importante sotto
l'aspetto faunistico.
Tra altre rare specie l’Alta Murgia ospita la
popolazione più importante e più numerosa
d’Europa del Falco Naumanni, ovvero del Grillaio,
incluso tra le specie prioritarie per la conservazione
nell’Unione Europea,
Ma la natura dell’Alta Murgia non è mai isolata.
L’ambiente fisico e biologico infatti, si è intrecciato,
da tempo immemorabile, con la presenza attiva
dell’uomo che ha sapientemente modellato il
territorio e ha data vita, attraverso i secoli, ad uno
straordinario paesaggio agrario. Prima ancora però
che gruppi di pastori nomadi inaugurassero, a
partire dal III millennio a. C., le fasi del

popolamento stabile, l’Alta Murgia ha registrato
l’approdo dei più remoti antenati dell’uomo.
L’eccezionale scoperta, avvenuta nel 1993 presso il
Pulo di Altamura, del sepolcro millenario di uno dei
primi rappresentanti della nostra stirpe, conferma la
frequentazione umana del territorio già durante la
preistoria più antica. Si tratta dello scheletro di un
ominide – per la prima volta al mondo – trovato
intero e perfettamente conservato, appartenente ad
una specie arcaica di Homo, risalente a circa 150
mila anni fa.
Nello stesso decennio in cui la Murgia subiva le
ferite più grave ad opera dell’uomo, è venuta alla
luce un’altra testimonianza dei preziosi scrigni che
questo territorio custodisce.
Nel 1999 è stato rinvenuto, in una cava dismessa tra
Altamura e Santeramo un giacimento di orme di
dinosauri. Tale ritrovamento, che fa precipitare la
conoscenza fin qui acquisita in un nuovo e
meraviglioso fossato del tempo, consente anche di
ricostruire un ambiente naturale arcaico, inedito e
mai presupposto, della storia dell’Alta Murgia e
della Puglia, risalente a decine di milioni di anni fa.
Distribuite su un’area di circa 12.000 metri quadri
sono state rinvenute più di 30.000 impronte di
Dinosauri, molte delle
quali incredibilmente
intatte e nitide. L’alta
concentrazione di tracce
e di piste ne fa,
attualmente, il
giacimento più ricco al
mondo.
Ma al di là di questi e
altri preziosi
ritrovamenti, le fasi del
popolamento si sono via
via intrecciate al
passaggio di vari popoli
e civiltà: dai Peuceti ai
Greci, dai Romani ai Bizantini, agli Arabi, e poi i
Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi...
La complessa trama di vicende storiche ha
determinato l’alternarsi di forme economiche e
politiche che hanno sancito di volta in volta
equilibri o tensioni contraddittorie, tra agricoltura e
pastorizia, tra città e campagna, tra area interna e
costa adriatica.
Le attività prevalenti che l’uomo ha esercitato in
sintonia con la vocazione d’uso del territorio, quali
la pastorizia e l’agricoltura, hanno dato vita a forme
di organizzazione dello spazio estremamente ricche
e complesse, come le innumerevoli masserie da
campo, adibite in prevalenza alle attività agricole e
le masserie per pecore, i cosiddetti Jazzi, che
sorgono lungo gli antichi tratturi della transumanza.



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Per la presenza di questo particolare sistema di
insediamenti storici, l’Alta Murgia rappresenta il
maggiore sito di archeologia rurale d’Italia.
A dominare i lati opposti dell’altopiano, lungo le
antiche arterie romane della via Appia e della via
Traiana, sono il Castello del Garagnone, costruito
dai normanni su di un banco di roccia del Costone
murgiano, e Castel del Monte.
Ecco: aver delineato, in maniera sintetica, i tratti
distintivi di questo territorio, così come delle forme
di degrado che lo hanno interessato negli ultimi
decenni, conferma se non altro l'efficacia e l'utilità
che la cura e la conoscenza hanno avuto nel
tentativo di modificare una percezione di questo
paesaggio, definito dai più e fino a poco tempo fa
una sterile "pietraia" e perciò condannato ad essere
non solo un complemento oscuro della città ma,
peggio, un'area di risulta.
L’Alta Murgia rappresenta, invece, un connubio
straordinario ed unico di valori paesaggistici,
naturalistici e storico-culturali che è necessario
sottrarre all'oblio e alla distruzione. Affrontare,
quindi, il problema nella sua globalità significa
trovare nuove regole di riproduzione del complesso
sistema territoriale. La scommessa su cui cimentarsi
diventa, allora, quella di mettere in moto nuovi
processi economici e culturali in grado di
valorizzare le risorse territoriali e garantirne la loro
riproducibilità, anche attraverso una loro
reinterpretazione funzionale.
Non senza emozione, perciò, quel variegato
movimento che aveva per anni speso ogni energia,
accolse la notizia che il lungo iter istitutivo del
Parco nazionale si era finalmente e positivamente
concluso nel 2004. Il parco era nato ma, appunto,
bisognava farlo crescere. Insomma quel movimento
mostrò, ancora una volta, il suo disincanto nella
convinzione che costruire il Parco significava
realizzare “pezzo per pezzo” un progetto politico di
grande portata per le sue implicazioni sociali,
economiche e culturali; che tale progetto, inoltre,
poteva realizzarsi solo come “costruzione
collettiva”, coinvolgendo cioè direttamente, dal
basso, le comunità locali e le forze produttive sane.
Occorre dire, tuttavia, che, a distanza di tre lustri
dalla sua costituzione, il Parco non ha prodotto i
risultati sperati. Tante sono le criticità rimaste, a
partire dalla presenza e dagli effetti delle
esercitazioni militari (in un'area in cui è vietata la
caccia), tante le opportunità lasciate a congelare.
Infine, come già accennato la minaccia nucleare.
Insomma l'Ente parco, a partire dal suo
insediamento, si è imposto quasi come un corpo
estraneo al territorio e, nell'esercizio delle sue
funzioni istituzionali, ha mostrato (almeno finora)
una scarsa capacità nell'affrontare i problemi reali di

quest'area, a partire dalle sue priorità (riconversione
produttiva, filiere corte, sostegno agli allevatori,
bonifica e restauro ambientale, organizzazione di
forme di turismo sostenibili, ecc). Al contrario, fin
dal principio, ha imposto una visione miope,
burocratica e autoreferenziale, con il risultato di
frenare, tra l'altro, anche l'entusiasmo e la volontà di
collaborazione delle tante realtà di base (CAM) che
hanno sostenuto con grande impegno il progetto del
parco a fronte delle diverse forme di degrado
ambientale e culturale.
Ciò che oggi dovrebbe essere in discussione,
quando si parla di istituzioni, non è se esse debbano
esistere, ma quale forma dovrebbero avere: se
libertarie o autoritarie. Le istituzioni libertarie sono
istituzioni popolate, ovvero strutturate attorno a
relazioni dirette, faccia-a-faccia, e non attorno a
relazioni meccaniche, anonime, meramente
rappresentative. Anche un'istituzione, come quello
di un Ente parco, perciò, dovrebbe essere basata
sulla partecipazione, sul coinvolgimento e su un
senso di cittadinanza che stimola l’azione, non sulla
delega del potere e mera gestione dell'ordinario. Il
pericolo di consegnare le decisioni politiche ad un
corpo amministrativo che è normalmente un corpo
delegato e, spesso, quando va bene, limitatamente
specializzato, è quello dell’elitismo e
dell’usurpazione del potere pubblico.
È necessario, perciò, che la mobilitazione di base
continui a disseminare il suo impegno anche alle
giovani generazioni, a fungere da stimolo per la
tutele e la conoscenza di un'area circoscritta ma, al
tempo stesso, cifra attraverso cui guardare i
problemi globali contemporanei.
Il progetto di costruzione del parco rurale e, quindi
di una rinnovata territorialità, può solo a queste
condizioni, attingere alla memoria di una sapienza
ambientale in parte compromessa ma non scomparsa
definitivamente; può, a partire da questo immenso
patrimonio che la storia ci ha tramandato, accettare
la sfida di costruire dal basso una alternativa
possibile al degrado ambientale e civile in atto al
fine di garantire uno sviluppo durevole dei territori
in cui viviamo.
Non solo per noi, contemporanei, ma anche per le
generazioni che verranno.


Bibliografia:
Piero Castoro, Cronache murgiane, Torre di Nebbia
edizioni, Matera, 2002.
Piero Castoro, Aldo Creanza. Nino Perrone, Luciano
Montemurro, Natura e Storia.Guida al primo parco
rurale d'Italia, Torre di Nebbia edizioni, Matera, 2005.
Piero Castoro, la Murgia nella guerra fredda. Dai
missili atomici agli itinerari di Iupiter, Altamura, 2008.

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