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martedì 7 novembre 2017

La Cina di Marx, Lenin. Mao e Xi Jinping

I 2300 delegati che hanno partecipato al 19° Congresso del Partito Comunista Cinese alla fine di ottobre hanno rieletto segretario Xi Jinping.
Una decisione che non suscita alcuna sorpresa, dopo i primi 5 anni di mandato di Xi Jinping impiegati al rafforzamento del ruolo del partito nella politica interna ed alla lotta contro la corruzione.
Erano tre i temi all’odg del congresso: la revisione dello Statuto, la nomina dei nuovi dirigenti, le linee della politica cinese per i prossimi 5 anni.
Nuovo Statuto
L’art.2 sui principi guida del partito, viene arricchito con l’inclusione tra tali principi (marxismo, leninismo, maoismo, denghismo) del pensiero di “Un socialismo dalle caratteristiche cinesi per una nuova era”.







 Mao e Xi Jinping


E’ la prima volta che un segretario di partito in vita viene inserito nello Statuto quale ispirazione teorica e guida per il partito.
Sia a Mao Zedong che  a Deng Xiaoping, l’onore gli venne dato post-mortem.
Il che lascia pensare che Xi Jinping possa ambire a superare l’attuale limite dei due mandati consecutivi e puntare ad un terzo mandato, dato che il suo contributo ai principi del partito si proietta fino a metà del secolo attuale.
Ora opporsi a Xi Jinping sarebbe come opporsi allo Statuto del partito, il che induce a pensare che il segretario ri-eletto non canta ancora vittoria ma si prepara ad ulteriori scontri interni, considerato il consistente numero di nemici che si è fatto nei suoi primi cinque anni di mandato.
Nuovi dirigenti
La composizione del Comitato Permanente del Politburo sembra riflettere questa situazione. Su cinque nuovi dirigenti nominati, ben quattro sono collegati a organizzazioni o fazioni interne ostili a Xi Jinping.


Li Keqiang
Wang Yang
Wang Yang
Han Zheng,
Han Zheng,
Uno è il noto economista e vice-pemier Li Keqiang   che ha iniziato la sua carriera nella Lega della Gioventù Comunista, Il secondo è Wang Yang ,   anch’egli formatosi nella Lega della Gioventù Comunista e capo del partito nel Guandong dal 2007 al 2012.
Xi Jinping, però, aveva chiuso la scuola di formazione della Lega della Gioventù Comunista, definendola arrogante ed obsoleta.
Il terzo è Han Zheng, già capo del partito a Pechino,    legato all’ex segretario del PCC,  nonchè capo del partito a Shanghai, Jiang Zemin (1989-2002).
Wang Huning
Wang Huning
Zhao Leji
Zhao Leji
Li Zhanshu
Li Zhanshu
Il quarto è Wang Huning anch’egli formatosi a Shanghai, autore dei discorsi di Xi Jinping e dei segretari precedenti, destinato ad assumere il compito di capo della propaganda.
Un quinto membro del Comitato Permanente, apparentemente non collegato ad alcuna fazione ostile a Xi Jinping, è Zhao Leji   che diventerà capo dell’agenzia anti-corruzione del partito.
Il sesto membro del Comitato Permanente, fedelissimo di Xi Jinping, è Li Zhanshu  capo dello staff del presidente.
Perchè mettersi 4 membri ostili su 6 nel Comitato Permanente? Un contentino alle fazioni? In realtà nei primi 5 anni del suo mandato, Xi Jinping aveva creato un sistema informale di “piccoli gruppi dirigenti” col ruolo di collegamento tra il partito e le burocrazie del governo allo scopo di ridurre il potere del Comitato Permanente e di essere il veicolo del potere del Segretario. Ebbene, i primi 4 membri fanno parte di questi gruppi informali, quindi in qualche modo debitori verso Xi Jinping.
Il resto del Politburo è composto da alleati del Segretario.
La linea per i prossimi 5 anni
Rispetto ai precetti indicati da Deng Xiaoping negli anni ’80, numerose sono le novità introdotto da XI Jinping.
Se per Deng il partito doveva avere una leadership collettiva, ora il partito è Xi Jinping.
Se per Deng la politica estera cinese doveva ispirarsi a nascondere le sue potenzialità, a non avere fretta e a non assumere un ruolo-guida, ebbene il ruolo assunto dalla Cina sui mercati internazionali (la nuova via della seta, ecc.), a livello militare (ricordo la base militare nel porto di Gibuti, le isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale) e quale difensore della globalizzazione (assicurare la disponibilità delle risorse sui mercati, degli scambi basati sulla competizione, sostegno al capitale di stato,…)  non lascia dubbi sul suo far parte del sistema imperialista globale, seconda potenza economica al mondo dopo gli USA.
La nuova era si apre davanti alla Cina: diventare “un grande paese socialista moderno da qui al 2050“, passando una prima fase in cui diventerà un “leader globale nell’innovazione entro il 2035” grazie alle “regole della legge” all’interno ed all’uso di un “potere soft” all’estero per poi diventare nei 15 anni successivi un paese “prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonico e bello”.
Non per tutti i cinesi naturalmente.
Non è mica un paese socialista la Cina.
Ufficio Studi Alternativa Libertaria
nota: citazioni in corsivo dal discorso di Xi Jinping al Congresso

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