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per giulio

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giovedì 4 giugno 2009

Per un'Europa dei popoli e dei lavoratori

Per un'Europa dei popoli e dei lavoratorieuropei e migranti

Contro l'Unione Europea,la falsa democraziaed il nuovo ordine sociale

I lavoratori e le lavoratrici d'Europa vengono chiamati/e a votare per il rinnovo di un Parlamento che completa il percorso economico, istituzionale e sociale di Lisbona 2007, che aumenta la precarietà, concentra il potere nella Commissione, distrugge ovunque il welfare.
A queste elezioni europee si giunge nel pieno di una crisi economica globale che in Europa viene affrontata dalle istituzioni europee e dai singoli Stati accentuando le strategie iniziate con il nuovo Trattato di Lisbona entrato in vigore l'1 gennaio 2009 e con il lodo per l'accordo sulla flexicurity firmato dal presidente della Commissione Europea, dalla CES-Confederazione dei Sindacati Europei e dagli imprenditori europei nel 2007.
La UE, i suoi capi di Stato e la sua Commissione hanno capito che coinvolgere i cittadini (sebbene con modalità molto limitate e controllate), comporta il rischio che essi si rendano conto che l'ordine sociale che si va costituendo non ha nulla a che fare con relazioni sociali fondate sul rispetto del diritto di ciascuno di vivere e lavorare in questo spazio chiamato Unione Europea.
Col Trattato di Lisbona, infatti, la Commissione europea ha il "potere assoluto" tramite le sue direttive per garantire "alle imprese europee competitive l'accesso ai mercati mondiali e la sicurezza operativa al loro interno". Inoltre, la Corte di Giustizia garantisce una sola libertà, quella del mercato e la difesa della libera competizione quale condizione per la precarizzazione lavorativa, sociale ed ambientale dei 27 Stati membri.
Col nuovo Trattato si prevede la deregolamentazione di tutta la produzione e dei servizi nella loro più ampia gamma e si consente la pratica applicazione della Direttiva Bolkestein, aprendo così la "porta alla completa privatizzazione della sanità, dell'istruzione, dell'acqua e delle pensioni".
Questa strategia, incurante delle devastazioni della crisi economica globale in atto, spazza via i servizi pubblici (sanità, previdenza, trasporti, istruzione, acqua, casa) sia sul piano simbolico che su quello reale ed introduce il mercato quale strumento per la concessione ("servizi di interesse generale") e per il soddisfacimento (la persona che risparmia potrà accedere alla sanità privata, alla pensione integrativa, ecc.). Questa è l'Europa in vigore dal 1 gennaio 2009, questa è l'Europa che vieta le politiche fiscali di redistribuzione del reddito, che vieta la spesa pubblica, le tutele ed i benefici sociali, ma al tempo stesso ha permesso che al suo interno nascessero i paradisi fiscali. Questa è l'Europa per cui ci si dice di andare a votare.
In questo quadro, il mercato del lavoro e le politiche relative possono essere governate solo dalle regole auree del capitalismo neoliberista: libera deregolamentazione (flessibilità) e precarizzazione totale e diffusa della forza-lavoro (con rimozione di diritti sociali e sindacali).
In un'Europa che si allarga insieme alla crisi globale, questo significa solo due cose: uso del dumping sociale e negazione del diritto di sciopero a chi chiede stesse condizioni di lavoro per le imprese de-localizzate e re-localizzate, tutto nel nome della competizione sociale e dell'economia di mercato.
Con l'accordo sulla flexicurity, la flessibilità di impresa nella gestione della forza-lavoro prevede in realtà una totale libertà nell'organizzazione del lavoro, che contemporaneamente avrebbe lo scopo solo apparente di garantire sicurezza ai lavoratori nella necessaria adattabilità richiesta dai costanti cambiamenti da un lavoro all'altro e durante i periodi di formazione continua.
E' così che nel mercato del lavoro devastato dalla crisi, si rilancia la parola d'ordine della competitività delle imprese, che a sua volta comporta non solo il dumping sociale, quindi la privatizzazione dei servizi essenziali per la popolazione, ma anche e contestualmente uno sforzo per la riduzione del costo del lavoro tramite strumenti connessi a politiche che incrementino la flessibilità, la mobilità della forza-lavoro e la capacità di adattamento.
Germania, Francia e Italia, quali paesi un tempo "forti" nel campo della sicurezza sociale e "duri" in quello del diritto del lavoro, hanno riformato il mercato del lavoro interno, equiparandosi a Spagna, Irlanda e Regno Unito, in aree quali: sussidi di disoccupazione; minore tutela in caso di licenziamento; aumento dell'età pensionabile; contratti flessibili, indebolimento degli ammortizzatori sociale, ecc.
Anche le politiche comunitarie sull'immigrazione rispondono alla logica di mercato e ad una doppia morale: da una parte c'è il bisogno di lavoro extracomunitario dato l'invecchiamento della classe lavoratrice europea (si tratta di forza-lavoro necessaria e sufficiente per garantire il tipo di lavoro precario richiesto dalla competizione); e, dall'altra, ci sono le politiche che negano il diritto alla cittadinanza, alimentano il razzismo con l'accusa di clandestinità, usano la repressione ed il controllo, alimentando relazioni disuguali, aggressive e di sfruttamento tra il Nord ed il Sud, soprattutto, nell'area mediterranea di influenza europea.
La flessibilità di lavoratori europei ed immigrati comporta dunque di fatto la disponibilità di lavoro in armonia con le esigenze della produzione. Per le imprese niente di meglio in tempi di crisi e di taglio di milioni di posti di lavoro. Il mercato del lavoro diventa dunque un mero meccanismo che comunque agisca e si muova, viene governato da regole (leggi, decreti, magistratura ad hoc, direttive, ecc) e da istituzioni, per sottrarsi a qualsiasi conflitto sociale.
E' proprio nell'inseguire questo modello sociale ed economico frammentato che la lotta sociale e sindacale si è dispersa in migliaia di pezzi perdendo la sua efficacia. Occorre invece ricomporre diritti ed interessi immediati dei lavoratori e dei cittadini in un nuova concezione ed organizzazione unitaria ed industriale di tutto il lavoro salariato.
Occorre oggi opporsi alla logica della segmentazione e della flessibilità dei modelli sociali e produttivi del capitalismo globale e battersi risolutamente per i diritti per tutti gli uomini e tutte le donne, diritti sindacali, diritti sociali e civili.
Occorre rimuovere gli ostacoli economici, politici e civili che stanno limitando la libertà e l'uguaglianza nella vita quotidiana, mettere in discussione il loro concetto di partecipazione all'organizzazione dell'ordine sociale. La partecipazione diretta, per noi, è possibile solo sulla base del mutuo appoggio e della solidarietà.
Ai loro concetti di competizione e competitività dobbiamo opporre agli antipodi il nostro concetto e la nostra pratica di solidarietà.
Ogni forza sindacale, sociale e politica coerentemente alternativa deve sostenere i diritti e gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici, in una società organizzata sulla base della solidarietà e non della competizione, sulla base del rispetto, della libertà e dell'uguaglianza e non sulla base dell'autoritarismo, dell'individualismo e dell'assenza di democrazia. E allora non vi è che una sola risposta, l'unica possibile sulla base di questi valori e di queste scelte:

MOBILITAZIONE SOCIALE PER
un'Europa dei popoli e dei lavoratori europei e migranti
per difendere il lavoro e la solidarietà,
per rilanciare la democrazia di base e dal basso,
per sviluppare la democrazia diretta nei nostri paesi,
per difendere e creare spazi collettivi di base ed autogestiti nel territorio e nei posti di lavoro, per radicare la lotta anticapitalista e
per costruire l'alternativa libertaria alla barbarie della crisi scatenata dal capitalismo e dagli Stati.

Federazione dei Comunisti Anarchici
01 giugno 2009

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