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martedì 15 settembre 2015

La farsa dell’assemblea nazionale Rsu: una tragedia per la scuola pubblica?

Articolo di Francesco Locantore (direttivo nazionale Flc - Cgil) L’annunciata assemblea nazionale delle Rsu, convocata dai cinque sindacati che indirono lo sciopero contro la “buona scuola” lo scorso 5 maggio si è rivelata una farsa. In realtà l’11 settembre scorso al Teatro Quirino di Roma si sono alternati gli interventi dei segretari generali di Flc Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda con quelli di appena dieci Rsu, due per ciascun sindacato, accuratamente selezionati dalle segreterie nazionali per confermare la linea di sostanziale dismissione della lotta contro la legge 107/2015. La stessa platea era stata selezionata a monte dalle segreterie territoriali dei cinque, impedendo una partecipazione di massa (c’erano forse 350 persone, d’altronde era evidente che si sarebbe limitata la partecipazione già dalla scelta del luogo). L’assemblea è stata introdotta da Domenico Pantaleo, segretario Flc Cgil, sulla linea concordata a monte con gli altri segretari e riportata in un documento del 10 settembre scaricabile dai siti sindacali (http://www.flcgil.it/sindacato/documenti/lettere-comunicati-e-documenti/documento-unitario-ripartire-dai-contratti-per-fare-vera-innovazione-10-settembre-2015.flc). L’attenzione si sposta dalla necessaria abrogazione della legge alla lotta per il rinnovo contrattuale, senza che venga detto alcunché sul contenuto di una piattaforma contrattuale che restituisca dignità sotto il profilo normativo e salariale ai lavoratori e alle lavoratrici della scuola. Su questo è previsto uno sciopero nel mese di ottobre, di cui tuttavia non è stata neanche annunciata la data. Ricordiamo che il rinnovo della parte economica del CCNL scuola del 2009 non è stato firmato dalla Flc Cgil, che indisse a suo tempo un referendum tra i lavoratori per sbugiardare il comportamento complice e antidemocratico degli altri sindacati che firmarono un accordo al ribasso senza consultare i lavoratori stessi. Su quali basi oggi poggerebbe l’accordo tra i sindacati per una piattaforma comune di rinnovo contrattuale non è dato saperlo. Nel direttivo nazionale fu approvata l’anno scorso una bozza di piattaforma che doveva servire da base alla discussione nel sindacato, discussione che non si è mai aperta (non ne ha discusso neanche la struttura di comparto nazionale della scuola) anche per le urgenze sopravvenute di contrasto alle ipotesi di riforma avanzate dal governo. Su quella bozza le compagne e i compagni de “Il sindacato è un’altra cosa” hanno dato parere contrario, dato che aprirebbe all’aumento dell’orario di lavoro degli insegnanti a parità di retribuzione. Ci aspettiamo su questo punto non solo una discussione democratica nel sindacato, ma anche la partecipazione delle assemblee dei lavoratori (quelle vere) alla definizione della piattaforma. Sulla legge 107, la posizione dei sindacati continua ad essere critica, ma non sono previste iniziative di mobilitazione e di contrasto alla sua applicazione nelle scuole. L’unica iniziativa che i sindacati promettono di perseguire è quella del ricorso alla Corte costituzionale. Peraltro la Consulta non può esprimersi su richiesta diretta dei cittadini e neanche dei sindacati, ma può essere interpellata solo in via incidentale da un giudice ordinario o per conflitto di attribuzione di poteri tra lo Stato e le Regioni (in questo senso si stanno già muovendo alcuni consigli regionali). La strada è lunga e il rischio è che la legge faccia i suoi danni, introducendo la competizione nelle scuole e tra le scuole, per non parlare dei precari sbattuti in giro per l’Italia o messi negli albi a disposizione dei dirigenti scolastici. Il ruolo del sindacato dovrebbe essere quello di dare da subito indicazioni e mobilitare i lavoratori e le lavoratrici della scuola, intanto impedendo di applicare la legge, ad esempio rifiutandosi nei collegi e nei consigli d’istituto di eleggere i comitati di valutazione, cioè gli organismi che dovranno predisporre i criteri secondo i quali i dirigenti scolastici assegneranno i bonus agli insegnanti giudicati “meritevoli”, ma anche rifiutando ogni attività non prevista come obbligatoria dal contratto di lavoro vigente (gite, progetti, attività di coordinamento ecc.). Tutto questo nella proposta dei cinque sindacati non c’è, invece sono usciti all’inizio dell’anno scolastico con un documento unitario (http://www.flcgil.it/sindacato/documenti/lettere-comunicati-e-documenti/documento-unitario-risparmiamo-alla-scuola-gli-effetti-piu-deleteri-della-legge-107-15.flc) “per risparmiare alla scuola gli effetti più deleteri della legge 107/2015”, in cui si invitano gli organi collegiali a far valere le loro prerogative applicando comunque la legge 107. Nelle conclusioni dell’assemblea Francesco Scrima (Cisl Scuola) ha rivendicato il fatto che i sindacati avrebbero già evitato provvedimenti ancora peggiori sulla scuola (in particolare sul personale ATA), che il governo ha perso ed oggi ha bisogno dei sindacati per affrontare i disastri provocati dalla legge 107, convocati il 23 settembre al Miur. Secondo Scrima bisogna andare al confronto per chiedere le modifiche alla legge sugli aspetti più odiosi: la valutazione, che secondo la Cisl dovrebbe passare per la contrattazione, e la chiamata diretta. Nessun riferimento ai finanziamenti alle scuole private, all’alternanza scuola lavoro, all’aziendalizzazione degli istituti che dovranno cercare finanziamenti privati per funzionare e a tutti gli altri aspetti della legge che sono stati contrastati dal movimento della primavera. La ritirata dei cinque sindacati (è significativa l’esclusione dei Cobas, che pure avevano partecipato a tutte le scadenze unitarie dopo il 5 maggio scorso), se dovesse prevalere tra gli insegnanti e il personale della scuola, sarebbe una vera tragedia per la scuola pubblica italiana, lasciando passare una riforma che ne ha cambiato la fisionomia fin dalle fondamenta. L’unità sindacale, che è stata la forza di questo movimento essendo stata costruita dal basso attraverso le mobilitazioni e infine imposta ai gruppi dirigenti nazionali dei principali sindacati, rischia di diventare la scusa con cui anche la Flc rinuncia alla mobilitazione per l’abrogazione della legge 107. Tuttavia ci sono segnali incoraggianti, a cominciare dalla grande partecipazione e combattività espresse all’inizio di questo anno scolastico dai coordinamenti autoconvocati, dalle associazioni e comitati che sono stati protagonisti nella scorsa primavera del movimento contro la “buona scuola” di Renzi. Abbiamo già pubblicato su questo sito il documento conclusivo adottato dall’assemblea nazionale dei movimenti tenutasi a Bologna lo scorso 6 settembre (http://sindacatounaltracosa.org/2015/09/10/difesa-rilancio-e-rafforzamento-della-scuola-della-costituzione/), in cui si rilancia la lotta contro la legge 107 e si chiede da subito la convocazione di uno sciopero e una manifestazione nazionale della scuola, si decide l’apertura di una campagna referendaria per l’abrogazione della legge, si sostengono le iniziative già convocate dagli studenti, a partire dalla giornata di mobilitazione nazionale del 9 ottobre. La presidenza dell’assemblea Rsu non ha dato seguito alla richiesta di esporre le conclusioni di quella assemblea al teatro Quirino, che evidentemente sarebbero state dissonanti con la conduzione che era stata concordata tra i cinque sindacati. Il movimento oggi deve ricominciare da capo e ricostruire dal basso la mobilitazione e la pressione che ha saputo esercitare durante lo scorso anno scolastico sulle burocrazie sindacali.

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